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In questo blog mi dedico a guardare con occhio maliziosamente indipendente ciò che accade a Roma - e qualche volta anche nel resto del mondo - soprattutto attraverso ciò che della mia città raccontano i quotidiani. Generalmente prendo in considerazione i tre quotidiani più importanti per vendite e diffusione nella Capitale: Corriere della Sera, La Repubblica e il Messaggero. A volte troveranno spazio anche gli altri quotidiani, la cui lettura è comunque sempre accurata.

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domenica 31 maggio 2020

ZTL, SCONTRO STEFANO RAGGI



Lo spegnimento delle telecamere delle varie ZTL fino al 30 agosto non ha solo il problema del totale silenzio della Giunta Raggi sui rimborsi ma ha anche un prezzo politico: la rottura con il presidente della Commissione Mobilità, il grillino Enrico Stefàno, che, in un post pubblicato sulla propria pagina facebook critica in modo netto la decisione della Raggi: “perdi coerenza e credibilità”.
E suona come un nuovo campanello d’allarme sulla tenuta della compagine pentastellata: Stefàno contro Raggi nel momento in cui l’assessore allo Sport e Grandi Eventi, Daniele Frongia, cerca altre strade che portano all’abbandono della Giunta a meno di un anno dal voto.
Andando per ordine: la Raggi, dopo l’annuncio di un paio di giorni fa, proroga le ordinanze che sospendono fino al 30 agosto le ZTL della città, dimenticandosi ancora una volta di affrontare il problema dei rimborsi per chi ha già pagato. Che Legambiente sia contraria (“altra scelta sbagliata”) è quasi banale. Che lo sia anche il presidente della Commissione Mobilità, molto meno. Anche perché Stefàno è uno dei quattro consiglieri della prima ora, eletto già con Marino sindaco, uomo di punta sui trasporti dei grillini romani: è stato di fatto il vero assessore alla Mobilità durante la pallida esperienza di Linda Meleo, formale titolare della delega. E di fatto continua ad esercitare una forte “presa” anche sotto il successore della Meleo, Pietro Calabrese.  Stefàno scriva su facebook: “Se riattivi la Sosta Tariffata, se realizzi una rete di corsie ciclabili "transitorie", se implementi i servizi di sharing, se aumenti la possibilità di mettere tavolini all'aperto, logica, coerenza, linearità, buon senso, imporrebbero anche la riattivazione della ZTL”. E aggiunge: “invece no, si procede a caso, accontentando oggi uno e domani l'altro, anche se questi stridono fortemente tra loro. E come si dice, alla fine per accontentare tutti non accontenti nessuno, e anzi ti metti contro tutti, perchè non puoi fare sempre "di tutto un po' ". E perdi quella cosa che per me è fondamentale nella vita ancora prima che in politica, coerenza e credibilità”. Spiega poi che tanto i parcheggi per lasciare la macchina sono tutti fuori dalla ZTL e che i posti dentro sono, di fatto, appannaggio dei residenti. Quindi, “aprire la ZTL non serve a nulla, se non a creare traffico "a monte" (perchè tutti si sentiranno in diritto di "provare" ad andare a via del Corso in auto) e a penalizzare il trasporto pubblico (bus e soprattutto taxi)”.
Ora, senza voler ripercorrere i lunghi addii di assessori, consiglieri e dirigenti che hanno fatto della Giunta Raggi una “giunta girevole”, con un pezzo del mondo 5Stelle che non vuol sentir parlare di deroghe ai due mandati, Frongia che, legittimamente, aspira ad un posto di vertice a Sport e Salute; e Stefàno contro Raggi sulla ZTL, fanno, in 24 ore, un bell’uno-due pugilistico


sabato 30 maggio 2020

"ZOZZONI", MENO DI 5 MULTE AL GIORNO


Meno di cinque multe al giorno: questo il faraonico bottino che il sindaco di Roma, Virginia Raggi, ha presentato alla stampa e ai social network per testimoniare la lotta del Campidoglio agli “zozzoni” con la campagna #scaricalincivile
Dal 2019 a oggi, il Sindaco parla di circa 2.400 verbali elevati con l'utilizzo di fototrappole, una media di 4,6 multe al giorno.
A margine della conferenza stampa, la Raggi annuncia la reiterazione dell’ordinanza per vietare i sacchi neri e la collaborazione del Comune nell’indagine della Procura di Roma sulla discarica di Monte Carnevale decisa dalla Raggi. E durante l’incontro, la Raggi ha mostrato un video, stile “Person of Interest”, con le immagini di sei o sette casi di abbandono di rifiuti riprese dalle telecamere. Spesso con gli “zozzoni” che finivano di sporcare aree già ridotte a discarica attorno ai cassonetti. 
Nel carnet del "successo" del Campidoglio anche 50 automezzi sequestrati e sanzioni per 600mila euro. 
Commentando il filmato, la Raggi ha detto: “Queste immagini fanno male. Ma chi sono gli zozzoni? Sono una minoranza di cittadini che fa un errato conferimento della spazzatura o che butta rifiuti ingombranti ai cassonetti. Poi ci sono gli svuota cantina abusivi, i 'pendolari' dei rifiuti, e le associazioni criminali. Non possiamo permettere che questi zozzoni continuino a sporcare la città e per questo continueremo a lavorare in maniera serrata facendo i controlli e usando le fototrappole. La lotta agli zozzoni non si ferma”.
Un paio d’ore dopo la conferenza stampa della Raggi - cui hanno preso parte anche Valeria Allegro, delegata per i Rifiuti; Roberto Di Palma, consigliere comunale e membro della Commissione Ambiente; e Giancarlo Cori, funzionario responsabile Nucleo Ambiente e Decoro Polizia Locale - quasi in una sorta di contrappasso, Ama diffonde una nota in cui annuncia il ritrovamento dello “scheletro di un vecchio natante in via Carlo Tranfo (IV Municipio) e di una pagaia in via Usai (VI Municipio)”.
Già nei giorni scorsi, l’Azienda dei rifiuti aveva, con cadenza quasi quotidiana, lamentato il ritrovamento di una serie di rifiuti ingombranti abbandonati: divani in via Principe Eugenio all’Esquilino e in via Vacuna al Tiburtino, un frigorifero in via Tuscolana, materassi a Ponte Milvio, un’affettatrice a Vigna Murata, più svariate tonnellate fra calcinacci e, pneumatici. 
Insomma, la tanto decantata campagna anti zozzoni - quella di Ama con le immagini dei monumenti storici di Roma deturpati da un rifiuto abbandonato e quella del Campidoglio fatta di un appello alla denuncia da parte dei cittadini - se funziona, funziona poco e male. 


