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In questo blog mi dedico a guardare con occhio maliziosamente indipendente ciò che accade a Roma - e qualche volta anche nel resto del mondo - soprattutto attraverso ciò che della mia città raccontano i quotidiani. Generalmente prendo in considerazione i tre quotidiani più importanti per vendite e diffusione nella Capitale: Corriere della Sera, La Repubblica e il Messaggero. A volte troveranno spazio anche gli altri quotidiani, la cui lettura è comunque sempre accurata.

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venerdì 30 novembre 2018

PREFERENZIALE ESQUILINO, I CORDOLI SOLO NEL 2019


Sui social network esplode la querelle sulla protezione delle corsie preferenziali. Da una parte il presidente della Commissione Mobilità, il grillino Enrico Stefàno, dall’altra gli utenti della rete.
Oggetto del contendere, i lavori di protezione con cordoli della preferenziale dell’asse via Napoleone III/via Principe Eugenio, all’Esquilino.
Secondo quanto Stefàno annunciava ancora pochi giorni fa, il progetto di proteggere la preferenziale dell’Esquilino doveva rientrare nel più vasto intervento di protezione delle corsie riservate che ha visto completati i lavori a Cinecittà, viale Libia e via Emanuele Filiberto a San Giovanni
Molti utenti avevano fatto notare a Stefàno che nelle carte ufficiali la preferenziale dell’Esquilino non c’era ma il Presidente della Commissione Mobilità aveva ostentato la certezza che i lavori sarebbero stati fatti “entro l’anno”. 
Tre giorni fa, invece, il dietro front. Cinguetta Stefàno: “Parte residua accordo quadro la usiamo per Marmorata (e non Principe Eugenio/Napoleone III per cui facciamo gara specifica a parte inizio 2019)”. Insomma, con i risparmi dei primi tre interventi si riesce a proteggere solo via Marmorata ma per l’Esquilino se ne riparla l’anno prossimo, dopo una bella gara che, visto il pessimo rapporto dell’Amministrazione grillina con le gare d’appalto non è esattamente un buon viatico, al netto dei tempi di pubblicazione e assegnazione della gara stessa.
Ovviamente, si è scatenato un putiferio. Tutti gli utenti che, nel corso dei mesi, avevano motivato con l’assenza di pezzi di carta scritti lo scetticismo verso le affermazioni granitiche di Stefàno hanno immediatamente attaccato il consigliere grillino che ha provato a difendersi. 
La preferenziale dell’Esquilino è attesa da moltissimi anni: fu sotto Alemanno, nel 2010, che i Vigili Urbani autorizzarono la rimozione delle borchie di via Napoleone III: la doppia fila sulla strada obbligava le macchine a passarci sopra facendo un baccano d’inferno. Ora, per risolvere il problema sarà necessario attendere il prossimo anno. 

TUTTI IN FILA PER COSTRUIRE DAVANTI AL NUOVO STADIO



Lo Stadio della Roma è in dirittura d’arrivo ma ancora non ha avuto il semaforo verde finale eppure un effetto sulla città già lo sta avendo: all’Assessorato all’Urbanistica, nelle ultime settimane, si sono affacciati ben quattro gruppi che avevano progetti di sviluppo edilizio nel quadrante Tor di Valle-Magliana fermi nei cassetti almeno dal 2008 se non addirittura da prima.
È vero anche che l’asse Eur/Ostiense in direzione Fiumicino è forse l’unica area libera dove Roma può svilupparsi: la zona della Laurentina/Ardeatina è stata gravata di un vincolo ambientale dalla Soprintendenza statale durante la sindacatura Alemanno. Più oltre, girando sul Raccordo, il confine comunale di Roma è prossimo: i comuni Ciampino, Tivoli, Guidonia sono di fatto a un tiro di schioppo dal GRA. Più a nord altri parchi naturali: Marcigliana e Vejo e immensi problemi geostatici, come hanno dimostrato i difficoltosi lavori per la terza corsia del Raccordo in zona Cassia.
Fatto sta che immediatamente al di là del Tevere, di fronte proprio all’ansa di Tor di Valle dove sorgerà lo Stadio della Roma, erano fermi almeno da un decennio quattro progetti. Due per alloggi e due per uffici e negozi. E, dettaglio da non sottovalutare, uno di questi due complessi per uffici e negozi, quello di Valle Luparetta, è di Salini, ad oggi fortemente indiziato come il futuro costruttore delle parti private del progetto giallorosso, quindi  proprio Stadio, Nuova Trigoria e aree commerciali, e gli uffici. 
Una voce, questa su Salini, ufficialmente mai confermata ma con contatti che vanno avanti almeno da un biennio e che, nell’ultimo periodo, secondo Radio Trigoria, avrebbero avuto un discreto balzo in avanti. Quindi, se non è ancora ufficializzato che sarà Salini a tirar su lo Stadio, è pur vero che lo stesso Gruppo si sta muovendo in Campidoglio. Tra l’altro, mentre negli anni scorsi era stata avanzata la richiesta di variazione urbanistica del progetto di Valle Luparetta da uffici e negozi ad abitativo, proprio nelle scorse settimane il Gruppo Salini avrebbe formalizzato in Comune la volontà di rientrare all’interno delle previsioni del Piano Regolatore che, nel 2008, aveva riconosciuto ufficialmente il programma si sviluppo urbanistico.
Nel frattempo, mentre il Politecnico di Torino procede nell’esame della viabilità con una costante interazione con il Campidoglio, filtrano aggiornamenti sullo stato dell’iter del progetto Stadio vero e proprio. Il lavoro degli uffici capitolini dell’Urbanistica sulle osservazioni presentate alla variante urbanistica è praticamente concluso e, confermando quanto già Il Tempo aveva anticipato nei mesi scorsi, l’orientamento è quello di utilizzare il verbale della Conferenza di Servizi per le risposte dell’Amministrazione. In sostanza, anche in considerazione del tipo di osservazioni presentate che sono più sul progetto e uguali a quelle presentate in Conferenza che sulla variante urbanistica vera e propria, il Comune finirà per rigettarle tutte adducendo come motivazione quanto deciso dalla Conferenza stessa. Chiaramente la parola finale spetterà al Consiglio comunale ma difficilmente i consiglieri, su un tema così complesso e delicato, si discosteranno dalle indicazioni fornite dagli uffici stessi. 

