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In questo blog mi dedico a guardare con occhio maliziosamente indipendente ciò che accade a Roma - e qualche volta anche nel resto del mondo - soprattutto attraverso ciò che della mia città raccontano i quotidiani. Generalmente prendo in considerazione i tre quotidiani più importanti per vendite e diffusione nella Capitale: Corriere della Sera, La Repubblica e il Messaggero. A volte troveranno spazio anche gli altri quotidiani, la cui lettura è comunque sempre accurata.

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mercoledì 30 maggio 2018

AMA: TRE NUOVI IMPIANTI PER TRATTARE I RIFIUTI DI ROMA

Tre nuovi impianti a Roma per trattare alcune tipologie di rifiuti: quelli derivanti dallo spiazzamento stradale, i pannolini e pannoloni, e, da ultimo, i materassi. Tre impianti che - secondo il direttore operativo di Ama, Massimo Bagatti, in audizione in Commissione Ambiente in Campidoglio - dovrebbero aggiungersi ai due di compostaggio già previsti e, al momento, “all’esame della Regione Lazio”. Nell’attesa, una gara da 188 milioni di euro per mettere in sicurezza la città e individuare "soggetti che possano sopperire alla carenza" impiantistica aziendale.
Tre impianti che sarebbero tre “piccole fabbriche che consentano di recuperare materiali, dare lavoro e risparmiare molti milioni di euro”, spiega Bagatti, con l’obiettivo di “aggredire la frazione di indifferenziata”. I tre (molto) futuri nuovi impianti consentirebbero di “recuperare rifiuti inerti” derivanti dallo spazzamento, “materiale pregiato” dai pannolini e “materiali isolanti” dai materassi.  I costi per questi tre impianti consentirebbero ad Ama “nell'arco di tre o quattro anni di ripagare” l’investimento “perché sono piccoli, semplici e modulabili”. “Nella fase transitoria dovremo trovare soluzioni che la legge ci consente anche fuori dalla Regione Lazio”, ha aggiunto Bagatti“ quindi maxi gara sostitutiva da 188 milioni di euro in cui rientrerebbero anche i quantitativi di rifiuti ora trattati negli impianti di Colari.

REGIONE LAZIO, I GRILLINI ALZANO IL PREZZO DEL SOSTEGNO A ZINGARETTI


Prima un minuto di silenzio per commemorare Angelo Miele, consigliere regionale, sindaco di Valmontone, recentemente scomparso, poi, in Consiglio regionale, è partito l’iter di approvazione del bilancio, presente il presidente della Regione, Nicola Zingaretti.
Tre i documenti illustrati all'Aula dall’assessore al Bilancio, Alessandra Sartore: il Documento di economia e finanza regionale (Defr) 2018-2020, il Bilancio previsionale 2018-2020e la legge di stabilità 2018  la cui approvazione dovrà porre termine all’esercizio provvisorio che va avanti dallo scorso  31 marzo.
Clima disteso, in special modo fra la coalizione di centrosinistra che sostiene Zingaretti e i grillini - di fatto un appoggio esterno - che, però, alzano, e di molto, il prezzo politico della loro benevolenza con alcuni emendamenti.
Il primo, con cui i pentastellati vogliono “investire ulteriori 50 milioni di euro per finanziare un sostegno al reddito in favore di disoccupati, inoccupati o lavoratori precari, attraverso un apposito avviso pubblico, e garantire così un reddito minimo garantito alle fasce sociali più deboli del Lazio”, in una specie di edizione in sedicesimi del reddito di cittadinanza.
Il secondo, in soccorso della disastrosa qualità delle strade romane e della disastrata Giunta Raggi; “Stanziare 5 milioni di euro per migliorare le strade di Roma”.
Il terzo, che schiaccia l’occhio all’antipolitica, con il quale i 5Stelle chiedono che per i vitalizi del passato si ricalcolino le cifre con passaggio al sistema contributivo. Emendamento di fatto accolto e sostituito da uno formulato dall’Ufficio di Presidenza che prevede tagli per oltre 11 milioni di euro ai vitalizi in erogazione fino al 2022, attraverso la reintroduzione del contributo di solidarietà (scaduto lo scorso 31 dicembre).
Nel 2016, la Regione ha ridotto il disavanzo di quasi il 50 per cento, passando da meno 2,03 miliardi di euro a meno 1,016 miliardi. Mentre per il  2017 la cifra si attesa a meno 450 milioni di euro. Sul fronte della spesa sanitaria regionale, nel 2016, ha spiegato l'assessore Alessandra Sartore, il risultato di esercizio si è attestato a 136,5 milioni, con un miglioramento rispetto all'esercizio 2015 di 199 milioni. L'incidenza della spesa sanitaria sulla spesa regionale complessiva nel 2015 era pari al 75 per cento. Tra gli altri argomenti trattati dal Defr:
le politiche di rientro dal debito; il riordino delle società partecipate regionali e le politiche sul patrimonio immobiliare; il quadro programmatico di finanza pubblica per il triennio 2018-2020. 
Il Defr definisce gli obiettivi della manovra e vi si trovano, tra le dinamiche illustrate da Sartore, la crescita tendenziale del Pil reale superiore all'1% nel 2017 che dovrebbe mantenersi nell'anno in corso, per poi ridursi nel 2019 e tornare a crescere nel 2020. I consumi dovrebbero aumentare complessivamente dell'1,5%, gli investimenti fissi lordi dovrebbero manifestare tassi annui di crescita compresi tra il 3,5 e il 4%. 
La legge di stabilità regionale provvede alla rimodulazione delle leggi regionali di spesa, attraverso nuovi finanziamenti o tagliando quelli esistenti, razionalizzando i beni immobili.
Con il Bilancio di previsione, la Regione approva anche i bilanci dei vari enti regionali.

