I 328 milioni di euro richiesti da Alfiere (Cassa Depositi e Prestiti con Telecom) come risarcimento danni contro il Campidoglio per la vicenda delle Torri rischiano di essere solo il primo di una grandinata di colpi che stanno per arrivare sul Campidoglio.
Gli investitori della Città dei Giovani ai Mercati generali di via Ostiense, Toti e la francese De Balkany, infatti, stanno per presentare una richiesta di risarcimento danni contro il Comune per la decisione di bloccare i lavori già assegnati, finanziati e decisi. Una richiesta che potrebbe sfiorare i 500 milioni di euro.
E c’è anche la terza richiesta in partenza, destinazione Campidoglio: 300 milioni che Investimenti SpA, cioè Camera di Commercio, Regione Lazio e lo stesso Comune di Roma, si appresta a chiedere per la decisione di stravolgere il progetto di rilancio dell'ex Fiera di Roma.
Tre decisioni che potrebbero costare, solo di risarcimenti se le cifre saranno confermate e se i tribunali condannassero il Campidoglio, oltre 1 miliardo di euro.
Tre decisioni assunte e rivendicate da Paolo Berdini, assessore all’Urbanistica della Giunta Raggi per 7 mesi e 12 giorni, fatte proprie da Virginia Raggi e dai suoi Assessori, compreso il subentrante Luca Montuori cui, in 6 mesi di attività, si può rimproverare se non altro una scarsa alacrità.
Ognuno dei 222 giorni di permanenza di Berdini alla guida dell’urbanistica romana rischia di costare quasi 5 milioni di euro al giorno. Solo di risarcimento danni per le decisioni prese, una tassa “una tantum” da 383 euro e mezzo per ciascuno dei 2 milioni e 868mila cittadini romani, neonati compresi.
Non c’è solo questo come effetto delle disastrose politiche urbanistiche seguite dalla Giunta 5Stelle. Al miliardo e spicci milioni di risarcimento danni, vanno anche aggiunti i mancati guadagni. Il progetto Città dei Giovani prevedeva investimenti per circa 250 milioni di euro con un indotto che sfiorava i 600. La Fiera di Roma ha un mutuo di 180 milioni. Per Telecom, se non altro, manca il milione di euro stabilito per il progetto Telecom o i 24/25 milioni previsti nel progetto Renzo Piano delle Giunte Veltroni/Alemanno e su questo aspetto occorrerà attendere le pronunce del Consiglio di Stato. Cui, tanto per non far mancare nulla, va aggiunto anche il dimezzamento del valore dell’investimento sullo Stadio della Roma a Tor di Valle, passato da un valore globale diretto di 1 miliardo e 700 milioni a qualcosa intorno al miliardo di euro, lasciando, quindi, 700 milioni di per strada, perdendo il 60% del valore delle opere pubbliche, rinunciando a infrastrutture fondamentali per la città come un ponte e una parte di metropolitana e perdendo almeno 20 milioni di euro di oneri che, sotto forma di contributo costo di costruzione, Parnasi e Pallotta avrebbero dovuto versare in contanti al Campidoglio: 63 circa con il progetto versione Marino e 43 con quello versione Raggi.
Andando, quindi, a riepilogare: fra Stadio, Torri dell’Eur, Fiera di Roma e Mercati Generali il Comune ha rinunciato a un miliardo e oltre 100 milioni di investimenti.
Vi è poi il costo sociale: aree intere che rimangono al degrado come la Fiera di Roma o i Mercati Generali ma anche qualcosa come 18-20mila posti di lavori nel settore edilizio che la Raggi e Berdini, con le loro decisioni, hanno ritenuto non fossero da tenere presenti. Secondo un dossier del centro studi della CNA, reso noto dal Dipartimento Ambiente della Camera dei Deputati nel 2013, ogni miliardo di euro di investimenti sulle opere pubbliche genera oltre 9mila posti di lavoro nel settore dell’edilizia civile.
Tirando le somme, quindi, fra ciò che il Campidoglio potrebbe essere chiamato a pagare come danni, quindi come esborso diretto, e ciò cui ha rinunciato come progetti di investimento, siamo ben oltre i 2 miliardi e 200 milioni di euro.