TORNATI ALLA NORMALITÀ: LO SCIOPERO ATAC DEL VENERDÌ





Finiti i mesi di quarantena, si torna alle vecchie e sane abitudini: lo sciopero Atac del venerdì. Ieri, quattro ore di astensione dal lavoro, dalle 8.30 alle 12.30, indetto dalla Fast-Consal.
Risultato: metro B e B1 chiuse, Roma-Lido attiva ma con riduzioni di corse, e cancellazioni di corse per bus e tram. 
Secondo Agenzia per la Mobilità l’adesione è stata del 14,7% ma considerando che il numero delle vetture in circolazione rilevato dal sistema era pari a 1120 poco prima dell’inizio dell’agitazione e che, durante lo sciopero, è sceso a circa 700 bus, l’adesione potrebbe essere stata molto più alta, arrivando al 35-37%.
Il risultato è stato comunque una mattinata di trasporto pubblico in sofferenza cui si è sommato un pomeriggio bagnato e segnato da allagamenti, sospette voragini e crolli di alberi.
Da segnalare il grave incidente alla Stazione Tuscolana dove un treno regionale ha urtato un mezzo addetto alla manutenzione: 4 feriti ricoverati in gravi condizioni ma non in pericolo di vita e traffico ferroviario rallentato a lungo.
Alla fine, gran traffico, in tilt come da tradizione: via Cola di Rienzo è stata chiusa a causa di un avvallamento fra piazza Risorgimento e via Terenzio in direzione Lungotevere e fra via Fabio Massimo e via Tibullo al senso contrario. Accertamenti in corso per appurare le cause e la pericolosità dell’avvallamento. 
Allagamenti segnalati in varie zone della città: Collatina, Ostiense, Marco Simone, via Ronciglione. Poi, alberi caduti con interruzione del tram 8 e, ovviamente, svariati incidenti: Tuscolana, Ardeatina, Tiburtina, Collatina, Aurelia, Pineta Sacchetti, Lungotevere Ripa, viale della Moschea, Galleria Giovanni XXIII (che per un po’ è stata chiusa per un’ora in direzione Salaria).
Alla fine, Roma sembra tornare nella sua disastrata normalità: il Campidoglio ha diffuso l’Ordinanza firmata dal sindaco, Virginia Raggi, che proroga la disattivazione delle varie telecamere di controllo delle zone a traffico limitato fino al 30 agosto. Ma non una sola parola sui rimborsi a chi ha già pagato, e pure caro, il permesso. 



ATAC, APPROVATO IL PROGETTO DI BILANCIO 2019


L’Atac annuncia di aver approvatoil progetto di bilancio” per il 2019 che “registra un utile pari a circa 8 milioni di euro” segnato da un “significativo aumento dei ricavi, arrivati a 954 milioni di euro (+19 milioni sul 2018) grazie al maggiore volume di servizio erogato ai cittadini (+2,5 milioni/km percorsi), compensato da una limitata crescita dei costi”. 
Da evidenziare come l’aumento del servizio all’utenza sia calcolato rispetto all’anno 2018 ma ben lontano dalle previsioni contenute nel Concordato. 
E se il presidente (uscente) di Atac, Paolo Simioni, sparge incenso (“il miglior risultato economico nella storia di Atac”) al conto sembra mancare il pagamento di 163 milioni di euro che, stando alle tabelle del Concordato, dovevano essere versati ai creditori per il 2019. Dall’Azienda replicano: “ma quelli sono in conto capitale, questo è il risultato di esercizio”. 
E se tecnicamente è corretta la distinzione, un normale cittadino può parlare di “utile” solo dopo aver pagato tasse, mutui e fornitori. 
Tanto che lo stesso Simioni mette le mani avanti: “grazie al necessario sostegno finanziario da parte delle Istituzioni”, l'azienda “uscirà ancora più forte” nel 2020. Paga Pantalone.


venerdì 29 maggio 2020

MULTISERVIZI, ACCORDO LONTANO



Botta e risposta fra la Uil e Ama: ieri, in calendario, era stata fissata una riunione fra l’Azienda e le Organizzazioni sindacali per discutere del piano assunzionale. 
In ballo c’è soprattuto il salvataggio dei 270 lavoratori del consorzio che comprende Roma Multiservizi e che dovevano occuparsi della raccolta dei rifiuti delle utenze non domestiche.
La Uil denuncia: “La riunione era stata promossa dall'amministratore unico di Ama, Stefano Zaghis, e dal direttore generale del Comune, Franco Giampaoletti - spiega il coordinatore regionale UIltrasporti, Alessandro Bonfigli - ed è saltata per colpa di Zaghis, che ha comunicato verbalmente il differimento ancora volta di questo incontro per motivi non ascrivibili alla situazione emergenziale delle quattro aziende cambiando le regole delle sane relazioni industriali”.
E il bello è che “ieri mattina alle 10 erano presenti anche il direttore del Personale e quello tecnico di Ama che sono rimasti spiazzati anche loro”.
Secondo quanto racconta Bonfigli, Campidoglio e Ama si erano fatti garanti dell’incontro e, alla fine, hanno disatteso questo impegno che “investe in modo diretto i 270 lavoratori di Multiservizi”.
Abbiamo contattato il dg del Comune, Giampaoletti, che, però, era “impegnato in una conference call con altre 94 persone” e, quindi, impossibilitato a rispondere. 
A stretto giro arriva la risposta di Ama: “è stato rinviato per motivi non imputabili ad Ama il tavolo di confronto tra azienda e OO.SS.
previsto per oggi e avente per oggetto il piano di assunzioni e la vicenda Multiservizi. Il differimento è stato inevitabile vista la non disponibilità di alcune Organizzazioni a partecipare all'incontro assieme ad altre sigle e alla conseguente richiesta di convocazione di tavoli separati”. Insomma, secondo Ama c’è una lotta fra sindacati alla base del rinvio. 
Mi stupisce leggere ricostruzioni fantasiose circa una presunta indisponibilità a partecipare al tavolo per discutere del piano assunzioni, attribuita a me e ad Ama dal coordinatore regionale di Uiltrasporti - spiega Zaghis - A fronte della richiesta delle altre Organizzazioni sindacali di convocare incontri separati, formalizzata solo pochi minuti prima rispetto a quello già calendarizzato per stamattina, abbiamo infatti provveduto a programmare nella stessa mattinata due tavoli distinti. A fronte di ciò è stata però la stessa Uiltrasporti a chiedere una nuova convocazione in altra data. Di tali comportamenti è stato avvisato il Prefetto e il Sindaco di Roma”.



