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In questo blog mi dedico a guardare con occhio maliziosamente indipendente ciò che accade a Roma - e qualche volta anche nel resto del mondo - soprattutto attraverso ciò che della mia città raccontano i quotidiani. Generalmente prendo in considerazione i tre quotidiani più importanti per vendite e diffusione nella Capitale: Corriere della Sera, La Repubblica e il Messaggero. A volte troveranno spazio anche gli altri quotidiani, la cui lettura è comunque sempre accurata.

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lunedì 22 aprile 2019

STADIO ALLO SCONTRO FINALE (versione estesa)











Fra gli uffici del Campidoglio e i proponenti del progetto Stadio di Tor di Valle siamo giunti allo scontro finale
La Roma ha spedito la scorsa settimana il testo “ufficiale” della proposta di Convenzione Urbanistica, cioè il contratto che regola i rapporti fra il Comune e i proponenti. 
Chi l’ha visto, racconta di decine di pagine ma anche di alcuni punti sui quali l’accordo con il Comune non c’è
Questo è l’atto più importante: la Convenzione urbanistica - che dovrà essere poi obbligatoriamente votata in Consiglio comunale - contiene tutte le modalità e i tempi di costruzione delle varie opere ed, fra tutti i passaggi, l’atto amministrativo forse più importante.   
L’obiettivo, ufficialmente mai formalizzato ma perseguito da tutti gli attori (Roma, Eurnova e Campidoglio) era quello di provare a chiudere i lavori entro fine aprile per poter andare in Consiglio comunale per il voto su variante e convenzione urbanistica prima delle elezioni europee, fissate per il 26 maggio. 
Ancora oggi, matematicamente, i tempi ci sarebbero ancora ma la distanza fra le parti non sembra colmabile con poco sforzo e farà, quanto meno, slittare di un mese il closing dell’accordo, scavallando, quindi, le elezioni europee. 
Sempre se il closing si troverà: se le parti irrigidiscono le rispettive posizioni è possibile un ulteriore slittamento fino a data da destinarsi e, viste le potenziali ripercussioni politiche sul governo nazionale e su quello cittadino, delle elezioni europee, totalmente aperto a qualunque soluzione. Compresa la possibilità che il Governo possa emanare un nuovo provvedimento sugli Stadi, tema che, ciclicamente, riesce fuori.
Alla fine, se non si riuscirà a trovare la quadra con gli uffici, la decisione finale finirà per essere rimessa direttamente al sindaco, Virginia Raggi. 

(QUASI) PRONTI PER IL VOTO
E tutti gli altri atti amministrativi - tavole urbanistiche, controdeduzioni alle osservazioni presentate alla Variante Urbanistica, e via dicendo - sono tutti pronti: se si chiudesse l’accordo sul testo della Convenzione urbanistica (cioè il contratto che regola i rapporti fra il Comune e i proponenti e che contiene soprattutto tutte le modalità e i tempi di costruzione delle varie opere; ndr), si potrebbe andare al voto in tempi rapidissimi, prima delle elezioni europee.
Ma l’accordo, appunto, non c’è. Almeno, non c’è ancora su 4 punti. La Roma aspetta una risposta formale dal Campidoglio che, però, non arriverà prima del 2 maggio, e, vista la successione di ponti che sguarnisce gli uffici, forse anche qualche giorno dopo. 

I 4 PUNTI IN DISACCORDO: LE TRIBUNE POSTICCE
Vediamo quali sono i 4 punti sui quali manca ancora la luce verde. Il primo riguarda le tribune posticce dell’ippodromo di Tor di Valle quelle da ricostruire, a spese della Roma, in piccola porzione rispetto all’originale per preservare l’opera del progettista, Julio Lafuente, e realizzarvi un museo dell’impiantistica sportiva
Queste tribune erano state “accantonate” in Conferenza di Servizi. Costerebbero 2,5 milioni di euro circa che, però, erano stati destinati a modificare la parte di viabilità per le emergenze: allargare le piste ciclabili e prolungare di 500 metri oltre il Raccordo l’unificazione della via del Mare/Ostiense. Erano le prescrizioni fornite dalla Città Metropolitana con l’ultimo parere, quello reso il giorno stesso della chiusura della Conferenza il 5 dicembre 2016. È il parere che toglie dagli impicci il Comune: nel precedente, Palazzo Valentini aveva chiesto una seconda via d’accesso all’area Stadio, cioè il Ponte di Traiano. La prima richiesta viene cancellata in zona Cesarini in cambio della nuova sistemazione delle strade. Sistemazione viabilistica che la Roma accetta ma come contropartite chiede la cancellazione delle tribune. Però, formalmente non esiste un atto che realmente le elimina e così, anche per la determinazione dell’ex sovraintendente capitolino, Claudio Parisi Presicce, le Tribune sono tornate a essere un pomo della discordia.