IL 2 GIUGNO DIVENTA LA FESTA DELLA DIVISIONE

Ufficialmente i pentastellati sono “tutti impegnati con il tour dei comuni sui territori” quindi nessuno di loro ha “confermato la presenza”. Rimarrebbe fuori solo Roberto Fico, che, in qualità di presidente della Camera, terza carica dello Stato, non può proprio bigiare gli appuntamenti connessi con la Festa della Repubblica del 2 giugno. 
E anche Matteo Salvini, pur non avendo ancora sciolto la riserva in via ufficiale, sarebbe orientato a disertare il tradizionale ricevimento al Quirinale, per il 2 giugno, fissato per le 18 con cocktail e concerto dell'Orchestra dell'Accademia nazionale di Santa Cecilia. 
Più che la Festa della Repubblica, così, pare il 25 aprile. Un clima pesantissimo dopo il gran rifiuto del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, di nominare il professor Savona all’Economia - proponendo in alternativa il nome del capogruppo leghista a Monte Citorio, Giancarlo Giorgetti - con la conseguente rinuncia di Giuseppe Conte a formare il governo, l’incarico a Cottarelli e le polemiche, sui social e mediatiche, fra Quirinale, Grillini e Leghisti.
Dopo l’accenno all’impeachment, anche il Tricolore entra nella querelle politica. 
Luigi Di Maio aveva invitato i suoi sostenitori ad esporre il Tricolore per protestare contro le decisioni di Mattarella (“Appenderò oggi una bandiera italiana fuori dalla finestra del mio ufficio a Montecitorio affinché tutti possano vederla - aveva dichiarato Di Maio - Invito tutti a fare altrettanto. Prendete la bandiera, compratela e appendetela”).
Per chi però Roma l’ha girata, l’appello di Di Maio è palesemente stato ignorato. A parte hotel, sedi istituzionali, scuole e qualche ufficio, non c’è traccia di Tricolori appesi. Neanche nei due Municipi romani - l’VIII Garbatella e il III Montesacro - dove il prossimo 10 giugno si voterà per rieleggere i Presidenti di Municipio dopo il crollo delle due giunte pentastellate c’è una traccia apprezzabile e sensibile che i romani abbiano ascoltato e accolto l’invito del capo politico del Movimento. L’assenza di bandiere italiane sembra non essere sfuggita ai vertici grillini: nel giro di poche ore, sempre dal suo profilo Facebook, Luigi Di Maio, annunciando la manifestazione a piazza Bocca della Verità del 2 giugno, ha chiesto ai sostenitori di cambiare l'immagine del profilo social con un tema dedicato a questa iniziativa. Ovviamente con il tricolore verde, bianco e rosso. 
A parte le facili ironie su bot e troll che si distingueranno proprio per i tricolori, i 5Stelle abbassano un po’ i toni: Roberto Fico sarà alla parata militare della mattina a fianco di Mattarella mentre il pomeriggio, per la manifestazione di Bocca della Verità, si legge sul blog M5S: “la nostra piazza non è contro il Quirinale, ma è a favore del nostro diritto di votare e scegliere”.

domenica 27 maggio 2018

BILANCIO: L'OREF "BACCHETTA" IL CAMPIDOGLIO


Il parere è “favorevole”, almeno sotto il “profilo della correttezza tecnico contabile” ma per i revisori dei conti dell’Oref - l’Organo di Revisione economico-finanziara - la variazione di bilancio è tutt’altro che ben fatta. Anzi. “Il solo equilibrio di bilancio non è condizione sufficiente - scrivono i Revisori - a garantire la tenuta e la stabilità dei conti, stanti le innumerevoli problematiche che coinvolgono Roma Capitale”. 
Vediamole, allora, queste criticità. 
La partenza e la fine sono segnate dal Trasporto pubblico locale.
Non bastassero le vicissitudini di Atac sia economiche che di gestione della quotidianità del servizio - tanto vicissitudini che l’assessore alla Mobilità, Linda Meleo, da mesi è data come sul filo del rasoio pronta a raggiungere gli altri suoi otto ex colleghi di Giunta - ci si mette anche Roma TPL il cui contratto di servizio con il Campidoglio sarebbe in scadenza fra 4 giorni. 
Scrivono i Revisori, infatti, che occorre “accelerare le procedure per la nuova gara per l’affidamento del servizio TL periferico”. 
Giusto due giorni fa, però, l’assessore Meleo ha annunciato, in una seduta congiunta delle Commissioni Mobilità e Bilancio, che il contratto con Roma TPL verrà prorogato di un anno e mezzo, fino al 1 gennaio 2020. Un “ritardo tecnico-amministrativo nella costruzione del nuovo bando”, spiegava la Meleo: insomma, incapaci di fare un bando, i 5Stelle ricorrono alle tanto demonizzate proroghe
Ma non c’è solo il problema della gara. Per i revisori contabili, ci sono enormi dubbi sulle entrate effettive “relative alle penali dei contratti TPL”. 
Scrive l’Oref: “la maggiore entrata derivante dalle penali da applicare ai gestori del TPO per il 2018 non è supportata dalla documentazione probante il calcolo e la previsione relativa al 2020 deriva esclusivamente da previsioni su dati storici non supportati da adeguati riscontri documentali, come peraltro già la previsione per il 2019”. 
Insomma, se non è una bocciatura di un conto di fantasia, poco ci manca. 
Infatti: “non è corretto determinare la copertura di un servizio e in generale determinare l’equilibrio di bilancio con risorse aleatorie e non stabili”.
La variazione di bilancio - secondo le tabelle dell’Oref - prevede per il 2018 maggiori spese per 25,6 milioni di euro, 51,2 milioni per il 2019 e 64,2 milioni di euro per il 2020 coperte, secondo il Campidoglio, con maggiori entrate derivate da cimiteri, Bus nella Ztl, penali per il TPL, car sharing, permessi per il centro storico, permessi a costruire e condoni edilizi cui vengono sommati anche 13,2 milioni derivanti dal fondo per la regolarizzazione dei pignoramenti e poco più di un milione di euro dal fondo di riserva, queste ultime due voci necessarie per “finanziare il contratto di servizio” per il trasporto pubblico locale. 