ZTL APERTA TUTTA L'ESTATE


Si va verso la proroga dell’ordinanza che cancella la zona a traffico limitato. Dal Campidoglio, infatti, è filtrata la notizia che il sindaco di Roma, Virginia Raggi, firmerà nelle prossime ore un prolungamento dello spegnimento delle telecamere che sorvegliano gli accessi al centro storico almeno fino al 30 agosto.
Di fatto, quindi, da quando è iniziata l’emergenza Coronavirus con la quarantena, siamo quasi a un semestre di sospensione della ZTL.
Rimane aperto il giallo sui costi e i rimborsi per chi ha già pagato.
E non sono esattamente pochi soldi. Per i residenti, permesso valido 5 anni, i costi variano in funzione del reddito Isee, della cilindrata del veicolo e della motorizzazione: benzina e diesel pagano di più; gpl, metano e ibrido elettrico di meno. Si va da 94 euro per le cilindrate più piccole ai 125 per le più grandi per chi ha reddito inferiore ai 15mila euro ma per chi sta al di sopra, i costi sono molto più onerosi: per l’accesso alla ztl centro storico si parte da 1032 euro per le cilindrate più piccole fino a 1432 per quelle oltre i 24 cavalli fiscali per il primo permesso se veicolo a benzina o gasolio; da 797 a 1097 euro per gpl, elettrico e metano. 
Si possono avere anche altri due permessi che possono arrivare a costare fino a 2832 euro per il terzo tagliando che, però, può valere solo un anno. 
Poi c’è tutta la categoria di permessi destinati ai lavoratori e agli artigiani: costi che possono arrivare fino a 2832 euro l’anno. 
Sei mesi di ZTL disattivata, quindi, possono arrivare ad avere un valore di circa 1400 euro per un artigiano. 
Chiaro, dunque, che sarebbe fondamentale capire se e come questi soldi possano essere recuperati. 
Ieri il Campidoglio - che, con il sindaco Raggi su facebook annuncia l’avvio dei lavori per i parcheggi di scambio a Conca d’Oro e Annibaliano - brancolava nel buio: già con la prima ordinanza l’argomento rimborsi non era stato sfiorato. Ora, con questo nuovo provvedimento diventa ineludibile che il Campidoglio affronti il problema. Un tema analogo si era presentato durante la quarantena per gli abbonamenti Atac. Molti utenti avevano lamentato l’impossibilità di utilizzare un abbonamento già pagato ma lì, l’Azienda dei trasporti non aveva potuto fare molto: norme nazionali e regionali non potevano consentire di restituire i soldi o di prolungare la durata degli abbonamenti e solo ora, con l’ultimo provvedimento del Governo, si sta aprendo questa possibilità. 
Nell’ottica di facilitare la ripresa economica, il Campidoglio è pronto a promuovere convenzioni mirate con gestori privati dei parcheggi per consentire la «sosta breve» a tariffe agevolate, con un prezzo calmierato sull’offerta con l’obiettivo di "aumentare l’offerta della “sosta breve” per consentire ai cittadini di raggiungere più agevolmente le attività commerciali, nonché garantire le attività di consegna capillare delle merci, soprattutto nelle zone più centrali di Roma”.  


ATAC CONDANNATA PER DISCRIMINAZIONE CONTRO I DISABILI


Condotta discriminatoria nei confronti delle persone disabili: con questa motivazione, Damiana Colla, giudice della diciottesima sezione civile del Tribunale di Roma, ha condannato Atac.
A rendere nota la sentenza è l’Associazione Luca Coscioni: il 29 aprile scorso, per la quinta volta, l’Azienda dei trasporti pubblici capitolini viene bacchettata in tribunale. 
La vicenda è quella di Dario, persona con disabilità motoria costretto sulla sedia a rotelle il quale è rimasto bloccato dentro le stazioni metro Eur Fermi e Eur Magliana il 7 e il 17 settembre dello scorso anno a causa del mancato funzionamento degli ascensori.
Ormai a Roma le persone con disabilità vivono una situazione non più sostenibile rispetto alla quale la Giunta e il sindaco, Virginia Raggi, devono cominciare ad assumersi per intero tutte le loro responsabilità, visto e considerato che l’attuale Sindaco di Roma durante la campagna elettorale aveva promesso un forte impegno della sua Giunta sul fronte dell’abbattimento delle barriere architettoniche”, scrive l’Associazione sul proprio sito lanciando.
Ancora ieri si continuavano a registrare gli oramai cronici disservizi sulle scale mobili: due giorni fa erano 70 gli impianti fuori uso. Ieri, un po’ di meno ma scale mobili fuori servizio anche a Eur Magliana - una delle due fermate che sono costate la condanna ad Atac - e a Piramide. Ascensori fermi a Marconi, San Paolo, Libia, Conca d’Oro e Termini in direzione Rebibbia. Sulla A, Cornelia, chiusa dal 30 dicembre scorso per la revisione ventennale (in ritardo) delle scale mobili, riapre oggi. La chiusura doveva durare tre, forse quattro mesi: è durata cinque mesi. A Baldo degli Ubaldi fuori servizio gli ascensori eppure erano stati revisionati - anche qui, per la revisione ventennale obbligatoria per legge - giusto a inizio gennaio dopo un fermo di 80 giorni. Scale mobili rotte a Cipro e Battistini; montascale fuori servizio a Giulio Agricola, Colli Albani, Spagna, Lepanto e ascensori fermi a Subaugusta

mercoledì 27 maggio 2020

IN CODA PER GETTARE I RIFIUTI INGOMBRANTI

Grandi code per andare a gettare i rifiuti ingombranti nei centri di raccolta: fra pezzi accumulati durante la quarantena, un centro (su 13) ancora chiuso, quello del II Municipio all’Acqua Acetosa, orari di apertura ancora ridotti, chi decide di andare a buttare divani o elettrodomestici, computer o sfalci di erba deve mettere in contro tanta pazienza e molto tempo in coda. 
Il rovescio della medaglia lo consegnano alle cronache le note stampa diffuse da Ama. 
Il 14 maggio sembrava che ci fosse una festa: “20mila accessi e 2.400 tonnellate consegnate” con tanto di avvio di campagna di comunicazione contro l’abbandono dei rifiuti ingombranti in strada, quella con il divano davanti al Colosseo o il frigo a Fontana di Trevi. Certo, la nota Ama, accorpando numeri e giorni, sembrava fornire un quadro quasi esaltante ma facendo le opportune divisioni veniva fuori una misera consegna di un tostapane a testa.
E subito dopo, il 18, la giaculatoria con divano e libri ; il giorno dopo, 126 tonnellate di ingombranti abbandonate (e raccolte) in strada; il 21 ancora nota su materassi e divani abbandonati all’Esquilino, Fidene e Primavalle. Giorno successivo, è il turno di un’affettatrice lasciata in strada a Vigna Murata; il 23 raccolte 150 tonnellate di masserizie varie; nel fine settimana è il turno di un bidet, mobili e calcinacci.
Insomma, tante buone intenzioni con la campagna contro i rifiuti abbandonati ma poca efficienza nei centri di raccolta: unite agli zozzoni e il risultato è il solito abbandono della città. 
La scarsa efficienza è data anche dai numeri di Ama: in 22 giorni, dal 4 maggio, sono 40mila i romani che si sono recati negli 11 centri di raccolta aperti: media di 165 romani al giorno per centro. “Per garantire la salute dei lavoratori e, allo stesso tempo, consentire ai cittadini di poter conferire in sicurezza i materiali ingombranti, le modalità di accesso alle strutture, tutte sottoposte a sanificazione prima della riapertura (e con interventi di igienizzazione che procedono anche in questi giorni), sono stringenti e contingentate e consentono l’ingresso di una sola autovettura per volta. Gli ingressi inevitabilmente scaglionati possono provocare il protrarsi dei tempi di attesa per usufruire del servizio”, spiega l’Azienda che ricorda come sia “attivo anche il servizio gratuito di ritiro al piano stradale dei materiali ingombranti “Riciclacasa”, che è stato utilizzabile anche durante il lockdown e con il quale, in quel periodo, è stato possibile assicurare oltre 5.000 interventi a costo zero e senza spostarsi da casa. Il servizio, gratuito fino a 2 metri cubi di materiali, è fornito su appuntamento (basta chiamare lo 060606), ad eccezione dei giorni festivi”.  

