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In questo blog mi dedico a guardare con occhio maliziosamente indipendente ciò che accade a Roma - e qualche volta anche nel resto del mondo - soprattutto attraverso ciò che della mia città raccontano i quotidiani. Generalmente prendo in considerazione i tre quotidiani più importanti per vendite e diffusione nella Capitale: Corriere della Sera, La Repubblica e il Messaggero. A volte troveranno spazio anche gli altri quotidiani, la cui lettura è comunque sempre accurata.

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venerdì 31 gennaio 2020

ATAC, PULIZIE IN ODORE DI MAFIA



"Ho in corso un'istruttoria per commissariare, a seguito di un'interdittiva antimafia emessa da noi pochi giorni fa, il contratto della commessa per i servizi di pulizia dell'Atac". Lo ha detto il prefetto di Roma, Gerarda Pantalone, in un'audizione in commissione bicamerale sulla Criminalità organizzata
C’è anche l’interdittiva antimafia a colpire Atac. O, almeno, le gare d’appalto di Atac. Non bastava il concordato preventivo, le stazioni metro chiuse per incapacità di programmare le manutenzioni, le scale mobili ferme a mazzi, le “rimodulazioni” (un bizantinismo per dire cancellazione di treni) del servizio sulla Roma-Lido e Roma-Viterbo e il crollo costante del servizio di trasporto di superficie reso all’utenza anche con tutti i bus nuovi in servizio, ora ci si mette anche il prefetto Pantalone. Certo, Atac non è fortunatissima con le gare d’appalto: impossibile dimenticare quella per la manutenzione delle scale mobili che l’Azienda di via Prenestina aggiudicò facendo vincere chi offriva un ribasso del 49,73% sulla base d’asta. Per poi ritrovarsi le fascette metalliche usate per riparare le scale. Ora quest’altra tegola. Con l’Azienda si affretta a diramare una nota pochi minuti dopo le dichiarazioni del Prefetto. Scrive Atac: “In relazione a notizie di stampa (più che altro rese in Commissione Antimafia) che riportano di un provvedimento di commissariamento che la Prefettura ha intenzione di attivare su un contratto di pulizia fra Atac e un fornitore, l'azienda precisa che la problematica riguarda il fornitore e non Atac. È stata la stessa Atac a richiedere alla Prefettura di procedere al commissariamento, stante il carattere di pubblica utilità del contratto”. 
Un po’ come quando Atac, dopo inchieste e sequestri, incidenti e feriti sulle scale mobili, riuscì in un gargantuesco sforzo a revocare l’appalto per la manutenzione delle scale.  
Atac a parte, però, il prefetto Pantalone snocciola una serie di dati sulla sicurezza reale e percepita a Roma: “ci sono 3.500 ospiti dei campi rom, e una gran pletora sommersa di migliaia stranieri transitanti e irregolari che confluiscono autonomamente negli stabili occupati o in insediamenti abusivi, con conseguenti problematiche sul piano dell'ordine pubblico, della percezione della sicurezza e della tolleranza della popolazione residente”. Poi, “Tor Bella Monaca è fra le principali piazze di spaccio in Italia; infrastrutture e i servizi sono abbastanza carenti e le forze di polizia vengano accerchiate senza poter svolgere la loro attività”. Infine, un paio di successi: “nel 2019 le sole misure di prevenzione ci hanno condotto a strappare alla criminalità organizzata 1 miliardo di euro” e che alla criminalità organizzata sono stati confiscati 1240 cespiti immobiliari.

AD ATAC NUOVAMENTE LA GESTIONE DELLA SOSTA TARIFFATA


Parcometri e parcheggi di scambio: va in scena oggi, in Consiglio comunale, il dibattito sul nuovo contratto di servizio, che prolunga quello scaduto il 3 dicembre scorso, che il Campidoglio ha con Atac per la gestione della riscossione dei pagamenti con i parcometri e nei parcheggi di scambio. Il testo, in gestazione in Giunta dalla fine dello scorso novembre, è il frutto del lavoro congiunto dell’Assessorato alla Mobilità e di quello al Bilancio e potrà, ovviamente, subire modifiche durante il dibattito in Aula.
In sintesi, ad agosto 2017 viene approvato in Giunta Raggi il contratto di servizio con Atac sui “servizi complementari al trasporto pubblico locale”, la sosta tariffata e i parcheggi di scambio appunto. Scadenza del contratto, il 3 dicembre 2019. Nel frattempo, però, viene varato il concordato fallimentare di Atac che si basa, fra l’altro, su un Piano Industriale valido fino al 2021. Fra gli elementi del Piano Industriale rientra anche la gestione della sosta tariffata e nei parcheggi di scambio. 
Risultato finale: il Campidoglio decide di affidare di nuovo ad Atac la gestione dei parcometri e dei parcheggi. Si legge nel documento che Atac continua a “confermare un buon livello di efficacia nella gestione del servizio affidato, raggiungendo risultati reddituali più che soddisfacenti se paragonati alle altre realtà nazionali”. 
Ecco allora quanto rende ad Atac, ogni anno, la sosta tariffata. 
Per i parcheggi di scambio, il Comune riconosce ad Atac 11,6 milioni per il 2020 e 11,7 per il 2021. Molto più succulenta la quota per i parcometri: 21,2 milioni per il 2020 e 20,2 per il 2021. Poi c’è un altro milione l’anno per i cosiddetti parcheggi aggiuntivi. Il computo finale è di 33,8 milioni per il 2020 e 33,4 per il 2021. A questi fondi, poi, va aggiunta la quota di copertura di dicembre 2019: il vecchio contratto era scaduto il 3 dicembre quindi va “coperto” il lavoro fatto da Atac nello scorso mese. Per questo, la Giunta Raggi riconosce ad Atac una quota supplementare di 2 milioni e 600mila euro. 
La delibera in discussione oggi, poi, chiarisce anche quanto effettivamente Atac dovrebbe incassare dai parcheggi, soldi che poi verranno “girati” al Campidoglio. Due milioni e 700mila incassati a dicembre 2019 e quasi 36milioni per il 2020 e il 2021 che generano, alle casse comunali, un surplus di un paio di milioni abbondanti per ciascun anno e 156mila euro per il mese dello scorso dicembre. 

