Forse il fondo lo si è toccato a inizio febbraio, il 2, quando dentro lo Stadio Flaminio venne rinvenuto il cadavere di un cingalese senza fissa dimora picchiato a morte, secondo la ricostruzione dei Vigili Urbani, da un connazionale arrestato dalla Polizia Locale una settimana dopo. E quel giorno il Campidoglio decise di spostare immediatamente la vigilanza dentro l’area del Flaminio, togliendola dal Palazzetto dello Sport.
La lenta agonia del Flaminio, però, va avanti da oramai un quinquennio abbondante: a inizio 2013 il Comune incaricò Risorse per Roma di predisporre uno studio di fattibilità per rilanciarlo dopo la fine dell’esperienza del rugby e del Sei Nazioni. Il cambio amministrazione del 2013 portò il progetto di Risorse per Roma ad essere chiuso in un cassetto e il nuovo assessore allo Sport di Marino, Luca Pancalli, tentò un accordo con la Federazione Gioco Calcio per destinare l’impianto a “casa madre” delle nazionali giovanili. Progetto rimasto sulla carta.
Il Campidoglio è il proprietario della struttura sulla quale, però, grava il vincolo dei Beni Culturali di “interesse artistico e storico”, lo stesso che la Eichberg avrebbe voluto imporre sull’ippodromo di Tor di Valle. Non bastasse, agli eredi del progettista, Pier Luigi Nervi, detengono, tramite la Fondazione Nervi, i diritti morali e la proprietà intellettuale dell’opera: hanno, in sostanza, l’ultima parola su qualunque progetto di riqualificazione o ristrutturazione venga presentato. Lo stesso diritto che qualcuno avrebbe voluto riconoscere all’erede di Lafuente, progettista dell’Ippodromo di Tor di Valle. Zero soldi della proprietà (Comune), vincolo dei Beni Culturali e diritti degli eredi Nervi hanno fino ad ora reso vano qualunque tentativo di ristrutturare e riqualificare l’impianto.
L’attuale Amministrazione ha tentato di mettere mano al problema: prima con la partecipazione a un bando della Fondazione Getty. Bando vinto con il quale verrà finanziata la realizzazione di un studio per predisporre il (futuro nuovo) progetto di riqualificazione dell’area. Le prime polemiche arrivarono poche settimane dopo l’insediamento della Giunta Raggi: a luglio 2016 il capogruppo di Fratelli d’Italia, Fabrizio Ghera, attaccò duramente l’assessore allo Sport, Daniele Frongia, e l’allora assessore al Bilancio, Minenna, accusandoli di aver cassato un finanziamento di 6,5 milioni di euro destinati a riqualificare l’impianto. La risposta fu che 6,5 milioni non bastavano. Da allora, più o meno ciclicamente, arriva l’annuncio della “nuova vita” del Flaminio. In genere se ne occupa l’assessore Frongia: “Abbiamo iniziato il percorso di riqualificazione dello stadio”, annuncia il 3 gennaio 2017. “Stiamo ricevendo molte idee da soggetti privati e pubblici per il Flaminio. Stiamo studiando la soluzione migliore. Vogliamo restituire ai cittadini il Flaminio al più presto” ed era il 14 marzo 2017. Ad aprile, il 6, sopralluogo di Frongia nell’impianto con la spiacevole sorpresa di discrepanze fra le planimetrie in mano del Campidoglio e i lavori effettivamente effettuati negli anni. In quell’occasione, Frongia: “andiamo avanti per ridare decoro al Flaminio”. Ad agosto: “Con la famiglia Nervi abbiamo subito collaborato per riportare lo Stadio Flaminio agli antichi splendori”
Poi il 31 ottobre: “Se entro la fine della nostra consiliatura non avessimo iniziato con i lavori per la riqualificazione del Flaminio sarebbe grave” ma intanto se ne farà un parcheggio temporaneo per i pullman turistici. Pochi giorni fa, presentando alla stampa il nuovo regolamento per gli impianti sportivi che inizia oggi la discussione in Aula, “l’auspicio è di poter dare notizie entro poche settimane”.
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