sabato 23 maggio 2020

CENTRO CARNI SUL PIEDE DI GUERRA


Maestranze e operai del Centro Carni sul piede di guerra: da martedì inizierà un presidio quotidiano per protestare contro quella che definiscono l’inerzia e l’insensibilità del Campidoglio.
Possibili ripercussioni potrebbero verificarsi anche sull’approvvigionamento di carni per i piccoli negozi. 
Le nostre aziende - spiega Fabrizio Forti, presidente dell’Associazione Centro Carni di Roma - stanno avendo una diminuzione anche del 95% del fatturato: la chiusura della filiera dei ristoranti e degli alberghi che si riforniscono da noi ci sta mettendo in ginocchio. Eppure abbiamo garantito anche in queste settimane terribili il regolare approvvigionamento di carne per Roma. In altri Paesi molti mattatoi sono stati chiusi perché focolai del virus. Il nostro, no”.
Solo che, secondo gli operatori, dal Campidoglio continua una sorta di silenziosa guerra al Centro Carni, finito anche dentro il calderone dell’inchiesta su Ama.
Il Comune aveva convocato una cabina di regia sulla sorte del Centro. Da cui però non sono giunte risposte. Inutile girarci intorno: l’attuale Amministrazione - sostiene ancora Forti - vuole distruggere un’eccellenza come la nostra e far diventare il Centro una specie di immondezzaio. Non abbiamo chiesto soldi, sia chiaro. Abbiamo chiesto che il Comune comprendesse anche noi fra le aziende in difficoltà. Come per bar e ristoranti sono stati ampliate le superfici all’aperto e sospesa la tassa di occupazione di suolo pubblico, anche noi abbiamo problemi analoghi. Chiediamo di ridiscutere i nostri affitti che oggi sono diventati insostenibili”.
E visto il silenzio dell’Amministrazione Raggi da martedì si parte con un presidio fisso davanti il Centro Carni e a seguire con manifestazioni sotto Palazzo Senatorio. 

giovedì 21 maggio 2020

MASCHERINE FANTASMA: LE POLIZZE SONO CARTA STRACCIA


In data 1° maggio 2020, con nota 392523, è stata acquisita la nota IVASS del 30.04.2020 all’allegato n. 5 con la quale si evidenzia che i documenti emessi dalla Seguros Atlas non sono idonei a fornire una copertura assicurativa”: ora c’è ufficialmente un “buco” nelle casse della Regione per oltre 14 milioni di euro. Le polizze fidejussorie esibite dalla Eco Tech non valgono il costo della carta su cui sono stampate. A dirlo è il vicepresidente della Regione Lazio, Daniele Leodori, che, ieri, rispondendo in Aula a un’interrogazione presentata dal capogruppo della Lega, Orlando Tripodi, ha dovuto ammettere che la Regione ha perso 14 milioni.

Il resoconto stenografico della seduta del Consiglio regionale del Lazio del 20 maggio
con la risposta del vicepresidente della Giunta, Daniele Leodori, all'interrogazione presentata
dal capogruppo della Lega, Orlando Tripodi, sulla validità delle polizze emesse
dalla Seguros Dhi-Atlas a garanzia degli anticipi dati alla Eco Tech. 

Milioni che la Regione conta di recuperare con un accordo con la stessa Eco Tech che ha promesso di restituire parte degli anticipi ottenendo indietro i soldi da quei fornitori che non hanno potuto onorare il contratto e, in parte, dalla vendita delle mascherine alle altre Regioni che le avevano ordinate alla stessa Eco Tech (Emilia Romagna, Veneto e Marche). 
Di sicuro, però, non li recupererà con la polizza che la Eco Tech avrebbe anche pagato cara: un premio di oltre 168mila euro per due fogli di carta che sono buoni per fare coriandoli. 
La vicenda è quella oramai nota delle “mascherine fantasma”: ordini per oltre 130 milioni di euro fatti dalla Regione in un mese di tempo (inizio marzo fino all’8 aprile) per reperire principalmente mascherine. Ordini, però, fatti a società improbabili: pochissimi operanti nel settore delle forniture sanitarie e molti altri commissionati a ferramenta, commercianti di lampadine, naturopati, editori e via dicendo. Alcune commissioni fatte a società inattive, altre a società che risultano aver iniziato la loro attività dopo la commessa regionale. Il risultato è che, a parte il caso Eco Tech, poche forniture sono arrivate complete, quasi tutte in ritardo e di almeno un paio si sono perse le tracce. Due fascicoli aperti: uno in Corte dei Conti e uno in Procura che per ora si limita all’analisi del solo caso Eco Tech.  

IL GOVERNO BOCCIA DI NUOVO IL LAZIO


E siamo a due. Il Governo impugna dinanzi la Corte Costituzionale il collegato al bilancio della Regione Lazio. Giusto poco più di un mese fa, era stato impugnato il Piano Territoriale Paesistico regionale. 
Difficile non evidenziare come entrambe le impugnative siano state portate all’approvazione del Consiglio dei Ministri da parte del Ministro dei Beni Culturali, Dario Franceschini, che è anche il “capo delegazione del Pd nel Governo. Di fatto, il paradosso è che il capo delegazione del Pd nel Governo impugna dinanzi la Consulta in un poco più di un mese due provvedimenti del leader del Pd, Nicola Zingaretti. 
Ad aprile, dunque, era stato impugnato il Piano Paesistico, ora il collegato al bilancio. Ironia della sorte, il collegato viene impugnato proprio per le parti legate alla pianificazione paesaggistica in quanto violerebbero il Codice dei Beni Culturali.
In modo sintetico, il Governo chiede alla Corte Costituzionale di dichiarare l’illegittimità di alcuni articoli e commi del Collegato regionale perché sarebbero in contrasto, appunto, con le norme nazionali sui Beni Culturali. Fra queste norme del Collegato impugnate, alcune riguardano le energie rinnovabili e il fotovoltaico; altre le attività legate al turismo rurale, alla vendita diretta dei prodotti agricoli, alla ristorazione con i  prodotti tipici e, infine, alle attività culturali. 
Siamo all’ennesimo scontro istituzionale tra Governo e Regione Lazio e tutto ciò avviene sulla pelle dei cittadini che sono oggi disorientati davanti alla terza impugnatura che blocca di fatto un’altra legge approvata dalla maggioranza. Se c’è un conto in sospeso interno al Pd, tra Zingaretti e Franceschini, non possono rimetterci i cittadini”, attacca Laura Corrotti, consigliere regionale della Lega.

