L’Avvocatura comunale è stata nettissima: l’ipotesi di annullamento d’ufficio (o in autotutela) della Delibera Raggi sul pubblico interesse alla costruzione dello Stadio della Roma di Tor di Valle non è una strada percorribile. I 18 mesi che la legge identifica come il termine massimo entro cui il Comune può esercitare questo diritto sono trascorsi (11 dicembre 2018) e non è intervenuto nessun fatto, ignoto prima, che possa giustificare la deroga a questo termine.
LA DELIBERA GRANCIO/FASSINA
È questa la posizione ufficiale degli Avvocati del Campidoglio ed è stata illustrata ai Consiglieri 5Stelle nella riunione della scorsa settimana che era stata convocata per esaminare la proposta di delibera Grancio/Fassina che chiede proprio l’annullamento d’ufficio della Delibera Raggi. Spazio per accogliere quella delibera non c’è.
REVOCARE SI POTREBBE, MA NON GRATIS
Esiste, però, una componente - sono sempre da 3 a 5 i consiglieri comunali contrari allo Stadio - degli eletti grillini che vorrebbe cassare il progetto.
La strada che l’Avvocatura indica come difficile ma ipoteticamente percorribile è quella delle revoca. Solo che la revoca ha dei costi. Che non è ancora possibile quantificare.
In sostanza, gli Avvocati del Comune hanno spiegato: la legge 241 del 1990 prevede la possibilità di revocare il pubblico interesse. Ma è una strada stretta: la revoca va istruita e, soprattutto, fortemente motivata. E comunque è alto il rischio che non sia affatto gratis come qualcuno si è incautamente affrettato a dire. In realtà, nelle analisi affrontate, ancora non è stato chiarito se sia possibile “utilizzare” l’arresto di Parnasi come elemento di colpevolezza nel provvedimento di revoca né quale sia l’esatta portata dei diritti acquisiti dalla Roma e quali risarcimenti questi potrebbero provocare. Perché un dato è sicuro: la revoca non è gratis e la legge prevede che vi sia un indennizzo parametrato al danno emergente. A oggi la Roma ha dichiarato di aver già speso fra i 75 e gli 80 milioni di euro ma bisognerebbe vedere il danno d’immagine o gli eventuali danni patrimoniali quanto potrebbero “cubare”.
Altro dettaglio che per qualche consigliere non è ancora chiaro: la delibera di revoca necessita di un iter complesso (non dissimile da quello seguito per quella di pubblico interesse) che prevede una condivisione del processo con il soggetto proponente. Iter che, qualora i consiglieri decidessero in questo senso, dovrebbe essere completato prima di quello che dovrebbe portare al voto per variante e convenzione urbanistica.
Variante e Convenzione i cui lavori tecnici preparatori vanno avanti senza particolari scossoni. Da quanto trapela rimane confermata la possibilità che questa fase si concluda per fine mese e questo fatto, unito alle reiterate dichiarazioni del sindaco, Virginia Raggi, e del facente funzione di presidente del Consiglio comunale, Enrico Stefàno, lascia sostanzialmente tranquilla la Roma circa l’ineluttabilità della conclusione positiva dell’iter. Anche perché se il Campidoglio intendesse seriamente percorrere la strada della revoca dovrebbe interrompere questi incontri tecnici e avviare, come da legge, quelli per cancellare il tutto.
LA STRADA TAR
Nessuno ha intenzione di forzare i tempi o di alzare il livello della tensione. Anzi, si argomenta in casa giallorossa, le fibrillazioni politiche tutte interne ai 5Stelle sono questioni della maggioranza grillina e non spostano i fatti. Tuttavia, nonostante sia ritenuta un’ipotesi assolutamente residuale, si studia anche la possibilità di rivolgersi al Tar per la nomina di un commissario ad acta nel caso in cui, terminati positivamente i colloqui preparatori, la Raggi tentennasse troppo nel portare al voto in Consiglio comunale i vari testi. Perché c’è il voto su variante e convenzione urbanistica con la Roma ma c’è anche da votare i testi delle convenzioni urbanistiche che il Comune sta concludendo con la Città Metropolitana per la via del Mare/Ostiense e con la Regione per la ferrovia Roma-Lido di Ostia. Due atti che dovranno essere votati prima degli altri perché entreranno a far parte del più globale accordo fra tutti gli attori di questo procedimento complesso.
VARIANTE ATTO DOVUTO
A sostegno della posizione della Roma sui “diritti acquisiti” c’è un altro dettaglio: tutti i vertici tecnici capitolini (segretariato generale, avvocatura, dipartimento urbanistica) ritengono che la variante urbanistica debba essere considerata un atto dovuto: la discrezionalità formale dei Consiglieri comunali nell’esprimere il voto si sarebbe esaurita quando essi hanno espresso il voto favorevole alla delibera di pubblico interesse a giugno 2017. Tutti elementi che lasciano tranquilla la società giallorossa.
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