sabato 24 novembre 2018

ECCO IL BANDO PER LA QUOTA AI PRIVATI DEL TRASPORTO PUBBLICO


Due anni di ritardo con l’ultima proroga che scadeva questo mese e finalmente il Campidoglio ha pubblicato il nuovo bando per l’affidamento della quota di trasporto pubblico al privato. A oggi questo servizio è gestito da Roma Tpl, un consorzio nel quale sono partner Umbria Mobilità, Marozzi e Cotri, che, nel 2010 sottoscrisse il contratto con il Comune per gestire inizialmente 28 milioni di vetture/km annui con un incremento per ogni anno successivo di 250mila vetture/km. Il contratto scadeva il 31 maggio 2018 ma l’Amministrazione 5Stelle non è stata in grado di preparare un nuovo bando per tempo utile - a luglio 2017 venne pubblicato un Avviso sulla Gazzetta Ufficiale poi rettificato una prima volta 8 giorni dopo la pubblicazione, poi una seconda a inizio agosto e addirittura una terza a fine settembre 2017 - e, così, una prima proroga fino a settembre, poi un’altra fino a novembre e, finalmente, ora arriva il nuovo bando europeo. 
La novità sostanziale è che si passa da un unico lotto a due con la possibilità per i concorrenti di presentare domanda per entrambi i lotti potendosene, però, aggiudicare uno solo. Il valore totale dell’appalto è di 1 miliardo 512milioni e 528mila euro con una durata di 8 anni per 103 linee in totale pari a poco meno di 30milioni di vetture/km/anno. 
Il primo lotto, per un totale di 828milioni e spicci, prevede di affidare il “servizio di trasporto pubblico locale su gomma nel territorio periferico per un ammontare di 16milioni di vetture/km/annui”. Sono 54 linee bus sparse per la periferia romana - capilinea a Ponte Mammolo, Anagnina, Grotte Celoni, Tor Vergata, Agricoltura, Ponte di Nona e via dicendo - da effettuare 10 con vetture corte da 9 metri e le altre con quelle da 12 metri. La previsione è che chi vinca dovrà avere 261 veicoli (19 corti e 242 normali), scorte comprese. Il valore di questo lotto è di poco inferiore agli 828milioni e mezzo di euro.
Per il lotto due, invece, si tratta di 13milioni e 715mila vetture/km/anno per un controvalore appena superiore ai 684milioni di euro suddivisi su 49 linee: 23 dovranno essere servite con vetture da 12 metri e le altre con quelle da 9. Qui, il totale dei veicoli che il vincitore dovrà assicurare è 208 vetture, 132 normali e 76 corti, sempre scorte comprese-  Anche qui, parliamo di linee molto periferiche: Grottarossa, Saxa Rubra, Pineta Sacchetti Agricoltura, Lido, Cecchignola, La Storta e così via. 
Per entrambi i lotti, il termine per presentare le offerte scade il prossimo 18 marzo: 4 mesi solamente. 
Per ogni linea messa a bando il Comune ha indicato le caratteristiche del percorso da compiere, il numero di fermate da fare e il quantitativo minimo di corse da effettuare. Chi vincerà ciascun appalto dovrà dotarsi di un sistema automatico di monitoraggio delle vetture da installare su ogni autobus che dovrà anche essere dotato di impianto di videosorveglianza in grado di inviare in tempo reale le immagini alla centrale operativa. Inoltre, il futuro gestore dovrà rilevare e comunicare in Campidoglio lo stato del servizio ogni giorno alle 9, alle 13, alle 17 e alle 21 
Ad ogni futuro gestore il Comune riconosce un compenso a km pari a 4,17 euro per il primo lotto e a 4,07 per il secondo. Spetterà ad Atac installare a bordo delle vetture le obliteratrici per i biglietti mentre i gestori dovranno anche assicurare la presenza di ausiliari del traffico per controllare, su indicazione del Comune, le corsie preferenziali da presidiare e controllare. 
Sono previste anche sanzioni per scarsa qualità del servizio erogato ma, visto il precedente con Roma Tpl, questo appare più un pro forma che una possibilità concreta.  

"PUZZA DI RIFIUTI, IL TMB AMA SALARIA DEVE CHIUDERE"