sabato 26 maggio 2018

FEDERMANAGER, PUNTARE SU COMPETENZE QUALIFICATE


CASA DELLE DONNE; 5STELLE RAGIONIERI E ASSIST A ZINGARETTI


Nei prossimi giorni proporrò alla Giunta di dichiarare la Casa Internazionale delle donne “sito di notevole interesse pubblico””. Lo scrive Nicola Zingaretti, presidente della Regione Lazio, in una lettera inviata al presidente della Casa Internazionale delle donne, Francesca Kock. 
Quarantacinque anni di storia sono quasi una vita, anzi, più vite: quelle delle donne che per la Casa delle Donne di Trastevere ci sono passate, magari trovandone una seconda, di vita. Una struttura, quella della Casa delle Donne, finita in mezzo alle beghe della politica: l’astratto e asettico legalitarismo pentastellato, proprio di chi non ha idea della differenza fra fare politica e fare il ragioniere, e la piccola speculazione politica, del Pd e di Zingaretti, che, invece, la politica sa bene come si fa.
La dichiarazione di “sito di notevole interesse pubblico” - fatta ai sensi del Codice dei Beni culturali, non essendo la Casa un monumento, sarà predisposta per i valori e la memoria storica e per l’identità culturale - non sposta nulla nel contenzioso che oppone la Casa al Campidoglio. 
L’atto di Zingaretti ha un valore simbolico e politico, certamente forte. E la dichiarazione di “sito di notevole interesse pubblico” Zingaretti avrebbe potuto o potrebbe ancora riservarla anche ad altre strutture. Senza andare troppo lontano, magari per Palazzo Nardini, quello di via del Governo Vecchio oggetto di scontro fra la Regione, che ne ha autorizzato la vendita, e la Soprintendenza che lo ha vincolato. Quel Palazzo Nardini che fu, fra il 1973 e il 1985, la prima sede (occupata) della Casa delle Donne. 
Erano gli anni di piombo e quelli dell’affermazione finale dei movimenti femministi e radicali. Il 2 ottobre 1973 un gruppo di donne appartenenti a diversi movimenti dell’epoca, presero possesso di Palazzo Nardini, abbandonato. Trasformatolo in una struttura di accoglienza per le donne in difficoltà, lo tennero fino al 1985 quando, dopo un quadriennio di trattative, il sindaco di allora, Nicola Signorello (Dc), assegnò loro un’ala del Convento del Buon Pastore a via della Lungara, un edificio del 1600 che aveva ospitato prima donne “peccatrici” per poi trasformarsi, a metà ottocento, in un carcere femminile e in un asilo per bambine “da proteggere”. 
La “pace”, la Casa delle Donne, la ottiene nel 2001 quando il sindaco Veltroni consegna ufficialmente l’edificio ai gruppi che costituiscono oggi la Casa e che offrono alle donne consulenza legale, assistenza psicologica, medica e consulenza del lavoro, servizi per bambini. 
La questione quando, sulla linea dell’astrattismo legalitario già tracciata da Marino, la Giunta Raggi reclama arretrati di affitto per 880mila euro. Parte una trattativa che, però, si interrompe quando, il 17 maggio, i pentastellati votano in Consiglio (ma con molti mal di pancia, specialmente delle attiviste nelle chat) una mozione di Gemma Guerrini, la presidente della Commissione cultura - la stessa del Cinema America - con la quale si chiede al Sindaco di rientrare in possesso del Convento del Buon Pastore e di porre fine a un’esperienza giudicata “fallimentare” e non più rispondente alle intenzioni dell’Amministrazione comunale in modo tale da mettere tutto a bando. 
Un po’ lo stesso cliché seguito con la Maratona di Roma e gli impianti sportivi comunali. 
La replica della Casa è affidata a Lia Migale, membro del direttivo: “dal 1983 ad oggi abbiamo certamente avuto dei momenti di difficoltà e quindi si è accumulato un debito di 880 mila euro ma noi vantiamo anche un credito” manutenzioni fatte al posto del Comune, ritardi nelle licenze previste nella convenzione col Campidoglio, mancati rimborsi. Il tutto porta il debito reale a “forse 400mila”. La Casa è pronta a trovare un accordo. Non così il Campidoglio. 
Appunto: politica da ragionieri e assist a Zingaretti di ergersi a paladino delle donne.