Queste incaute scelte di politica urbanistica, dettate da un furore ideologico e da una evidentissima scarsa preparazione della compagine governativa pentastellata, potrebbero sortire il clamoroso effetto di portare rapidamente al collasso l’intero sistema delle finanze capitoline. Anche perché, fra sentenze del Tar - come nel caso dell’annullamento della revoca del permesso di ristrutturare le due Torri dell’Eur passata in giudicato a novembre scorso (come mai non sia stato presentato ricorso è un altro dei misteri dell’urbanistica berdiniana) - e pareri dell’Avvocatura - è il caso del progetto della Città dei Giovani agli ex Mercati Generali - le possibilità che il Campidoglio possa essere condannato non sono poi così remote.
“Roma è una città implosa su se stessa”, sentenziava Berdini durante un convegno della sinistra di Fassina nei giorni della discussione in Aula Giulio Cesare della nuova delibera sullo Stadio che reca la sua impronta. Se arriveranno le condanne, ci sarà anche la firma sull’implosione finale.
“A settembre il Tar emetterà il primo verdetto: se Toti e la De Balkany vincono, avranno l’autorizzazione a far partire i lavori della Città dei Giovani negli ex Mercati generali dell’Ostiense. E già si parla comunque di una richiesta di risarcimento danno contro il Campidoglio: da 300 a 500 milioni di euro. E la Raggi sapeva che sarebbe finita così, visto il parere dell’avvocatura comunale che proprio lei aveva richiesto”.
Paolo Pace, ex presidente 5Stelle del Municipio VIII e dimessosi a marzo di quest’anno in aperta opposizione con la sua stessa maggioranza, non le manda a dire.
“La frangia talebana della mia maggioranza ha insistito per modificare i progetti della ristrutturazione degli ex Mercati generali. Un investimento di 250 milioni di euro che generava una movimentazione di capitali stimata in 600 milioni di euro. I fili di questa congiura vennero tenuti dall’ala lombardiana del Movimento, da Marcello De Vito e Paolo Ferrara”, spiega l’ex presidente recentemente entrato in Fratelli d’Italia.
“Alla base di questa decisione c’era la volontà di Paolo Berdini di mettere mano ai progetti del mio Municipio, come del resto ha fatto in tutta la città. Inizialmente avevo ricevuto garanzie politiche dai più alti livelli istituzionali del Campidoglio: mi avevano sempre esortato ad andare avanti senza curarmi dei mugugni dell’ala talebana”.
Poi, però, la Raggi va sotto: la storiaccia di Marra, quella di Romeo e le polizze, il commissariamento politico fatto partire da Beppe Grillo con la nomina del mini direttorio, la caduta in disgrazia proprio di Frongia retrocesso dal ruolo di vicesindaco a quello di semplice assessore, i dossier, i veleni e le insinuazioni scoprono il fronte caldo, quello del Municipio di Pace. Che entra in rotta di collisione con i suoi stessi consiglieri. Il casus belli è proprio il progetto di riqualificazione degli ex Mercati Generali. Per Berdini, ancora pochi giorni fa, il progetto è l’ennesima scelleratezza: “Mi è stato presentato un progetto inaccettabile, con tutti i pareri già dati, per 8 ettari di progetto senza un solo metro quadro di verde. All’estero lo avrebbero stracciato”.
E quindi, come da prassi seguita da Berdini per ogni progetto sul quale ha rimesso le mani, prassi fatta propria dalla Raggi, ridiscutiamo tutto dall’inizio, nonostante l’intervento sia passato per 5 diverse Giunte, 3 varianti, una decina di Conferenze di Servizi concluse e un progetto definitivo già approvato ad aprile 2016. “Finanziamenti - spiega Pace - fermi da giugno 2016 con 110-120 milioni già spesi. A fine febbraio, poi, la Raggi chiese un parere all’avvocatura capitolina circa i rischi in caso di revoca o modifica del progetto. L’avvocatura è stata chiara: il Campidoglio è esposto e il rischio di pagare quanto meno le spese già sostenute, più tutti i possibili rischi per i risarcimenti danni. Che a breve si discuta al Tar del precetto per far partire i lavori è solo la cosa minore. Gli ultimi accordi presi con gli investitori prevedevano che loro accogliessero alcune lievi modifiche progettuali fatte più per far salvare la faccia ai 5Stelle che altro. E la Giunta capitolina, entro luglio, avrebbe dovuto dare il via libera ai lavori. Siamo a fine agosto e di questo via libera non c’è traccia”.
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