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In questo blog mi dedico a guardare con occhio maliziosamente indipendente ciò che accade a Roma - e qualche volta anche nel resto del mondo - soprattutto attraverso ciò che della mia città raccontano i quotidiani. Generalmente prendo in considerazione i tre quotidiani più importanti per vendite e diffusione nella Capitale: Corriere della Sera, La Repubblica e il Messaggero. A volte troveranno spazio anche gli altri quotidiani, la cui lettura è comunque sempre accurata.

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lunedì 30 marzo 2020

CORONAVIRUS; ABBONAMENTI, SERVE IL RIMBORSO



Mentre in Francia la presidente della Regione dell’Île de France - quella di Parigi, per intendersi, l’equivalente della Regione Lazio nel nostro Paese - Valérie Pécresse annuncia che gli abbonamenti al trasporto pubblico regionale, la famosa “Carte Navigo” analoga al nostro Metrebus Lazio, per il mese di aprile saranno rimborsati, qui da noi Atac è appesa a un filo. 
Da giorni il Campidoglio è in ansia per la tenuta dei conti dell’Azienda di via Prenestina che, va ricordato, è sotto concordato preventivo.
Da noi gli abbonamenti sono materia piuttosto articolata e i dati più aggiornati disponibili risalgono ad aprile 2019. Stando a quei numeri, il “peso” degli abbonamenti in Atac è consistente e un eventuale rimborso sarebbe una catastrofe che potrebbe arrivare a costare alle casse aziendali 8 milioni di euro per un solo mese di rimborsi.
Andiamo per ordine. Ci sono due tipi di abbonamento, il “Metrebus Roma”, valido solo per la città. E il “Metrebus Lazio”, valido su tutto il Lazio che viene diviso in 7 zone e con il costo legato al numero di zone di validità. 
Analizzando i dati disponibili, fra aprile 2018 e aprile 2019 erano stati venduti oltre 191mila abbonamenti annuali ordinari “Metrebus Roma”, che ai passeggeri costano 250 euro e per Atac significano quasi 48milioni di incassi. Un mese di rimborso di questo abbonamento, vale 4 milioni.
Per i Metrebus Lazio il conto economico è più complesso essendo disponibile solo il dato generale di vendita e non quello sulle singole zone. Una zona costa 172 euro e sette arrivano a 688 euro. Ne sono stati venduti quasi 40mila che hanno generato per Atac un incasso che oscilla fra 4,6 milioni e 18 milioni e mezzo. Un mese di rimborso, quindi, oscillerebbe fra i 380mila e il milione e 600mila euro. 
C’è poi il quantitativo di abbonamenti agevolati: ci sono gli studenti, i disoccupati, gli over 65, le famiglie. 
Limitandosi agli studenti, ce ne sono oltre 20mila che hanno l’abbonamento solo su Roma e altri 35mila che lo hanno sul Lazio. Per i romani il costo dell’abbonamento è legato al reddito e, quindi, oscilla fra 130 e 150 euro l’anno. Nel Lazio è sempre legato alle zone e passa da 141 euro una zona a 576 euro l’anno per tutte le sette zone in cui è suddivisa la regione. Fatti i conti, per Atac rimborsare una mensilità agli studenti può arrivare a costare fino a un milione e 700mila euro.
Arrotondando, il totale dei potenziali rimborsi, quindi, buoni 8 milioni di euro.  
Un esborso economico che, sommato ai mancati incassi - gennaio 2020 aveva fatto segnare quasi 22milioni di euro di ricavi dalla vendita di abbonamenti e biglietti - e ai mancati introiti derivanti dal contratto di servizio potrebbe distruggere l’azienda che già oggi ha messo in cassa integrazione 4mila dipendenti.Accogliamo con favore l'anticipo del versamento annuale da 240 milioni di euro che la Regione stanzia per il trasporto pubblico, che in parte andrà in favore di Atac”, ha detto il sindaco Raggi in Consiglio comunale. Peccato che anticipo significa che non ci saranno dopo.



CORONAVIRUS; DALLA REGIONE BONUS SPESA DI 5 EURO AL GIORNO



Neanche basta per tre persone: i numeri sono impietosi. La Regione Lazio, quasi 5,9 milioni di abitanti, stanzia 19 milioni di euro per le famiglie in difficoltà. Spicca impietoso il raffronto con la Regione siciliana, Nello Musumeci, meno di 5 milioni di abitanti, il cui presidente, per lo stesso sostegno, ha annunciato lo stanziamento di 100 milioni. 
E i numeri, infatti, non lasciano certo margine per festeggiare: il contributo giornaliero è di 5 euro e una famiglia può al massimo arrivare ad averne 100 a settimana sotto forma o di buoni spesa o di pacchi alimentari. 
Un’economia di guerra, di quella delle nonne con la borsa nera e i tedeschi nell’aia a razziare il razziabile. 
E il conto è facile: se una famiglia può ambire ad avere, al massimo, 100 euro a settimanale mangiare, significa che ogni giorno ha nel portafogli 14 euro e 28 centesimi con cui comprare il latte, la pasta, le patate, il pane o la carne, l’olio o un pezzo di formaggio. E visto che il buono spesa è di 5 euro al giorno a persona (attenzione, per i minori arriva a 7) con quei 14 euro e spicci vuol dire che non si arriva a 3 buoni spesa a famiglia. Se è già un capolavoro di economia domestica vivere in 3 con meno di 15 euro al giorno, figurarsi come dev’essere vivere con la stessa cifra se si è in quattro o anche di più oppure, se si è da soli e in questo caso vivere con 5 euro al giorno e coprire tre pasti.
Requisiti fondamentali della delibera che la Regione sta predisponendo:  i “destinatari del sostegno economico sono le famiglie, anche mononucleari, che presentano specifica domanda al segretariato sociale territorialmente competente anche per via telefonica o via mail  o a seguito di segnalazione ai servizi stessi  da parte degli Enti del Terzo Settore”. E, domanda a parte, dovranno essere residenti o domiciliati ovviamente nel Municipio o nel Comune in cui viene presentata la domanda; se cittadini stranieri extra Unione europea dovranno possedere “un titolo di  soggiorno in corso di validità”. 
Poi dovranno “essere in carico ai servizi sociali comunali e/o distrettuali. Qualora si tratti di nuclei familiari non in carico ai servizi sociali questi ne dovranno accertare lo stato di bisogno e procedere alla presa incarico”. Non bastasse, dovranno autocertificare di “trovarsi in una situazione di bisogno a causa dell’applicazione delle norme relative al contenimento della epidemia da Covid-19” e non dovranno “beneficiare di altre forme di sostegno al reddito e alla povertà erogati da Enti pubblici (es. reddito di cittadinanza etc.)”.
Il provvedimento è ancora in discussione: oggi andrà in Commissione regionale Attività produttive la delibera che stanzia 450 milioni per le imprese, 10mila euro per ciascuna PMI. E domani quello per le famiglie andrà in Giunta e sarà quello il momento di chiarire anche i problemi di compatibilità fra questo sussidio regionale e le altre forme di sostegno come la cassa integrazione in deroga, i 600 euro per le partite Iva a gestione separata con l’Inps.
Da evidenziare come i 19 milioni regionali saranno suddivisi sul territorio in ragione di 7 milioni per Roma e verranno erogati direttamente dai Municipi bypassando il Campidoglio. Gli altri 12 milioni andranno per gli altri comuni del Lazio. Il criterio di suddivisione è basato sulla popolazione residente “al 31 dicembre 2018 come da dati ISTAT”. Sulla Capitale, quindi, si va dai 320mila euro stanziati per l’VIII Municipio ai 752mila euro destinati a coprire il VII. Per gli altri Comuni, la classifica riporta all’ultimo posto Marcetelli nel reatino che riceve meno di 290 euro e al primo Latina, con 503mila euro.