giovedì 24 maggio 2018

MARATONA DI ROMA, IL TAR RINVIA ALL'11 LUGLIO


Al ricorso di Italia Marathon Club è stato accorpato anche quello di RCS Group


Il Tar del Lazio, II sezione, ha deciso di entrare direttamente nel merito del ricorso presentato da Italia Marathon Club, la società di Enrico Castrucci che gestisce la Maratona di Roma da sempre, contro il bando, deciso dal Campidoglio, per l’affidamento con gara d’appalto della corsa podistica capitolina per le edizioni 2019-2022 (più opzione sul biennio successivo).
25 MAGGIO SCADE IL BANDO 2019-2022 
Il bando, che scade fra due giorni, il 25 maggio, quindi, sarà nel pieno delle procedure di esame delle offerte e di assegnazione del vincitore, quando il Tribunale amministrativo deciderà se ha ragione Castrucci - in estrema sintesI il Campidoglio non ha titolo per mettere la Maratona a gara - oppure l’assessorato allo Sport, guidato da Daniele Frongia, che, al contrario, ritiene giunta l’ora di interrompere le proroghe continue e affidarsi a una gara pubblica.
IL RICORSO RCS GROUP 
Oppure - ed è un po’ una sorpresa - se ha ragione RCS Group, il gruppo della Gazzetta dello Sport, organizzatore, fra l’altro, del Giro d’Italia e della Maratona di Milano. RCS ha presentato un proprio ricorso contro il bando del Campidoglio - in sintesi: bando sbagliato che favorisce Castrucci per carenze nelle clausole di assegnazione dei punteggi e mancanza di un vero piano economico-finanziario - senza chiedere al Tar l’urgenza della discussione ma che il collegio giudicante ha deciso di accorpare al ricorso principale, quello di Castrucci. 
IL CASO SI INGARBUGLIA 
La questione, quindi, si ingarbuglia. Se il Tar rigetterà i ricorsi, il Campidoglio sarà salvo: bando valido. Ma se dovesse accogliere quello di Castrucci o quello di RCS il bando sarà annullato. Anche nei corridoi della Federazione di Atletica leggera (Fidal) si inizia a prendere coscienza che l’edizione 2019, quella del venticinquennale, possa saltare e che l’idea del Campidoglio di spostare la manifestazione podistica dalla primavera all’autunno non sia in realtà una strada percorribile nonostante su questa ipotesi ci sarebbe un asse fra Frongia e il presidente Fidal, Alfio Giomi. 
I CONTENDENTI: SODDISFAZIONE PER TUTTI 
Da tutte le parti in causa bocche cucite ma trapela soddisfazione per la decisione del Tribunale: per gli organizzatori attuali, una sentenza l’11 luglio è una sentenza lampo che potrebbe entrare nel novero di quelle da giurisprudenza futura. Per il Campidoglio, è stata accolta la richiesta di rinvio della discussione sulla sospensiva cautelare per il mancato rispetto dei termini a difesa e, l’11 luglio, è una data sufficientemente lontana per affrontare bene l’udienza.  


LINK: Guerra di ricorsi sul bando del #Campidoglio per la #MaratonadiRoma Il Tar rinvia a luglio, e il caso si ingarbuglia

mercoledì 23 maggio 2018

INCUBO TAR SULLA MARATONA DI ROMA


CAPANNELLE VERSO L'ULTIMO GALOPPO



FUGA DAL CAMPIDOGLIO, VIA L'OTTAVO ASSESSORE IN DUE ANNI


Due battute caustiche: quella della Raggi è una “giunta fluttuante” (Antonello Palmieri, associazione Roma Nuova) e “Raggi isituisca l’assessorato alle dimissioni” (Orlando Corsetti, consigliere Pd), accompagnano il nuovo giro di valzer degli assessori in Campidoglio. 
Stavolta se ne va Alessandro Gennaro, già capo staff dell’assessore alle Partecipate, Massimo Colomban, e di quest’ultimo successore dall’11 ottobre scorso. Una permanenza in carica di 224 giorni, ancora meno del suo predecessore che, se non altro, la candelina dell’anno in carica l’aveva spenta, fermandosi a 375 giorni. 
Che Gennaro fosse prossimo all’addio era notizia già circolata a fine marzo quando se ne andò il titolare al Commercio, Adriano Meloni
C’è la corsa - Gennaro stesso (“lascio per ragioni personali”), Raggi (“La sua è stata una scelta personale presa in autonomia”) e i 5Stelle romani (“L'assessore Gennaro lascerà l'incarico per motivi personali”) - a negare qualunque dissapore in quello che passa alla cronaca come l’ottavo addio della Giunta Raggi fra gli Assessori, cui poi vanno sommati i top manager delle aziende che saltano come tappi di champagne il 31 dicembre.
Nell’ordine, gli annali ricordano gli abbandoni di Adriano Meloni (Commercio), Massimo Colomban (Partecipate), Paolo Berdini (Urbanistica), Paola Muraro (Ambiente), Marcello Minenna (Bilancio). Poi ci sono Andrea Mazzillo e Raffaele De Dominicis (Bilancio entrambi) cui sono state ritirate le deleghe. Indimenticabili, poi, gli addii - alcuni con strascichi polemici - di Carla Romana Raineri da capo di gabinetto del Sindaco (ruolo mai rimpiazzato da allora) e di Stefano Ferrante, ragioniere generale del Campidoglio. Fra gli assessori, poi, spicca il caso Frongia dimessosi da vicesindaco ma rimasto in carica per lo Sport dopo gli scontri all’arma bianca con Berdini sullo Stadio della Roma di Tor di Valle ma messo nell’angolo per la sua vicinanza a Raffaele Marra, finito in manette nel dicembre 2016. 
Questo per quanto riguarda il Campidoglio. Poi c’è il capitolo addii nelle partecipate. Iniziando da Atac, in questo biennio di Amministrazione Raggi, alla guida della municipalizzata dei trasporti si sono alternati: prima Marco Rettighieri, direttore generale, con Armando Brandolese, amministratore unico; poi salta il nuovo AU, Manuel Fantasia, quindi il super manager venuto da Milano, Bruno Rota, che fa posto a Paolo Simioni, che somma le qualifiche di presidente, amministratore delegato e direttore generale. In Ama invece la governance ha visto avvicendarsi il dg Stefano Bina, poi l’amministratore unico Antonella Giglio e ora l’azienda è guidata da Lorenzo Bagnacani.

