Quarantotto consiglieri comunali, 12 Commissioni consiliari permanenti più cinque speciali, un magro bottino di delibere approvate tanto nel numero quanto, soprattutto, nella qualità, e un bel po’ di costi sostenuti per un Consiglio comunale che sembra ridotto più al rango di passacarte che a quello di “casa dei romani”.
Con la fine del 2017 si è chiuso il primo anno e mezzo completo di governo 5Stelle della città. Sul sito istituzionale del Comune - decisamente nascosto e tutt’altro che semplice da trovare per i cittadini - c’è sia il computo delle presenze dei vari consiglieri comunali alle sedute sia dell’Assemblea capitolina che delle diverse Commissioni consiliari. E vi è anche la quantità di soldi che il pubblico erario ha versato a ogni consigliere come gettone di presenza. Sono tutti elenchi divisi mese per mese.
Due annotazioni: com’è ovvio, i parlamentari eletti anche consiglieri comunali (Roberto Giachetti, Stefano Fassina e Giorgia Meloni) non ricevono alcun compenso per la loro attività in Consiglio. Un’attività - secondo punto - che è naturalmente più esigua numericamente rispetto a quella degli altri colleghi così come le presenze del sindaco, Virginia Raggi, in Aula sono altrettanto sporadiche. Si tratta, come è facile comprendere, di impegni istituzionali e politici che diradano le presenze nei dibattiti comunali.
Anche perché, andando a dare una rapida occhiata a cosa si fa in consiglio comunale, ci si accorge di quanto questa Istituzione si stia sempre più svuotando di responsabilità. Il 60% delle 309 delibere trattate fra il 1 luglio 2016 e il 31 dicembre 2017, ben 184 votazioni, sono state dedicate ad approvare debiti fuori bilancio. Si tratta di sentenze che vedono il Comune soccombere, davanti al Tar o al Consiglio di Stato, o al giudice ordinario o a quello del lavoro, e il Consiglio comunale è chiamato stancamente solo a votare il riconoscimento di questo debito. Ci sono poi 37 delibere che autorizzano interventi in somma urgenza su scuole o strade o nei parchi (32 nel 2016 e 5 nel 2017); 28 delibere che, a vario titolo, riguardano un atto obbligatorio come il Bilancio, fra previsionale, assestamenti, tariffe. E, finalmente, 60 votazioni, su 309 totali (il 19%) sono state quelle su delibere vere e proprie, quelle sulle quali in qualche modo si svolge la reale funzione dell’Assemblea, anche se in questo numero rientrano atti dovuti come la convalida degli eletti e le elezioni degli organi interni dell’Assemblea stessa. La vuota verbosità del Consiglio si dimostra con il numero di mozioni (85) e di Ordini del Giorno (187) approvati negli ultimi 18 mesi: tante chiacchiere, sostanza pochissima. Tra l’altro, le cose più politicamente rilevanti finisco per essere costantemente delegate dal Consiglio alla Giunta attraverso proprio lo strumento delle Mozioni e degli Ordini del Giorno. Alla fine, atti dovuti a parte, questo Consiglio sembra contraddistinguersi per la totale volontà di non decidere nulla ma di chiacchierare su tutto.
Ci sono i supersecchioni: sono quattro, due di Fratelli d’Italia, Andrea De Priamo e il capogruppo Fabrizio Ghera, e due 5Stelle, Angelo Sturni e Marci Terranova. Per loro 117 presenze su 117 sedute dal 1 luglio 2016 al 31 dicembre 2017. E poi ci sono quelli che il Consiglio comunale lo vedono una tantum. I primi tre posti sono occupati da Giorgia Meloni, con 30 presenze, da Alfio Marchini, 35 sedute lo hanno visto in Aula, e dal sindaco, Virginia Raggi che di presenze ne fa registrare 40. A seguire nell’elenco degli assenti c’è il vicepresidente della Camera, Roberto Giachetti (Pd), in compagnia a quota 85 cartellini timbrati, della “pasionaria” 5Stelle Cristina Grancio. Poi con 94 strike il deputato Stefano Fassina, quindi a 95 Fabio Tranchina, a 96 Alisa Mariani, tutti e due della pattuglia pentastellata, quindi un altro Pd, l’ex presidente del Municipi San Lorenzo e Centro Storico, Orlando Corsetti, e, ultima sotto quota 100, a 99, la “civica” Svetlana Celli.
Per la Meloni, Giachetti, Fassina e la Raggi è ovvio che il computo delle presenze sia diverso dagli altri consiglieri: si tratta di leader nazionali e parlamentari per i primi tre più il Sindaco le due agende risentono degli altri impegni istituzionali.
La medaglia d’argento per le presenze se la aggiudicano ex aequo quattro grillini: il presidente del Consiglio comunale, Marcello De Vito, poi Pietro Calabrese, Maria Agnese Catini e Valentina Vivarelli, tutti a quota 116 presenze, avendone saltata, dal 1 luglio 2016 al 31 dicembre 2017, solo una.
Infine, il terzo posto del podio se lo dividono Maurizio Politi di Fratelli d’Italia e Marco Di Palma, 5stelle, con 115 presenze su 117 sedute.
Il sito istituzionale del Campidoglio, però, riporta anche le presenze fatte registrare nelle sedute delle varie commissioni consiliari. Qui il computo è molto più complesso di quello relativo alle sedute del Consiglio comunale, partendo dal fatto che ogni consigliere è membro almeno di non meno di tre diverse commissioni, a volte anche fino a 6. Dato, questo, che si riflette in modo diretto sulle presenze.