I 4 PUNTI DI DISACCORDO: I TRASPORTI PUBBLICI
Due dei quattro punti di distanza fra Comune e Roma sono legati ai trasporti pubblici e riguardano la ferrovia Roma-Lido di Ostia. La Roma non intende rimanere incastrata dalle possibili (e probabili) lungaggini burocratiche legate all’appalto della Regione Lazio per il rifacimento della linea, i famosi 180 milioni che, più o meno da un triennio, Zingaretti si rivende ciclicamente senza che si aprano effettivamente i cantieri. Però il Comune, anche per dare una parvenza di utilità al siparietto fatto con il Politecnico di Torino, vorrebbe “congelare” l’apertura dello Stadio alla conclusione dei lavori sulla linea argomentando che la tempistica prevista per questo rifacimento è inferiore a quella per realizzare lo Stadio e il suo contorno. Qui l’accordo è davvero difficile da trovare.
Sempre legato a questo, è il problema dei 45 milioni di euro di contributo costo di costruzione, terzo nodo di scontro fra la Roma e il Comune. Si tratta della parte cash delle tasse che si pagano al Comune dove si costruisce: c’è una parte di opere di urbanizzazione primaria (fogne, luce, strade e parcheggi, verde) e una in contanti che si calcola in base al volume del costruito. La stima per Tor di Valle è di 45 milioni di euro e il Consiglio Comunale, con la delibera Raggi sul pubblico interesse del 2017, li ha già destinati all’acquisto di treni per la Roma-Lido di Ostia. La Roma, vorrebbe sfruttare la legge che consente di pagare questo contributo spalmandolo per l’intera durata del permesso a costruire e, quindi, vorrebbe corrisponderli dilazionati. Un po’ per non spendere subito tutta insieme la cifra e un po’ per evitare che finiscano nella fiscalità generale del Comune e possano poi essere impiegati per altro e non essere più disponibili al momento utile, cioè al momento dell’acquisto dei treni, con il rischio di ritrovarsi invischiati in qualche nuova richiesta economica. Il Campidoglio li vuole tutti e subito per poter procedere a comprare i convogli. Possibile un accordo su un finanziamento totale immediato ma vincolato alla reale destinazione. 

I 4 PUNTI DI DISACCORDO: LA VIA DEL MARE/OSTIENSE
L’ultimo punto sul quale ancora non c’è accordo è anche quello sul quale sembra meno arduo chiuderlo: la via del Mare/Ostiense unificata
Oggi abbiamo la via del Mare affiancata alla via Ostiense e da questa divisa da uno spartitraffico e ciascuna delle due strade ha una sola corsia per senso di marcia. Il risultato sono 4 corsie ma fra loro alternate: una scende verso Ostia e una sale verso Roma, un’altra scende e un’altra sale. 
Fra viale Marconi e Tor di Valle, poi, c’è un punto lungo circa 930 metri, in cui la via del Mare è separata dalla Ostiense dalla presenza di alcuni fabbricati artigianali e industriali. Il nodo è tutto qui: nel 2006 la Provincia di Roma (oggi Città Metropolitana), proprietaria delle due strade, aveva elaborato un’ipotesi di esproprio dei capannoni e unificazione delle due vie in un’unica sede
Ma quel progetto, complice la cronica carenza di finanziamenti, era rimasto un disegno su carta. Anzi, non erano neanche state aggiornate nemmeno le mappe catastali. 
In Conferenza di Servizi, invece, il Comune ha rispolverato quell’idea del 2006 e l’ha fatta propria in modo che, costruito il Ponte dei Congressi, fosse più agevole realizzare tutta la viabilità accessoria dell’intero quadrante
La Roma, invece, aveva presentato un progetto che sì, unificava le due strade da Marconi al raccordo (allargandole con complanari e svincoli vari, specie in prossimità dello Stadio) ma che quel tratto di 930 metri lo lasciava con i capannoni in mezzo, in modo non dissimile da quel che accade sul Raccordo fra Anagnina e Appia.
Lo scontro, quindi, è su questi 930 metri. 
Che hanno un costo, a detta della Roma, una ventina di milioni di euro circa e che la Roma non vorrebbe spendere in più ma che il Comune ritiene si possano prendere dai risparmi sulle gare d’appalto. 930 metri che, soprattutto, hanno un problema: gli espropri. La Roma non vuole trovarsi bloccata negli iter infernali e lunghissimi sugli espropri. 
L’accordo fra le parti ancora non c’è ma è potenzialmente il più vicino da raggiungere: i progetti saranno modificati solo dopo l’adeguamento delle carte da parte di Città Metropolitana e il completamento delle procedure di esproprio da parte del Comune. 

VALORE DEGLI IMMOBILI
Uno degli elementi di maggiore perplessità nella delibera Raggi del 2017 era dato dal valore di 805,5 euro a metro quadro che, semplificando, è il guadagno netto per gli imprenditori al momento della vendita dei negozi e degli uffici, depurato già dei costi per la costruzione. Il valore in questione era stato calcolato nel 2014, con la versione Marino/Caudo del progetto. E nel 2017 aveva destato le perplessità tanto dello stesso Caudo quanto, poi, anche dei critici dell’intera opera: Cristina Grancio e Stefano Fassina l’hanno inserita come uno dei punti di forte critica alla base della loro proposta di delibera di annullamento dell’intero iter. 
Nei vari compiti affidati dal sindaco Raggi agli uffici all’interno della due diligence post arresto di Parnasi rientra anche il controllo su tutti gli oneri del progetto. La domanda è legittima: come fa un valore del 2014, stimato per giunta sulla realizzazione di grattaceli, a rimanere invariato nel 2017 e con la costruzione di palazzine invece che di tre torri?
L’analisi ancora non è completata ma le prime risultanze indicano che la Roma ci sta andando a perdere: il valore a metro quadro degli immobili, in realtà, è sceso sensibilmente. E il risultato è che oggi invece di 805,5 euro a metro quadro, la Roma potrebbe, sempre semplificando, incassarne più o meno 700. Il che, per altro, richiederebbe la concessione di maggiore cubatura in compensazione!

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