L’obiettivo, almeno per il presidente del III Municipio Montesacro, Giovanni Caudo, è chiudere l’impianto di Trattamento meccanico-biologico (Tmb) Ama di via Salaria. Per questo, martedì prossimo, si riunirà per la prima volta la cabina di regia, chiesta proprio da Caudo, cui parteciperanno gli uffici dell’Assessorato comunale l’Ambiente, quello di Pinuccia Montanari, Ama e la Regione. 
L’annuncio lo ha dato lo stesso Caudo durante un improvvisato incontro sotto il Campidoglio con la stampa. Nell’occasione, il Presidente del III Municipio ha illustrato i dettagli della relazione dell’Agenzia Regionale di Protezione Ambientala (Arpa) che ha evidenziato tutti i malfunzionamenti dell’impianto di via Salaria e la mancata osservanza delle prescrizioni contenute nell’autorizzazione per il funzionamento dell’impianto. 
L’assessora Montanari ha convocato la cabina di regia per martedì nel suo ufficio e chiederemo che questo luogo accompagni la dismissione dell’impianto, anche alla luce della relazione dell’Arpa”, ha detto Caudo che ha aggiunto: “Mi preoccupo se l’esito di questo documento è che spendiamo 20 milioni per fare funzionare meglio un Tmb a 100 metri dall’asilo nido”. 
Secondo i dati Ama, però, il Tmb Salario continuerà a funzionare anche per tutto il 2019 (e forse oltre) addirittura incrementando le quantità di rifiuti oggi trattate.
Se ai cittadini martedì venisse detto ‘partiamo con un processo che va verso la dismissione dell’impianto, che invece di essere l’1 gennaio sarà il 6 marzo’, nessuno avrebbe da ridire. Il tema è quando partiamo. Perché dire che si chiude e invece contemporaneamente aumentano il conferimento, i cattivi odori, l’impianto è gestito male ed è una discarica di fatto, allora ci prendiamo in giro. Fino a quando ci sarà un posto in cui posso buttare tutti i rifiuti che voglio e come voglio, non avrò mai un ciclo dei rifiuti degno di una Capitale”. 
Per Caudo quella del Tmb Salario è oramai una “vera e propria emergenza ambientale” ed è necessario “che le commissioni Ambiente di Camera e Senato si occupino di questa questione e la magistratura possa valutare le conseguenze di quanto riportato nella relazione” dell’Arpa. 
Il documento in questione è stato predisposto dall’Agenzia regionale in vista della Conferenza di Servizi che dovrà decidere sulla revisione dell’autorizzazione ambientale dell’impianto.
E i tecnici sono molto espliciti: “i rifiuti trattati non sono stabilizzati”, “mantengono ancora alti livelli di putrescibilità, causa di impatto sull’ambiente circostante”; “l’impianto presenta rilevanti criticità che riguardano le modalità e l’efficacia dei trattamenti effettuati”, “i rifiuti non hanno le caratteristiche qualitative e quantitative previste dall’atto autorizzativo”; “nella documentazione tecnica non vengono fornite indicazioni riguardanti le modalità di gestione degli stoccaggi adottate per gli scarti di raffinazione” che sono “rilevanti, ai fini della problematica degli odori molesti prodotti dall’installazione”. Infine, “l’impianto pur lavorando ampiamente sotto soglia (circa 450 tonnellate sulle 750 autorizzate, ndr) non risulta in grado di produrre, con riferimento alla frazione organica stabilizzata, un rifiuto conforme a quanto previsto dall’atto autorizzativo e quanto previsto dai criteri di ammissibilità dei rifiuti in discarica”.
Insomma, secondo la relazione Arpa, l’impianto Tmb dell’Ama di via Salaria lavora poco, male e produce rifiuti di fatto non rispondenti alle autorizzazioni con la conseguenza olfattiva mortifera che, chiunque passi anche solo in macchina lungo la Salaria, percepisce distintamente.

giovedì 22 novembre 2018

GIORGETTI-MALAGÒ, SEGNALI DI DISGELO


Dopo lo scontro feroce delle scorse settimane, ora, fra Coni e Governo, è un momento di tregua e messaggi se non distensivi, quanto meno diretti al dialogo. 
A Reggio Calabria si è tenuta ieri la Giunta del Coni che ha deciso l’ammontare degli stanziamenti per il 2019 alle Federazioni Sportive nazionali. Forse l’ultima volta se la riforma che il Governo ha in animo di portare avanti e che è inserita nella legge finanziaria in discussione in Parlamento dovesse passare così com’è. Per inciso, per il 2019 ogni Federazione riceverà, per la parte sportiva, lo stesso ammontare che aveva ricevuto nel 2018. 
Due le novità: la prima, Giovanni Malagò che si dice pronto ad incontrare il sottosegretario con delega allo Sport, il legista Giancarlo Giorgetti, che ha incontrato, seconda, il presidente della Federazione Scherma, Giorgio Scarso, il più “politico” forse fra i presidenti federali che guida, per giunta, la Federazione “cassaforte” delle medaglie olimpiche azzurre.
Una nota di Federscherma racconta l’incontro fra Scarso e Giorgetti: “è fondamentale passare a un processo di necessario confronto, anche ampio, che permetta al mondo dello sport di conoscere, comprendere ed essere co-protagonista di un progetto di riforma che coinvolgerà tutti”. 
Scarso ha rimarcato a Giorgetti “le preoccupazioni del mondo della scherma e dell’intero movimento sportivo italiano circa un intervento di riforma che lo sport azzurro, ad oggi, non conosce appieno e che, anche per questa ragione, viene visto come un provvedimento che arriva dall’alto e non figlio di una concertazione né col Coni e né con tutti i soggetti coinvolti”.
A latere della Giunta Coni - dove è intervenuto per relazionare sia sul tema della riforma Coni e dei rapporti col Governo sia per quanto riguarda la candidatura sempre più solida di Milano e Cortina a sede ospitante dei Giochi Olimpici invernali 2026 - Malagò, rispondendo ai giornalisti che gli domandavano di Giorgetti, ha risposto: “Se vedrò Giorgetti nei prossimi giorni? Penso proprio di sì. Mi sembra che negli ultimi giorni c’è stata la volontà delle parti di ascoltare e ovviamente di condividere un percorso ed anche una legge. E con la parola condividere dico tutto. Non si chiede niente di più e di diverso. Io non posso che espletare il mandato che mi è stato conferito dal consiglio nazionale”. 
E stempera i toni, Malagò, anche sulla frecciata che Giorgetti aveva lanciato sui vertici Coni (“se guardate le prime cariche del Coni, sono tutte persone che appartengono al Circolo Aniene (quello di Malagò, ndr). Sarà un caso, saranno bravi, ma magari c’è gente competente anche a Forlì…”): “Non voglio proprio fare polemiche, continuano a cercare disperatamente di provocarmi e di mettermi delle frasi e parole mai dette. Non c’è nulla da dire, nulla da commentare, salvo che gli organi del Coni sono elettivi, il Consiglio Nazionale è fatto da 76 persone, sono eletti da 12 milioni di italiani. Ci sono tre soci dell'Aniene, la Giunta è fatta da 22 persone ed è elettiva, in rappresentanza di questi 12 milioni di persone. Ce ne sono 2, non voglio assolutamente fare ulteriori considerazioni”. 
E sul rapporto con Giorgetti e il Governo: “Ci sono state indicazioni che ho avuto dal Sottosegretario a dimostrazione che c'è stata grande disponibilità a lavorare senza creare litigi o fratture - ha detto Malagò - c’è pieno rispetto della volontà di non essere minimamente in guerra con il Governo sulla base del fatto che nel prossimo bilancio i contributi 2019 rimarranno al Coni. Visto che nel 2019 c’è stata riconosciuta non solo la facoltà ma il diritto-dovere di essere noi gli assegnatari dei contributi, non abbiamo voluto dare interpretazioni che potessero essere considerate un'eccessiva forma di potere, nel rispetto pieno della collaborazione”. Insomma, caute e circospette manovre di avvicinamento. 