Compitato il lungo riepilogo dei grandi addii all’Amministrazione Raggi restano sul tavolo i problemi: le deleghe di Gennaro saranno quasi certamente dirottate su Gianni Lemmetti, attuale titolare del bilancio (il quarto in due anni). E questo rafforza la tesi che vede gli addii di Colomban prima e di Gennaro poi legati alla vicenda del concordato Atac. Gennaro non ha mai fatto mistero di proseguire l’opera di Colomban il quale, in una serie di interviste delle ultime settimane, ha sparato a zero contro il concordato fallimentare di Atac. Lemmetti, invece, a Livorno, dove era assessore al bilancio nella giunta 5stelle di Nogarin, si è distinto per il concordato sulla municipalizzata dei rifiuti locale, la Aamps. 




venerdì 18 maggio 2018

SECONDO RICORSO CONTRO IL BANDO PER LA MARATONA DI ROMA


Fra cinque giorni, mercoledì 23, il Tar dovrà decidere se accogliere la richiesta di sospensiva presentata da Italian Marathon Club, la società di Enrico Castrucci che da sempre organizza la Maratona di Roma, contro il bando predisposto dall’assessore allo Sport, Daniele Frongia, per mettere a gara d’appalto le future edizioni della corsa romana, e già arriva un secondo ricorso al Tar contro lo stesso bando. Stavolta la firma è di RCS Group, quello che organizza, fra l’altro, la Maratona di Milano e il Giro d’Italia, la Milano-San Remo e la Tirreno-Adriatico di ciclismo.
In questo caso, a differenza di quello presentato da Castrucci non c’è richiesta di sospensiva né urgenza. Spiega il professor Perfetti, uno dei legali del pool che segue questo ricorso: “La sospensiva non aveva senso perché, pur ritenendo il bando sbagliato, non ci impedisce di partecipare né crea un danno irreparabile”, come invece ritiene di subire Castrucci.
In sintesi, il ricorso di RCS Sport si basa su quattro elementi fondamentali: l’assenza di un vero “piano economico-finanziario in grado di consentire ai concorrenti di calibrare correttamente la propria offerta tecnico-economica”; le “disposizioni del bando dal contenuto indeterminato che lasciano alla commissione aggiudicatrice ampia arbitrarietà nell’attribuzione dei punteggi”. E, ancora: “clausole manifestamente sproporzionate e illogiche rispetto all’oggetto della Concessione” e, infine, le “tempistiche irragionevoli per la predisposizione dell’offerta e limitative della concorrenza”. 
In sostanza, quindi, per RCS il bando “favorisce il gestore uscente, unico soggetto a disporre di tutti i dati utili a formulare l’offerta” economica; viola i “basilari principi” sull’”affidamento dei contratti pubblici” e “soprattutto non persegue il risultato che l’Amministrazione si prefigge di raggiungere, vale a dire l’individuazione di un esperto e qualificato organizzatore di maratone in grado di rilanciare la Maratona di Roma sino a porla in competizione con le analoghe manifestazioni mondiali che si tengono in città” simili a Roma. 
Insomma, fra il ricorso di Castrucci da una parte - “macroscopico travisamento” del Comune che si “proclama ‘titolare dell’evento’”; altri eventi sportivi (Formula E e maratona RomaOstia) organizzati senza gara - e quello di RCS dall’altra, il bando di gara predisposto da Frongia e dalla Raggi appare davvero lacunoso, affrettato e, soprattutto, in grado di porre a rischio quanto meno la prossima edizione della storica corsa podistica capitolina. Perché se il Tar, il 23 maggio, dovesse accogliere la richiesta di sospensiva avanzata dai legali degli attuali organizzatori, non ci sarebbe più tempo per nessuno, neanche per la Federazione di Atletica Leggera (Fidal) indicata dal Campidoglio come ancora di salvezza, di organizzare la prossima competizione, quella, per altro, del venticinquennale. Per cui, in caso di accoglimento del ricorso di Castrucci, o il Campidoglio andrà in proroga con l’attuale assetto organizzativo o l’edizione 2019 della corsa potrebbe non celebrarsi. Danneggiando, per giunta, in maniera pesantissima proprio l’intero movimento sportivo romano. Tanto che, più di qualcuno ha un po’ malignamente intravisto in questo rischio per il 2019 un “favore” a Milano la cui Maratona si è corsa lo stesso giorno di quella capitolina. Mancando quella romana, molti runners si riverserebbero per le strade milanesi. Favore respinto sdegnosamente da RCS: “La vera concorrenza è nella qualità - spiega Paolo Bellino, direttore generale del gruppo - non nel far saltare le corse”. 