venerdì 27 marzo 2020

CORONAVIRUS; RAGGI: "STOP ALLA COSAP"



Stiamo riflettendo sull’eliminazione della Cosap, la tassa per l’occupazione di suolo pubblico, per il 2020”. L’annuncio viene dal sindaco di Roma, Virginia Raggi, anticipato durante una diretta facebook e poi ribadito durante la seduta straordinaria dell’Assemblea Capitolina dedicata dall’emergenza Coronavirus.


L’ipotesi su cui gli uffici capitolini stanno lavorando è quella di cancellare direttamente questa tassa per agevolare bar, ristoranti e locali che sono stati costretti a chiudere a causa della pandemia. 
Non abbiamo ancora idea di quando finirà questa emergenza - ha spiegato la Raggi - ma crediamo che questa estate, se riusciremo a ricominciare la nostra vita normale, avremo voglia di incontrarci e vivere all’aperto. Abbiamo, quindi, pensato di eliminare questa tassa per tutto il 2020 per dare un sostegno concreto alle aziende. È una riflessione che deve contemperare alcune esigenze perché nei mercati rionali le associazioni dei banchisti utilizzano una parte di questa tassa, il 65%, per la manutenzione e quindi in caso il Comune potrà rinunciare alla sua parte del 35% per poter consentire gli interventi che servono continuino”.
Nel corso della seduta, trasmessa in streaming e realizzata con Giunta e Consiglieri in videocollegamento ciascuno dal proprio domicilio, il sindaco Raggi ha cercato di spiegare come il Campidoglio si sta muovendo in queste settimane difficili. 
Cosap a parte, la Raggi ha parlato diffusamente delle questioni economiche: “L’emergenza richiederà diverse variazioni di bilancio rilevanti perché dovremo assicurare risorse per attività e interventi che non erano preventivabili a dicembre. L’emergenza ci richiederà di rivedere anche gli stanziamenti fatti per il triennio 20-22, anche a causa delle minori entrate. Mi riferisco al contributo della tassa di soggiorno, alla Cosap, all’Irpef, alla contrazione delle risorse provenienti dai servizi a richiesta individuale o da quelli che sono stati momentaneamente interrotti come la refezione scolastica, gli asili nido, i servizi ricreativi e culturali. Alcune di queste riduzioni ci sono state imposte, altre le abbiamo ritenute necessarie. Il dato ineliminabile è che il Comune subirà, come gli altri enti locali, una riduzione delle entrate estremamente sensibile e per questo però non dobbiamo ridurre i servizi. Dobbiamo riprogrammarli”. 
La Raggi si aspetta un forte sostegno dal Governo: “Stiamo facendo una serie di richieste al governo per approvare alcune misure che noi vorremmo fossero inserite in un decreto ‘Cura Comuni’. Abbiamo chiesto che venga stanziato un fondo da 1 miliardo per tutti gli Enti locali, la sospensione dei mutui di Cassa Depositi e Prestiti e poteri speciali per poter gestire velocemente le procedure degli appalti una volta che faremo ripartire le nostre città”.
Due passaggi, resi noti sui social della Raggi, anche sui controlli: le guardie zoofile controlleranno la pista ciclabile di Monte Mario e, il secondo, sull’arrivo di nuovi 300 vigili urbani.
Anche i problemi dei lavoratori di Ama e Atac e della sanificazione delle strade sono stati affrontati dalla Raggi: “Le sanificazioni nelle strade sono partite. Vi assicuro: non è solamente Ama che si occupa della sanificazione delle strade. Ora stiamo concludendo un accordo con Coldiretti” per avere altri mezzi. Su Atac il problema è triplice: la sicurezza dei lavoratori, la tutela dei posti di lavoro e la tenuta dei conti dell’Azienda: “abbiamo aperto la richiesta di solidarietà per circa 4mila dipendenti dato che la legge lo consentiva. Voglio chiarire però che questa non è assolutamente una procedura che mette a rischio i lavoratori. Atac ha visto ridurre le entrate da bigliettazione di oltre il 70%, così come quelle legate ai chilometri percorsi. Accogliamo con favore l’anticipo del versamento annuale da 240 milioni di euro della Regione”.
Sul versante dei servizi sociali, per il Sindaco la “la situazione dei campi Rom è stata in parte strumentalizzata, è sotto controllo” e per le donne un appello: "Voglio ricordare una cosa importante a tutte le donne: se state subendo violenza tra le mura domestiche, o se un'amica vi chiede un aiuto, non siete sole. C'è chi può darvi aiuto. Il numero telefonico nazionale da chiamare è il 1522, gratuito e attivo H24”.



