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In questo blog mi dedico a guardare con occhio maliziosamente indipendente ciò che accade a Roma - e qualche volta anche nel resto del mondo - soprattutto attraverso ciò che della mia città raccontano i quotidiani. Generalmente prendo in considerazione i tre quotidiani più importanti per vendite e diffusione nella Capitale: Corriere della Sera, La Repubblica e il Messaggero. A volte troveranno spazio anche gli altri quotidiani, la cui lettura è comunque sempre accurata.

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mercoledì 23 settembre 2015

STADIO; INDAGA LA PROCURA, CARTE ALLA GUARDIA DI FINANZA

È uno dei grandi nodi da sciogliere ancora, quello della proprietà delle aree. La Procura indaga sulla compravendita dell’area oggi di proprietà di Parnasi, che però, è solo il 50,4% della superficie interessata dall’intero progetto. Un altro 8% è di proprietà pubblica, ma il 41,6% è di altri privati, quasi tutta, oltre il 90%, di società riconducibili al Gruppo Armellini. 
Ed è su questa parte che si incentra un pezzo della relazione che il Campidoglio ha allegato al cosiddetto “progetto definitivo” dell’impianto di Tor di Valle, al momento dell’invio del dossier alla Regione, lo scorso 25 luglio. 


Il Dipartimento Ambiente del Comune ha evidenziato un serie di problematiche ancora da risolvere. Fra queste, quello della proprietà delle aree
Si legge, infatti,“Oggi Eurnova […] non dispone delle aree del “parco agricolo” né delle aree di mitigazione a contatto con il depuratore Roma Sud. Dalla lettura della documentazione tecnica presentata, non si fanno riferimenti a questi aspetti legati al cronoprogramma degli interventi”. Inoltre, viene evidenziato che “le aree del parco agricolo, superficie di 230mila metri quadri, sono tutte di proprietà privata”. Tradotto dal burocratese: per realizzare il parco così come progettato, occorre che il Comune provveda “all’acquisizione delle aree individuando una procedura negoziata o per esproprio”. Insomma, il duo Parnasi/Pallotta o compra le aree che mancano o il Comune dovrà espropriarle

E non è questo l’unico problema che sta facendo slittare in avanti nel tempo l’apertura della Conferenza di Servizi finale in Regione. 

Il primo, come Il Tempo ha anticipato già nell’inchiesta di luglio scorso sul dossier Stadio, è dato dalla carenza di documentazione che rende il progetto non completo, almeno non in termini di legge. 
Mancano, infatti, tutta una serie di documenti - a partire dai sondaggi (ormai in fase di conclusione), al computo metrico estimativo, dalla relazione economico-finanziaria al piano particellare aggiornato e altri - che fanno del progetto non un definitivo ma una sorta di preliminare molto avanzato. Almeno per alcune parti di esso.

Il secondo, è il problema metropolitana
Ad agosto scorso, in Conferenza di Servizi preliminare, i tecnici capitolini si espressero chiaramente per destinare la parte di fondi messi a disposizione dai privati per il trasporto pubblico su ferro al miglioramento della Roma-Lido di Ostia, escludendo qualsiasi intervento sulla Metro B
Su indicazione del sindaco Marino, invece, in sede di trattativa con la Roma, e poi in delibera questo parere tecnico è stato “rovesciato”: nel testo varato dall’Assemblea Capitolina, infatti, si legge che l’intervento sul trasporto pubblico su ferro, dovrà essere realizzato “prioritariamente” attraverso il prolungamento della linea B della Metro fino a Tor di Valle, pur rimanendo scritte le perplessità del Dipartimento Mobilità sui rischi di interferenze con il servizio sulla Roma-Lido. 
Se non che, sia l’Atac che il Dipartimento Mobilità, analizzando il “progetto definitivo” presentato a giugno di quest’anno, hanno espresso nuovamente la loro contrarietà tecnica a quest’opera definita “inutile e dannosa” e in grado di mettere a rischio “2/300mila utenti” con una diminuzione del servizio del 40% in direzione Laurentina.

Un tema questo della metro che lascia, però, abbastanza indifferenti in Campidoglio: il nodo, dicono dagli uffici di Roma Capitale, verrà sciolto solo in sede di Conferenza di Servizi decisoria. Solo lì, infatti, si potranno effettuare le valutazioni approfondite sia sulla ipotesi progettuale presentata sia su eventuali altre varianti.

Un ulteriore problema è dato dal rischio idrogeologico. Giusto tre giorni fa, in risposta ad una interrogazione presentata da Filiberto Zaratti, deputato di SeL ed ex verde, il sottosegretario all'ambiente, Silvia Velo, Pd, citando l'Autorità di Bacino del Tevere, aveva parlato di rischi idrogeologici sul Fosso di Vallerano e su tutta l'area interessata dal progetto. In sostanza, esiste un rischio alluvioni nella zona. Si tratta, anche in questo caso come per la diramazione della Metro B, di un problema già noto sin dall'inizio della progettazione tanto che la stessa Autorità di Bacino aveva prescritto interventi di contenimento e mitigazione del rischio sul Fosso di Vallerano per un investimento globale di ben 5 milioni di euro. Investimenti conteggiati nel progetto che, chiaramente, dovrà poi essere valutato dall’Autorità di Bacino in sede di Conferenza definitiva. 

Tutto questo, quindi, comporta un evidente dilazione nei tempi di apertura della Conferenza di Servizi definitiva: occorrono prima i documenti mancanti (che dovevano giungere il 5 settembre ma la cui consegna è slittata), poi la revisione del progetto sul trasporto pubblico su ferro, quindi il problema dell’acquisizione delle aree mancanti. Solo allora, in Regione, partirà realmente il count-down dei sei mesi per chiudere la pratica. Cui dovranno comunque sommarsi le procedure per le gare europee (6-8 mesi) per le opere di interesse pubblico. 


Insomma, la strada per aprire i cantieri è ancora molto lunga: le promesse del Sindaco sulla prima pietra entro il 2015 appartengono al libro dei sogni. Infranti.

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