CENTURIONI, RIPARTE L'ASSALTO IN CENTRO


"Mettiamo la parola fine al fenomeno dei finti centurioni presenti davanti ai monumenti di Roma. Il Consiglio di Stato ha confermato la sentenza del Tar e ha respinto il ricorso contro la nostra ordinanza”. Lo scriveva sulla propria pagina facebook il sindaco di Roma, Virginia Raggi, all’indomani della conferma del secondo grado di giudizio sulla legittimità dell’ordinanza anti centurioni. 
Era l’8 settembre 2017. L’ordinanza scadeva il 31 ottobre dell’anno scorso. Peccato che, nonostante le vittorie in Tribunale, poi, la Raggi abbia dimenticato di rinnovare l’ordinanza. Che, quindi, è scaduta. E i centurioni sono tornati a spadroneggiare più o meno ovunque. 
Chiaro che i posti più ambiti sono quelli con la presenza di rovine romane: il Colosseo, piazza di Pietra con il Tempio di Adriano, il Pantheon. Ma va bene un po’ ogni luogo. 
Avevamo ragione”, scriveva ancora Virginia, “Bisognava porre fine a questa pratica che ha costituito per anni un oltraggio al decoro e un danno di immagine per la nostra città. L’amministrazione continuerà a vigilare sul rispetto delle regole contenute nell'ordinanza: non saranno più tollerati in alcun modo episodi che, in passato, hanno visto cittadini e turisti importunati da improprie richieste di denaro e da atteggiamenti molesti o aggressivi. Oggi viene definitivamente ristabilita la legalità”.
Invece, da novembre scorso è tornata la piccola guerricciola dei centurioni, dei venditori abusivi di chincaglieria e piccoli souvenir, di bottigliette di acqua minerale ora che arriva il caldo e di ombrelli quando piove, di aste per cellulari, dei risciò fra di loro e con i vigili urbani. Poi ci sono i saltafila, questi davanti al Colosseo, con i venditori di giri sui bus turistici. Insomma, il centro di Roma, dall’ansa barocca alle piazze storiche è comunque un proliferare di attività moleste verso i turisti che già devono guardarsi dalla quantità di borseggiatori che fra metropolitane, autobus e file sono un incubo quotidiano. 
La Raggi aveva promesso l’arrivo del nuovo regolamento di polizia urbana: era il 23 gennaio e, rispondendo alle domande dei cronisti proprio sul mancato rinnovo dell’ordinanza il sindaco aveva annunciato “a breve” il nuovo testo. 
Sono passati altri tre mesi e di questo regolamento non c’è traccia. Andando a spulciare anche l’account twitter del Sindaco, l’annuncite sul regolamento è ben più datata. Era il 27 aprile 2017 quando Virginia cinguettava: “#StopAbusiviaRoma Città non può essere ostaggio di centurioni e risciò. Cambiamento va avanti. Nuovo regolamento decoro per tutelare città”. Dove vada il cambiamento non si sa, magari di tweet in post e di anno in anno.  
In compenso, nel nostro giro turistico i centurioni li abbiamo trovati ben allineati a piazza di Pietra e al Pantheon. Non erano, invece, presenti a piazza di Spagna ma ci è stato spiegato da chi lavora in zona che si è trattato di un caso. Ovviamente, il Colosseo è l’area in cui più di tutte è facile farsi un selfie con un centurione, qualcuno con divise più fai da te, qualcuno un po’ meno raffazzonate. Colosseo dove per decenni non si è intervenuto, a causa della sovrapposizione di competenze fra lo Stato e il Campidoglio: Colosseo e Fori imperiali dello Stato, l’altro lato del Comune. Una sovrapposizione di competenze spesso utilizzata - emblematico il caso delle postazioni dei camion bar cassate durante l’Amministrazione Marino - come alibi per non andare a toccare settori “sensibili”.

VIRGINIA RADDOPPIA: MUCCHE TOSAERBA


Giurava di non aver mai visto un topo a Roma, in un anno, 4 mesi e 29 giorni oggi di permanenza alla guida dell’assessorato all’Ambiente capitolino, il 76% della durata della Giunta Raggi, Pinuccia Montanari ha invaso il web di toccanti dichiarazioni di intenti. Le ultime su pecore e, adesso, anche le mucche. Da usare per tagliare l’erba di parchi e ville storiche di Roma giunti oramai a livelli di giungla. 
L’altro ieri la partenza era con le pecore: “La sindaca Virginia Raggi - raccontava la Montanari su facebook - recentemente mi ha sollecitato l'utilizzo delle pecore e degli animali per effettuare questa attività, che già viene fatta al parco della Caffarella e che vorremmo estendere agli altri parchi e alle grandi ville. È un modo semplice, che fanno in altre grandi città come Berlino, ci sembra giusto e interessante”. 
Oggi è il turno delle mucche. 
Stavolta l’annuncio arriva per radio, su InBlu Radio, il network delle radio della Conferenza Episcopale italiana: “L'idea di utilizzare le pecore per tagliare l'erba la stiamo già sperimentando nel parco della Caffarella. Un'attività che funziona molto bene e dove le pecore falciano un'area vasta”.
Ora, le pecore alla Caffarella sono di allevamenti privati, lì brucano l’erba da decenni e né la Montanari e la Raggi né i loro predecessori c’entrano nulla. E, tuttavia, al di là dei meriti surrettiziamente avocati, le pecore non bastano: se la Montanari si facesse un giretto alla Caffarella scoprirebbe che i 19 e spicci chilometri quadrati del Parco sono tutto fuorché con l’erba corta. In qualche area le pecore bastano. Altrove no: l’erba è ancora modello giungla. 
Prosegue, però, l’Assessore: “Vogliamo estendere l'esperimento in altre zone di verde molto estese considerando che Roma è uno dei territori più vasti d'Europa con 44 milioni di metri quadrati di verde da gestire. E con la carenza di risorse e personale abbiamo cercato di trovare tutte le possibili soluzioni. Il Comune ha già le pecore di proprietà, possiede infatti due aziende agricole a Tenuta del Cavaliere e a Castel di Guido. In queste aziende abbiamo anche alcune mucche che potrebbero essere utilizzate quando l'erba è particolarmente alta. Ovviamente saranno utilizzate sempre in aree chiuse. Siamo anche felici di siglare dei protocolli d'intesa con soggetti che possono mettere a disposizione questo tipo di soluzioni. Ho riscontrato diverse valutazioni positive - ha concluso l’assessore Montanari - dal Wwf alla Coldiretti che ha addirittura riconosciuto che può essere un'alternativa moderna alla transumanza che per secoli ha caratterizzato i nostri territori. È chiaro che gli animali autorizzati devono essere indenni da determinate patologie e sottoposti a profilassi particolari”. 
Non sorprende il plauso di Coldiretti che, tra l’altro, lamenta l’enorme aumento dei prezzi del foraggio per l’allevamento e che, quindi, sarebbe ben felice di portare mucche e pecore a pascolare gratis.
Rimarrebbe il problema dei parassiti di pecore e mucche e quello dei loro escrementi: temi che nell’annuncite acuta della Montanari non hanno trovato spazio e che sono stati, invece, rilanciati dalle opposizioni, Pd in testa.
Poi ci sono anche un paio di conti da fare: una mucca da latte consuma quotidianamente 20 kg di sostanza secca il che, tradotto in erba che è fresca e contiene l’85% di acqua, significa 130 kg al giorno. In media, un ettaro di terreno produce fra i 100 e i 140 quintali di erba all’anno. I parchi e le ville storiche di Roma cubano 85mila ettari. Facendo, quindi, due conti, viene fuori che servirebbero non meno di 20mila mucche per ogni giorno dell’anno per brucare l’erba di queste aree verdi. Ovviamente, l’erba non cresce allo stesso modo tutto l’anno ma “l’esplosione” avviene principalmente nel periodo primaverile, quindi, effettivamente ne basterebbero 6 o 7mila: oltre 10 volte quelle che il Campidoglio possiede.  