CORONAVIRUS; TRA INTOPPI E GAFFE, SEDUTA IN STREAMING PER I CONSIGLIERI



Una première in Italia: 47 consiglieri - unico assente, Alfio Marchini - collegati ciascuno da casa propria, tranne il presidente dell’Assemblea Capitolina, Marcello De Vito, seduto in Sala delle Bandiere con tecnici e il segretario generale, Pietro Mileti; e il sindaco, Virginia Raggi, al suo posto nella stanza del primo piano di Palazzo Senatorio.
Tutti gli altri, a casa. Un miracolo vero di tecnologia messo in campo dalla Presidenza e dagli uffici tecnici del Campidoglio che sono riusciti in pochi giorni a creare una piattaforma dove condividere documenti, votare, intervenire, registrare. Con il presidente del Consiglio, De Vito, che organizza anche il nuovo Regolamento temporaneo d’Aula. Prima assoluta nel nostro Paese.
Seduta convocata alle 14.30 e, quasi puntualmente, parte la diretta streaming. Una prima mezz’ora quasi esilarante: c’è qualcuno che si soffia il naso suscitando ironia e reprimende dei colleghi che lo invitano a chiudere il microfono; a qualcuno scappa qualche parolaccia; microfoni che ogni tanto vanno e vengono. Poi inizia la seduta vera e propria ma si vede che più di qualche consigliere non è particolarmente pratico. Il capogruppo del Pd, Giulio Pelonzi, parla per i suoi abbondanti cinque minuti ma inquadrandosi solo la frangetta. L’assessore allo Sport, Daniele Frongia, neanche quella: per i primi due minuti si vede solo la sommità del cranio, poi lo schermo nero. Il consigliere della Lista Marchini, Alessandro Onorato, in alcuni momenti esibisce un’inquadratura di primissimo piano della telecamera frontale.
Poi ci sono i figli: il capogruppo di Fratelli d’Italia, Andrea De Priamo, è costretto a posticipare il suo intervento per la presenza del figlio al momento iniziale del collegamento. Va molto peggio all’assessore Veronica Mammì che deve affrettare la conclusione della propria relazione a causa dei capricci dai decibel decisamente fuori scale della prole. 
All’inizio della seduta, come di consueto viene suonato l’Inno d’Italia: qualcuno si alza rimanendo inquadrato all’altezza del bacino. Subito dopo, però, il momento serio: minuto di silenzio per le vittime della pandemia. 
È la prima volta che quest'Aula si riunisce in videoconferenza: è un grande risultato che abbiamo voluto fortemente e siamo riusciti a ottenere in pochissimo tempo per garantire le riunioni degli organi deliberativi e uno spazio di legittimo dibattito democratico”, ha esordito De Vito, che poi ha aggiunto: “Da domani la modalità partirà nelle commissioni, poi arriverà anche nei Municipi”.
Clima decisamente meno formale negli interventi con l’unico vero siparietto fra la consigliere Cristina Grancio e il presidente De Vito: durante il suo discorso, il microfono della Grancio fa la bizze e lei, fra il serio e il faceto, accusa De Vito definendo non democratica e partecipativa la videoconferenza come sistema di riunione dell’Assemblea. Replica di De Vito: “non è una congiura contro di lei”. La Spectre dei microfoni può aspettare.

giovedì 26 marzo 2020

CORONAVIRUS; GIALLO SUI CONTAGIATI IN AMA



Sindacati Ama sul piede di guerra: l’epidemia spaventa e, secondo le Organizzazioni sindacali, l’Azienda latita nella prevenzione. Risposta di Ama: procedure di sicurezza avviate per tempo, pronti a incontrare i sindacati.
La denuncia parte da Alessandro Bonfigli, coordinatore regionale della Uiltrasporti Lazio, che in una lunga nota parla di “piano di sanificazione/igienizzazione” a rilento e mancanza dei kit per gli operatori alla guida. La cosa più grave è che "Nessuno in azienda è a conoscenza di chi siano e quanti siano i lavoratori contagiati e positivi da tampone effettuato. Di conseguenza, in questo silenzio assordante, nessun lavoratore può tutelarsi perché carente di informazione se ha avuto un contatto". Aggiunge Bonfigli: "Ad oggi Regione e Asl, alle quali si è rivolta Ama, non hanno dato risposte né sui contagiati positivi in Ama né sui rifiuti urbani provenienti dalle abitazioni dove soggiornano soggetti positivi al tampone in isolamento o in quarantena obbligatoria” e, quindi, Ama non sa cosa fare e “i lavoratori continuano ad essere utilizzati senza una corretta informazione”.
Anche gli altri sindacati sono infuriati: Fp Cgil, Fit Cisl e Fiadel richiedono alla Prefettura un incontro urgente sulle mancate risposte da parte di Ama e del Comune in merito alle misure prese per la tutela della salute degli operatori e del servizio che offrono in queste settimane di emergenza.
L’azienda replica: abbiamo “attivato per tempo tutte le misure di protezione a tutela della salute dei lavoratori” spiegando come le varie disposizioni siano state via via adeguate alle indicazioni provenienti dal Governo. Inoltre, l’Ama si dice “disponibile in qualsiasi momento ad un incontro con il Prefetto di Roma” e “continuerà ad avere un costante confronto” con i sindacati “per garantire in egual misura la totale sicurezza dei lavoratori e la continuità del servizio”.