La prima pagina del ricorso alla Consulta


AUTUBOUS IN PIÙ, C'È IL TRUCCO. LINEE AFFIDATE SEMPRE A ROMA TPL


Sei giorni fa l’annuncio: “nuova flotta di 70 pullman privati per potenziare i collegamenti metro”. Se in Giunta stappano lo champagne, le opposizioni alzano il tiro: “come avete scelto il privato e quanto ci costa”?
Parliamo dei 70 pullman gran turismo che la Giunta Raggi ha noleggiato col trucco: prese da Roma TPL cioè quell’azienda privata che, dall’epoca di Veltroni, gestisce un centinaio di linee di periferia. Con un appalto scaduto a maggio 2018 e già prorogato dalla Giunta Raggi per ben 4 volte
Pullman che serviranno per attivare 4 linee, le “S”, che, dalla periferia portano in centro con due sole fermate: da Ponte Mammolo a Termini con fermata sulla Tiburtina a Portonaccio e poi a Policlinico Metro B; da Anagnina a Termini con fermate a Colli Albani Metro A e a San Giovanni Metto A e C; da Laurentina a Termini, con fermate a piazza dei Navigatori e a piazza San Giovanni in Laterano; e, infine, da Ponte Mammolo a Subaugusta con le fermate a Togliatti/Prenestina e a Parco di Centocelle Metro C. 
Silenzio totale sui dettagli di questo nuovo affidamento: nella oliata macchina della propaganda capitolina manca ufficialmente il nome del privato da cui sono stati noleggiati i pullman, i costi, la durata dell’appalto. 
E se al lancio del servizio c’era stato l’abituale auto incensamento, ieri, a Radio24 la Raggi ha addirittura rilanciato: “da qui a venerdì arriveranno altri 200 autobus da privati per rinforzare le direttrici dalla periferia al centro”.
Ancora una volta: silenzio sul socio privato, su come sia stato scelto e, ovviamente, sui costi di questa partnership. 
Partnership, peraltro, che giunge da quella stessa Amministrazione che ha boicottato il referendum sulla privatizzazione di Atac al grido di “Atac resti pubblica” ma che dimostra di non esitare a ricorrere al privato a comodo.
Interrogazione di Andrea De Priamo, capogruppo di Fratelli d’Italia: “con quale procedimento è stato individuato” il partner privato? “Sulla base di quale atto è stata presa la decisione di avvalersi del privato?”. E, ancora: chi è questo privato, quanto costa, quanto durerà questo affidamento se è solo una necessità temporanea o sarà una cosa definitiva.
Il fatto che il contratto con Roma TPL sia scaduto a maggio 2018 ha due risvolti: uno politico e uno tecnico. Quello politico è evidenziato dallo stridore fra l’attuale regime di proroghe e le vecchie prese di posizione proprio di Virginia Raggi: “Questa amministrazione - scriveva la Raggi il 5 agosto 2015 a proposito della Giunta Marino - sta continuando ad affidare servizi tramite proroghe o affidamenti diretti. Anac stiamo arrivando. Procura e Corte dei Conti pure…”.  
C’è poi l’elemento tecnico che rende questo contratto fra il Campidoglio e Roma Tpl quanto meno dubbio: se è un contratto nuovo, manca il bando di gara europeo. 
Un affidamento da “18mila km al mese” come ha annunciato Calabrese, costa non meno di 2 milioni di euro al mese. Cifra che, quindi, rende obbligatoria una gara europea. 
Se, invece, è un subappalto, il dubbio resta: Roma TPL da capitolato deve fornire autobus. Non pullman granturismo. Diventa, quindi, una bella “sorpresa” giuridica trovare un appalto scaduto che vive di proroghe da un biennio che viene usato per fare un subappalto lautamente retribuito con un cambio in corsa dell’oggetto: da autobus a pullman. 


mercoledì 20 maggio 2020

STADIO: SEMPRE PIÙ VICINO IL VOTO

Gli uffici comunali hanno finito. Rifatti i conti, riguardati gli espropri e i loro costi, la valorizzazione dei terreni, le opere pubbliche, siamo alle battute finali e a giorni si va dal sindaco di Roma, Virginia Raggi, con la bozza finale dei documenti: variante, convenzione e relazioni.
Da Radio Campidoglio trapelano due notizie. 
La prima, il 7 maggio scorso gli uffici capitolini hanno richiesto ai proponenti, cioè Eurnova, l’effettiva identificazione dell’interlocutore. Insomma, il Comune vuole sapere chi ci sarà dall’altro lato del tavolo il giorno delle firme. La risposta è arrivata a stretto giro: Vitek. 
Il 6 maggio scorso Martin Nemeček, CEO della CPI Property Group, la società di Radovan Vitek, aveva rilasciato un’intervista al periodico ceco Ei5.cz. In quell’occasione, Nemeček sembrava aver tirato il freno sulle trattative: “La transazione è ora completamente rinviata. Non ha superato i confini delle discussioni sulle condizioni, non ci siamo mai impegnati in nulla lì. Alle condizioni finanziarie di cui abbiamo parlato, non è possibile concludere un accordo”, aveva detto.
In realtà, da subito sia lato Eurnova che lato Vitek avevano ridimensionato la portata delle affermazioni di Nemeček parlando di discorsi generali e di fraintendimenti. Atti ufficiali, ovviamente, non ci sono, ma fonti attendibili continuavano a parlare di trattative rallentate ma ancora in corso.
Ora, la risposta fornita al Campidoglio è chiara: a firmare ci sarà Vitek.

Seconda notizia: i lavori di scrittura e controllo della bozza finale della Variante e della Convenzione sono conclusi e ora si sta completando la stesura delle relazioni, prima di andare dal Sindaco.
Se non intervengono nuovi eventi a rallentare, per questa settimana è prevista una riunione tecnica che dovrebbe essere quella finale e, a stretto giro, forse anche la prossima settimana, la riunione con la Prima Cittadina

La conclusione di questa lunghissima trattativa con i privati e ancor più lunga gestazione degli atti – che gli uffici tecnici vogliono essere a prova dei possibili ricorsi che i soliti noti hanno annunciato con cadenze da ciclo lunare – è il preludio per il voto in Consiglio comunale.

Inutile prevedere date sul voto: è un esercizio sterile. Di certo c’è che raggiunti gli accordi finali sui numeri nei mesi scorsi (poco prima della pandemia e della quarantena), redatti tutti i documenti da votare, sarà difficile per la parte politica traccheggiare ed evitare il voto. 

E chissà che l’approvazione in Aula Giulio Cesare dello Stadio – quasi allo scadere del quinquennio Raggi e dopo i due anni e mezzo di Marino – non possa essere un elemento che possa contribuire a riavviare anche la trattativa per la cessione del pacchetto azionario della Roma, a oggi pista piuttosto fredda. 

martedì 19 maggio 2020

MASCHERINE FANTASMA: NON C'È SOLO ECO TECH. TUTTI I "BUCHI" DELLE CONSEGNE ALLA REGIONE

Non c’è solo il caso Eco Tech. Le forniture di mascherine commissionate dalla Regione Lazio sono quasi tutte in ritardo e spesso incomplete.
I dati reali, quelli basati sulle bolle di consegna, non lasciano margini a dubbi: la Regione Lazio e la sua Protezione Civile non hanno saputo gestire in modo oculato la fornitura di mascherine durante la fase acuta dell’emergenza: sono stati spesi centinaia di milioni di euro, con affidamenti diretti, a società sovente quanto meno improbabili, per comprare mascherine. Il prezzo spesso decisamente elevato era motivato dalla necessità di un rapido approvvigionamento. Che non c’è stato: settimane di ritardo sulle scadenze previste e spesso le forniture risultano incomplete.