"SIMIONI IN ANAS? PREMIO ALL'INEFFICIENZA"


In Campidoglio, lato Giunta e maggioranza grillina, e in Atac silenzio assoluto, nessuno commenta l’indiscrezione - anticipata ieri da Il Tempo - di un possibile addio di Paolo Simioni, attuale ad di Atac, il quale, su indicazione diretta di Davide Casaleggio, andrebbe ad occupare analogo posto in Anas.
Un’operazione che sarebbe, per giunta, condotta senza che il sindaco di Roma, Virginia Raggi, fosse a conoscenza di questa eventualità. Dettagli che, però, non sono sfuggiti alle opposizioni in Aula Giulio Cesare. 
Simioni - dice la rappresentanza in Consiglio comunale del Partito Democratico - uomo di ferro della maggioranza grillina, abbandona la nave che affonda e approda su spiagge più sicure. Una promozione per meriti, non c'è che dire, basta guardare la stellata situazione finanziaria di Atac. 'Merito e trasparenza', sbandierano i Cinque stelle: non si può certo dire che alle parole corrispondano azioni conseguenti”.
Simioni, infatti, andrebbe a mollare Atac di qui a una settimana: il 27 novembre si riunirà l’assemblea dei soci di Anas che dovrà nominare i nuovi 5 membri del Consiglio di Amministrazione. Se fra quei cinque dovesse essere incluso anche il nome di Simioni, è probabile che egli salga dritto dritto al ruolo di Amministratore delegato
Il tutto avverrebbe 22 giorni prima che della fondamentale riunione dell’assemblea dei creditori di Atac (19 dicembre) che deve decidere se approvare o meno il piano del concordato fallimentare predisposto proprio sotto Simioni. Un’assemblea il cui esito determinerà comunque il destino della municipalizzata dei trasporti: bocciando il concordato, si andrebbe al fallimento. Approvandolo, la strada sarebbe comunque segnata verso uno scaglionamento sul lunghissimo periodo dei pagamenti.
Questa è la meritocrazia a 5 stelle - afferma Davide Bordoni, Forza Italia - chi dimostra di non saper fare viene premiato. È già accaduto lo stesso con l’Eur dove la Casaleggio ha spedito da Torino un candidato grillino trombato alle elezioni. Adesso si vuol mandare in Anas un amministratore che, chiacchiere a parte, in Atac ha fatto poco o niente”.
Simioni è arrivato a Roma durante l’estate dello scorso anno dopo che ben due bouquet di dirigenza Atac - amministratore unico e direttore generale - erano saltati. A guidare l’azienda di via Prenestina lo aveva chiamato, con la benedizione sia di Davide Casaleggio che di Beppe Grillo, quel Massimo Colomban, assessore al riordino delle Partecipate, uscito dalla Giunta Raggi proprio a causa della scelta dell’Amministrazione di optare per il concordato preventivo su Atac in luogo della ricerca di nuovi partner come Ferrovie dello Stato avanzata dall’ex Assessore. 
Qui si finisce per premiare chi porta i libri contabili in Tribunale - afferma il capogruppo di Fratelli d’Italia, Andrea De Priamo - Simioni è l’uomo di punta di Casaleggio e, se è vera l’operazione, è grave il fatto che il Sindaco possa esserne stato tenuto all’oscuro. Di fatto, si sta dimostrando la carenza di manager del mondo 5Stelle che, vedi il caso Lanzalone, è costretto a riciclare una volta qui, una lì sempre le stesse persone”.
Come già l’arrivo di Simioni aveva evidenziato quanto poco fossero nelle mani del Sindaco le decisioni sui manager e gli assessori, così anche la sua eventuale uscita, decisa dalla Casaleggio, conferma come il centro decisionale non sia a Palazzo Senatorio. 
Anche la Lega non appare certo soddisfatta di questa possibile uscita: “Stanno già fallendo in Atac - tuona Maurizio Politi, consigliere comunale salviniano - e sarebbe assurdo ora spostare Simioni in Anas. Vogliamo forse fare il bis anche lì? Questa operazione si giustifica solo con una logica di occupazione di poltrone e potere e certo non con necessità aziendali”. 

martedì 20 novembre 2018

STADIO 1/ PALLOTTA SCATENATO, LO STADIO SE LO FA LUI



Novanta milioni di euro: questa è la cifra che James Pallotta, presidente della As Roma, sarebbe pronto a pagare per rilevare le quote di Eurnova del progetto Stadio di Tor di Valle. Negli ultimi giorni ci sarebbe stata una fortissima accelerazione nelle trattative che sembrano vicine a un puto di svolta. Ufficialmente non ci sono dichiarazioni: le bocche sono cucite e ai piani nobili della As Roma la questione Stadio si affronta con serenità e attesa. Dietro le quinte, però, iniziano a chiarirsi le condizioni per le quali la società giallorossa potrebbe subentrare a Eurnova, i tempi e i costi dell’operazione.