IDEONA RAGGI: PECORE PER PULIRE I PARCHI


Poteva sembrare Lercio, il sito satirico di notizie (false) così grottesche da poter addirittura sembrare vere. Invece no: la strabiliante idea, l’arma segreta della Giunta Raggi per affrontare e risolvere il problema della giungla urbana dei parchi e delle ville sono le pecore. Parola dell’assessore all’Ambiente, Pinuccia Montanari, la stessa che non ha mai visto un topo a Roma. 
Lo annuncia l'Assessore, seria seria, anzi, serissima, sulla propria pagina facebook in una mezz’ora di soliloquio con risposte a domande selezionate. Mezz’ora surreale: dopo un anno, 10 mesi e 2 settimane di governo Raggi della città (dei quali il 24% con Paola Muraro e il 76% con la Montanari all’Ambiente) il leit motiv è “stiamo elaborando”, “faremo”, “spero che”. Una lunga elaborazione per il contratto di servizio Ama, per la raccolta dei rifiuti, la pulizia delle strade, le potature e gli sfalci dell’erba. 
Insomma, sentendo la Montanari parlare, pare ieri che questa Amministrazione si è insediata.
La perla arriva a metà del soliloquio, al minuto 16 e pochi secondi. Rispondendo a tale Simonetta che cita il castello di Berlino, la Montanari rivela tutto. 
Al di là dell’errata citazione del Castello di Berlino (quello che esisteva è stato demolito nel 1950) a Berlino da un paio di settimane, è stato "assunto" un gregge di 40 pecore che è stato spedito nei giardini alla francese dello Schloss Charlottenburg - l’unico castello rimasto dell’epoca prussiana, iniziato all’inizio del 1700 e terminato oltre ottanta anni e 3 sovrani dopo nel più puro stile barocco - a tosare i prati sotto la supervisione del cinquantanovenne pastore Björn Hagge e del suo cane pastore, Julie. 
La sindaca Virginia Raggi - ha annunciato la Montanari - recentemente mi ha sollecitato l'utilizzo delle pecore e degli animali per effettuare questa attività, che già viene fatta al parco della Caffarella e che vorremmo estendere agli altri parchi e alle grandi ville. È un modo semplice, che fanno in altre grandi città come Berlino, ci sembra giusto e interessante”. 
Che alla Caffarella ci siano greggi di pecore è cosa nota da oltre un decennio ma basta farci un giro per capire che le pecore non bastano e che ci sono intere zone con erba così alta da offrire un comodo riparo alle bisce. 
Citare Berlino, poi, è un’altra bizzarria: il giardino alla francese prevede erba bassa ma aree curatissime con decorazioni geometriche. Per farsi un’idea, basta dare un’occhiata a Vaux-Le-Vicomte o i giardini di Versailles. Non proprio quello che abbiamo a Villa Borghese o a Villa Ada.
Il duo delle meraviglie, Raggi-Montanari, non è solo in questa battaglia: a Torino, la pentastellata Chiara Appendino invece delle pecore manda le mucche a brucare l’erba nella zona del Cimitero Parco. Tuttavia, anche a Torino insieme agli animali c’è il servizio giardini all’opera. Cosa che a Roma, nonostante l’annuncio della Montanari di altre 70 assunzioni fra i giardinieri, non pare funzionare. Ovviamente, coglie al volo l’occasione Coldiretti cui l’assist della Raggi pare manna dal cielo: “L’utilizzo di pecore per tagliare l’erba dei prati rappresenta un’interessante opportunità per lo sviluppo del settore agricolo”, dice David Granieri, presidente di Coldiretti Lazio, che aggiunge: “il problema della manutenzione del verde si è aggravato pesantemente con la progressiva diminuzione del personale del Servizio Giardini, passato da 1.200 a circa 300 unità e chiamato a gestire un patrimonio immenso con 85mila ettari sui 129 mila totali. È evidente che questa ipotesi sarebbe vantaggiosa sia per l’ambiente, sia per il settore zootecnico, in forte difficoltà anche per l’aumento dei costi delle materie prime necessarie all’alimentazione degli animali. Inoltre, la presenza delle pecore potrebbe rappresentare un’occasione per riproporre una festa dalle antiche tradizioni, quella della transumanza”. Dopo le critiche politiche (i pd Foschi, Corsetti, Palumbo, Pedica) si attendono con ansia anche gli sfottò sportivi fra tifosi della Roma e della Lazio. 

mercoledì 16 maggio 2018

BOTTICELLE A RISCHIO COL NUOVO REGOLAMENTO


Sono solo 38, i titolari di licenze di botticelle, ma sono sul piede di guerra, pronti a portare in Tribunale il Campidoglio che, ieri, ha annunciato il nuovo Regolamento per le tradizionali carrozzelle romane. 
In sintesi: via le carrozze a cavallo dal centro storico e dalle strade cittadine, spostamento del servizio dentro Villa Borghese o Villa Pamhpilij o il Parco degli Acquedotti o, da ultimo, la Tenuta di Castel di Guido. Altra novità, il termometro: fino a oggi il servizio poteva essere svolto entro una temperatura di 35 gradi; col nuovo testo si scende a 30. Da ultimo, chi fra i vetturini non vorrà potrà passare (a proprie spese) alla licenza taxi