SENZA CONVENZIONE INUTILE IL NUCELO PICS DEI VIGILI


Il Campidoglio deve muoversi o rischiamo di mettere i Vigili Urbani nell’impossibilità di completare le operazioni di sgombero e rimozione di masserizie e rifiuti. È questo il contenuto di una mozione, presentata dai consiglieri comunali di Fratelli d’Italia e della Civica per Giorgia Meloni - Andrea De Priamo, Lavinia Mennuni, Francesco Figliomeni e Rachele Mussolini - e che, salvo sorprese, dovrebbe essere discussa nella odierna seduta del Consiglio comunale. 
In sostanza, spiegano dal FdI, viene raccolta la segnalazione di Marco Milani, sindacalista dell’Ugl Polizia Locale, su un problema piuttosto serio: Ama non può più assistere la Polizia Locale quando ci sono le varie operazioni di sgombero. Mancano i soldi a copertura di questi interventi. 
Spiega Milani: “Prendendo ad esempio l’ultima operazione al Colle Oppio che, come Polizia Locale, abbiamo gestito con i Pics (Pronto Intervento Centro Storico) la Spe (Sicurezza Pubblica ed Emergenziale) e il GSSU (Gruppo sicurezza sociale ed urbana), un’apposita convenzione con Ama ha consentito all’Azienda dei rifiuti di assisterci e, terminate le operazioni di polizia, di rimuovere tutte le masserizie accumulate nell’area archeologica. Solo che lì c’era, appunto, un’apposito accordo che copriva le spese. In tutti gli altri casi questo accordo non c’è”. 
E, quindi, il risultato è quello, di fatto, di rendere le già mai troppo semplici operazioni dei Vigili ancora più complesse e, conseguentemente, inefficaci. 
Per spiegare meglio: all’interno della Galleria Principe Amedeo di Savoia Aosta (quella sotto la collina del Gianicolo a Porta Cavalleggeri, ndr), come nei sottopassi del Muro Torto - prosegue ancora Milani - ci sono molti ricoveri di fortuna. Se, quando li sgomberiamo, Ama non ci assiste il risultato è che i disperati che li abitano finiscono per rientrarci immediatamente. Se dovessimo seguire le regole di sicurezza, allora dovremmo chiudere direttamente gallerie e sottopassaggi”.
Insomma, Fratelli d’Italia raccoglie questo allarme lanciato dal sindacato e, con una mozione, chiede alla Raggi di aprire il portafogli e finanziare il sistema di contrasto al degrado urbano. 

mercoledì 29 gennaio 2020

LO STATO SI ARRENDE A CHI OCCUPA


Un elaborato e bizantino giro di parole per certificare la resa dello Stato verso l’illegalità delle occupazioni abusive: è questo il senso politico della risposta, firmata dal sottosegretario al Ministero dell’Interno, il grillino Carlo Sibilia, all’interrogazione presentata dal senatore di Forza Italia, Maurizio Gasparri, in merito all’occupazione abusiva del palazzo di via di Santa Croce in Gerusalemme.
Lo stabile ex Inpdap, ribattezzato Spin Time Labs e occupato dal 2012 da Action di Andrea Alzetta era balzato agli onori delle cronache in tre momenti: a maggio 2019 quando l’elemosiniere di papa Francesco, il cardinale Konrad Krajewski, aveva riallacciato la luce che Acea aveva staccato per morosità, promettendo che avrebbe pagato la bolletta (300mila euro) con Acea che ancora aspetta i soldi. La seconda, il 22 dicembre, quando le Sardine hanno organizzato la loro assemblea romana proprio nello stabile occupato. E, la terza, a capodanno quando nel palazzo, dove vivono 165 famiglie, 430 persone, era stata organizzata una festa aperta anche ai minorenni con ingressi a 20 euro prima delle mezzanotte, a 10 dopo la mezzanotte e a 5 euro per occupanti e indigenti. Anche in questo caso, come nei due precedenti, non poche le polemiche. Cui, appunto, seguì l’interrogazione del senatore Gasparri. 
La risposta del sottosegretario Sibilia è disarmante: “alla denuncia ritualmente presentata ha fatto seguito l’instaurazione di un procedimento penale” scrive Sibilia che aggiunge “non risultano adottati provvedimento dall’Autorità Giudiziaria che, come noto, dato l’elevato numero di occupazioni in corso nella Capitale, ne consentirebbero l’inserimento nel Piano degli Sgomberi, da ultimo predisposto dal Prefetto di Roma il 18 luglio 2019”. Dopo di che, una paginetta sciatta di vaga sociologia d’accatto sul diritto all’abitare e le occupazioni che ricorda davvero molto da vicino il Conte Mascetti e la sua celeberrima supercazzola espressa nel più puro linguaggio dell’asettico burocratese. 
Su tutte le furie Gasparri: “Nel palazzo occupato si svolgono attività commerciali, feste illegali e a capodanno ci sono strati eventi che hanno costretto le forze dell'ordine a intervenite. Nulla si dice quando in quello stabile si svolgono feste a pagamento che garantiscono lucri e guadagni a chi le organizza. La risposta che ho ricevuto sul piano degli sgomberi è del tutto insoddisfacente, perché sicuramente ci saranno state delle attività svolte dalla Prefettura con il concorso del Polizia, ma casi eclatanti come questo dell'edificio di via Santa Croce in Gerusalemme imporrebbero un'azione immediata. In quello stabile si compiono illegalità e non basta dire che un paio di persone sono state segnalate all'autorità giudiziaria. Peraltro anche la lentezza dei procedimenti penali, che dalla risposta del sottosegretario Sibilia si ricava, dimostra come la Procura di Roma non agisca nei modi dovuti di fronte a questa illegalità. La Procura osserva mentre dovrebbe mettere in atto iniziative ben più severe e decise. Lo stabile di via Santa Croce in Gerusalemme a mio avviso va sgomberato domani. I grillini al governo non solo dimostrano incapacità, ma alimentano comportamenti assolutamente illegali”.