IL PREZZO
Dalle intercettazioni diffuse dopo l’arresto di Parnasi, era emerso che l’immobiliarista stava trattando la cessione di tutto il pacchetto alla Dea Capital (società di gestione del risparmio del Gruppo De Agostini) per 200 milioni di euro. Una cifra consistente ma in cui vi confluivano il progetto Stadio, i terreni di Tor di Valle più altre iniziative immobiliari di Eurnova. 
Le trattative fra Pallotta e Eurnova si starebbero - condizionale d’obbligo - orientando sui 90 milioni di euro, meno della metà di quanto prospettato con Dea Capital ma decisamente di più del valore del solo terreno che soffre forti oscillazioni: vendere, magari sotto la pressione di eventi esterni, prima della conclusione dell’iter, infatti, comporterebbe un prezzo di una ventina di milioni di euro. Praticamente il saldo dei terreni alla Sais di Gaetano Papalia cui restano da ricevere (tecnicamente vanno al curatore fallimentare) 16 milioni al completamento dell’iter di variante e convenzione più altri 7 a saldo del prezzo pattuito con Parnasi (19 milioni già pagati su 42 totali dei quali 16, appunto, vincolati al perfezionamento dell’iter di valorizzazione). 

LA STADIO TDV SPA
Non sarebbe, però, la As Roma a rilevare le quote e i terreni da Eurnova ma lo farebbe direttamente la Stadio TdV SpA, la società, con sede a Milano in via Montenapoleone, creata apposta per occuparsi del dossier. La società è controllata direttamente dal patron giallorosso, James Pallotta, ma non è fra gli asset di diretta dipendenza del club. In questo modo, la As Roma rimarrebbe al riparo dalle fluttuazioni legate all’andamento del progetto. 

I TEMPI
Se le trattative andranno a buon fine, difficilmente si potrà avere una conclusione prima di tre settimane. Il che, quindi, darebbe il tempo anche al Campidoglio di ricevere dal Politecnico di Torino la relazione preliminare sulla due diligence sul traffico che il sindaco di Roma, Virginia Raggi, ha voluto dopo la diffusione di un’intercettazione di Parnasi che, dialogando con uno dei suoi collaboratori, lo esortava a non far cenno del problema traffico conseguente al taglio delle opere pubbliche voluto proprio dall’Amministrazione 5Stelle per poter incassare il taglio delle tre torri di Libeskind.

LE PROSSIME TAPPE
Nel momento in cui dovesse essere ufficializzato il passaggio sotto il controllo di Pallotta delle quote di Eurnova del progetto Stadio e dei terreni di Tor di Valle, sarà necessario vedere anche la reazione del Campidoglio che, però, dovrebbe essere ben felice di proseguire il lavoro. Il primo elemento da chiarire sarà che Pallotta acquisterà direttamente la società Eurnova o se si limiterà a rilevare le sue quote del progetto. 
In entrambi i casi, il secondo passaggio sarà quello di identificare un nuovo sviluppatore: sia se Eurnova fosse semplicemente assorbita da Stadio TdV Spa sia se quest’ultima acquistasse solo le quote e i terreni, per Pallotta si aprirà la necessità di trovare un nuovo partner in grado di completare gli ultimi step rimasti. 
Questo significa trovare qualcuno in grado di gestire la redazione, pubblicazione e gestione delle gare europee per le opere pubbliche; predisporre, in cooperazione con la Soprintendenza statale, la campagna di scavi archeologici; effettuare le bonifiche dell’intera area da ordigni bellici, amianto, rifiuti. 
Per archeologia e bonifiche si tratta di operazioni preliminari all’avvio dei cantieri. Preliminari e obbligatorie che possono richiedere, soprattutto gli scavi archeologici, svariate settimane per essere eseguiti. Per questo l’obiettivo è quello di far effettuare questi lavori nel tempo necessario per pubblicare e poi aggiudicare le gare d’appalto europee. 

POSSIBILE APERTURA DEI CANTIERI A FINE 2019
Se effettivamente fra febbraio e marzo si votassero variante e convenzione, occorrerebbero poi 4 o 5 settimane per il check finale sulle carte e la delibera di Giunta Regionale che chiude l’iter. Sei/otto mesi per le gare europee e, al netto di potenziali ricorsi, cantieri apribili per fine 2019.



STADIO 2/ IL MIGLIOR ALLEATO ORA È LA RAGGI


Il miglior alleato del progetto Stadio della Roma è, paradossalmente, Virginia Raggi. O, meglio, la sua debolezza e il fallimento di questi primi 28 mesi di governo. La necessità per il Sindaco e la sua maggioranza è quella di riuscire finalmente a portare a casa un risultato tangibile e visibile: e nulla come la prima pietra dello Stadio potrebbe contribuire a risollevare le meste sorti di questa Amministrazione che annega fra i rifiuti e il degrado.
Per la Raggi il problema - chiusa la parentesi dei suoi guai giudiziari della vicenda Raffaele Marra con l’assoluzione “perché il fatto non costituisce reato” - ora sta in Consiglio comunale. Fra i suoi consiglieri. 
Fino a qualche settimana fa i mal di pancia sullo stadio erano non meno di 5, più probabilmente sette. Cinque/sette consiglieri che le avevano chiaramente detto di non portare in Aula per il voto la variante e la convenzione perché avrebbe rischiato non tanto un voto contrario - non è prassi in nessun partito e i 5Stelle non fanno eccezione, che su provvedimenti di tale rilievo ci sia espressione di dissenso con il voto contrario - quanto piuttosto di non avere il numero legale in Consiglio. 
Il tema è che non pochi fra i grillini che siedono in Aula Giulio Cesare il progetto, anche nella versione rivisitata con il taglio delle opere pubbliche studiato per poter tagliare cubature e, quindi, eliminare le torri di Libeskind, è visto come un favore ai costruttori, una specie di regalo. L’anima 5Stelle del “no” a qualunque opera, pubblica o privata che sia, emerge in tutta la sua forza su questo progetto. 
Per questo, dopo aver ordinato una due diligence agli uffici comunali su tutti gli atti emanati dal Campidoglio nel corso di tutti gli anni di valutazione del progetto - un atto piuttosto inutile visto che la valutazione sulla congruità degli atti viene richiesta a quegli stessi uffici che li hanno emanati - la Raggi ha sentito l’urgenza di rivolgersi anche al Politecnico di Torino per verificare il problema traffico. 
Il contratto siglato dal Dipartimento Mobilità con il Politecnico, però, è talmente risicato che vieta espressamente all’Ateneo qualunque simulazione e, perfino, qualunque raffronto con altre ipotesi progettuali lasciando ai professori solo il compito di rifare quanto già protocollato da Eurnova su indicazione del Comune e con dati di partenza e software forniti dal Comune stesso. Insomma, un bollino blu e basta. Un bollino blu sul quale il Comune ha anche steso una specie di segreto a metà fra quello di Stato e quello industriale per cui sarà proprio il Campidoglio a far sapere al mondo l’esito dello studio del Politecnico che arriverà in forma preliminare entro il 9 dicembre e in relazione definitiva entro il 9 gennaio. Un bollino blu, però, che consentirà alla Raggi di tacitare i più riottosi fra i suoi e riportarli in Aula a votare variante e convenzione, probabilmente fra febbraio e marzo 2019. 