In campagna elettorale i 5Stelle avevano promesso la totale abolizione del servizio - che in Italia si svolge, oltre che a Roma, anche a Palermo, Firenze, Verona; e in Europa a Vienna, Berlino, Malaga - salvo poi accorgersi che legalmente non era una cosa fattibile, come ha spiegato il presidente della commissione capitolina Ambiente, Daniele Diaco, “secondo le leggi nazionali, questo servizio non è eliminabile, ma i Comuni possono regolamentarlo”. 
Spiega sempre Diaco: “Giovedì sarà protocollato il regolamento che verrà accompagnato da una delibera di Giunta”. Ieri seduta congiunta delle Commissioni Ambiente e Mobilità, alla presenza dell’assessore ai Trasporti, Linda Meleo, che aggiunge: “Abbiamo anche pensato che su ogni carrozzella ci siano dei cronotachigrafi e strumenti idonei ad analizzare la temperatura, l'umidità e consentire di capire quanto tempo il cavallo è stato in movimento”. La Meleo ha poi sottolineato come “già tre vetturini abbiano fatto la conversione della licenza in quella taxi” facendo scendere il numero totale delle carrozzelle romane a 38. 
Angelo Sed, presidente dell’Associazione dei Vetturini, attacca: “Impugneremo immediatamente questo Regolamento. Prima il problema erano le salite: spiegateci, di grazia, per arrivare a Villa Pamphilij o a Villa Borghese forse che via Veneto o via del Tritone o via Garibaldi non sono forse in salita? Noi dobbiamo portare i cavalli su strade pericolose: per arrivare a Castel di Guido dobbiamo percorrere l’Aurelia. Ci vedete in fila, in 10 o 12 carrozze, sull’Aurelia? O sull’Appia Nuova o sulla Tuscolana per arrivare al Parco degli Acquedotti? Traffico impazzito e sicurezza per noi e gli animali inesistente: ci saranno cadute e cavalli morti e la responsabilità sarà dell’Amministrazione Raggi. Noi nei parchi non andiamo perché un servizio pubblico non di linea non può diventare servizio di linea”, chiarisce ancora Sed che ricara la dose: “Se mi chiedono oggi di andare a Villa Borghese io non ci vado perché non c'è nulla da vedere, figuriamoci se ci vado a lavorare. Nei parchi questo lavoro muore, farebbero meglio a togliere direttamente il servizio”. 

Ultima stoccata sulle conversioni delle licenze: “I tre che hanno preso la licenza taxi lo hanno fatto per motivi personali e ben prima del regolamento: uno si è trasferito a Torvajanica, uno a Monte Porzio e il terzo per problemi familiari. Conversione, poi, che per giunta dovremmo pagare di tasca nostra. Noi non siamo stati mai convocati nella fase preparatoria, né sui percorsi, né sulle scuderie, né, ovviamente, su questo regolamento che è buono per gli animalisti e non per gli animali. Veniamo chiamati a giochi fatti ma questo testo appare una provocazione”.




Quindi, dopo quello per la Maratona, quello per gli impianti sportivi, adesso arriva il terzo regolamento che i 5Stelle fanno elaborare ai Consiglieri (e non agli Assessori) pronto a finire in Tribunale.  

martedì 15 maggio 2018

RAGGI INAUGURA LA METRO DEGLI ALTRI


Dopo un’attesa che data dall’inizio degli anni ‘90 e sette anni di ritardi sulla iniziale tabella di marcia prevista (con lievitazione di costi), da ieri è aperta la stazione San Giovanni della Metro C. Il Casilino e il Prenestino ora sono più direttamente connessi con il centro e, finalmente, oltre Termini, a Roma contiamo una seconda stazione di scambio fra due linee. 
La promessa di Virginia Raggi e della sua compagine governativa - dopo prima i niet del 2013 del fermarsi a San Giovanni, poi i tentennamenti dell’ultimo quinquennio se proseguire o meno - è quella di arrivare quanto meno a Ottaviano, come da programma, “ma vogliamo arrivare a Farnesina”, ha ribadito oggi il Sindaco al taglio del nastro. Con quale percorso e quali stazioni (due ipotesi sul tavolo tutte ancora da verificare in primo luogo in termini economici) e con quali soldi e, quindi, fra quanto tempo non è dato di saperlo e rientra nella narrazione del meraviglioso futuro a 5Stelle che i grillini si sforzano di raccontare al mondo.
Nel frattempo, ieri, la Raggi, con marito e pargolo al seguito, timbra il biglietto alle 11.40 aprendo formalmente la stazione. Una stazione archeologica, il cui progetto originario è stato stravolto dalla quantità (e meravigliosa qualità) dei ritrovamenti archeologici emersi dagli scavi: La Sapienza e la Soprintendenza hanno lavorato a stretto contatto per ridisegnare la stazione che è un museo a cielo aperto: un museo visitabile al costo del biglietto metro, con una gran copia di reperti da far invidia a un museo vero e proprio. E ieri, molti sono stati i cittadini che sono entrati a prendere la metro ma ancor di più quelli che si sono affacciati a vedere le teche con monete, semi d’epoca romana, tubature del periodo dei Cesari, pezzi di statue, anfore. 
Non sono mancate le polemiche: la Regione Lazio e il Ministero delle Infrastrutture, gli altri due partner (e pagatori) del progetto con il 12% dei costi la prima e il 70% il secondo, sono stati praticamente relegati nell’angolo con la Raggi che si è presa tutta la scena, limitandosi a uno stitico ringraziamento dei “sindaci precedenti” (neanche nominati) e lasciando che il vicepresidente della Regione, Smeriglio, e il rappresentante del ministro Delrio, invitati all’ultimo via cerimoniale, si perdessero fra la folla (“Il biglietto lo abbiamo pagato 250 milioni”, dice Smeriglio). Prassi consolidata dalla propaganda 5Stelle: i disastri sono ereditati, le cose buone evidentemente no.