IL COMUNE COMPRA DA ATAC IL PALAZZO DI LUCHA Y SIESTA


Si va verso una possibile conclusione positiva della vicenda della Casa delle Donne Lucha y Siesta. Ieri pomeriggio, il Campidoglio ha diffuso una nota in cui si annuncia che il sindaco, “Virginia Raggi ha chiesto a tutte le strutture competenti di verificare fattibilità ed eventuali modalità per partecipare all’asta giudiziaria finalizzata all’acquisizione dell’immobile Atac situato in via Lucio Sestio 10”. 
La Raggi “ha esortato tutti gli uffici a effettuare e completare gli approfondimenti con la maggiore celerità possibile. L’obiettivo è quello di destinare poi l’edificio ad attività come quelle già svolte dall’associazione Lucha Y Siesta. Proseguono - recita ancora il comunicato - i colloqui tra gli operatori di Roma Capitale e le donne vittime di violenza ospitate, anche insieme ad alcuni bambini, nell’immobile”.
La storia è nota: Lucha y Siesta è una struttura di sostegno e accoglienza alle donne un “progetto ibrido tra casa rifugio, casa di semiautonomia e centro antiviolenza che da più di 11 anni fornisce informazione, orientamento, ascolto e accoglienza alle donne che ne hanno necessità". La sede di Lucha y Siesta è in un edificio di proprietà di Atac, al Tuscolano in via Lucio Sestio, che è fra quelli che dovranno essere messi in vendita per il risanamento dei conti dell’azienda di trasporto pubblico. 
Il problema, ovviamente, è che l’edificio - valore stimato in 2,6 milioni di euro circa - risulta assai appetibile sul mercato immobiliare ma, l’arrivo di nuovi proprietari, difficilmente si potrebbe conciliare con la permanenza di Lucha y Siesta.
Un po’ come l’altra grande struttura di assistenza alle donne, la Casa Internazionale della Donna anch’essa a rischio sfratto per la politica ragionieristica seguita dal Campidoglio 5Stelle, la scomparsa di Lucha y Siesta significherebbe la perdita di un enorme patrimonio sociale, di esperienze acquisite negli anni e, direttamente, di un rilevante punto di riferimento per le donne in difficoltà.
Il comitato Lucha, a settembre dello scorso anno, aveva dato il via a una campagna di reperimento dei fondi con un obiettivo di base: raccogliere almeno 360mila euro necessari a sostenere la “nascita di una Fondazione, forma legale utile a creare un grande azionariato popolare per l’acquisto collettivo dello stabile” e finanziare almeno “la base del 10% del valore dello stabile” condizione “necessaria per partecipare all’asta”.
Che il Campidoglio, ora, decida di procedere a una verifica delle condizioni utili a partecipare all’asta è senza dubbio una notizia di rilievo per per le donne che, da quando il concordato preventivo Atac è stato approvato dal Tribunale, vivono sotto l’incubo dello sfratto. 
La struttura di via Lucio Sestio, infatti, rientra fra quelle che il concordato della Raggi su Atac ha indicato come necessarie da vendere. Per questo, Atac negli scorsi mesi aveva richiesto lo sgombero dell’immobile fermato, di fatto, dalla mobilitazione politica nata attorno a questa casa delle donne. 
Ammesso che gli uffici reputino lecita e possibile la partecipazione del Campidoglio, socio unico di Atac, all’asta per acquistare un bene di un’Azienda controllata e ammesso che sia il Campidoglio a spuntarla all’asta stessa, tecnicamente in questo modo il Comune a 5Stelle dopo aver creato il caso inserendo l’immobile di Lucio Sestio fra quelli da vendere per far cassa, finisce per ricomprarlo a spese dell’intera collettività, esercitando, quindi, un’ennesima forma di finanziamento praticamente diretto al sostenimento economico dell’azienda dei trasporti. Il che, avrebbe anche l’effetto di aprire il contenzioso con la Casa Internazionale della Donna che, a questo punto, potrebbe anche protestare per la disparità di trattamento con Lucha y Siesta. 