Passiamo al lato dei primi della classe. Come detto, sul dato presenze pesa in modo diretto la quantità di commissioni cui un singolo Consigliere è membro. In testa di questa speciale classifica come numero di presenze c’è la pentastellata Monica Montella. Per lei, stando alle carte del sito del Comune, si contano ben 523 presenze in Commissione. Il dato, però, va “stemperato”: la Montella è membro di ben 6 diverse commissioni consiliari (Bilancio, Cultura, Turismo, Controllo e garanzia, delle Elette e, infine, quella Elettorale). A seguire c’è l’inossidabile Fabrizio Ghera (FdI), componente di 4 Commissioni (Mobilità, Cultura, Sport e speciale sui Piani di Zona) risulta presente per 456 volte. Terzo posto per la Pd Valeria Baglio: anche per lei 4 commissioni (BIlancio, Ambiente, Scuola e Elette) con 449 presenze. A seguire ancora due 5Stelle: Carola Penna che siede nelle Commissioni Cultura, Sport, Turismo e Elette, segna 434 presenze. L’ultimo stakanovista del gruppetto di testa è Pietro Calabrese, sempre con 4 Commissioni (Mobilità, Ambiente, Urbanistica e speciale sui Piani di Zona) fa segnare 402 presenze.
Dal computo vanno esclusi Ignazio Cozzoli Poli e la subentrante (ad aprile 2017) Giulia Tempesta: entrambi molto presenti ma ovviamente non conteggiabili visto l’avvicendamento.
Centotremila euro al mese, per 18 mesi per un totale di 1 milione e 828 mila euro (e spicci): tanto, fino a oggi ci è costato il Consiglio comunale come “stipendio” ai Consiglieri. Stipendio che, in realtà, non è uno stipendio vero e proprio ed è legato alle presenze in Consiglio e Commissione. Ogni mese un Consigliere può arrivare ad incassare 2.440 euro (e 74 centesimi) lordi se arriva a partecipare a 19 sedute fra Assemblea capitolina e Commissioni. In pratica, ogni gettone di presenza finisce per costare effettivamente alle casse capitoline 128 euro lordi. Nulla è dovuto, invece, ai parlamentari eletti anche in Comune (Giorgia Meloni, Roberto Giachetti e Stefano Fassina) che in Campidoglio ci vanno gratis, visto che già percepiscono l’indennità di parlamentare.
Fuori da questo conteggio c’è il presidente dell’Assemblea capitolina, Marcello De Vito, al quale la legge riconosce un’indennità superiore per la funzione per cui, da luglio 2016 al dicembre 2017, ci è “costato” qualcosa in più di 113 mila euro, 6.300 quasi al mese lordi, per circa 3.500 euro netti al mese. Ovvio che De Vito risulti il “paperone” del Consiglio comunale mentre il meno retribuito è Alfio Marchini che, fino a oggi, avendo partecipato poco alla vita dell’Aula e delle Commissioni, si è fermato a poco più di 5mila euro in 18 mesi, 280 euro lordi al mese. Insomma, al netto equivalente a circa un paio di caffè al giorno.
Dal computo globale vanno espunti due consiglieri: Ignazio Cozzoli Poli, decaduto ad aprile 2017, e la subentrante Giulia Tempesta (Pd). Per loro si gioca un campionato a parte.
Anche Svetlana Celli, andata in maternità, ha partecipato meno alle sedute e, quindi, ha percepito una diaria inferiore in totale ai suoi colleghi.
Per la quasi totalità dei consiglieri, questi 18 mesi di impegno per la città hanno fruttato emolumenti totali che oscillano di poche centinaia di euro fra i 40 e i 42 mila lordi, il che significa, appunto, che quasi tutti hanno raggiunto o anche superato quota 19 presenze (se sono di più, sempre 19 ne vengono pagate: niente straordinari in Campidoglio). La piazza d’onore spetta a Pietro Calabrese, 5Stelle, con 42mila 284 euro, seguito a pari merito da Fabrizio Ghera (FdI), Enrico Stefàno e Marco Terranova (5Stelle) con 42mila 155 euro, quindi ancora due pentastellate: Annalisa Bernabei (42.042) e, per un soffio, Maria Agnese Catini (42.025).
Qualcuno invece rimane un po’ sotto quota 40mila lordi. Escludendo i parlamentari eletti in Campidoglio e Alfio Marchini, l più bassa indennità, stando sempre ai dati pubblicati sul sito istituzionale del del Campidoglio ed riferiti a un periodo di 18 mesi, fra luglio 2016 e dicembre 2017, spetta a Cristina Grancio, la pasionaria dell’urbanistica 5stelle già in rotta di collisione con il suo gruppo sulla vicenda Stadio della Roma: per lei in 18 mesi solo 30mila euro. A seguire, la capogruppo Dem, Michela Di Biase che si ferma a poco più di 31 mila euro; quindi Alessandro Onorato (lista Marchini) con 32mila. Poi c’è un nutrito gruppo di Cinque Stelle: rimborsi sotto i 40 mila euro per Alisa Mariani (36mila), Gemma Guerrini (37mila), Nello Angelucci (38mila) Donatella Iorio, Simona Ficcardi, Cristiana Paciocco (tutte a 39mila). Stessa cifra anche per Francesco Figliomeni di Fratelli d’Italia e Ilaria Piccolo del Partito Democratico.