ACCESSO AGLI ATTI DELLA LEGA
Le prove le ha ottenute Orlando Tripodi, capogruppo della Lega in Consiglio regionale, che, pochi giorni dopo il 20 aprile – data dell’audizione del vicepresidente della Giunta, Daniele Leodori, di fronte le commissioni Bilancio e Protezione civile riunite in forma congiunta – ha fatto un accesso agli atti, chiedendo copia di tutte le bolle di accompagnamento e di tutti i certificati di conformità.

ECCO GLI ATTI

SHOPPING CON IL BANCOMAT DI PAPÀ
Fra tutti i vari affidamenti, ce ne sono alcuni che spiccano più di altri.
Come oramai noto, aziende che mai sarebbero state accettate a un tavolo simile dalla Regione, nei giorni fra il 2 marzo e l’8 aprile, ricevono laute commesse per comprare mascherine. Per molte di loro non solo vengono accettate promesse di forniture molto impegnative per milioni di pezzi, non solo a prezzi decisamente sostenuti, ma vengono anche pagati dalla Pisana bei soldi di acconto (spesso il 50% del valore della fornitura, altre volte il 20%) e, almeno fino al 20 marzo, non viene neanche richiesta la presentazione di una polizza a garanzia delle somme versate come anticipi. Unica concessione al rigore contabile: in caso di ritardi, nelle determine, è prevista una penale di 10mila euro per ogni giorno di mancata consegna.
Insomma, la Regione paga, paga in anticipo e pure bendata.
Vero è che non sono mica soldi del bilancio regionale. Lo spiega Daniele Laodori: “sono fondi dello Stato centrale”. Insomma, si fa shopping con il bancomat di papà.

WORLDWIDE LUXURY CORNER
Una delle società che ha destato l’attenzione di Consiglieri e stampa è la Worldwide Luxury Corner, società con sede a Ostia, di proprietà di Patrizia Colbertaldo, naturopata, già candidata nel 2008, alle elezioni per il Municipio lidense, in una lista civica a sostegno di Paolo Orneli, allora candidato minisindaco e oggi assessore allo Sviluppo economico della Giunta Zingaretti.
La Worldwide è inattiva dal 2017. Così certifica la Camera di Commercio e conferma la stessa Colbertaldo.
Vuol dire che l’ultimo bilancio utile è (almeno) del 2016.
Nonostante questo, la Worldwide riceve una commessa per reperire:
  • 2 milioni di mascherine chirurgiche monouso 2 grammi a 0,87€ al pezzo
  • 1 milione di mascherine chirurgiche 3 strati a 0,11€ al pezzo
  • 500mila maschere antiparticolato N95 a 3,06€ al pezzo
  • 2mila tute con copriscarpe, cuffia, polsini ed elastico in vita a 26,16€ al pezzo
  • 10mila occhiali medici trasparenti in policarbonato a 7,94€ al pezzo


Totale dell’affidamento: 4 milioni 284mila 298 euro
Anticipo: € 2.142.149,20 (50% del valore) senza polizza
Consegna entro il 27 marzo

Stando alle bolle esibite alla Lega, vengono portate alla Protezione civile con 9 diverse consegne un totale di 1.350 tute. Mancano all’appello 650 tute, tutte le mascherine e gli occhiali: quanto meno, di queste merci non c’è traccia nei documenti.






Non solo: ma i ritardi sono clamorosi: la prima consegna è del 20 aprile, 24 giorni dopo la scadenza dell’affidamento, per 450 tute. Seguono altre 8 consegne: 21, 22, 24, 27, 28, 29 aprile e poi ancora, 5 e 6 maggio. L’ultima bolla ha addirittura 40 giorni di ritardo sulla scadenza iniziale. In media, quindi, una fornitura di solo il 67,5% delle tute ha accumulato una media di 31 giorni di ritardo.
Non c’è traccia, nei documenti consegnati, di tutte le altre mercanzie.


In audizione il 20 aprile, Leodori dichiarò che la Regione aveva già “ricevuto parte della merce” e che erano in possesso di “altri nove AVB che sono i codici dei voli aerei”.

EUROPEAN NETWORK TLC
Altra società finita nel mirino della stampa è la European Network Tlc, di Andelko Aleksic, editore di una serie di riviste fra le quali spicca Novella3000.
Alla European la Regione affida con due determine di procurare 5milioni di mascherine FFP2 (il 19 marzo) e 430mila camici (il 25 marzo).
Valore totale della commessa: 26milioni 596mila euro.
Anticipi: €8.750.000 per le mascherine (50%) coperti con polizza Royal Mutua; e 2.150.000 € (50%) per i camici coperti con polizza Finapi.
Date di consegna: entro 10 giorni dal ricevimento degli anticipi, quindi, presumibilmente, il 29 marzo per le mascherine e il 5 aprile per i camici.
In realtà, dalle bolle di consegna risultano nominalmente consegnate 4.213.342 mascherine FFP2. Dopo i controlli, dato che molti colli erano aperti e danneggiati, i file della protezione civile riportano come effettivamente consegnati 4.199.914 pezzi. Mancherebbero, quindi, 800.086 pezzi.
Le consegne partono dal 30 marzo (un giorno di ritardo) e con altre 9 bolle, arrivano fino al 17 aprile. Ritardo medio di 18 giorni.

Il riepilogo delle bolle di consegna della European Network TLC


Per i camici, l’ordine era di 430mila pezzi ma ne vengono consegnati da bolle solo 381.300. Ne mancano 48.700.
La prima consegna è in netto anticipo di 4 giorni sulla scadenza e la seconda è con 13 giorni di ritardo (18 aprile) con un ritardo medio, quindi, di 5 giorni.

In audizione, il 20 aprile, Leodori disse: “tutto il materiale ordinato è stato completamente consegnato

PIO MACARRA
Società di proprietà di Luca e Federica Macarra, con sede centrale a Palestrina, riceve il 23 marzo una commessa dalla Regione per 1 milione di mascherine FFP2 per un valore totale di 3.599.000€
Anticipo pari al 50% per 1.799.500 € e data di consegna ultima entro il 3 aprile.
Le prime due consegne sono del 17 aprile (14 giorni di ritardo) per proseguire il 20, 21, 27 e 30 aprile (27 giorni di ritardo sulla scadenza) accumulando una media di 22 giorni di ritardo sulla data inizialmente prevista.


Il riepilogo delle bolle di consegna della Pio Macarra

Del milione di mascherine, le bolle di consegna ne dichiarano recapitate formalmente 989mila ma dopo il controllo della Protezione civile ne risultano solo 987.730: ne mancano, dunque 12.270 sulla fornitura comandata.

Il 20 aprile, in audizione, Leodori disse: “ne sono arrivate già per 505mila euro quindi per il 50% di ciò che avevamo anticipato (ndr: 1.799.500 diviso 2 = 899.750 €) e il residuo arriverà entro il 30 aprile”.

