Si va verso una possibile conclusione positiva della vicenda della Casa delle Donne Lucha y Siesta. Ieri pomeriggio, il Campidoglio ha diffuso una nota in cui si annuncia che il sindaco, “Virginia Raggi ha chiesto a tutte le strutture competenti di verificare fattibilità ed eventuali modalità per partecipare all’asta giudiziaria finalizzata all’acquisizione dell’immobile Atac situato in via Lucio Sestio 10”.
La Raggi “ha esortato tutti gli uffici a effettuare e completare gli approfondimenti con la maggiore celerità possibile. L’obiettivo è quello di destinare poi l’edificio ad attività come quelle già svolte dall’associazione Lucha Y Siesta. Proseguono - recita ancora il comunicato - i colloqui tra gli operatori di Roma Capitale e le donne vittime di violenza ospitate, anche insieme ad alcuni bambini, nell’immobile”.
La storia è nota: Lucha y Siesta è una struttura di sostegno e accoglienza alle donne un “progetto ibrido tra casa rifugio, casa di semiautonomia e centro antiviolenza che da più di 11 anni fornisce informazione, orientamento, ascolto e accoglienza alle donne che ne hanno necessità". La sede di Lucha y Siesta è in un edificio di proprietà di Atac, al Tuscolano in via Lucio Sestio, che è fra quelli che dovranno essere messi in vendita per il risanamento dei conti dell’azienda di trasporto pubblico.
Il problema, ovviamente, è che l’edificio - valore stimato in 2,6 milioni di euro circa - risulta assai appetibile sul mercato immobiliare ma, l’arrivo di nuovi proprietari, difficilmente si potrebbe conciliare con la permanenza di Lucha y Siesta.
Un po’ come l’altra grande struttura di assistenza alle donne, la Casa Internazionale della Donna anch’essa a rischio sfratto per la politica ragionieristica seguita dal Campidoglio 5Stelle, la scomparsa di Lucha y Siesta significherebbe la perdita di un enorme patrimonio sociale, di esperienze acquisite negli anni e, direttamente, di un rilevante punto di riferimento per le donne in difficoltà.
Il comitato Lucha, a settembre dello scorso anno, aveva dato il via a una campagna di reperimento dei fondi con un obiettivo di base: raccogliere almeno 360mila euro necessari a sostenere la “nascita di una Fondazione, forma legale utile a creare un grande azionariato popolare per l’acquisto collettivo dello stabile” e finanziare almeno “la base del 10% del valore dello stabile” condizione “necessaria per partecipare all’asta”.
Che il Campidoglio, ora, decida di procedere a una verifica delle condizioni utili a partecipare all’asta è senza dubbio una notizia di rilievo per per le donne che, da quando il concordato preventivo Atac è stato approvato dal Tribunale, vivono sotto l’incubo dello sfratto.
La struttura di via Lucio Sestio, infatti, rientra fra quelle che il concordato della Raggi su Atac ha indicato come necessarie da vendere. Per questo, Atac negli scorsi mesi aveva richiesto lo sgombero dell’immobile fermato, di fatto, dalla mobilitazione politica nata attorno a questa casa delle donne.
Ammesso che gli uffici reputino lecita e possibile la partecipazione del Campidoglio, socio unico di Atac, all’asta per acquistare un bene di un’Azienda controllata e ammesso che sia il Campidoglio a spuntarla all’asta stessa, tecnicamente in questo modo il Comune a 5Stelle dopo aver creato il caso inserendo l’immobile di Lucio Sestio fra quelli da vendere per far cassa, finisce per ricomprarlo a spese dell’intera collettività, esercitando, quindi, un’ennesima forma di finanziamento praticamente diretto al sostenimento economico dell’azienda dei trasporti. Il che, avrebbe anche l’effetto di aprire il contenzioso con la Casa Internazionale della Donna che, a questo punto, potrebbe anche protestare per la disparità di trattamento con Lucha y Siesta.
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