martedì 28 gennaio 2020

DA BRUTTO ANATROCCOLO A METRO G


Nuovi capilinea: a Termini il primo, vicino piazza dei Cinquecento; Tor Vergata l’altro, nuovi treni per mandare al museo quelli degli anni ’20, un totale di 29 fermate, con 9 da creare proprio a Tor Vergata, come quella davanti alla sede del Policlinico, o quelle che serviranno le facoltà di Economia e Ingegneria della seconda università di Roma. È, in sintesi, il progetto del Campidoglio per trasformare la vecchia ferrovia Roma-Giardinetti nella nuova “Metro G”: nella visione del Comune ci sarà la Metro D, poi la Roma-Lido diventerà Metro E, la Roma-Viterbo sarà la Metro F e la Termini-Giardinetti la Metro G. Così l’hanno presentata ai cittadini, in Commissione Mobilità, i tecnici di Roma Servizi per la Mobilità e il presidente della commissione stessa, Enrico Stefano (M5S). Il progetto originario è già stato approvato dal Ministero nell’ultimo bando per il trasporto pubblico ma il progetto dovrà essere adeguato alle prescrizioni ministeriali entro il prossimo 30 aprile.
La più importante prescrizione è il cambio dello “scartamento” (la distanza fra i due binari, ndr) da quello attuale, cosiddetto ridotto a 950 mm, a quello ordinario, 1435 mm. Quindi, addio anche ai vecchi mezzi, alcuni dei quali risalgono al Fascismo e sono stati rimodernati nel corso del tempo, e arrivo di nuovi tram con la livrea gialla per mantenere il tradizionale colore della linea. 

I lavori non partiranno prima del 2022: investimento da 190 milioni di euro e due anni di lavori al netto degli eventuali ricorsi.
La linea Roma-Giardinetti - ha spiegato Stefàno - non sarà dismessa ma potenziata e prolungata verso Tor Vergata. Anche se noi avremmo preferito rimanesse lo scartamento ridotto, se non altro per non allungare i tempi dell’intervento”.
Il presidente di Roma Servizi per la Mobilità, Stefano Brinchi, ha ricordato che “la nuova linea avrà una capacità di 70.000 passeggeri al giorno e che alcune fermate andranno ricollocate, in particolare quelle tra Centocelle e Giardinetti” per differenziarle da quelle della linea C, che in quel tratto viaggia in parallelo al futuro tram. Il percorso della linea poi, una volta arrivata a Giardinetti, svolterà fino a Tor Vergata. Dall’altro lato il capolinea sarà spostato di alcune centinaia di metri: la linea resterà  su via Giolitti - dove sarà consentito il transito ma non il parcheggio -  ma sarà posizionato quasi a piazza dei Cinquecento.


Per quanto riguarda, infine, il nodo della proprietà, attualmente della Regione Lazio (Atac esercita solo il servizio, ndr), Stefàno ha chiarito che “al momento della stipula della convenzione con il Mit si affronterà definitivamente anche il passaggio della proprietà al Comune di Roma”.


L'AMA SI ARRENDE: SIAMO SENZA UOMINI E MEZZI



Roma dovrebbe essere pulita come Disneyworld perché Roma è la Disneyworld della cultura e della bellezza ma per farlo servono persone e mezzi sennò non si arriva al risultato”. Anche l’amministratore unico di Ama, Stefano Zaghis, alza bandiera bianca e ammette il fallimento dell’Azienda nella gestione della quotidianità dando numeri diversi rispetto alle ultime note ufficiali dell’Azienda. 
Spiega Zaghis in Commissione Ambiente che “sul totale di 6.128 dipendenti al 31 dicembre del 2019 in Ama ci sono 4.235 idonei alle mansioni” gli altri 1888 sono, a diverso grado, inidonei: “Abbiamo il 32% dei nostri lavoratori con svariate inidoneità, il doppio rispetto ad un’azienda come Amsa che ha il 16% e il dato nazionale dice 17%. Non si può lavorare in queste condizioni”. "Dal 1 gennaio 2015 all’1 gennaio 2020 sono uscite da Ama 710 persone e non ne è entrata nemmeno una, escluse le categorie protette. Ad oggi mancano 85 autisti, 40 meccanici e circa 300 operatori. Siamo in attesa di procedere con le assunzioni. Il piano che è stato condiviso col Campidoglio prevede ingressi per circa 400 persone dall’inizio del prossimo anno a scaglioni. La maggioranza sono operatori, meccanici e autisti e metteremo il 20% degli inidonei con scopa e paletta come operatori ecologici di quartiere”.
Oltre agli uomini, mancano anche i mezzi: “la mancanza di mezzi è un problema serio: siamo a Roma non a Reggio Emilia come qualcuno credeva in passato”, con una battuta indirizzata all’ex assessore ai Rifiuti, Pinuccia Montanari, e all’ex ad di Ama, Lorenzo Bagnacani entrambi di Reggio Emilia. “Appena arrivato ho sbloccato una gara di compattatori (i camion che svuotano i cassonetti, ndr) partita a ottobre 2015 e assegnata a marzo 2019”. Gara per iniziali 96 mezzi poi portati a 102: “di questi ne sono arrivati e sono operativi 32, 3 sono in immatricolazione, quindi arriveremo a 35 mezzi per la prossima settimana, a 102 consegnati tra la fine di maggio e l’inizio di inizio giugno, tutti i mezzi saranno operativi per la fine di luglio”. Ma siamo comunque “a meno della metà di quelli necessari”. Senza considerare quanto siano vecchi quelli in possesso dell’Azienda: “su 281 compattatori attualmente disponibili, 201 hanno un’anzianità superiore ai 10 anni”.
Risultato: “Nel 2019 la regolarità rispetto al contratto di servizio sulla raccolta è diminuita dell’1,8% rispetto al 2018, mentre è migliorata di circa il 5,5% la regolarità del servizio di pulizia”. 
C’è spazio anche per un’analisi: “Ama è una società che per trent’anni è stata gestita contando sulla discarica di Malagrotta che è venuta a mancare. Senza avere un piano industriale a disposizione con nuovi impianti, senza un accordo con il Governo per realizzarli in fretta e senza un piano regionale dei rifiuti, è stata chiusa questa discarica. E anche in questi sette anni passati dalla chiusura di Malagrotta nessuno ha realizzato questi nuovi impianti”. Poco male che di questi sette, quattro siano targati 5Stelle e 3 Pd. Infine, i bilanci: “entro metà marzo” Zaghis conta di avere l’”ok da parte dell’assemblea dei soci di Ama (ovvero il Campidoglio, ndr) al bilancio 2017, poi entro metà maggio a quello del 2018 e entro metà luglio a quello 2019".


