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In questo blog mi dedico a guardare con occhio maliziosamente indipendente ciò che accade a Roma - e qualche volta anche nel resto del mondo - soprattutto attraverso ciò che della mia città raccontano i quotidiani. Generalmente prendo in considerazione i tre quotidiani più importanti per vendite e diffusione nella Capitale: Corriere della Sera, La Repubblica e il Messaggero. A volte troveranno spazio anche gli altri quotidiani, la cui lettura è comunque sempre accurata.

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mercoledì 9 maggio 2018

CAPRICCIOLI (RADICALI): "COS'ALTRO ASPETTANO A FARE IL REFERENDUM SU ATAC?"


Le situazione aziendale di Atac, al di là del persistere delle criticità nella gestione ordinaria del servizio all’utenza, ora sta precipitando e diviene rischiosa tanto per i passeggeri quanto per i lavoratori”. 
Alessandro Capriccioli, segretario romano dei Radicali Italiani, non le manda a dire. Su Atac con il Campidoglio c’è un conto aperto, quello del referendum promosso dai Radicali, e dalla Raggi prima indetto per il 3 giugno e poi spostato al prossimo autunno. 

Il referendum torna d’attualità?
D’attualità lo è sempre stato. Oggi emergono una serie di questioni che il Campidoglio non può più occultare”.

Quali?
Qualche giorno fa, ad esempio, la questione dell’iscrizione di Atac al Registro Elettronico Nazionale (Ren, una sorta di albo delle aziende che esercitano il trasporto e che attesta, fra l’altro, la solidità finanziaria della società iscritta; ndr) è stata derubricata come questione formale. Non lo è: i problemi economici che impediscono a Atac di rimanere iscritta al Ren sono gli stessi che le impediscono di fare la manutenzione ordinaria. Questa è la cartina di tornasole dei problemi dell’azienda romana”. 

E il referendum che c’entra? 
Con il referendum noi chiediamo non la privatizzazione dell’azienda, come qualcuno dal Campidoglio si sforza di raccontare. Sarebbe sempre il Comune a rimanere l’attore che decide la programmazione, la pianificazione e il controllo del servizio, delle linee e delle frequenze, decidendo con una gara quali sono le aziende chiamate a servire l’utenza. Oggi il Campidoglio è più preoccupato di gestire l’azienda invece che della qualità dell’offerta di trasporto pubblico. Con il referendum, se vincessero i sì, il Comune fissa i paletti senza preoccuparsi della gestione societaria, come invece avviene oggi”.

In molti hanno interpretato la decisione della Raggi di posticipare il referendum come un modo per tenersi libera le mani nel caso in cui, il 30 maggio, il Tribunale bocciasse il concordato fallimentare.
Aggiungo un’ulteriore considerazione a questo. Il disinteresse dell’Amministrazione comunale per il referendum avrebbe posto il Campidoglio in una posizione scomoda. Nonostante i nostri ripetuti richiami, nulla era stato fatto: né la corretta informazione ai cittadini ma neanche gli atti preparatori (ad esempio il regolamento per lo svolgimento del referendum stesso). Questo ritardo avrebbe portato a compiere questi adempimenti oramai a ridosso della data del 3 giugno senza che ai cittadini venisse data non un’adeguata informazione ma proprio nessuna”.

Lei cosa si aspetta che il Sindaco faccia ora?
Io spero che la Raggi voglia dare un segnale preciso, un forte segnale, magari fissando la data del referendum che, a oggi, potrebbe essere celebrato fra ottobre e novembre. Sarebbe un segnale di attenzione e di disponibilità ad aprire un dialogo serio sul futuro del trasporto pubblico locale romano”.

E se non lo farà?
Non mi meraviglierò”. 

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