NONO BUS FLAMBÉ DEL 2020



Nono autobus flambé del 2020. Stavolta tocca a una vettura Atac: alle 4 della notte scorsa, una vettura della linea 03 prende fuoco a Ostia, in via Vasco de Gama. Nella nota, Atac parla di danni parziali. Con quello di ieri il computo 2020 riporta: 5 vetture di Roma TPL e 4 di Atac bruciate. Di queste, 6 (3 Roma TPL e 3 Atac) risultano distrutte o pesantemente danneggiate e 3 (2 Roma TPL e 1 Atac) solo parzialmente danneggiate. Da sottolineare come in due casi - 6 marzo all’alba dentro la rimessa Magliana vettura distrutta e il 12 marzo sul ponte della Stazione Tiburtina vettura pesantemente danneggiata - Atac non abbia comunicato ufficialmente il rogo. Come da tradizione, anche in quest’ultimo caso di Ostia non vi sono state conseguenze per le persone.


mercoledì 25 marzo 2020

REGIONE; CANDIDATA PD ALL'ANTICORRUZIONE


Altro caso politico in Consiglio regionale. La Lega denuncia: una candidata del Pd nominata come responsabile dell’anticorruzione della Pisana, contravvenendo al requisito di indipendenza e autonomia che l’Anac - Autorità nazionale anti corruzione - identifica come essenziale per il ruolo.
La storia è quella della nomina di Barbara Dominici alla guida del servizio “Prevenzione della corruzione e trasparenza”, ufficializzata con un decreto del presidente del Consiglio regionale dello scorso 20 febbraio. Secondo la Lega, però, questa nomina non sarebbe corretta.
In un’interrogazione a firma del capogruppo, Orlando Tripodi, si legge: “il responsabile dell’anticorruzione è individuata dalle amministrazioni per gestire, coordinare e vigilare sulle misure di prevenzione del rischio corruttivo, allo scopo di ridurre i fenomeni di cattiva amministrazione non necessariamente rilevanti sotto il profilo penale”. Però, prosegue la Lega, “l’Anac si riserva di verificare che sia garantita al responsabile la massima autonomia e indipendenza e che lo stesso non sia sottoposto adatti diretti e/o indiretti di influenza e/o ritorsivi”. Insomma, l’autonomia e l’indipendenza di chi deve controllare l’anticorruzione sono requisiti indispensabili per poter svolgere il ruolo “in modo imparziale, al riparo da possibili ritorsioni” anche verso gli stessi organi responsabili della nomina del capo dell’anticorruzione.
Il 26 novembre 2019 la Pisana avvia la ricerca interna di un dirigente da nominare all’anticorruzione ma, fra “i curricula dei dirigenti che hanno presentato domanda” entro il 3 dicembre - 7 giorni solari, 5 lavorativi -  o di “quelli di tutti i dirigenti in appartenenti al ruolo della dirigenza del Consiglio o della Giunta regionale in servizio presso il Consiglio” “non emergono esperienze che possano ritenersi adeguate per l’attribuzione dell’incarico”. Per cui, due giorni dopo, il 5 dicembre, l’Ufficio di Presidenza del Consiglio regionale, - presenti e favorevoli il presidente Buschini, il vicepresidente Devid Porrello (M5S) e i consiglieri Michela Di Biase (Pd) e Gianluca Quadrana ; assenti il vicepresidente Giuseppe Cangemi (Forza Italia) e il consigliere Daniele Giannini (Lega) - decide di cercare fuori dall’elenco dei dirigenti regionali. Nella stessa decisione dell’Ufficio di Presidenza viene anche indicato lo stipendio del nuovo capo dell’anticorruzione: 110mila euro lordi l’annooltre ad una retribuzione di risultato, pari al 30% del trattamento economico stesso, connessa alla verifica del raggiungimento degli obiettivi”. Durata dell’incarico: 3 anni. Quindi, al lordo, si può arrivare a 143mila euro l’anno con una spesa nel triennio di 429mila euro
Ora il problema, secondo l’interrogazione di Tripodi, risiede nel curriculum della vincitrice, la dottoressa Barbara Dominici.
Secondo la Lega la Dominici è stata candidata per il Pd alle comunali del 2016 a Trevignano Romano e ricoprendo, ancora oggi, il “ruolo di consigliere di opposizione”. Non bastasse, a dicembre 2018, la stessa Dominici è stata candidata nelle primarie per l’elezione del segretario del Pd Lazio proprio nella lista a sostegno di Bruno Astorre, ex presidente del Consiglio regionale, e ora, appunto, alla guida dei Dem del Lazio.  
Questo basta alla Lega per chiedere conto al presidente della Regione, Nicola Zingaretti, della nomina della Dominici considerata “organica al partito di maggioranza” e “posto che all’interno di Giunta e Consiglio ci sono professionalità con requisiti e esperienza superiori rispetto alla consigliera comunale di Trevignano Romano”. 


martedì 24 marzo 2020

CORONAVIRUS: "UN INCUBO DI 8 ORE IN TENDA"