STADIO 3/ SEI ANNI TRA DUBBI, RALLENTAMENTI, BUROCRAZIA


La partenza data dal lontano 15 marzio 2012, in Campidoglio sedeva ancora Gianni Alemanno: alla guida della As Roma c’era ancora Thomas DiBenedetto. E fu lui a dare l’incarico alla società Cushman & Wakefield di trovare l’area dove progettare la realizzazione dello Stadio. Tor di Valle fa il suo ingresso il 30 dicembre 2012 con l’accordo fra Pallotta - subentrato il 28 agosto a DiBenedetto alla guida della As Roma - e il costruttore Luca Parnasi che, nel 2013 a fine giugno, chiude l’accordo definitivo con la Sais di Gaetano Papalia, proprietaria dei terreni e dell’ippodromo. 

IGNAZIO MARINO SINDACO
Nel frattempo in Campidoglio è arrivato Ignazio Marino ma occorrerà attendere fino a dicembre 2013, con l’approvazione della legge finanziaria che contiene i famosi tre commi passati alla storia come “legge Stadi”, perché il progetto prenda corpo.
Il 29 maggio 2014 Eurnova deposita ufficialmente il progetto. A fine luglio il Comune apre la Conferenza di servizi preliminare e, il 4 settembre 2014 la Giunta Marino adotta la delibera di pubblica utilità che inizia il suo iter di approvazione andando nelle Commissioni e ai Municipi per arrivare, il 22 dicembre all’approvazione finale in Aula Giulio Cesare.
A giugno 2015 arriva negli uffici comunali una bozza del progetto definitivo che viene rispedita al mittente con 101 prescrizioni. Il 31 ottobre Marino viene sfiduciato con le dimissioni della maggioranza dei consiglieri comunali. 

IL PREFETTO TRONCA
E arriva il prefetto Francesco Paolo Tronca come commissario. Rimarrà in carica fino all’elezione di Virginia Raggi, il 22 giugno. Formalmente è lui però a ricevere il progetto definitivo che viene depositato il 31 maggio 2016.

VIRGINIA RAGGI SINDACO
Sale la Raggi in Campidoglio portandosi appresso Paolo Berdini come assessore all’Urbanistica. Presentato dalla stessa Raggi come “nemico dei palazzinari”, Berdini è soprattutto nemico giurato del progetto che si trova sul tavolo. Appena insediato (7 luglio) Berdini fa eseguire un check su ogni aspetto del progetto ma, nonostante alcune sbavature contenute in una relazione del Dipartimento Urbanistica che avrebbero potuto giustificare un nuovo rinvio al mittente, l’Assessore decide, il 29 agosto, di inviare il progetto in Regione per l’apertura della Conferenza di Servizi decisoria che viene convocata il 12 settembre 2016.
Il 16 settembre la Giunta Raggi approva la “Memoria Berdini” sullo Stadio che contiene tutti gli step da compiere per giungere all’approvazione finale. Non ne sarà fatto neanche uno. 

LA PRIMA CONFERENZA DI SERVIZI
A inizio novembre cominciano le sedute della Conferenza di Servizi che andrà avanti a singhiozzo scavallando le dimissioni di Berdini da assessore (15 febbraio 2017), cacciato dalla Raggi dopo una sciagurata intervista, e la richiesta di apposizione del vincolo sulle tribune avanzata dalla soprintendente Margherita Eichberg (15 febbraio). Mancando, però, l’approvazione della variante urbanistica in Campidoglio (uno degli atti previsti dalla Memoria Berdini), la Conferenza si chiude il 5 aprile bocciando il progetto. 

IL NUOVO ACCORDO ROMA-CAMPIDOGLIO
Nel frattempo, però, il 24 febbraio la Roma, Parnasi e la Raggi chiudono, con la mediazione dell’avvocato Luca Lanzalone, un nuovo accordo: via alcune opere pubbliche (Ponte di Traiano e soldi per la metro) per tagliare le torri di Libeskind. Si apre l’iter in Campidoglio per questo nuovo accordo che termina con la nuova delibera di pubblico interesse approvata il 14 giugno 2017. Il giorno dopo viene archiviato anche il vincolo Eichberg. 
Si riparte con la seconda Conferenza di Servizi che la Regione convoca il 15 settembre e che si concluderà il 5 dicembre con il via libera con prescrizioni.

