Marcello De Vito, l’ex presidente dell’Assemblea capitolina, scrive un lettera al sindaco, Virginia Raggi, e ai suoi colleghi in Consiglio comunale: niente dimissioni, pronto per il giudizio dei magistrati ma anche fermo nel respingere il giustizialismo da tritacarne mediatico e un paio di stilettate ai 5Stelle e Di Maio.
“In questo periodo ho pensato spesso, per il rispetto che nutro verso l'istituzione, al fatto di dimettermi dalla carica di presidente dell'Assemblea capitolina, carica che ho amato e che ritengo di avere svolto con onore per un verso, con piena cognizione dei suoi equilibri e tecnicismi dall’altro. Ma non posso, non voglio e non debbo farlo!”, scrive De Vito, che aggiunge: “Care colleghe e cari colleghi considero privo di presupposti qualsiasi atto che mi abbia privato di qualcosa: sia esso la libertà personale, la carica (anche in via temporanea), la stessa iscrizione dagli M5S. Ai sensi del regolamento del Consiglio comunale considero le assenze dal 20 marzo 2019 contrarie e comunque non imputabili alla mia volontà nonché la sospensione e la temporanea sostituzione prive di presupposti. Credo con forza nella giustizia e giustizia con forza chiedo!”.
De Vito poi si dice pronto per il giudizio della magistratura: “Sono pronto per il giudizio. Non sono corrotto né corruttibile e confido nel pieno e positivo accertamento in tal senso da parte della magistratura” ma poi attacca anche i suoi ex compagni di partito: “Nell'immediato ho provato rabbia e delusione per le parole di abbandono degli ‘amici’. Posso dire che ho ricevuto maggiore solidarietà delle persone in queste retrovie che in qualsiasi altro posto”. Infine, un passaggio De Vito lo dedica anche a Di Maio: “Certamente in questo tempo mi sono chiesto cosa potrebbe decidere il nostro leader per se stesso, ove fosse sottoposto ad un giudizio: sicuramente proporrebbe un quesito ad hoc, come quello ideato sul caso Salvini-Diciotti, da sottoporre al voto online. Così come ho ricordato che il nostro codice etico prevede l'espulsione dall'M5S solo in caso di condanna e non si presta ad opinabili interpretazioni a seconda dei casi o peggio, all'arbitrio del nostro leader".
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