Sono rimasta dalle otto di sera alle quattro di mattina, abbandonata, dentro un tendone, senza un goccio d’acqua, nulla da mangiare, una coperta”. I.M. ha 44 anni e lavora in uno studio dentistico dei Castelli Romani. Due giorni fa inizia a manifestare i primi sintomi di un’influenza e scatta il timore che possa essere il Coronavirus. Dopo le prime ore di attesa, di fronte alla febbre che si alzava e, soprattutto, all’affanno nella respirazione “anche da sdraiata”, partono le chiamate ai servizi di emergenza. Viene fatto il triage telefonico con il 112 e viene disposto l’invio di un’ambulanza. “In realtà ho cercato prima di installare l’app ma non funzionava e i numeri segnalati non erano operativi”, spiega al telefono. Arriva l’ambulanza. Nessuno le spiega né dove sarebbe stata portata né cosa sarebbe accaduto. Destinazione, Policlinico Gemelli.
Sono arrivata pochissimi minuti prima delle otto di sera. Mi hanno immediatamente fatto prelievo e tamponi e messo l’agocannula” la “farfallina” nella vena del braccio da utilizzare per le flebo senza dover bucherellare ogni volta. Dopo di che, il nulla. Racconta: “Appena fatti i tamponi e il prelievo mi hanno fatto uscire immediatamente dall’ospedale. Nel parcheggio antistante è stata montata una tenda. E sono stata spedita lì. Insieme a me altre cinque persone, due delle quali, poi, risultate positive al Covid. Due bagni chimici, uno dei quali rotto, l’altro ridotto in condizioni disumane. E ci hanno lasciato lì, senza più darci cenni di vita”. Passano le ore. “La tenta non era riscaldata. E dentro c’erano solo sedie da sala d’aspetto, di metallo. Se provavi a uscire venivi ripreso in malo modo. L’unica scusa per uscire era quella di andare in bagno ma l’unico funzionante era in condizioni che lo rendevano inutilizzabile per quanto era sporco. Ho chiesto se era possibile pulirlo e mi hanno rimproverato. Ho chiesto acqua e non me ne hanno data. Ho chiesto una coperta che ho ottenuto dopo molte insistenze. Ho chiesto una Tachipirina per far scendere la febbre. Tutto inutile. Alle quattro di mattina mi hanno dimessa senza preavviso, letteralmente cacciata per strada senza darmi modo di attendere che qualcuno mi venisse a prendere”. E alle 7 di sera ancora non era arrivato il risultato del tampone. 

CORONAVIRUS, CHIUDONO I MUNICIPI V E XV


Proseguono gli effetti diretti sui servizi pubblici dell’epidemia di Coronavirus. Chiude il V Municipio, “Delle Torri”. Scrive sul proprio profilo facebook il presidente del Municipio, Giovanni Boccuzzi: “Oggi 22 marzo 2020 una dipendente del nostro Municipio è risultata positiva al coronavirus Covid-19. Sono state immediatamente disposte come da protocollo la chiusura e la disinfezione degli uffici dove lavora la dipendente e delle stanze contigue, che si trovano in un area separata dal resto della struttura. La dipendente risultata positiva è assente dal lavoro per ragioni di salute già dal 13 marzo scorso”. 
Chiude anche il XV Municipio che, peraltro, è quello dove risiede il sindaco, Virginia Raggi. Anche qui, l’annuncio arriva via facebook dal presidente, Stefano Simonelli: “il marito di una dipendente del Municipio è stato trovato positivo. La collega, che al momento non ha alcun sintomo, ha svolto l'ultimo giorno lavorativo nella sede Municipale di via Flaminia il giorno 11 marzo. Per questo motivo, abbiamo ritenuto opportuno chiudere la sede fino a mercoledì 25 marzo incluso così da far trascorrere i 14 giorni utili a verificare se la collega svilupperà dei sintomi. Sospese, al momento, sempre su via Flaminia, le prenotazioni per l'accesso del pubblico agli uffici e saranno chiusi gli Anagrafici di Prima Porta e di Via Riano come quelli di La Storta e Cesano, presso i quali era già stato sospeso l'accesso al pubblico. Le persone prenotate per CIE o altri documenti saranno contattati dagli Uffici per concordare nuovo appuntamento. È già stato richiesto un intervento straordinario di pulizia con prodotti specifici”.
Dopo il “lavoro agile”, vale a dire la presenza ridotta al minino dentro gli uffici e i resto del personale a lavorare da casa, la chiusura degli uffici dei Municipi potrebbe essere uno dei prossimi provvedimenti di contenimento della pandemia qualora quelli già assunti non fossero sufficienti. 
Nei giorni scorsi anche alcuni uffici dell’Amministrazione centrale erano stati chiusi causa Coronavirus. Un paio di giorni fa a risultare positiva era stata una dipendente della Ragioneria i cui locali, situati sul Campidoglio dentro Palazzo Senatorio, sono stati sanificati e poi riaperti. Si era trattato del primo caso in assoluto di dipendente capitolino risultato positivo al Covid-19. 
Analogo discorso per l’Anagrafe e per il Dipartimento di Protezione civile: dipendenti in quarantena, locali sanificati e poi riaperti al lavoro. 

CORONAVIRUS; ARCHEOLOGI SUL PIEDE DI GUERRA: "ANCHE NOI A RISCHIO"


Archeologi sul piede di guerra: con una città chiusa i custodi del sottosuolo finirebbero travolti da una marea di problemi organizzativi e pratici se il Campidoglio proseguisse nell’idea di aprire i cantieri stradali ora.
Il problema è serio e sta tutto spiegato in una lettera rivolta al sindaco di Roma, Virginia Raggi, e all’assessore ai Lavori Pubblici, Linda Meleo, che, in questi ultimi giorni, hanno annunciato la volontà di sfruttare al massimo questa quarantena e la conseguente assenza di traffico per effettuare tutti i lavori stradali.
Idea non priva di fascino e logica ma che, per gli archeologi, presenta enormi problemi. 
La legge - direttive del Ministero dei Beni Culturali e lo stesso Piano regolatore di Roma - prevede che su qualunque scavo che si apra sia obbligatoria la presenza di un archeologo cui spetta il compito di verificare la presenza di preesistenze archeologiche nel sottosuolo. Un lavoro che in questi anni ha portato spesso rallentamenti nell’esecuzione dei cantieri ma anche eccezionali scoperte come la tomba del Gladiatore sulla Flaminia o la Casa del Comandante a Amba Aradam. Lo studio e la conservazione dei reperti sono garantiti dagli archeologi nei cantieri grandi e piccoli.
Scrivono gli archeologi aderenti alla Confederazione Italiana Archeologi alla Raggi: “Se la salute dei concittadini che Lei amministra deve venire prima di tutto, questo vale anche per noi”. 