L’ARRESTO DI PARNASI
Il 12 aprile 2018 in Campidoglio parte l’iter per l’approvazione della variante urbanistica che, però, si arresta poco prima del voto: il 13 giugno il Giudice per le Indagini preliminari, su richiesta della Procura di Roma, ordina l’arresto di Luca Parnasi, cinque suoi collaboratori, di Luca Lanzalone e di altri politici. Il progetto si ferma e ripartirà solo a fine settembre. 


domenica 18 novembre 2018

I GRILLINI CHIEDONO AL GOVERNO ALTRI 400 MILIONI PER ROMA


Sarà interessante vedere come il ministro dell’Economia, Giovanni Tria, riuscirà a far rimanere invariati i saldi della manovra economica e a mantenere un minimo di confronto (e non di scontro) con Bruxelles. Ancora non siamo arrivati al dibattito in Aula, ma già sul corpo della manovra si aggirano emendamenti squali: l’ultimo è quello, tutto interno ai 5Stelle, che chiede di stanziare un totale di quasi 400 milioni di euro per la disastrata Capitale. Si tratta di una domanda di fondi divisa in tre parti: la prima, per 55 milioni di euro da destinare al completamento della progettazione della metro C. Cui aggiungere la seconda per altri 90 milioni da destinare alla manutenzione delle linee A e B. E, infine, terza parte, un ulteriore stanziamento di 250 milioni da destinare alle buche e al verde pubblico capitolino.
Questi ultimi 250 milioni, però, da dividere in cinque anni, quindi 50 milioni l’anno. Una cifra che è meno del 10% di ciò che l’Acer stima necessario come fondo annuale da destinare al solo problema buche. Almeno, da destinare alle buche se il tema lo si vuole affrontare con interventi profondi e radicali. E, invece, nell’immaginario grillino con questi 50 milioni si dovrebbero coprire anche i costi per gli interventi sul verde pubblico. 
Per quanto riguarda la revisione del progetto della Metro C, al di là del necessario stanziamento di fondi, c’è ancora da sciogliere il nodo di cosa fare delle talpe che stanno scavando i tunnel. A gennaio 2019 dovrebbe essere completato il solaio di copertura della stazione Colosseo il che, quindi, consentirà di iniziare lo scavo dei livelli interrati, mentre proseguono anche le indagini archeologiche preventive preliminari alla costruzione del corridoio che collegherà a Colosseo la B e la C. Le talpe, invece, hanno oramai raggiunto Amba Aradam e a breve inizieranno lo scavo dei tunnel verso Colosseo e i Fori Imperiali
Il problema è cosa farne dopo. A luglio dello scorso anno, in un sussulto di lungimiranza, la Giunta Raggi ha archiviato l’idea scellerata di fermare la C a Colosseo. Ma, da allora, è calato il silenzio. Nessuna valutazione ufficialmente espressa sui due progetti presentati da Metro C per la stazione di Piazza Venezia, nessuna notizia su come dovrebbe essere costruita la tratta da Venezia a Clodio (T2). E, quindi, nessuna decisione su dove “parcheggiare” le talpe intanto che la tartaruga comunale si muova e decida. Perché se, come fino a oggi deciso, le talpe fossero lasciate sotto il Foro di Traiano, occorrerebbe un notevole sforzo ingegneristico ed economico per poter poi raggiungere piazza Venezia. “Un extra costo quantificabile in almeno 80 milioni di euro - sostiene il portavoce del Comitato MetroXRoma, Andrea Biancucci - pari cioè al costo di una intera stazione della metro C e almeno dieci volte superiore alla semplice prosecuzione delle talpe”.
Per questo, insieme al chiedere soldi al Governo attraverso gli emendamenti amici, sarebbe il caso che il Campidoglio prendesse quanto meno la decisione di far giungere le talpe e, quindi, le gallerie, direttamente a piazza Venezia. In attesa, ovviamente, che l’impalpabile guida comunale decida come costruire da Venezia a Clodio. 
Da ultimo, ancora non sono arrivati i 425 milioni di euro già promessi dal Governo per ammodernare le linee A e B della metro di Roma su cui era stato lanciato l’allarme (inascoltato) dall’ex ad di Roma Metropolitane, Pasquale Cialdini, ma qui ci si avvantaggia chiedendone altri 90. Aspettiamo con ansia i saldi del ministro Tria. 

SOSTA A PAGAMENTO PER I RESIDENTI, È RIVOLTA

Inizia a montare sui social la polemica sull’eventualità che il Campidoglio rimuova l’esenzione per i residenti alla sosta gratuita per le auto lungo le principali arterie dello shopping romano. 
Secondo quanto pubblicato sulla propria pagina facebook dal presidente della Commissione Mobilità, Enrico Stefàno (M5S), già a Natale in via sperimentale si potrebbe cancellare questa esenzione per i residenti nei giorni feriali e orari diurni (“dalle 10 alle 18 o 19”) in zone come “viale Libia, via Cola di Rienzo o viale Trastevere” mentre “nelle vie limitrofe, parallele, tangenziali, continueranno ad essere mantenute le attuali esenzioni”. Piano piano, però, al diffondersi della notizia iniziano le prime proteste sulla rete: sulla pagina facebook “Prati in Azione” l’iniziativa è già stata bollata come “un’altra brillante idea per pescare nelle tasche dei cittadini”: “per incentivare il commercio, invece di migliorare il trasporto pubblico, si penalizzano i residenti che da qualche parte la propria auto dovranno pur metterla” e “in certe zone non esistono garage nelle proprie palazzine”. Insomma, al netto dei potenziali vizi di illegittimità, sarà dura per il Campidoglio far digerire un provvedimento simile. 

