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In questo blog mi dedico a guardare con occhio maliziosamente indipendente ciò che accade a Roma - e qualche volta anche nel resto del mondo - soprattutto attraverso ciò che della mia città raccontano i quotidiani. Generalmente prendo in considerazione i tre quotidiani più importanti per vendite e diffusione nella Capitale: Corriere della Sera, La Repubblica e il Messaggero. A volte troveranno spazio anche gli altri quotidiani, la cui lettura è comunque sempre accurata.

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sabato 20 giugno 2020

DI STEFANO (GIOVANI INDUSTRIALI): "MENO PRESSIONE FISCALE E VIA ALLE OPERE PUBBLICHE"



Come giovane industriale condivido e appoggio in pieno il Piano per l'Italia 2030 presentato da Bonomi (presidente di Confindustria, ndr): lo Stato deve dare il via alle opere pubbliche, partendo da quelle finanziate e ferme. Valgono 60 miliardi di euro. Serve un nuovo patto fra Stato e aziende per lottare insieme contro il debito pubblico”.

Riccardo Di Stefano è il vicepresidente dei Giovani Imprenditori di Confindustria. Venerdì prossimo si terranno le elezioni per la carica di Presidente dei Giovani Imprenditori, per la quale Di Stefano è candidato con parecchie chance di vittoria e che dà diritto ad entrare direttamente nella squadra di Confindustria come vicepresidente di Bonomi.

Di Stefano, appoggia il piano di Bonomi perché fra una settimana potrebbe essere il suo vice?
Assolutamente no. È una questione di logica: il Piano presentato da Bonomi è l’unica vera base di partenza se vogliamo che l’Italia ricominci a crescere. Serve ripartire dalle opere pubbliche sia come volano per l’economia che per colmare il divario infrastrutturale col resto d’Europa”.

D’accordo, partiamo con un’ondata di Keynes. Poi?
Poi lo Stato deve ridurre la pressione fiscale sul lavoro: il lavoro oggi costa troppo alle imprese in termini di tasse. Ed è essenziale abolire l’IRAP. Al sistema produttivo non servono interventi spot ma strutturali e l’abolizione dell’IRAP sarebbe quello più efficace anche perché incide su tutti i costi aziendali. Vanno messi subito in pagamento i debiti della pubblica amministrazione. Non si può chiedere alle aziende di lavorare per pagare le tasse quando la pubblica amministrazione non paga i propri debiti. Servono incentivi per l’economia sostenibile e industria 4.0. E, infine: il Governo ha stanziato fondi per la liquidità e per il rilancio delle aziende ma spesso mancano i decreti attuativi e altre volte quelli presenti sono scritti male finendo per impedire alla banche una rapida erogazione dei fondi. La poca liquidità che resta in azienda viene utilizzata per anticipare la cassa integrazione ai lavoratori. Servono norme chiare e procedure meno farraginose”.

Fino a questo momento, però, sta tutto sulle spalle dello Stato: o toglie tasse o eroga soldi o deve riscrivere norme. E i privati cosa fanno?
A parte aver tenuto in piedi il sistema anticipando i soldi per la cassa integrazione ai lavoratori, devono e possono impegnarsi a investire nel rinnovamento tecnologico e nell’economia verde ma, soprattutto, a far rientrare in Italia, a condizione che venga tagliato il cuneo fiscale, tutte quelle produzione che sono state delocalizzate all’estero negli ultimi anni. Infine, ma è la cosa più importante, devono investire nel welfare aziendale e nella valorizzazione del capitale umano per rendere più competitivo ed inclusivo il Paese”.

Di Stefano, quali effetti ha avuto questa quarantena?
Sulle mie aziende che si occupano di impianti tecnologici ed efficientemente energetico, un impatto ancora gestibile. Certo, come tutti abbiamo avuto un forte contraccolpo ma, tutto sommato, l'ecobonus è una misura che ci fa ben sperare”.

L’Ecobonus è contenuto nel Decreto Rilancio e prevede una serie di sconti, fino al 110% dell’investimento, per chi ristruttura l’immobile variando almeno di due classi il consumo energetico. 
Però, Di Stefano, molte aziende non vogliono accollarsi il rischio di anticipare i lavori per poi incassare i soldi. Molti imprenditori non si fidano dello Stato.
Sì, la norma è migliorabile. Mancano i decreti attuativi, il timore è che le aziende più piccole non siano in grado di affrontare il rischio. Purtroppo lo Stato ha abituato le aziende a tanti, troppi cambi in corsa di regole. Gli operatori con minore capacità finanziaria potrebbero essere tagliati fuori da questa opportunità di rilancio”.

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