E spiegano: le donne archeologhe non saprebbero neanche dove andare in bagno. Dovrebbero dividere i bagni chimici con gli operai, tutti uomini. Di solito infatti le donne usano i bar, ma questi sono chiusi. Analogo problema anche per i pasti: le mense sono chiuse come qualunque altro posto dove ristorarsi. Quindi l’appello alla Raggi e alla Meleo: “Apprezziamo molto quando, dopo un ritrovamento archeologico venite a presentarlo al mondo. Venite, però, anche a vedere quanta fatica, quanto amore e quanti sacrifici ci sono già quotidianamente in quel che facciamo. diteci se evitare i disagi causati da eventuali lavori stradali può venire prima della nostra salute o di quella di coloro che lavorano con noi”. 

CORONAVIRUS; RAGGI A ZINGARETTI: "RIAPRIRE IL FORLANINI"


Riparte il giro di valzer sul Forlanini. Dal Campidoglio è partita ieri mattina una lettera diretta al presidente della Regione Lazio, Nicola Zingaretti, e, per conoscenza, al ministro della Salute, Roberto Speranza. Firma: sindaco di Roma, Virginia Raggi, e presidente dell’Assemblea Capitolina, Marcello De Vito. Il che, politicamente, sottolinea come vi sia unità di intenti fra le prime due cariche della città e come la missiva sia il frutto di una decisione del Consiglio comunale.
Nel testo si allega la mozione che “l'Assemblea Capitolina ha approvato lo scorso 13 marzo” con cui “si manifesta l'acuta consapevolezza del ruolo essenziale di contrasto che sta svolgendo la sanità pubblica e della necessità che essa sia dunque potenziata”. Segue, quindi, l’elenco delle “strutture di alcuni nosocomi storici di Roma oggi dismessi” e cioè gli ospedali “Carlo Forlanini, Nuovo Regina Margherita, San Gallicano a Trastevere, San Giacomo in Augusta” come “possibili capisaldi nostra città”. Senza giri di parole, si chiede alla Regione di riaprire “queste strutture, rendendole di nuovo efficienti almeno in alcuni reparti e dotandole, in tempi urgenti, di strumenti e attrezzature indispensabili ad affrontare nell'immediato, l’epidemia in corso e per il futuro, esigenze di cura dei cittadini romani”. 
Poi una considerazione che sembra rivalutare il ruolo della sanità pubblica antecedente i tagli lineari decisi dalla presidenza Marrazzo in poi, ovvero quella Storace caratterizzatasi per l’apertura di Sant’Andrea, Tor Vergata e San Raffaele. “In questi anni, troppi presidi sanitari pubblici sono stati dismessi; si è trattato talvolta di strutture ancora efficienti o persino ristrutturate da poco. Oggi invece la realtà ci dice che dobbiamo assolutamente invertire la tendenza, dotando nuovamente il Lazio e Roma di una ricchezza sociale e di un servizio sanitario pubblico che, nel frattempo, per scelte che si sono rivelate inopportune, sono andati dispersi”. 
La lettera Raggi-De Vito spedita al governatore del Lazio, Zingaretti, e al ministro della Salute, Speranza

La mozione stata firmata dai consiglieri 5Stelle e da Stefano Fassina, di Sinistra per Roma, da Fratelli d’Italia e Lista Civica Meloni, e Lega. Contrario il Pd. 
Venerdì è prevista una seduta del Consiglio comunale, la prima in assoluto in videoconferenza per i consiglieri e trasmessa in streaming per il pubblico, con piattaforma tecnologica per il deposito di documenti da votare e procedure di voto online: un primato di funzionamento messo in piedi dalla Presidenza dell’Aula e dagli uffici tecnici in dieci giorni. La seduta sarà dedicata all’emergenza Covid ed è prevista una relazione del sindaco, Virginia Raggi. Radio Campidoglio riferisce di una Raggi molto preoccupata per la possibilità che a Roma si verifichi quanto sta drammaticamente avvenendo a Madrid o a Bergamo con un’esplosione incontrollata della pandemia. E il risentimento nei confronti della Regione Lazio - in questo senso va letta anche questa lettera a Zingaretti - è legato alla decisione di aprire piccoli centri ospedalieri dedicati al Covid invece di aprirne uno grande, tipo quello di Milano. Per altro, a differenza del capoluogo lombardo, senza avere la pressione dell’emergenza immediata ma potendo programmare. 



lunedì 23 marzo 2020

CORONAVIRUS; QUATTRO ROM POSITIVI. SCATTA L'ALLARME NEI CAMPI



Scoppia il caso contagi fra la popolazione Rom abitante nei campi nomadi della Capitale. Da sabato quattro nomadi sono stati ricoverati all’Istituto Lazzaro Spallanzani in gravi condizioni per aver contratto il Coronavirus. La notizia, anticipata da Repubblica, e confermata da fonti mediche, può essere un elemento di deflagrazione del sistema. Attualmente a Roma, secondo i dati dell’Associazione 21 Luglio a Roma nelle baraccopoli vivono 6000 persone, di cui 3500 rom divisi in 6 villaggi attrezzati e in 9 campi tollerati. A questi numeri sfuggono però tutti quei micro insediamenti non censiti tanto che per l’Opera Nomadi - anche se il dato è più vecchio - fra rom, siiti e camminanti a Roma il computo arriva a 15mila persone.  Se ai 6000 delle baracche si sommano i 7700 senza tetto stimati dalla 21 Luglio, alla fine, il computo è simile.  
I quattro rom, due giovani e due anziani, ora allo Spallanzani, stando alle prime informazioni, non provenivano da campi ma da appartamenti privati. Tuttavia, le possibilità che il contagio possa diffondersi sono elevate. 
Anche l’Associazione 21 Luglio, da oltre un mese, lancia allarmi che rimangono inascoltati: “anche nelle comunità rom si vive questa psicosi che di fatto accomuna tutti in questa paura del virus”, diceva il presidente, Carlo Stasolla, a inizio marzo.
Il problema è incrementato, sempre secondo la 21 Luglio, anche dalle decisioni, il cosiddetto Piano Rom, prese dal Campidoglio a trazione grillina. Per l’Associazione, il Piano favorisce la dispersione dei rom in microcampi o nella strada come senzatetto. In aggiunta, però, a questo elemento c’è il problema del sovraffollamento all’interno dei moduli abitativi dei campi Rom: “Che io sappia - dice ancora Stasolla - non si sono registrate febbri o influenze nelle baraccopoli, ma non lo escludiamo, perché non le abbiamo mappate tutte. In ogni caso all’interno dei campi non ci sono presidi sanitari e i campi sono lontani da strutture ospedaliere, quindi è tutto molto più complesso. All’interno delle baraccopoli c’è molta paura e preoccupazione perché non hanno a disposizione molte notizie, se non quelle che apprendono dalla televisione. Il problema aggiuntivo è che sono in assenza di risorse e in una condizione igienico-sanitaria già precaria, che li poterebbe esporre ad un fortissimo rischio nel caso si dovesse verificare solo un semplice contagio. Spessissimo si registrano bronchiti, diabete, problemi al cuore. E questo è un problema che li esporrebbe ad un maggior rischio”.
Il problema suscita anche reazioni politiche: “Il caso dei rom positivi al Covid-19 - afferma la consigliera regionale della Lega, Laura Corrotti - è un evento che era prevedibile per tutti coloro che conoscono la situazione all’interno dei molteplici campi rom, insediamenti abusivi, centri d’accoglienza o anche palazzi occupati, dove le regole richieste per contrastare la diffusione del contagio non sono sempre da tutti rispettate anche per via degli spazi in cui vivono, dove spesso ci sono famiglie numerose in moduli di pochi metri quadrati e in precarie condizioni igienico-sanitarie”.

