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In questo blog mi dedico a guardare con occhio maliziosamente indipendente ciò che accade a Roma - e qualche volta anche nel resto del mondo - soprattutto attraverso ciò che della mia città raccontano i quotidiani. Generalmente prendo in considerazione i tre quotidiani più importanti per vendite e diffusione nella Capitale: Corriere della Sera, La Repubblica e il Messaggero. A volte troveranno spazio anche gli altri quotidiani, la cui lettura è comunque sempre accurata.

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martedì 30 aprile 2019

STADIO; SAIS PRONTA A QUERELARE PER ACCUSE SU PRESUNTA BANCAROTTA FRAUDOLENTA


La Sais - la società, già di proprietà di Gaetano Papalia oggi in amministrazione controllata, e che, fino al 2013, gestiva l’Ippodromo di Tor di Valle, venditrice dei terreni alla Eurnova di Luca Parnasi - è pronta a portare in tribunale per diffamazione l’architetto Francesco Sanvitto e quanti ancora dovessero parlare di “bancarotta fraudolenta”. L’annuncio è arrivato ieri mattina attraverso una nota diffusa per la stampa in cui l’attuale amministratore unico, Michele Saggese (presidente, fra l’altro, dell’Ordine dei Commercialisti di Napoli) ricostruisce tutta la vicenda della cessione dei terreni a Parnasi definita, da Sanvitto, come fatta “sottocosto, concorrendo al fallimento” della Sais stessa. 
Secondo Saggese “da maggio 2015” a oggi la Sais “non ha ricevuto alcun atto formale da parte della Procura” in merito a una presunta indagine per “bancarotta fraudolenta”, aggiungendo che, “a distanza di 4 anni dalla sentenza di fallimento” la Sais ha quasi saldato l’intero ammontare di tutti i debiti. Nello specifico, poi, in relazione alla cessione dei terreni dalla Sais alla Eurnova di Parnasi, Saggese spiega: “il contratto di compravendita è stato fatto proprio dal Tribunale di Roma a luglio 2015 confermando il prezzo di cessione originariamente convenuto sin dall’atto preliminare del marzo 2010”. 
Perché la prima intesa per cedere a Parnasi i terreni è del 2010, antecedente di ben 2 anni, quindi, l’avvio dell’intero processo Stadio con la ricerca da parte della Roma del terreno dove costruire l’impianto. Basti pensare che era Rosella Sensi ancora presidente della Roma quando Parnasi e Papalia si accordavano per la compravendita dei terreni.
Conclude Saggese: “a meno che Sanvitto e i suoi legali non pensino di accusare di concorso in bancarotta anche il Tribunale di Roma” in caso di nuove “infondate affermazioni” ci si vedrebbe in Tribunale. 


ESTATE; PROCACCINI: "TERRACINA È LA REGINA DEL LAZIO PER QUESTO È CARA"