giovedì 23 gennaio 2020

BOLOGNA, POLICLINICO E CASTRO PRETORIO, STAZIONI OFF LIMITS


L’odissea scale mobili che da almeno un paio d’anni “allieta” i trasbordi metro di romani e turisti potrebbe subire in questo 2020 una splendida nuova stagione di disagi e caos. Piramide, Castro Pretorio, Policlinico, Bologna, Tiburtina F.S., Quintiliani, Monti Tiburtini, Pietralata, Santa Maria del Soccorso, Rebibbia: in tutte queste fermate nel 2020 vanno cambiate le scale mobili, gli ascensori e i tapis roulant. 
La legge prescrive due revisioni, la prima a dieci anni, la seconda, molto approfondita, a venti e, a trent’anni di età, le scale mobili vanno in pensione e devono essere completamente sostituite
Quello che sta accadendo ora sulla metro A - Battistini, Cornelia, Baldo degli Ubaldi, Valle Aurelia e Cipro - è la revisione ventennale. Che il sindaco Raggi parli di “operazioni che prima non erano mai state effettuate” e di “scale mobili della metropolitana abbandonate da 20 anni” suona decisamente ilare: la revisione ventennale è la prima nella vita ventennale di queste 5 stazioni. 
Sulla B sono in totale 22 le scale mobili, altrettanti gli ascensori e 4 i tapis roulant da sostituire. Il Campidoglio - in questo caso la manutenzione straordinaria spetta direttamente al Comune - ha incaricato Atac di essere stazione appaltante ed è stata fatta una gara vinta dalla Schindler
Inizialmente, l’investimento messo a bando era di quasi 11 milioni e mezzo di euro e la Schinlder ha vinto con un ribasso economico di poco superiore al 4% facendo, quindi, scendere il valore globale della fornitura a 9,2 milioni di euro.
Di questi, quasi 7 milioni e mezzo serviranno alla fornitura delle 22 scale, 22 ascensori e 4 tapis roulant; 800 mila euro per pagare lo smantellamento dei vecchi; 165mila per pagare la progettazione; 153 mila per la opere civili e, infine, 632mila euro per gli oneri per la sicurezza.
In totale l’appalto avrà una durata di 706 giorni, quindi quasi 2 anni e sarà suddiviso in lotti, definiti come “contratti applicativi”. 
Il primo lotto a che vedrà gli operai lavorare su scale mobili e ascensori è quello di Bologna, 4 scale su 8; Policlinico, 2 scale su 4; e Castro Pretorio, 3 scale su 4. Viste le condizioni di operatività, quindi, la lungimiranza capitolina rischia di lasciare solo in uscita queste tre stazioni visto che sono tutte e tre profonde. 
Le altre, invece, piano piano che arrivano a scadenza dovranno fermarsi. In questo caso, però, la scarsa profondità delle stazioni non dovrebbe avere effetti diretti sul loro funzionamento: i problemi li avranno le persone con ridotta mobilità. E quindi, in questo caso, a fermarsi progressivamente per raggiunta scadenza saranno prima gli impianti di Piramide che vanno a scadenza il 25 giugno e il 3 luglio; poi, il 25 novembre, scadranno quelli di Tiburtina. E il 28 novembre tutti gli altri. Insomma, la solita programmazione del Comune a 5Stelle. 