sabato 21 marzo 2020

OTTAVO BUS FLAMBÉ DEL 2020



Siamo a otto. Otto bus andanti a fuoco in questi primi ottanta giorni dell’anno, media di uno ogni dieci giorni. Ieri notte, lungo la via Ardeatina, ad andare completamente distrutto dalle fiamme un veicolo in servizio sulla linea 074. La vettura era di Roma Tpl, il soggetto privato che gestisce per conto del Comune 100 linee di periferia. 
Con quest’ultimo incendio che ha completamente distrutto il veicolo di cui è rimasto in piedi solo il telaio, sono, dunque, otto i bus andati a fuori da inizio anno. Il primo a incendiarsi è stato, lo scorso 24 febbraio, un veicolo Roma Tpl in servizio sulla linea 710: incendio a Largo La Loggia alle 6 di mattina e vettura completamente distrutta dalle fiamme. 
Poi, in sequenza ravvicinatissima tutti gli altri sette andati a fuoco in 17 giorni, uno ogni due giorni e mezzo.
Tre marzo, ancora Roma Tpl, sulla bretella della penetrazione urbana della Roma-L’Aquila, va a fuoco un mezzo fuori servizio della linea 039 alle undici di sera finendo distrutto. Giorno dopo, sempre Roma Tpl, a inizio pomeriggio viene solo danneggiata una vettura della linea 546 a Ipogeo degli Ottavi.
Due giorni dopo, 6 marzo, alle cinque di mattina è il turno di Atac: senza che l’azienda senta il bisogno di comunicarlo, viene completamente distrutta dalle fiamme una vettura della linea 723. L’incendio all’alba dentro la rimessa Magliana
Passano 5 giorni e, l’11 marzo, ad essere danneggiata in modo molto pesante è un veicolo della linea 791, sempre di Atac, a viale Marconi. 
Giorno dopo, alle sette e mezzo di sera va a fuoco una vettura snodata di Atac sul ponte della Stazione Tiburtina. La parte posteriore della vettura è distrutta: ironicamente, quella vettura da 18 metri potrebbe rientrare in servizio come una da 12. Anche in questo caso, Atac tace l’annuncio dell’incendio.
Siamo al 16 marzo e, all’alba, sul Raccordo in carreggiata interna all’altezza dell’Appia, danni pesanti per una vettura fuori servizio di Roma Tpl.
Ieri, infine, quello di via Ardeatina, ancora Roma Tpl.


Inizia ad assumere contorni allarmanti la quantità di autobus che, in questo mese di marzo, sta prendendo fuoco. Nonostante, tra l’altro, il servizio di trasporto pubblico non solo sia stato ridotto per fronteggiare la pandemia del Coronavirus ma anche perché quei pochi bus che girano per le strade, girano praticamente vuoti, con un carico, quindi, molto leggero e senza il solito traffico cittadino che, spesso, carica il funzionamento dei motori. 
Il computo finale, dunque, recita 89 bus flambé, 5 di Roma Tpl e 3 di Atac (dei quali uno solo pubblicamente annunciato). Di questi 8, due - uno a testa per Atac e Roma Tpl - solo pesantemente danneggiati. Gli altri sei o con danni davvero ingenti o completamente distrutti dalle fiamme. Come d’abitudine, formalmente ignote le cause. 