Terracina è diventata la regina della costa laziale ed è una cosa che, da Sindaco, mi riempie di orgoglio visto che, nel 2011, quando abbiamo vinto per la prima volta le elezioni, l’immagine simbolo di Terracina era il quasi dissesto finanziario e un cumulo di rifiuti sotto il cartello “Benvenuti””.
Nicola Procaccini, sindaco di Terracina, commenta con soddisfazione la notizia che è la sua la città più richiesta (e più cara) per passare le vacanze estive, superando altre notissime località come Santa Marinella/Santa Severa, Fregene, Anzio, San Felice Circeo, Sperlonga.
Sindaco, come spiega il fatto che a Terracina si registra il più alto aumento dei costi per gli affitti estivi?
Da alcune stagioni Terracina si è animata di una grande vita notturna cui si sommano eventi sportivi e culturali. Il risultato è che da noi vengono molti turisti dal nord Europa, specialmente dalla Norvegia e dalla Germania. E in parte è anche merito di Enrico Mentana e della Coca-Cola”.
In che senso?
Nella primavera 2017 la Coca Cola lancia una specie di concorso su scala mondiale scegliendo 140 mete dove viaggiare in tutto il mondo e Terracina era nel gruppo delle destinazioni “Italia teen”. All’epoca fu Enrico Mentana ad accorgersi di questo e con alcuni post, di fatto, rilancia e dà eco a questa cosa. All’epoca ci fu pure un botta e risposta fra me e il Direttore. Ma questa iniziativa della Coca Cola, da un parte non nasce in modo casuale, ma dall’altra ha accresciuto in modo esponenziale la visibilità internazionale di Terracina”.
Cosa intende per “non nasce in modo casuale”?
Da alcuni anni Terracina sta vivendo una grande crescita del turismo, specie di quello fra i giovani. La Coca-Cola, che certo non può mica essere influenzata da un sindaco locale o da esponenti politici, ha fatto le sue stime e rilevazioni e se l’ha inserita insieme a Miami o Mykonos, Gallipoli o Cefalù non l’ha certo fatto in modo casuale”.
Sindaco, lei parlava di movida, cultura e sport. Esattamente, cosa offre Terracina?
La presenza di numerose discoteche e locali costituisce un elemento di attrazione eccezionale e, ovviamente, diviene un fattore moltiplicatore. Per ogni locale che apre, ne apre poi un altro. Tutto questo genera lavoro e ricchezza e diviene un elemento di attrazione per i giovani. Ma non c’è solo l’elemento ludico, la movida. Terracina è praticamente diventata una sorta di capitale degli sport da spiaggia: ci sono campionati e tornei di beach volley, beach soccer, beach tennis e via dicendo. E i concerti estivi o le bellezze del centro storico che attraggono i turisti”.
Non ci saranno mica solo aspetti positivi...
È chiaro che per noi c’è un problema anche di ordine pubblico. Sfruttando una clausola del decreto sicurezza, questa estate partirà la sperimentazione per cui saranno i locali notturni a pagare gli straordinari ai Vigili urbani”.
Quanti Vigili avete?
Compresi gli stagionali non arriviamo alle 50 unità che effettuano servizio in esterna”.
Forse non proprio il numero giusto?
Non sono molti e certo l’Amministrazione comunale non sarebbe in grado di pagare turni straordinari. Quindi ben venga questo aspetto del decreto sicurezza”.
Siete in grado di evitare gli affitti in nero?
Questo è un compito della Guardia di Finanza. Certo, chi affitta in nero non solo impoverisce lo Stato non versando le tasse, ma anche noi perché non viene pagata l’imposta di soggiorno”. 

