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In questo blog mi dedico a guardare con occhio maliziosamente indipendente ciò che accade a Roma - e qualche volta anche nel resto del mondo - soprattutto attraverso ciò che della mia città raccontano i quotidiani. Generalmente prendo in considerazione i tre quotidiani più importanti per vendite e diffusione nella Capitale: Corriere della Sera, La Repubblica e il Messaggero. A volte troveranno spazio anche gli altri quotidiani, la cui lettura è comunque sempre accurata.

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lunedì 31 marzo 2014

CANTA CHE TI PASSA

VITO CRIMI (M5S) CANTA (!) JEEG ROBOT D'ACCIAIO

Cantare fa bene, al morale, al sorriso, alla vita. Certo, che un Senatore della Repubblica, per gioco, sia chiaro, si metta a canticchiare in radio le sigle dei cartoni animati della metà degli anni '70, forse è un po' troppo.

È successo a Vito Crimi, Movimento 5 Stelle, che a RadioRock, alla trasmissione condotta dal bravo Dejan Cetnikovic, si è esibito in una performance assolutamente dimenticabile di Jeeg Robot d'Acciaio.


Che diranno Grillo e Casaleggio? 
Scomunica (quanto meno perché ha distrutto una canzone cult della nostra infanzia essendo come una campana crepata) o si faranno una risata?


domenica 30 marzo 2014

DIGNITÀ, QUESTA SCONOSCIUTA

L'episodio fra il tragico e il comico del Sindaco della Capitale d'Italia che, senza fascia, attende il Presidente degli Stati Uniti d'America ai piedi dell'Air Force One, è una delle immagini più tristi di questa avventura di Ignazio Marino.

I resoconti dei giornali narrano, con un velo nemmeno troppo sottile di ironia, di un Marino smanioso di farsi scattare una foto con Barack Obama. E questo suggerisce un paio di considerazioni.

Innanzitutto: Marino non sa governare nemmeno se stesso, figurarsi una città. 
Come può dirsi altrimenti di qualcuno che si sveglia all'ultimo momento - quando che Obama venisse a Roma era cosa nota da mesi - e chiede di essere inserito in mezzo al cerimoniale di Stato di Mr. President, non proprio l'ultimo arrivato? 
Possiamo solo immaginare il pallore e i cambiamenti di colore del viso del povero Francesco Piazza, capo del cerimoniale capitolino, che tre giorni prima della visita di stato si sente chiedere dal Sindaco "Mi trovi uno strapuntino? Dai che voglio farmi un selfie con Obama".

Seconda considerazione: a Roma si usa un'espressione piuttosto colorita e qui ci limitiamo alla versione soft: a Marino non se lo fila nessuno.
Chiede di intrufolarsi durante il giro privato di Obama al Colosseo. Risposta moooolto diplomatica: è l'unico momento privato. Traduzione romana: ma cerca d'annattene, va.

Terza considerazione: Marino è un uomo testardo. Lo avevamo capito dal ripetersi dei suoi orrori in fascia tricolore. Adesso ne abbiamo la certezza. Non bastavano i curricula sbagliati, le uscite costantemente estemporanee. Ora è certo. Tanto ha detto, tanto ha fatto che, alla fine, lo hanno accontentato, come si accontenta il parente povero e fastidioso: con il contentino.

Ultima e più pesante considerazione: Marino ha fatto fare a Roma e alla sua carica una figura barbina a livello planetario.
Esiste una dignità. 
Umana, in primo luogo. E, poi, politica. 
Ti hanno praticamente detto di stare chiuso nella stanza di servizio mentre ci sono gli ospiti importanti nel salotto buono di casa tua. E tu, più alto rappresentante della Città Eterna, pur di soddisfare una tua vanità personale, sei disposto a svestirti della Fascia Tricolore, simbolo della tua carica e della tua città, per aspettare uno che non ti ha voluto incontrare quando era tuo ospite, per farti una foto con lui.
Vengono in mente quelle persone che per un autografo o una foto con l'attore o la cantante di grido restano in piedi per ore, sotto la pioggia magari o il solleone. Generalmente guardati con un misto di commiserazione e stupore.