BARBERINI NON RIAPRE NEANCHE A FINE MESE



La certezza dell’ufficialità ancora non c’è ma le probabilità che Barberini non riapra neanche entro fine gennaio sono sempre più consistenti. 
Formalmente la Otis, la società che per conto di Atac, sta lavorando su 4 delle 6 scale mobili di Barberini, dovrebbe terminare domani, venerdì 24. Ma sembrerebbe che le cose non stiano andando affatto bene e che la scadenza del 24 possa slittare. Quindi, considerando anche i tempi necessari ad effettuare il collaudo da parte dei tecnici del Ministero dei Trasporti - cui per legge spetta l’ultimo test prima del via libera - è assai difficile che tutti i lavori possano concludersi in tempo per consentire una riapertura della stazione entro fine mese.
Barberini aveva chiuso i battenti il 21 marzo 2019 e, a oggi siamo a 308 giorni di chiusura. La storia è nota: Atac affida un appalto a una società che vince con un ribasso del 49,73%. Iniziano a verificarsi sempre più problemi fino all’incidente a Repubblica (23 ottobre 2018) con i russi feriti dal crollo della scala mobile. Dopo di che, anche nelle altre due stazioni più profonde della linea A, Spagna -54 metri e Barberini -30 metri, con sempre più allarmante frequenza si registrano delle rotture delle scale mobili. Nel silenzio del sindaco di Roma, Virginia Raggi, e dell’allora assessore ai Trasporti, Linda Meleo, sotto natale 2018 ci sono giorni tragicomici con aperture e chiusure delle stazioni in maniera casuale. Fino a marzo: dopo un’altra serie di incidenti, Atac chiude direttamente le due stazioni. Risultato, per mesi si parte da Termini e si scende a Flaminio. Spagna e Repubblica riaprono a maggio 2019 la prima e a fine giugno la seconda. Barberini resta chiusa. Fino a settembre rimane sotto sequestro da parte della Procura. Poi, dissequestrata, iniziano i lavori affidati ad Otis chiamata da Atac, con un appalto d’urgenza, a mettere una pezza a una serie di scale mobili ferme da mesi. Prima doveva aprire per Natale, poi dopo, poi metà gennaio, quindi a fine mese. 
A Barberini ci sono 6 scale. Per riaprire la stazione solo in uscita servono, per ragioni di sicurezza, quattro scale mobili funzionanti. Tre di queste hanno già ottenuto il via libera dal Ministero. La quarta, no. Il primo collaudo, una quindicina di giorni fa, è andato male: ancora problemi ai dischi frenanti. Ancora lavori, dunque, che avrebbero dovuto concludersi il 24. E che, a quanto risulta a Il Tempo, invece richiederanno ancora ulteriori giorni di lavoro. Per le altre due scale che garantirebbero la riapertura di Barberini anche in ingresso ai viaggiatori, i lavori sono ancora da programmare. 


martedì 21 gennaio 2020

STADIO/ RI AGGIORNAMENTO


La spettacolare vita amministrativa che Virginia Raggi e la sua sgangherata maggioranza stanno regalando in questo periodo a Roma merita una particolare attenzione.

Non appena si è diffusa la notizia della duplice sconfitta nei voti sulla discarica di Monte Carnevale, si sono materializzate decine di domande sul futuro della Giunta e del progetto Stadio.

LA RAGGI TIENE?
A quanti (pochi) che hanno espresso preoccupazioni politiche sul proseguimento e la tenuta futura dei 5Stelle a Palazzo Senatorio, rivolgo un invito alla calma. Come tutte le cose, occorre tempo per fare valutazioni
Ad esempio: che il fedelissimo della Raggi, il capogruppo Giuliano Pacetti, non abbia preso parte al voto pur essendo in Aula, che significato ha? Solo un tentativo di non esporsi e salvaguardare la terzietà del ruolo di capogruppo? Oppure una presa di distanze dai contestatori? O dalla Raggi? 
Ora, che una parte dei grillini possa votare contro se stessa ci può anche stare. Del resto, la questione discarica simboleggia il fallimento più totale e inappellabile della vulgata grillina del rifiuto zero, del prima c’era Mafia Capitale ora arriviamo noi honesti e vi facciamo vedere, non servono i signori della mondezza, le discariche non ci servono, i termovalorizzatori neppure. E così via. La nemesi è il crollo finale del consenso proprio su ciò che forse più di tutto aveva contribuito a creare il mito del grillismo antisistema.
Però, non sappiamo se questa lacerazione sia solo temporanea e puntuale su questo singolo provvedimento oppure se sia strutturale. Certo, quanto avvenuto in occasione del bilancio e del riordino delle partecipate (maggioranza sfilacciata, niente numero legale e Raggi in Aula per non andare sotto) non è esattamente di buon auspicio, ma è necessario aspettare. Aspettare prima di vedere i grillini in fila dal notaio. O di vedere la Raggi andare in Aula e rassegnare le proprie dimissioni. Due ipotesi che oggi non sono neanche di scuola ma appartengono al mondo dell’irrealtà e della mera potenza.
Quindi, calma. 