lunedì 29 aprile 2019

CASE AL MARE, A OSTIA I MIGLIORI AFFITTI


Da 650 euro fino a 1400 per giugno, da quasi 700 euro a poco più di 1400 per luglio con il picco ad agosto - fra 800 e oltre 1500 euro per un mese di affitto - per tornare a più miti spese a settembre che oscilla fra un 570 euro e poco meno di 1150. È il costo medio per un appartamento di circa 90 metri quadri o, se si preferisce, per un tre camere bagno e cucina, in una delle località marittime della costa laziale, meta delle estati vacanziere dei romani. Si parte da Santa Marinella/Santa Severa e si scende, costa costa, fino a Sperlonga. 
Lo diciamo subito: sono calcoli ancora embrionali, basati sugli annunci già pubblicati che sono pochi, dato che siamo ancora lontani dalla stagione estiva e che quindi potranno subire modificazioni nelle prossime settimane. Inoltre, le variabili che possono influenzare il costo finale di un appartamento sono tantissime: il posto auto (o più posti auto), la presenza di balconi, terrazzo, giardino, cantina, garage. E, ancora: la piscina a disposizione, vuoi “personale” vuoi condominiale; l’esposizione della casa; il numero degli appartamenti nell’immobile, lo stato di conservazione, la lontananza dal mare. E così via. 
Nel nostro computo, abbiamo escluso quegli annunci “fuori mercato” sia perché con costi molto più alti della media, sia per il motivo opposto. Insomma, abbiamo cercato di calcolare un valore medio di un appartamento. Ed è chiaro che, a parte tutti gli elementi che abbiamo indicato poco sopra, a influenzare il prezzo è in primo luogo il taglio dell’immobile: una villa singola è un conto, una villa a schiera un altro. E le dimensioni stesse dell’appartamento.
Fatta questa doverosa premessa, vediamo cosa esce fuori fra l’estate 2019 e quella dello scorso anno. 
Il costo - ripetiamo: il computo è basato su un appartamento di 3 camere per circa 90 metri quadri - non si discosta tantissimo da quello dello scorso anno. 
Per lo scorso anno i valori sono stati rivcavati mettendo a paragone i vari borsini immobiliari delle maggiori società di intermediazione immobiliare: sulla costa laziale, nel tratto compreso fra Santa Marinella e Sperlonga, il punto più economico è stato Ostia con un valore medio di 670 euro al mese per un appartamento. E anche per il 2019 la palma d’oro rimane sempre a Ostia, con una media appena superiore attestata sui 680 euro al mese.
Chiaro, tuttavia, che a determinare un valore così basso contribuisce la grande estensione di Ostia e il fatto che, essendo in realtà Roma a tutti gli effetti, i costi degli appartamenti sono spalmati davvero sull’intero anno solare. Le realtà più vacanziere, invece, risentono maggiormente dei picchi estivi. 
In tutto il Lazio la zona che vince il premio come quella più ricca è Terracina la cui media era di poco superiore ai 1400 euro mensili l’anno scorso e che si attesta sui 1500 per questa estate. 
Seguono, praticamente in un fazzoletto di pochi euro, Santa Marinella/Santa Severa e Sabaudia, entrambe con 1145 euro lo scorso anno e 1150 nell’estate che verrà; poi Fregene, con 1112 nel 2018 ma con un balzo avanti a 1300 euro mese per questa estate che la potrebbe collocare con la medaglia d’argento. 
Quindi, a chiudere il podio delle località che superano il migliaio di euro medio per l’affitto mensile di un appartamento ci sono Ladispoli e Sperlonga, oscillanti fra i 1150 circa dello scorso anno e i 1100 di questo. 
Al di sotto di questa media troviamo San Felice Circeo, tutta la costa di Ardea con Tor San Lorenzo, Lido dei Pini e Anzio, Nettuno; e, infine, Torvajanica e Marina di Cerveteri.
In linea generale, poi, l’analisi di questi primi dati consegna un andamento medio dei prezzi in crescita dello 0,8% rispetto all’estate 2018 ma con punte significative: +12% per Fregene e un -12% per Tor San Lorenzo, +5,65% per Terracina e -7,62% per Marina di Cerveteri, con i picchi dei costi che si raggiungono a luglio e ad agosto un po’ ovunque. 


sabato 27 aprile 2019

STADIO; L'IDIOZIA GIURIDICA DEL "RI-VOTO" SUL PUBBLICO INTERESSE

Da alcune settimane, ciclicamente, gira la voce di un nuovo voto sulla delibera 32/2017, quella Raggi sul pubblico interesse alla costruzione dello Stadio della Roma. 
In sostanza, alcuni consiglieri comunali ritengono che, poiché quella Delibera sarebbe stata “presentata” al voto da De Vito, grillino, ex presidente dell’Aula finito sotto inchiesta per corruzione e al momento detenuto a Regina Coeli, un nuovo voto sul testo “laverebbe” questa “macchia”.

Vediamo perché questa idea è semplicemente un’idiozia giuridica.

NON ESISTE IL DOPPIO VOTO
Primo punto: una delibera votata, è votata. Non si rivota. Né per confermarla né per cambiarla né per cancellarla. Chiunque dica una cosa simile è il caso che torni a studiare le basi del diritto perché si tratta di una cosa giuridicamente non fattibile. 

