Palazzo Nardini - antica sede del Governatorato di Roma con il Papa Re - è vincolato e non si può vendere.
Lo ha stabilito la Commissione Regionale per la Tutela del Patrimonio Culturale del Lazio (la stessa, per intendersi, che bocciò la richiesta di vincolo avanzata dalla soprintendente Margherita Eichberg sulle tribune dell’ippodromo di Tor di Valle).
La Commissione ha approvato, all’unanimità, “la riformulazione del vincolo su Palazzo Nardini, avviata dalla Soprintendenza il 10 aprile scorso, ai sensi del Codice dei Beni Culturali”.
Palazzo Nardini, attualmente nel patrimonio della società pubblica Invimit, era già vincolato per il suo valore architettonico e storico artistico.
Il nuovo provvedimento riconosce all’intero complesso anche il particolare interesse storico per il suo riferimento alle vicende politiche, della cultura, nonché di testimonianza dell’identità e della storia delle istituzioni pubbliche, collettive e religiose del nostro Paese.
Il nucleo originario dell’edificio viene costruito nella seconda metà del 1400 e prende il nome dall’allora arcivescovo di Milano, Stefano Nardini, che dà il via alla costruzione del palazzo. Alla morte di Nardini, la proprietà passa all’Arciconfraternita Ospedaliera del SS. Salvatore ad Sancta Sanctorum che lo affitta a una serie di personaggi storici: il cardinale Giovan Battista Orsini; Franceschetto Cybo, figlio di papa Innocenzo VIII; Federico Sanseverino, cardinale di Salerno; e altri.
A metà 1600 il palazzo diviene ufficialmente la sede del Governatorato di Roma dove rimarrà per un secolo quando sarà il Governatorato si trasferirà a Palazzo Madama, oggi sede del Senato.
Curiosità: il nome della strada su cui sorge Palazzo Nardini, via del Governo Vecchio, discende proprio dalla destinazione dell’edificio.
Negli anni 30 del secolo scorso, a Palazzo Nardini si installa la sezione penale della Pretura di Roma.
Il 2 ottobre 1973 un gruppo di donne appartenenti a diversi movimenti dell’epoca, prese possesso di Palazzo Nardini, abbandonato, che divenne, quindi, la prima sede della Casa Internazionale delle donne. Trasformatolo in una struttura di accoglienza per le donne in difficoltà, il Palazzo rimase sede della Casa fino al 1985 quando, dopo un quadriennio di trattative, il sindaco di allora, Nicola Signorello (Dc), assegnò loro un’ala del Convento del Buon Pastore a via della Lungara.
Nel 2001 la Regione Lazio (presidenza Storace) assegna il Palazzo alla Asl, poi stringe un accordo con il Ministero dei Beni culturali che si conclude, nel 2003, con l’acquisto dell’edificio per 37,5 milioni di euro. Nel 2008 la Regione (presidenza Marrazzo) decide di rivendere il Palazzo al Mibact per farne la sede di una biblioteca, con tanto di lavori nei solai per sostenere il peso per circa 5milioni di euro. Fra il 2011 e il 2014 la Regione (presidenze Polverini e Zingaretti) conduce una trattativa con il Mibact per finalizzare questo trasferimento di Palazzo Nardini. Arrivano i primi ok, ma, all’ultimo, il Mibact si tira indietro: la biblioteca non interessa più.
La Regione, allora, tenta la carta Invimit, la società pubblica che dovrebbe valorizzare i beni dello Stato.
E c’è pure una paginetta di gossip vecchia Dc: il “no” finale all’acquisizione di Palazzo Nardini da parte del Mibact avviene sotto la guida del Ministero di Dario Franceschini, la Invimit è guidata da Elisabetta Spitz, già direttrice dell’Agenzia del Demanio, prima moglie di Marco Follini. Ad esprimere interessamento per Palazzo Nardini all’Invimit sarebbe stata Angiola Armellini, già compagna di Bruno Tabacci.
Poi arriva la Soprintendenza che pone il vincolo, ieri confermato dalla Commissione regionale. Sul vincolo, Invimit aveva tentato la carta Tar: ma il Tribunale, a maggio, ha negato la sospensiva fissando l’udienza di merito a dicembre.
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