Sarà il tribunale amministrativo regionale a decidere se ha ragione il Campidoglio o la Regione Lazio a proposito dello sgombero e della messa in sicurezza del campo rom di Castel Romano.
Il sindaco di Roma, Virginia Raggi, ha infatti presentato ricorso al Tar contro l’ordinanza firmata dal presidente della Regione, Nicola Zingaretti, per le “azioni organizzative e funzionali alla chiusura definitiva” di Castel Romano.
Fa sorridere, già alla prima riga, leggere come Virginia Raggi ricorra non solo contro Zingaretti ma anche contro Raggi Virginia sindaco della Città Metropolitana: visto che il ricorso è indirizzato anche contro la Città Metropolitana governata dalla Raggi. Ed è quanto meno curioso vedere come, a fronte di rifiuti ovunque e roghi tossici, il Comune sostenga che non vi sia un’emergenza sanitaria ma solo un problema di tutela ambientale.
La storia di Castel Romano viene ripercorsa nelle prime pagine: nato nel 2005 (sindaco Veltroni) come campo per la collocazione temporanea dei nomadi sgomberati da Vicolo Savini, si allarga e si stabilizza. Stando alla ricostruzione del Comune, il campo è diviso in due parti, una di proprietà pubblica e una privata e ricade all’interno della Riserva naturale di Decima Malafede, e sull’area insistono 4 diversi campi rom divisi in base all’etnia degli abitanti. Nel 2018 Zingaretti firma l’ennesima deroga alle norme sulla salvaguardia ambientale della Riserva valida però solo sulla parte pubblica dell’area. Il problema è che su quella privata insistono due depuratori che, da allora, non hanno più ricevuto manutenzione mentre dovrebbero servire tutti e quattro i campi.
Di fondo, a parte questioni formali in punta di diritto, questo è il primo motivo concreto di ricorso del Campidoglio: se Zingaretti, argomentano gli avvocati del Comune, non mi consente di manutenere i depuratori non può poi accusarmi per la scarsa igiene dell’area. Il secondo è che il Governo, causa emergenza sanitaria, ha sospeso tutti gli sgomberi fino al 1 settembre 2020.
Fa, però, sorridere leggere come fra le argomentazioni “politiche” addotte dal Comune per spiegare che non è vera l’accusa della Regione di inerzia, vi siano la delibera di istituzione del “Tavolo per l’inclusione dei Rom” del 2016, quella per il “Piano di indirizzo per l’inclusione dei Rom” del 2017 e una del 2019 per sperimentare misure di sostegno ai Rom. Pezzi di carta a parte, il lavoro del Comune si riduce a impegnare 480mila euro (su un preventivo di 1,3 milioni) per sgomberare i rifiuti e non allo sgombero vero e proprio, all’istituzione di un presidio di vigilanza e all’apposizione di barriere di cemento. Tutto ciò per arrivare a sostenere come non esista “l’emergenza igienico-sanitaria ma più semplicemente una situazione di ampio degrado della zona”.
“È surreale che Sindaca Raggi abbia impugnato l'ordinanza della Regione Lazio sostenendo che non sussiste a Castel Romano alcuna emergenza igienico sanitaria - spiega Roberta Angelilli, di Fratelli d’Italia, autrice insieme a Il Tempo e Le Iene dell’esposto da cui è partita tutta la vicenda - negando non solo l'evidenza palese ma ignorando anche le continue denunce ed esposti, dei cittadini e delle autorità. Già dal 2017 i Vigili urbani avevano evidenziato il degrado del campo e la Asl Roma 2 ha più volte, anche recentemente nel mese di marzo e di aprile, effettuato sopralluoghi denunciando condizioni non conformi a criteri minimi di carattere igienico sanitario di sicurezza. Solo dopo l'esposto di Fratelli d’Italia e il servizio de Le Iene la Raggi si è decisa, il 7 luglio, a ripristinare la vigilanza all’ingresso, soppressa nel 2015”.
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