INTERNAZIONALE BIOLIFE
Società di Taranto, di proprietà di Giacomo De Bellis (45%), Antonio Formaro (45%) e della Advance Italian Technology srl (10%) che, contrariamente al nome, è una società bulgara con sede a Chirpan, in Bulgaria, nella provincia di Stara Zagora.
Riceve dalla Regione due commesse.
Il 27 marzo per fornire 3 milioni di FFP2 a 3 € al pezzo e 3 milioni di chirurgiche a 60 centesimi al pezzo. Spesa totale: 13milioni 176mila euro, con anticipo del 20% per 2.160.000€ e consegna entro il 30 aprile a Fiumicino aeroporto.
La seconda è del 1 aprile: 1 milione di camici impermeabili idrorepellenti con maniche lunghe al costo di 6 euro al pezzo e 1 milione di tute isolanti in TNT a 8 euro al pezzo per una spesa totale di 17.080.000 € con anticipo del 20% della somma per 2.800.000 euro e consegna entro l’8 aprile a Fiumicino aeroporto.
Nessuno dei due anticipi è coperto da polizza.
Il 20 aprile in audizione, Leodori disse che le mascherine erano in consegna “per oggi o domani”, cioè per il 20 o il 21 aprile e per i camici “consegna entro questa settimana ma sulle quali abbiamo un blocco doganale in Turchia documentato dai passaggi aerei del materiale”.

Al 7 maggio, data di consegna degli atti dalla Protezione civile alla Lega, non risulta consegnato ancora nulla.

WISDOM GLORY HOLDINGS
È una delle società dei Panama Papers, ovvero quelle scatole cinesi di società spesso fittizie con sedi che rimbalzano da un paradiso fiscale all’altro.
Nello specifico, questa società, stando ai documenti forniti dalla protezione civile, ha sede in Hong Kong, nel Kalok Building al 720 di Nathan Road, Kowloon indirizzo al quale fa riferimento Shi Guozhong il quale controlla il Great Leading Group limited con sede nelle Isole Vergini Britanniche che è intermediario del Kelsion Secretarial & Consultants limited che è sua volta intermediario di ben 26 diverse società, 25 delle quali con sede sempre nelle Isole Vergini Britanniche e due a Niue nell’arcipelago di Tonga. Tutte e 26 hanno come agenti lo studio legale Mossack Fonseca, quello dei Panama Papers. Di queste 26 società, solo 3 risultano ancora attive e tutte con sede nelle Isole Vergini Britanniche. Tutte le altre risultano fallite dopo lo scandalo Panama Papers.
La Wisdom Glory risulta fondata il 29 giugno 2019 e diretta da Gil Moche Back, cittadino israeliano residente a Raanana in Israele che divide le 38 quote societarie con Sylvia Beck.
La Wisdom Glory – stando alla documentazione consegnata dalla Protezione civile al presidente della Commissione Protezione civile Sergio Pirozzi - viene introdotta in Regione Lazio direttamente dall’ex presidente della Comunità Ebraica romana, Riccardo Pacifici, con un’email del 20 marzo diretta al vicepresidente, Daniele Leodori. Nel testo si legge: “Caro Daniele, scusami se ti scrivo solo adesso ma l'email era andata a finire nello spam e l'ho vista solo adesso punto come da richiesta di Nicola Zingaretti mi sono attivato per far fronte alle richieste di aiuto per la Regione Lazio […]. Beck Gil è un mio carissimo amico israeliano di Raanana che vive in Cina il quale opera nel settore di forniture sanitarie. Ho messo in copia conoscenza lo stesso Gil di cui ti do anche il suo cellulare e whatsapp [segue numero] affinché nella massima trasparenza possiate coordinare il tutto per acquisto diretto e senza importatori che possono far lievitare inutilmente i prezzi […]”.



Alla Wisdom Glory viene affidata una commessa per fornire 2 milioni di FFP2 a 2,30€ al pezzo per 4milioni 600 mila euro, esenti Iva, con un anticipo del 50% della somma per 2.300.000 € non coperti da polizza (ennesima dimostrazione di superficialità da parte della Regione che accorda un anticipo senza cautelarsi a una società che ha sede nei paradisi fiscali). Consegna che deve essere spedita entro e non oltre il 6 aprile.

Il riepilogo della bolla di consegna della Wisdom Glory

La dogana italiana accetta la spedizione il 15 aprile e all’apertura delle scatole, invece dei due milioni di pezzi ordinati se ne trovano dentro solo 1.744.800: mancano all’appello 255.200 mascherine. In aggiunta, nei documenti doganali forniti alla Lega, viene riportato il valore della spedizione come pari a € 3.786.216 contro i 4.600.000 dichiarati in determina per una differenza di oltre 813mila euro.

GOLDBEAM COMPANY
Società cinese che, dal Certificato di Registrazione numero 10921650-000-04-20-7 consegnati alla Lega, risulta aver iniziato la propria attività l’8 aprile 2020. Eppure il 1 aprile 2020 riceve una commessa dalla Regione per acquistare 2 milioni di FFP2 (nella versione cinese marcata KN95) e 2 milioni di chirurgiche. Le prime a 2 euro e 60 centesimi al pezzo e le seconde a 36 centesimi al pezzo. Valore totale dell’affidamento: 5 milioni e 920mila euro.
Anticipo pari al 50% per 2milioni e 960 mila euro senza polizza assicurativa a garanzia. +Spedizione da effettuarsi da Shangai entro il 7 aprile.
Al netto delle certificazioni allegate scritte tutte in cinese, al 7 maggio non risultano registrate e esibite alla Lega bolle di consegna della Protezione civile.

ECO TECH
Il caso più famoso è quello di Eco Tech: piccola società di vendita di lampadine a led, una sede ai Castelli, un bilancio di meno di 50mila euro, riceve con 3 determine – due del 16 marzo e una del 23 marzo – un affidamento per comprare 9 milioni e mezzo di mascherine: 2 milioni di chirurgiche; 3,5 di FFP2 e 4 di FFP3. Formalmente nelle determine di affidamento c’è scritto che saranno tutte di marca 3M. Si scoprirà dopo che solo le FFP2 e le FFP3 sono 3M. Le chirurgiche no.
Valore globale degli affidamenti: 35 milioni 823mila 950 euro. Anticipi versati: 13 milioni e 520mila euro senza polizze a garanzia.
Scadenza iniziale delle consegne: il 23 marzo, il 30 e il 6 aprile.

Nella documentazione consegnata dalla Protezione civile al presidente della Commissione Protezione civile Sergio Pirozzi, risulta che la prima offerta perviene dalla Eco Tech alla Regione il 13 marzo e sarà poi formalizzata nella determina G03089 del 23 marzo e fa riferimento a 2 milioni di FFP2 tipo 8210 N95 e 1 milione di pezzi per le FFP3 9932 della 3M. Il 15/03 giunge la seconda offerta poi finalizzata nella prima determina di affidamento, la G02801, per un milione e mezzo di FFP2 8210 N95 e un milione di FFP3 9332 della 3M. Infine, al protocollo regionale, il 16 marzo, viene registrata la terza offerta Eco Tech per 1 milione di FFP2 8210 N95, un milione di FFP3 9332 della 3M e 2 milioni di chirurgiche triplo strato, che troverà poi consacrazione nella seconda determina, la G02802, del 16 marzo stesso.
Tutte e tre le proposte Eco Tech sono firmate da Riccardo Mondin e non dall’amministratore unico della società, Anna Perna (moglie di Mondin).