Solo che quelle persone non sono il Sindaco di Roma.

domenica 2 marzo 2014

I CONVITATI DI PIETRA

"Salva-Roma"; no, macché, sono soldi dovuti; debiti e deficit, default e "io blocco tutto". 
I giorni della passione nella Capitale hanno dei volti precisi: Ignazio Marino, sempre più solo, isolato, criticato, deriso e in bilico. L'assessore al Bilancio, la Daniela Morgante, e il Commissario straordinario per il rientro dal debito, Massimo Varrazzani. Gianni Alemanno, più o meno chiamato in causa con sempre minor convinzione e con un'aura di riconoscimento postumo. E poi, Renzi, Legnini, Letta Enrico. Lega e 5Stelle.

Ognuno di questi personaggi, come in una farsa, pare recitare un ruolo: il più ingrato di questi, tocca a Ignazio Marino da Genova casualmente sindaco di Roma.

Repubblica e Corriere - impossibilitati a difendere ancora il portatore della fascia tricolore - ormai stanno iniziando a sparare alzo zero e a palle incatenate. I "complimenti" migliori che sono volati verso Marino sono quelli di essere un incompetente e un arrogante. Per i peggiori, rimandiamo agli articoli di Giovanna Vitale e di Maria Teresa Meli.

C'è un però. Mancano un bel po' di nomi all'elenco dei colpevoli, i convitati di pietra.

E sono quelli di tre sindaci e di quegli altissimi funzionari in toga che hanno ricoperto negli ultimi 20 anni il ruolo di Presidente della Corte dei Conti.
E i tre sindaci portano i nomi di Franco Carraro, Francesco Rutelli e Walter Veltroni.
In questi giorni, infatti, si sta "buttando in caciara" la questione del debito. Di quale debito parliamo?

Di quello contratto dal Comune di Roma fino al 28 aprile 2008, vale a dire di quei debiti sottoscritti prima che Alemanno divenisse sindaco

La partita di giro dice che sono 22 miliardi circa di debiti e 10 miliardi circa di crediti: in totale, quindi, il Comune era sbilanciato per 12 miliardi e spicci. 

Abbiamo letto che, fra questi debiti, ci sono quelli per gli espropri necessari a costruire gli impianti per le Olimpiadi del 1960. 
Vero. Verissimo. 
Ma la parte del leone, circa l'85% di questo debito, è stata contratta durante le sindacature di Carraro, Rutelli e Veltroni. E pensare, poi, che soprattutto i primi due hanno goduto pure dei finanziamenti per i mondiali del 1990 e del Giubileo del 2000, mette ancora più paura.

Debiti contratti per fare cosa? 
Ecco, questa è la domanda più importante: sicuramente per accendere i mutui per la metro C. Che doveva essere costruita per il Giubileo del 2000 e che ancora non vede la luce. Opera che assorbe mutui onerosi e i cui costi lievitano, lievitano, lievitano nemmeno come Banderas e i suoi pani. 
Opera che oggi alcuni, Athos De Luca, vorrebbero mettere in discussione quando, a suo tempo, invece, venne presentata come la panacea dei mali di Roma. 
Anche dallo stesso De Luca. 

E poi? Per cosa altro si riuscì a contrarre questi debiti? Certo non per la B1, dato che, all'insediamento di Alemanno, c'erano solo 50 milioni dui 450 necessari a costriure l'opera. Né per il prolungamento della B da Rebibbia a Casal Monastero, di cui si sono perse le tracce.
O per i due prolungamenti della Linea A.

In sostanza, quindi, sarebbe interessante un'inchiesta per capire realmente come sia stato possibile contrarre questo debito e chiederne conto a tutti coloro i quali, Sindaci e Assessori al Bilancio, Ragionieri Generali e Segretari Generali, hanno apposto le loro firme su una condanna a morte della città.

Oltre queste spiegazioni, che sarebbero dovute ma delle quali sui giornali si tace fin troppo volentieri, ci sarebbe da chiedersi: dove stavano le Procure della Corte dei Conti? 
Come mai nessuno dei togati scrisse che Roma stava vivendo al di sopra delle sue possibilità? 
Che stava contraendo debiti che non avrebbe potuto onorare? 
Che, magari, stava utilizzando i fondi per investimenti spostandoli sulla parte corrente e, intanto, contraeva mutui o sottoscriveva contratti derivati con le Banche, per pagare gli investimenti.

Capitolo Alemanno: una collega, brava, competente e intelligente e di sinistra, a domanda risponde: "rimpiango Alemanno per la capacità politica e amministrativa. Certo non per alcuni lestofanti di cui si è circondato. Marino non riesce a fare proprio politica né amministrazione. Non so quale delle due sia meglio".