STADIO: COSCIENZA DEL CAOS
E veniamo allo Stadio. Altro provvedimento certamente non amato dal mondo pentastellato. Anzi. 
Anche i grillini meno svegli si sono resi conto che la favoletta del progetto migliorato va bene per chi ha un QI con i numeri negativi. Hanno perfettamente compreso l’immane idiozia di peggiorare un buon progetto invece di sfruttarne i margini di miglioramento.
Non credo che abbiano ancora compreso quanto la Roma sarebbe stata disposta a cedere, a pagare, pur di portare a casa Tor di Valle. E che hanno preferito un hashtag facile (“#unostadiofattobene”) a un fatto vero: potevano cambiare in meglio e segnare una stagione nuova. Hanno perso il treno. 
Indietro, però, non possono più tornare. 
Non potevano farlo prima - checché ne dica qualche mente naïf, soprattutto fra quelli che mai saranno chiamati a risponderne davanti ai giudici contabili - e men che meno possono farlo ora. Il peso da pagare in termini di risarcimento sarebbe immenso. 
Quindi, devono andare avanti. 
Al momento una sola cosa li salva dal doversi contare e votarele carte non sono ancora definite. Mancano gli ultimi pezzetti. E mancano su richiesta dei proponenti. Stravolta il Campidoglio non c’entra, anche se a Palazzo Senatorio hanno accolto con gioia la richiesta di Eurnova di posticipare la conclusione dei lavori preparatori al passaggio di proprietà fra Luca Parnasi e Radovan Vitek.
Ora, per fine mese sono attese novità: la conclusione formale della compravendita. Completato il passaggio di proprietà, il Campidoglio, Vitek e la Roma torneranno a riunirsi. E - da quanto risulta a chi scrive - non dovrebbe volerci molto. Anche perché gli emissari di Vitek, nel primo incontro formale con i più alti funzionari capitolini, hanno espresso il desiderio di concludere presto... senza badare troppo a spese. (Troppo, non senza e basta)

QUANDO FINIRÀ L’ODISSEA?
Legittimo, quindi, attendersi una conclusione degli atti a giro stretto. Quanto stretto? Non lo so. E questa vicenda dimostra la pericolosità delle previsioni temporali. “Poco” è sicuro. Quantificare questo poco, è arte ardua. Ma, soprattutto, è un giochino da quiz tv che non porta molto lontano: finisce solo per alzare il livello dell’ansia da prestazione.

VOTO: COSA E COME SI VOTA
Completati i passaggi, si deve andare al voto
Ci sono procedure specifiche che possono portare via da 15 giorni a un mese e mezzo. Dipende da una serie di fattori. 
Gli atti da votare sono 5: la variante urbanistica che si compone della variante, delle proposte di modifica (cosiddette “osservazioni”) presentate da cittadini e associazioni (sono 60) e, per ciascuna osservazione, una relazione (cosiddetta “controdeduzione”) degli uffici che esprima accolga l’osservazione o la respinga con motivazione espressa. Alla variante, poi si sommano 4 Convenzioni: una subconvenzione fra Comune e Regione per la Roma-Lido, un’altra subconvenzione fra Comune e Città Metropolitana per la via del Mare/Ostiense, una terza subconvenzione fra Acea e proponenti per il depuratore e, infine, la convenzione madre fra Comune e proponenti di cui le tre subconvenzioni saranno parte integrante.
Le procedure di votazione prevedono per ciascun atto che compone il pacchetto: adozione in Giunta comunale, invio alle Commissioni competenti (Urbanistica, Lavori pubblici, Ambiente, Trasporti, Commercio) e al Municipio IX per l’espressione dei pareri obbligatori ma non vincolanti e, infine, il voto in Consiglio comunale. 
Per prima si voterà la Variante: specificamente si vota su ogni singola osservazione. In pratica i consiglieri saranno chiamati a esprimere un voto su ciò che dicono gli uffici, se accogliere o respingere l’osservazione presentata. Poi si vota il testo finale. 
Dopo di che si passa alle convenzioni. Prima si votano le subconvenzioni e, dopo, la convenzione madre.
Tecnicamente il voto richiederà più giorni di seduta ma da un punto di vista amministrativo sarà come fossero una unica seduta.  


Quel che accadrà dopo il voto in Consiglio ora non ci interessa.
Ci interessa capire: se la Raggi cadesse? Cosa accadrebbe?

E SE LA RAGGI CADE?
Se la Raggi cadesse e le carte preparatorie non fossero ancora prontela questione andrebbe comunque avanti. Arriva il Commissario straordinario, gli uffici proseguono a lavorare con i proponenti fino alla conclusione dei testi. A quel punto, occorrerebbe capire due elementi: chi sarebbe il Commissario e quanto tempo avrebbe davanti. Un Commissario con una forte personalità tanto tempo davanti a sé (6/10 mesi) potrebbe approvare da solo tutto. La legittimazione politica l’avrebbe ricevuta da due delibere, quella Marino e quella Raggi sul pubblico interesse. 
Un Commissario più docile o con meno tempo davanti a sé potrebbe attendere e demandare tutto alla prossima Amministrazione. 
Sono ipotesi impossibili da prevedere. Almeno oggi. 

Se la Raggi cadesse durante l’iter che porta alla votazione, il Commissario dovrebbe solo completare il lavoro oramai iniziato. Lì sarebbe difficile invocare l’attesa della nuova Amministrazione.