CORONAVIRUS; STRETTA DEI VIGILI SUI CONTROLLI




C’è la versione “sindaco conciliante” e quella “sindaco sceriffo”: blitz double face del sindaco di Roma, Virginia Raggi, al parco della Caffarella, in zona Appia. Parco aperto al pubblico, visto che è un Parco regionale - ricade dentro quello dell’Appia Antica - e come tale non soggetto all’Ordinanza del Sindaco che chiude tutti i parchi di proprietà comunale. “Sono venuta perché ho ricevuto segnalazioni - dice la Raggi ai cittadini sorpresi a passeggio nel parco - di mamme con i bambini, persone con i cani”. E a chi le chiede un selfie risponde "no, solo foto da lontano". Una versione della Raggi morbida, da mamma preoccupata o da poliziotto buono. Poi, subito dopo, c’è l’altra versione, quella sceriffo tutto d’un pezzo: “Non funziona così. State a casa. State a casa” dice la Raggi con la Caffarella alle spalle. E il tono perentorio è quello del poliziotto cattivo.
Non passano neanche un paio d’ore e inizia a girare sulle chat la copia di un ordine di servizio dell’VIII Gruppo dei Vigili Urbani. Che sì, si rivolge solo agli agenti di quel Gruppo, quello della Garbatella per intendersi, ma che in realtà rispecchia le disposizioni emanate dal Comando generale.
Niente più controlli a campione ma l’ordine è quello di fare dei veri e propri posti di blocco, creando un imbuto con i “coni flessibili” per fermare letteralmente il traffico e controllare uno per uno tutti i veicoli. “L’eventuale fila di veicoli deve interrompersi solo in presenza di evidente situazione di pericolosità per la sicurezza della circolazione”. 
E, poco dopo, a viale Giulio Cesare e via Boccea vengono segnalati i primi posti di blocco dei Vigili. Che, per questo fine settimana, hanno messo in campo dedicate al controllo delle disposizioni sul Coronavirus, un totale di 900 agenti, cioè circa 450 macchine, sui tre turni di servizio. Il che significa, più o meno, una cinquantina di vetture sul notturno e 200 per i controlli della mattina e della sera. 
Nelle disposizioni impartite agli agenti viene ricordato che le motivazioni per gli spostamenti sono tassative: inutile vestirsi in tuta e scarpe per andare, in macchina, al parco per correre. Se c’è un parco vicino casa, bene; altrimenti niente parco e si corre in strada. Oppure arriva la sanzione. Altro passaggio importante sulla prevenzione per il Coronavirus: “in nessun caso sono previste misure pmecautelari personali o reali sul veicolo che mai potrà essere sottoposto a sequestro”. 
Stando ai dati diffusi dalle forze dell’ordine, nelle ultime 24 ore sono state denunciate almeno una cinquantina di persone, fra Vigili e Polizia. Due colombiani sono stati bloccati da una pattuglia della Polizia locale dopo che l’auto su cui si trovavano a bordo ha forzato un posto di controllo in zona Boccea. In zona Aurelia i Vigili hanno fermato una macchina con due donne provenienti da Monterotondo e che hanno detto agli agenti di doversi recare da una anziana zia malata. Zia che, però, è risultata tutt’altro che anziana, essendo under 50m e in ottimo stato di salute. A Tor Bella Monaca un nigeriano è stato trovato anche in possesso di dosi di cannabis e altre due persone vendevano illegalmente disinfettanti e mascherine. A Trastevere due pasticcerie vendevano al pubblico dolci e bignè di San Giuseppe. Lato Polizia di Stato, cinque persone denunciate perché a Fidene si allenavano in palestra.


venerdì 20 marzo 2020

CORONAVIRUS; LA CROCIERA DIVENTA UN INCUBO


Doveva essere il viaggio della loro vita”. E si è trasformato nel peggiore degli incubi.
Vincenzo Imbroisi, avvocato del modenese, racconta la tragedia che, da fine febbraio, ha colpito i suoi genitori.
“Il 24 febbraio i miei genitori, Aldo e Rosetta, sono partiti da Mirandola per Milano e da lì, in aereo, in Florida. Si erano regalati una crociera, il viaggio della vita”.

Che è successo?  
Il 29, alla seconda tappa alle Isole Cayman, mio padre si sente male. Attacco di cuore. Viene immediatamente sbarcato, insieme a mia madre, e ricoverato in ospedale in stato di coma. Quando si riprende inizia a manifestare i sintomi della polmonite da Coronavirus senza che però venisse fatta una diagnosi precoce. Passano i giorni e gli viene fatto il tampone ma il risultato arriva il 12 marzo, cioè dodici giorni dopo il ricovero. Il 14 il virus ha la meglio”.

Con una diagnosi precoce si poteva salvare?
Non lo so”.

E ora?
Ora ho il problema di mia madre. Dal 29 febbraio è praticamente reclusa in una stanzetta che l’ospedale le ha messo a disposizione. Dopo l’esito positivo del tampone cui è stato sottoposto mio padre anche lei è stata controllata ma il primo tampone risulta negativo. Domenica le Isole Cayman chiuderanno gli aeroporti e non ho più molto tempo. Rischio che lei sia costretta a rimanere bloccata lì, da sola”.

Ha contattato le autorità italiane?
Certo e sono in costante contatto con il Console italiano in Florida che è competente per area geografica. Ma essendo mia madre negativa al tampone non rientra nei protocolli del Ministero degli Esteri per il rimpatrio assistito dei nostri connazionali all’estero”.

Quindi, di fatto, ora sua madre è abbandonata in una specie di limbo privo di soluzioni.
Sì. Per altro, mentre mio padre era sano come un pesce, senza mai aver avuto problemi di cuore o ai polmoni, mia madre è cardiopatica e con una invalidità, quindi un soggetto a rischio. Al momento la sua stanza è di tre metri per tre, come tutte le stanzette di un ospedale. E da 20 giorni sta lì, dopo aver dovuto vedere mio padre spegnersi. Si erano conosciuti a 15 anni. Stavano insieme da una vita”.

C’è anche il problema del rimpatrio della salma di suo padre.
No. Mi è stato spiegato che a causa del virus non era consigliabile né fare l’autopsia né rimpatriare la salma. Quindi è stato necessario procedere alla cremazione”.

Il 24 febbraio, quando i suoi genitori sono partiti, la quarantena non c’era ma il caso era appena esploso.
Vero. Non era stato assunto nessun provvedimento. E, per quanto da giorni si parlasse del Coronavirus, sembrava una cosa molto lontana. Mio padre prima di partire ha chiamato l’agenzia di viaggi per chiedere notizie e la conferma o disdetta della crociera ma gli è stato risposto che era tutto a posto. Diceva “al massimo, a Milano, non ci fanno partire”.

Su quale nave era stata organizzata la crociera?
Su una splendida nave della Costa Crociere, la Costa Luminosa. Già dopo un paio di giorni però sono nati i primi problemi tanto che alla prima tappa, in Giamaica, il Comandante ha disposto che a terra potessero scendere tutti i passeggeri tranne gli italiani. Da quanto ne so, essendo in contatto via social con chi è ancora a bordo, la nave sta rientrando in Italia”.