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In questo blog mi dedico a guardare con occhio maliziosamente indipendente ciò che accade a Roma - e qualche volta anche nel resto del mondo - soprattutto attraverso ciò che della mia città raccontano i quotidiani. Generalmente prendo in considerazione i tre quotidiani più importanti per vendite e diffusione nella Capitale: Corriere della Sera, La Repubblica e il Messaggero. A volte troveranno spazio anche gli altri quotidiani, la cui lettura è comunque sempre accurata.

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sabato 27 aprile 2019

STADIO; L'IDIOZIA GIURIDICA DEL "RI-VOTO" SUL PUBBLICO INTERESSE

Da alcune settimane, ciclicamente, gira la voce di un nuovo voto sulla delibera 32/2017, quella Raggi sul pubblico interesse alla costruzione dello Stadio della Roma. 
In sostanza, alcuni consiglieri comunali ritengono che, poiché quella Delibera sarebbe stata “presentata” al voto da De Vito, grillino, ex presidente dell’Aula finito sotto inchiesta per corruzione e al momento detenuto a Regina Coeli, un nuovo voto sul testo “laverebbe” questa “macchia”.

Vediamo perché questa idea è semplicemente un’idiozia giuridica.

NON ESISTE IL DOPPIO VOTO
Primo punto: una delibera votata, è votata. Non si rivota. Né per confermarla né per cambiarla né per cancellarla. Chiunque dica una cosa simile è il caso che torni a studiare le basi del diritto perché si tratta di una cosa giuridicamente non fattibile. 

DE VITO NON È UNA MOTIVAZIONE: È UN’AGGRAVANTE DELL’IDIOZIA
L’idea che De Vito abbia presentato la delibera al voto è un’aggravante dell’idiozia: da quando è stato eletto presidente dell’Assemblea Capitolina al giorno del suo arresto, sotto la presidenza di Marcello De Vito, l’Assemblea ha votato la bellezza di 482 delibere. Sulla base di questa idea del “lavare la macchia De Vito” si dovrebbero rivotare tutte le 482 delibere: né varrebbe l’idea di rivotarne solo una, perché, una qualunque delle altre, verrebbe ad essere attaccabile in tribunale, non per il ruolo di De Vito, ma perché si sarebbe attuata una disparità di trattamento fra provvedimenti, cosa palesemente contraria alla legge.

IL RUOLO DI DE VITO
Entriamo, poi, nella questione del ruolo di De Vito. Qualche buontempone fa circolare la voce che De Vito abbia “presentato” la Delibera al voto e abbia condotto le votazioni come Presidente. Ma guarda un po’ che strano! È esattamente quello che fa il Presidente dell’Aula: conduce i lavori
Ma solo un emerito, colossale ignorante può pensare che la delibera sia portata al voto dal Presidente dell’Aula: la decisione sul calendario dei lavori spetta alla Conferenza dei Presidenti dei Gruppi consiliari (volgarmente: capigruppo). 
E le delibere non sono presentate né proposte dal Presidente dell’Aula ma da chi le firma: un consigliere oppure la Giunta. 
Nel caso Tor di Valle, si trattava di una Delibera di Giunta ad essere stata calendarizzata dalla Conferenza dei Presidenti dei Gruppi.
Né esistere l’idea che il voto di De Vito favorevole a quella Delibera ne abbia “macchiato” in qualche modo la purezza: la delibera Stadio ottenne 28 voti favorevoli, 9 contrari e 1 astenuto. Quindi, con un quorum per l'approvazione del provvedimento che era pari a 20 voti (28+9+1=38:2=19 metà dei presenti + 1 per la maggioranza), il voto di De Vito è stato totalmente ininfluente ai fini dell’approvazione del provvedimento

DUE SOLE STRADE PERCORRIBILI
Diciamo che si vuole mandare comunque un segnale forte?
A parte l’ovvia obiezione del perché questo segnale non sia stato inviato il giorno del Consiglio comunale straordinario sullo Stadio, richiesto dal sindaco Raggi, e conclusosi con la bocciatura a maggioranza di tutti gli ordini del giorno presentati dalle opposizioni ma senza che vi fosse un solo documento di maggioranza da votare, esistono due sole strade.

La prima, solo politica: un ordine del giorno o una mozione di sostegno alla Giunta e di riaffermazione del pubblico interesse contenuto nella Delibera 32/2017.
Non costa nulla, ovviamente. Non ha valore giuridico, se non minimo. Ma è un atto dal forte peso politico.

Seconda strada: si propone una nuova delibera. Che non è il “ri-voto” sulla 32 ma proprio un testo nuovo

“Visto..., 
visto..., 
visto..., 
considerato..., 
ritenuto..., 
letta la delibera 32/2017, 
L’Assemblea Capitolina delibera di confermare il contenuto della delibera 32/2017 in ogni sua parte”. 

Attenzione: questo è un testo molto particolare. 
Perché è una delibera di convalida, un testo - si potrebbe quasi definire - di secondo grado e, a differenza di mozione e ordine del giorno, ha un immediato e irrevocabile effetto giuridico: il Comune sana qualunque potenziale irregolarità contenuta della 32/2017.
Una irregolarità che non esiste, sia chiaro, ma che qualcuno cerca al fine di giustificare ancora oggi l’ipotesi di annullamento d’ufficio degli atti ai sensi dell’articolo 21 nonies della legge 241/90.
La delibera di convalida cancellerebbe anche immediatamente non solo l’ipotesi - ribadisco: inesistente - di annullamento d’ufficio ma anche il potere di revoca.

Vale a dire che una delibera di questo tipo, ricadrebbe direttamente in quanto previsto dal secondo comma dell’articolo 21 nonies (“È fatta salva la possibilità di convalida del provvedimento annullabile, sussistendone le ragioni di interesse pubblico ed entro un termine ragionevole”).

Spieghiamo: già l’annullamento d’ufficio in autotutela è una strada assolutamente non percorribile essendo insostenibile da un punto di vista giuridico. Con questa delibera di convalida, poi, di fatto si metterebbe anche una pietra tombale sul potere di revoca. Perché se è vero che questo potere di revocare un atto resta sempre valido, anche fino all’ultimo secondo, quel che cambia è il costo che un’eventuale revoca avrebbe per la collettività. Ipotizzare di votare una convalida e poi pensare di revocare un atto avrebbe un costo economico assolutamente mostruoso per le casse del Campidoglio in termini di danno di immagine (oltre quelli materiali da danno emergente).

CONCLUSIONE
Smettere di dire cose prive di qualunque senso giuridico sarebbe già un buon punto di partenza. Mi riferisco, all’idea di “rivotare” una delibera. 
Smettere di aggiungere a queste idiozie giuridiche, una motivazione aggravante dello stato di obnubilazione giurisprudenziale sarebbe una seconda cosa buona. Ma la cosa migliore, sarebbe anche pensare alle conseguenze che qualunque atto il Consiglio voti oggi potrebbe sortire in una ipotetica causa. 

Per quanto mozione e ordine del giorno abbiano un effetto giuridico pari a zero, questa potenziale causa ha uno dei suoi fondamenti nell’affidabilità della Pubblica Amministrazione che non può compiere atti fra loro contraddittori. Tipo votare anche solo mozioni sul pubblico interesse allo Stadio e poi revocarlo! 

Insomma: se non si ha nulla di sensato da dire, conviene stare decisamente zitti. 

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