Siamo arrivati allo showdown fra l’Ama e il suo socio unico, il Comune di Roma, con la Raggi che, ieri mattina, “alle 10.50” come recita la lettera di accompagnamento, ha destituito il Consiglio di Amministrazione dell’azienda dei rifiuti, dando mandato al collegio dei sindaci di guidare l’Ama per l’ordinaria amministrazione e convocare l’assemblea dei soci per la nomina del nuovo management.
E così, salta, almeno per ora, il quinto vertice di Ama da quando Virginia Raggi indossa la fascia tricolore.
Almeno per ora perché in realtà - notizie frammentarie da dentro i corridoi dell’azienda - parlano di un’Ama in salsa venezuelana, con il CdA dimissionato deciso a resistere, stile Maduro, e il Collegio Sindacale, guidato da Mauro Lonardo, deciso a insediarsi immediatamente, stile Guaidó. Roba che rischia di finire con i Carabinieri prima e in tribunale poi.
Per cercare una mediazione, nel pomeriggio, le due opposte fazioni hanno richiesto di comune accordo un parere pro veritate all’avvocato Pietro Cavasola, del foro di Roma, che è un consulente di Ama.
Andiamo per ordine. Metà mattinata, la Raggi licenzia Bagnacani e il resto del CdA di Ama. Motivazione: fine del rapporto fiduciario. “Le azioni attuate dagli amministratori della società Ama hanno rilevato un livello di criticità tale da fare dubitare dell’affidabilità dell’attuale gestione aziendale, soprattutto con specifico riferimento alla riformulazione di un nuovo progetto di bilancio di esercizio 2017”, si legge nell’ordinanza 18.
L’ordinanza segue prima la bocciatura in Giunta comunale del bilancio Bagnacani, l’8 febbraio scorso, seguito dalle dimissioni di Pinuccia Montanari da assessore all’Ambiente, e dalla visita della Montanari e dello stesso Bagnacani in Procura.
Nell’ordinanza Raggi viene menzionata anche una relazione del dg del Campidoglio, Franco Giampaoletti, protocollata sabato, in cui c’è scritto: “Conclusivamente, tenuto conto dei comportamenti sopra descritti che, singolarmente e ancor più nel loro complesso, si ritiene integrino ipotesi di violazione di obblighi di legge e/o statutari, si sottopone alla valutazione delle SS.LL. l’ipotesi di procedere alla motivata revoca per giusta causa dei componenti del Consiglio di amministrazione”.
Secondo l’Agenzia Dire, questo invito alla rimozione non avrebbe trovato il consenso del Capo di Gabinetto, Stefano Castiglione, che avrebbe avuto un confronto acceso proprio col dg Giampaoletti sul tema della ‘giusta causa’ alla base della rimozione del Cda.
Non a caso, Castiglione non ha controfirmato la delibera che porta le sigle di Gianni Lemmetti, assessore al Bilancio, di Giampaoletti e dal segretario generale, Pietro Paolo Mileti.
All’ordinanza si accompagna una lettera, firmata da Castiglione che è un magistrato della Corte dei Conti, con cui si conferisce al Collegio sindacale il potere di gestire la fase di interregno fino alla convocazione dell’assemblea per la nomina dei nuovi amministratori.
Lettera e licenziamento diventano il nuovo terreno di scontro fra Comune e Ama con i vertici aziendali che contestano le motivazioni della cacciata, considerate insufficienti e generiche, ma soprattutto il subentro immediato del Collegio dei Sindaci.
In sintesi: per il CdA uscente, lo Statuto di Ama (17.2) assegna allo stesso CdA il compito dell’ordinaria amministrazione e della convocazione dell’Assemblea dei soci che nominerà i nuovi vertici aziendali. Per il Campidoglio, invece, vale il codice civile (art. 2386) che questi compiti li assegna al Collegio sindacale.
In serata è stata sciolta la questione sulla legittimità con il parere dell'avvocato Cavasola che ha sposato la decisione del Campidoglio. Gli uscenti terranno nelle prossime ore una conferenza stampa dove spiegheranno le loro ragioni: "Stiamo mettendo in fila i fatti.Noi costretti a produrre atti illegali? Se non lo abbiamo fatto e stiamo andando via fatevi delle domande. Abbiamo fiducia che la verità verrà a galla", hanno detto uscendo per l'ultima volta dalla sede di via Calderon De La Barca.
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