Trascorse le scadenze senza che arrivi nulla, la Regione procede all’annullamento in autotutela di due determine su 3 (quella non annullata è quella con la data di scadenza più lontana), cosa che avviene fra il 29 marzo e il 2 aprile.

Questo è il certificato SGS esibito alla Regione per attestare l'esistenza della partita di mascherine

L’8 aprile, dopo una serie di colloqui con l’avvocato dell’azienda, la Eco Tech esibisce dei certificati SGS (la SGS è una società svizzera che certifica l’esistenza reale di merci) e si offre di garantire gli anticipi con polizze. La Regione accetta ad occhi chiusi e il 10 aprile emette una “novazione” delle due determine che erano state precedentemente annullate.
Nuove scadenze per tutte le consegne: il 17 aprile.

Solo che i certificati SGS sono falsi: abbiamo chiesto personalmente alla SGS il controllo e l’email di risposta non lascia adito a dubbi: “We regret to inform you that this is not an original SGS document. This document is thus of no value whatsoever and we advise you not to rely on it for any purpose” ovvero: “ci spiace informarti che questo non è un document SGS originale. Questo documento non ha alcun valore e ti suggeriamo di non farvi affidamento per nessuno scopo”.
Un controllo eseguito dalla SGS in meno mezza giornata e che la Regione pare non aver fatto visto che ha accettato supinamente l’esibizione dello stesso da parte di chi non si era già dimostrato affidabile.
L'email della SGS che attesta la falsità del certificato esibito alla Regione.
Sono state necessarie alla SGS 12 ore e 30 minuti per la verifica 


Al momento, impossibile sapere “chi” ha effettivamente creato questo falso certificato e quindi chi, Regione a parte, è il truffato e chi il truffatore.
Certo è che chi lo ha ricevuto non ha comunque pensato di controllarlo.
E se la buona fede può essere un valido motivo di giustificazione per le aziende non lo è di certo per la Regione che, con la diligenza del buon padre di famiglia, avrebbe comunque dovuto fare un controllo facile e veloce.
Fatto sta che le determine annullate vengono rinnovate grazie, appunto, al certificato SGS e alla promessa di polizza.

Passa anche il 17 aprile e solamente i due milioni di mascherine chirurgiche vengono consegnati: l’11 aprile 800mila pezzi, il 15 aprile 650mila pezzi e il 19 aprile 346mila pezzi. In totale, la Protezione civile riceve 1 milione 796mila mascherine chirurgiche 3 strati.
Ritardo a parte (dovevano arrivare entro il 6 aprile) ne mancano comunque 204mila.

Per le FFP2 e FFP3 la Regione, magnanimamente, concede senza nessun atto scritto, un’altra settimana di tempo e la nuova scadenza è fissata arbitrariamente al 24 aprile.
La motivazione è sempre l’esistenza del certificato SGS anche se le polizze promesse ancora non ci sono e l’impegno che il 23 aprile sarebbe partito il cargo alla volta dell’Italia, almeno così certifica il Consolato italiano a Shanghai il 20 aprile.

20 aprile che è anche la data dell’audizione di Leodori di fronte le Commissioni consiliari. Si va in scena e le polizze ancora non ci sono.
Un fitto scambio di email fa capire come la Regione prema per averle, tanto che Leodori in Commissione (che è atto pubblico) si azzarderà a dire che le polizze ci sono e sono della ITC Brokers, ma che fra gli assicuratori ci sia un gioco a rimpiattino.
Fatto sta che alla fine due polizze, per una copertura totale di 14 milioni di euro, saltano fuori: le emette la SEGUROS DHI-Atlas, società della Repubblica dominicana con sede a Londra e di proprietà di un italiano, Andrea Battaglia Monterisi, sotto processo a Benevento con l’accusa “di aver reimpiegato nella Puntofin SpA i proventi economici dell’attività delittuosa del clan Pagnozzi con l’aggravante di aver commesso il fatto nell’esercizio di un’attività professionale consistita nell’attività di garanzia espletata mediante il rilascio di polizze fidejussorie al fine di agevolare il clan camorristico Pagnozzi”.
Solo che la Regione, al netto del cambio di broker che le ha emesse, acquisisce al protocollo le due polizze SGUROS solo il 21 aprile, quindi dopo la seduta di Commissione durante la quale, quindi, contrariamente a quanto dichiarato da Leodori, la Giunta in mano non aveva nulla.
Le due polizze emesse dalla SEGUROS DHI-Atlas. In altro, le date
e i numeri del protocollo con cui la Regione le ha acquisite

Passa il 24, l’aereo non arriva e il 25 finalmente si revocano gli affidamenti e si chiedono indietro i soldi.
La Eco Tech, a dimostrazione della propria buona fede, propone alla Regione un piano di restituzione dei soldi degli acconti che la Regione, magnanimamente, accetta. E intanto, dice Zingaretti in Consiglio regionale, fa partire le pratiche per escutere le due polizze. Che, entro il 15 maggio, dovrebbero essere state pagate. Ovviamente, silenzio totale sul fatto.  



POLITICA: A SINISTRA DALLE MINACCE DI QUERELA ALLA CACIARA; A DESTRA FUOCO INCROCIATO
Il caso “mascherine fantasma” nasce il 7 aprile quando Il Messaggero si accorge che una delle comande della Protezione civile per l’acquisto di mascherine era saltata nonostante il pagamento di un sostanzioso anticipo, 11 milioni di euro. È il caso Eco Tech.



Subito dopo, la consigliera regionale di Fratelli d’Italia, Chiara Colosimo, inizia la battaglia per avere chiarezza. Via via, si uniscono anche altri consiglieri di opposizione: Tripodi, Daniele Gannini e Laura Corrotti (Lega); Sergio Pirozzi, Giancarlo Righini e Fabrizio Ghera (FdI); Francesca De Vito (M5S). Il caso finisce alla Camera, con Fabio Rampelli e Francesco Lollobrigida (FdI) e con Roberta Angelilli; e pure all’Europarlamento, con la deputata leghista Laura Baldassarre.
Dalla maggioranza di centrosinistra, supportata anche dagli organi di comunicazione istituzionale della Giunta, partono accuse di sciacallaggio, di propalazione di fake news e minacce di querela.
L’inchiesta, però, va avanti: prima la Corte dei Conti, poi la Procura di Roma aprono due fascicoli e, anche grazie ad alcuni giornali – Il Tempo, La Verità, Il Fatto Quotidiano, Il Giornale, Etruria News (Repubblica è il grande assente: non una sola riga è stata scritta neanche il giorno delle perquisizioni dei finanzieri in Regione) – la maggioranza deve arrendersi: dalle minacce di querela per fake news si passa alle ammissioni di colpa ma “in buona fede” con un disperato tentativo di minimizzare il tutto e spostare l’attenzione sui numeri relativamente contenuti della pandemia come prova che tutto è stato comunque tenuto sotto controllo.