LA RAGGI NON CADE MA I 5STELLE VOTANO CONTRO
Altra ipotesi che viene prospettata: la Raggi non cade ma la sua maggioranza boccia la delibera
Dio ci salvi da un’ipotesi del genere perché se come tifosi potremmo pensare di fare festa per il risarcimento, siamo prima di tutto cittadini romani e questa sarebbe la più grave sciagura che possa succedere alla nostra città. 
E non ci sono simpatie politiche o colori di maglia che devono guidarci in questa analisi.
Perché quando la delibera Stadio arriverà in Aula, i diritti dei proponenti si sono ben più che consolidati. La stessa ragione che impedisce ai Consiglieri di accogliere emendamenti di qualsiasi genere (comprese le osservazioni che fossero bocciate dagli uffici) impedisce loro a maggior ragione di votare contro i provvedimenti. Che sono frutto di un accordo commerciale tra le parti, accettato e condiviso e, soprattutto, autorizzato politicamente con la delibera di pubblico interesse Raggi.
Una simile ipotesi aprirebbe un tale contenzioso fra il Campidoglio e i proponenti che svuoterebbe per decenni le casse del Comune. 


UNA POSTILLA: UN VOTO “OBBLIGATO”
Già che siamo in argomento, credo sia il caso di specificare un passaggio complesso ma importante. Semplificando un po’, tutti quei consiglieri comunali che, a giugno 2017, votarono a favore della Delibera di pubblico interesse proposta dall’Amministrazione Raggi dovranno votare a favore del pacchetto Stadio (variante+convenzioni) che, di quella delibera, è figlio unigenito e diretto.
Guardando l’esito delle votazioni di allora, si espressero a favore del pubblico interesse alla versione Raggi del progetto Stadio i consiglieri:

·      Virginia Raggi
·      Alessandra Agnello
·      Nello Angelucci
·      Annalisa Bernabei
·      Davide Bordoni
·      Pietro Calabrese
·      Maria Agnese Catini
·      Andrea Coia
·      Marcello De Vito
·      Roberto Di Palma
·      Daniele Diaco
·      Angelo Diario
·      Simona Donati
·      Paolo Ferrara
·      Simona Ficcardi
·      Eleonora Guadagno
·      Donatella Iorio
·      Alisia Mariani
·      Giuliano Pacetti
·      Cristiana Paciocco
·      Carola Penna
·      Sara Seccia
·      Enrico Stefàno
·      Angelo Sturni
·      Marco Terranova
·      Fabio Tranchina
·      Valentina Vivarelli
·      Maria Teresa Zotta



Di tutti costoro, in due della maggioranza attuale e uno dell’opposizione saranno obbligatoriamente chiamati all’astensione in quanto coinvolti nelle vicende processuali:
·      Marcello De Vito
·      Paolo Ferrara
·      Davide Bordoni

Altro voto non più disponibile è quello di Pietro Calabrese, passato dal posto fra i Consiglieri comunali a quello della Giunta, essendo divenuto Assessore ai Trasporti.

All’appello, poi, mancheranno anche i voti di:
·      Nello Angelucci
·      Alisia Mariani
·      Fabio Tranchina
·      Valentina Vivarelli
Che si sono dimessi, nel tempo intercorso fra la votazione della Delibera di Pubblico interesse e oggi, dalla carica di Consigliere Comunale.

Il conto, quindi, si assottiglia: dei 28 consensi originari del 2017, restano 20 voti, incluso quello della stessa Virginia Raggi.

Questi 20 Consiglieri hanno l’obbligo di votare a favore del pacchetto Stadio avendo, a suo tempo, espresso il voto favorevole alla Delibera che ne ha statuito il Pubblico interesse e che, quindi, ha originato, attraverso la Conferenza di Servizi del dicembre 2017, l’intero corpus dei 5 provvedimenti in discussione.
Da un mero punto di vista scolastico, tutti questi Consiglieri restano ovviamente in possesso della libertà di emendamento e di voto ma, a meno che non dimostrino (anche in sede di Tribunale) che gli atti di variante e convenzione sono contrari nelle lettere e nello spirito alla delibera di pubblico interesse del 2017, essi non possono esprimere atti fra loro in contraddizione. Un emendamento o un voto che vadano in contraddizione con quello espresso nel 2017 potrebbero essere oggetto di una richiesta di danni da parte dei proponenti. Danni ancor più consistenti qualora il voto ad minchiam risultasse determinante per un’eventuale bocciatura del provvedimento.
Unica possibilità per costoro di bocciare il progetto senza pagarne le conseguenze (o, meglio, rendendo più difficile l’accertamento della responsabilità) è darsi malati, non presentarsi al voto, farsi mandare in missione, meglio se su Marte.  

Questo apre, però, un secondo aspetto pratico: Virginia Raggi, oggi, almeno su carta, dispone solo di 20 voti “obbligati”. Ribadisco: obbligati in linea teorica perché se arriva un mal di testa che richieda un certificato medico e una giornata chiusi in una stanza buia, questi voti obbligati scenderebbero.

Contemporaneamente, c’è un pacchetto di 5 voti, i subentrati, che è “disponibile”:
·      Roberto Allegretti
·      Francesco Ardu
·      Carlo Maria Chiossi
·      Massimiliano Simonelli
·      Costanza Spampinato

Che la Raggi – quando si arriverà in Aula per i voti – deve guadagnare obbligatoriamente se vuole portare a casa il via libera alle delibere senza, per altro, perderne alcuno degli altri.
A meno che, ovviamente, i Consiglieri oggi all’opposizione non finiscano per votare a favore del progetto.
Ma questa è un’altra storia.