LA RAGGI SCENDE IN PIAZZA PER VIRGINIA



L’appuntamento è oggi, dalle 16 alle 20 e il sindaco di Roma, Virginia Raggi, scenderà in piazza fra i suoi sostenitori. Che, stando quanto meno alla pagina facebook, “#sempreconvirginia”, dove si sono organizzati per darsi appuntamento, a partecipare saranno ben 642 (però tre sono l’assessore allo Sport, Daniele Frongia, e il presidente del Consiglio comunale, Marcello De Vito, e il consigliere Pietro Calabrese), anche se le “persone interessate” sono 1418.
Interessante il cartello delle “cose fatte da Virginia Raggi e dalla Giunta capitolina” che viene innalzato sulla pagina: un misto di informazioni parziali (Atac, Tiberis, assunzioni, bonifica Campo Testaccio), propaganda pura e semplice priva di riscontri (sblocco cantieri, il “no toppe” sulle strade) e tutt’al più buone intenzioni (bandi, avviamento di bonifiche e adeguamenti). 
Assoltaperché il fatto non costituisce reato” e fallito, per mancanza di quorum, il referendum sulla liberalizzazione del servizio di trasporto pubblico cittadino, la Raggi tenta di passare all’incasso, quasi che quanto avvenuto la scorsa settimana fra sabato e domenica sia una sorta di lavacro penitenziale dei suoi 28 mesi di non governo cittadino cui dovrebbe seguire una nuova luna di miele con i romani. 
Senza scomodare tragici esempi della storia sulla sponda del Mediterraneo o nell’Europa balcanica, di leader (o ex leader) che nella difficoltà hanno tentato la carta delle kermesse di piazza per rinsaldare i legami con i loro popoli, non può però non tornare alla mente lo spettacolo dell’ultimo sindaco di Roma, sceso fra i suoi fan, proprio in piazza del Campidoglio. 
Tre anni e 24 giorni, tanti separano le due manifestazioni: era il 25 ottobre per Marino. È il 17 novembre per la Raggi cui sarà difficile sfuggire al raffronto con la piazza stracolma della manifestazione di #Romadicebasta del 27 ottobre scorso. 
Marino aveva annunciato le sue dimissioni l’8 ottobre ed era, quindi, alla vigilia della scadenza dei 20 giorni a sua disposizione per ripensarci. E in quell’assolato pomeriggio in piazza c’erano 1500 persone (più o meno) con un lunghissimo elenco di 53mila firme, fogli legati con lo scotch, a sostegno. E si vedevano alcuni mariniani indossare grandi lettere usate per comporre la parola “legalità”, si innalzavano manifesti con su scritto “Co’ Marino nun se magna È finita la cuccagna”, “Daje più forte”, “Io sto con Marino”, “Grazie Marziano”, “Noi con Marino, voi col padrino”, “il sindaco dell’onestà”, “famoli rosica’”, “Marino la Roma onesta è con te”. 
E lui, oramai agli sgoccioli della sua esperienza, dal microfono “Mi chiedete di ripensarci, io ci penso e non vi deluderò. Questa piazza mi dà il coraggio di andare avanti”. E, infatti, quattro giorni dopo, con l’ennesima giravolta, Marino decise di ritirare le dimissioni, obbligando il Pd romano ad andare, insieme a pezzi dell’opposizione, dal notaio a dimettersi in blocco. Un duello, quello fra i Dem e il “loro” sindaco che ha finito per spazzar via la carriera politica di quest’ultimo e disintegrare (o quasi) il partito nella capitale. 

sabato 10 novembre 2018

STADIO; CHE SUCCEDE SE RAGGI SALTA


Continuate a chiedermi a turno che succede se la Raggi dovesse saltare.
L’ho già scritto a fine ottobre in un articolo, ripetuto in radio e più volte twittato.
Lo scrivo qui e lo fisso (salvo toglierlo appena giungerà la notizia dell’esito del procedimento giudiziario che vede il Sindaco imputato).

Se effettivamente la Raggi si dimette e le dimissioni divengono effettive per legge si va alla nomina di un Commissario straordinario. Esattamente quanto accadde quando saltò Ignazio Marino e venne nominato Francesco Paolo Tronca. Al Commissario, per legge, sono attribuiti i poteri della Giunta e del Consiglio. Quindi, essendo l’urbanistica materia di consiglio, tutti gli atti inerenti possono essere approvati dal Commissario con i poteri del Consiglio comunale.
Questo significa che è facoltà del Commissario adottare tanto la variante quanto la convenzione urbanistica sullo Stadio della Roma. 

Può farlo perché tanto l’una, la variante, quanto l’altra, la convenzione, sono atti dovuti che discendono dagli esiti della Conferenza di Servizi decisoria cui ha preso parte il rappresentante del Campidoglio a seguito di una doppia delibera dell’Assemblea capitolina, quella Marino del 2014, e quella Raggi del 2017 (sono quelle sul pubblico interesse all’opera) in cui la seconda integra e modifica, ma non abroga, la prima. 
Che “sia facoltà” non vuol dire automaticamente che lo farà.

     Lo farà se:
  1. I due testi fossero pronti nel periodo di carica del Commissario. Possibilmente, verso l’inizio della carica e non verso la fine. (Si andrebbe al voto a fine maggio, quindi, se i testi fossero pronti a metà maggio, è presumibile ritenere che il Commissario attenda. Se i testi fossero pronti a metà gennaio, invece, è presumibile attendersi che li adotti)
  2. Se la personalità del prescelto, sarà abbastanza forte da resistere alle pressioni contrarie (di partiti, movimenti, associazioni e quant’altro), ovviamente a condizione che sia convinto di volerla fare.
  3. Se la personalità del prescelto sarà così debole che, pur essendo convinto di non volerle adottare, le adotti avendo ceduto alle pressioni della piazza. 


Non lo farà se
  1. I testi di variante e convenzione non fossero pronti nel suo periodo di carica.
  2. Se la personalità del prescelto sia intimamente convinta di voler comunque attendere l’elezione del nuovo Sindaco e quindi sia più forte delle pressioni mediatiche ad adottare gli atti 
  3. Se la personalità del prescelto fosse invece più debole e, quindi, cedesse alle pressioni a non adottare, pur essendo convinto della possibilità/necessità del contrario


Ipotizzando (come ad oggi pare evidente) il periodo febbraio/marzo come quello, ottimisticamente, utile per andare al voto permanendo ovviamente l’attuale Amministrazione in carica, nel caso di non adozione l’eventuale ritardo sarebbe stimabile in un trimestre circa. Vale a dire: marzo per il voto ordinario, attesa della nuova Amministrazione nel pieno potere, metà giugno 2019, quindi: marzo-giugno come attesa ulteriore. 
Ovviamente, se il tempo di predisposizione degli atti di variante/convenzione fosse superiore, il ritardo sarebbe di meno. Viceversa, fosse inferiore rispetto all’ipotesi febbraio/marzo, ovviamente il tempo perduto sarebbe maggiore.