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In questo blog mi dedico a guardare con occhio maliziosamente indipendente ciò che accade a Roma - e qualche volta anche nel resto del mondo - soprattutto attraverso ciò che della mia città raccontano i quotidiani. Generalmente prendo in considerazione i tre quotidiani più importanti per vendite e diffusione nella Capitale: Corriere della Sera, La Repubblica e il Messaggero. A volte troveranno spazio anche gli altri quotidiani, la cui lettura è comunque sempre accurata.

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giovedì 4 dicembre 2014

I MEZZI UOMINI DEL "MONDO DI MEZZO"

L'inchiesta della Procura di Roma sul malaffare e la mafia all'amatriciana approderà, prima o poi, nelle aule di giustizia e lì si conoscerà la verità processuale dei fatti. Chi ha sbagliato, ne pagherà il fio. Chi è mafioso, sarà per sempre bollato con questo marchio d'infamia.

Le responsabilità politiche, però, sono necessariamente scisse da quelle giudiziarie. 

Leggendo le cronache convulse delle intercettazioni; degli interrogatori che, nemmeno fossero stati resi davanti ai giornalisti invece che ai pm, finiscono quasi in tempo reale in pagina; delle interviste appaiono evidenti due elementi: il primo somiglia al brulichìo dei topi in fuga da una nave che affonda. Troppi si trincerano dietro lo scaricabarile. Il secondo, ricorda da vicino una tempesta in avvicinamento, con il rumore del vento e dei tuoni che si appresta a raggiungere altri.

Maria Antonietta di Francia non era giudizialmente colpevole dell'affaire della collana di diamanti. Lo era, si direbbe oggi, politicamente. L'assoluzione del cardinale di Rohan fu il vero preambolo politico della Rivoluzione Francese, precedendola di tre anni. 
La colpa di Maria Antonietta fu quella di aver creato attorno a sé un clima che rese credibile un incontro notturno in un boschetto al quale si presentò una truffatrice travisata con gli abiti della Regina, ingannando il poco avveduto Cardinale. 
Questa è la colpa, oggi, politica che va attribuita - al di là delle verità processuali - ai protagonisti di questa sconcertante e pericolosa vicenda: aver creato un clima che rende credibile l'avvicinamento dei truffatori nel sottobosco.

In Italia - e non era necessario l'ennesimo studio che ci vede, fra i Paesi europei, il più corrotto - da decenni è noto che il sistema politico vive ufficialmente di dazioni di denaro in chiaro e parallelamente di elargizioni occulte
Assai spesso (quasi sempre, anzi) provenienti una dalla mano sinistra e l'altra dalla destra di chi elargisce in cambio, poi, di favori sotto forma di appalti, prebende, poltrone, incarichi.
È una debolezza del nostro sistema alla quale nessuno è ancora riuscito a porre un argine e, paradossalmente, l'eliminazione del finanziamento pubblico ai partiti politici e le sempre più frequenti norme restrittive sull'uso dei fondi a disposizione delle forze politiche, hanno finito per rafforzare il sistema parallelo e occulto a discapito di quello alla luce del sole. Aver cancellato, invece che meglio regolamentato e reso trasparente, il sistema del finanziamento pubblico ha reso i partiti ancor più esposti di prima al rischio tangentizio. Non a caso, i padri costituenti stabilirono per i nostri rappresentanti un sistema remunerativo: l'obiettivo era quello di non renderli schiavi del denaro altrui. Non a caso, una delle riforme più nette che separa l'Europa dell'Ancien Régime dall'Europa contemporanea è aver retribuito i giudici direttamente dallo Stato.

Il potere in sé è un seducente corruttore: la possibilità di decidere per gli altri accompagnata dalla corte dei miracoli che sempre circonda chi detiene il comando, sono due elementi in grado di piegare e poi spezzare anche l'animo più saldo. E le convinzioni politiche c'entrano poco.
E non a caso, saggiamente, nell'antica Roma si pose un limite temporale alla gestione del potere consolare e un limite temporale alla possibilità per uno stesso soggetto di essere nuovamente eletto alla medesima carica. E, non a caso, quando questi limiti iniziarono ad essere aggirati sempre più frequentemente e in modo sempre più sfacciato, da Repubblica, Roma passò a Impero, con un cambio sostanziale della forma di Stato e di Governo. 

Oggi, ad Alemanno, l'accusa reale, politica (sottolineo: non giudiziaria) è quella di essere parte più o meno consapevolmente attiva di un ingranaggio perverso che perpetuava se stesso attraverso nomine e poltrone in posti chiave, in cambio di una remunerazione tanto generosa quanto occulta.
A Coratti viene mossa la stessa accusa.
Ad Odevaine (o Odovaine) addirittura di essersi attrezzato per generare ulteriori fondi per il sodalizio criminale sulla pelle degli ultimi e su quella dei romani.
Queste sono le accuse giudiziarie. Dovranno essere provate in tribunale e fino ad oggi permane la presunzione di innocenza di tutti gli indagati.

Rimane un fatto: se si è giunti comunque a questo punto, al di là delle considerazioni processuali, è perché, evidentemente, gli indagati in un modo o in un altro o hanno edificato o non combattuto un sistema che li attorniava come le spire di un pitone e che oggi rende credibili politicamente queste accuse

Rendendo gli accusati dei mezzi uomini del "mondo di mezzo".

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