DE VITO NON È UNA MOTIVAZIONE: È UN’AGGRAVANTE DELL’IDIOZIA
L’idea che De Vito abbia presentato la delibera al voto è un’aggravante dell’idiozia: da quando è stato eletto presidente dell’Assemblea Capitolina al giorno del suo arresto, sotto la presidenza di Marcello De Vito, l’Assemblea ha votato la bellezza di 482 delibere. Sulla base di questa idea del “lavare la macchia De Vito” si dovrebbero rivotare tutte le 482 delibere: né varrebbe l’idea di rivotarne solo una, perché, una qualunque delle altre, verrebbe ad essere attaccabile in tribunale, non per il ruolo di De Vito, ma perché si sarebbe attuata una disparità di trattamento fra provvedimenti, cosa palesemente contraria alla legge.

IL RUOLO DI DE VITO
Entriamo, poi, nella questione del ruolo di De Vito. Qualche buontempone fa circolare la voce che De Vito abbia “presentato” la Delibera al voto e abbia condotto le votazioni come Presidente. Ma guarda un po’ che strano! È esattamente quello che fa il Presidente dell’Aula: conduce i lavori
Ma solo un emerito, colossale ignorante può pensare che la delibera sia portata al voto dal Presidente dell’Aula: la decisione sul calendario dei lavori spetta alla Conferenza dei Presidenti dei Gruppi consiliari (volgarmente: capigruppo). 
E le delibere non sono presentate né proposte dal Presidente dell’Aula ma da chi le firma: un consigliere oppure la Giunta. 
Nel caso Tor di Valle, si trattava di una Delibera di Giunta ad essere stata calendarizzata dalla Conferenza dei Presidenti dei Gruppi.
Né esistere l’idea che il voto di De Vito favorevole a quella Delibera ne abbia “macchiato” in qualche modo la purezza: la delibera Stadio ottenne 28 voti favorevoli, 9 contrari e 1 astenuto. Quindi, con un quorum per l'approvazione del provvedimento che era pari a 20 voti (28+9+1=38:2=19 metà dei presenti + 1 per la maggioranza), il voto di De Vito è stato totalmente ininfluente ai fini dell’approvazione del provvedimento

DUE SOLE STRADE PERCORRIBILI
Diciamo che si vuole mandare comunque un segnale forte?
A parte l’ovvia obiezione del perché questo segnale non sia stato inviato il giorno del Consiglio comunale straordinario sullo Stadio, richiesto dal sindaco Raggi, e conclusosi con la bocciatura a maggioranza di tutti gli ordini del giorno presentati dalle opposizioni ma senza che vi fosse un solo documento di maggioranza da votare, esistono due sole strade.

La prima, solo politica: un ordine del giorno o una mozione di sostegno alla Giunta e di riaffermazione del pubblico interesse contenuto nella Delibera 32/2017.
Non costa nulla, ovviamente. Non ha valore giuridico, se non minimo. Ma è un atto dal forte peso politico.

Seconda strada: si propone una nuova delibera. Che non è il “ri-voto” sulla 32 ma proprio un testo nuovo

“Visto..., 
visto..., 
visto..., 
considerato..., 
ritenuto..., 
letta la delibera 32/2017, 
L’Assemblea Capitolina delibera di confermare il contenuto della delibera 32/2017 in ogni sua parte”. 

Attenzione: questo è un testo molto particolare. 
Perché è una delibera di convalida, un testo - si potrebbe quasi definire - di secondo grado e, a differenza di mozione e ordine del giorno, ha un immediato e irrevocabile effetto giuridico: il Comune sana qualunque potenziale irregolarità contenuta della 32/2017.
Una irregolarità che non esiste, sia chiaro, ma che qualcuno cerca al fine di giustificare ancora oggi l’ipotesi di annullamento d’ufficio degli atti ai sensi dell’articolo 21 nonies della legge 241/90.
La delibera di convalida cancellerebbe anche immediatamente non solo l’ipotesi - ribadisco: inesistente - di annullamento d’ufficio ma anche il potere di revoca.

Vale a dire che una delibera di questo tipo, ricadrebbe direttamente in quanto previsto dal secondo comma dell’articolo 21 nonies (“È fatta salva la possibilità di convalida del provvedimento annullabile, sussistendone le ragioni di interesse pubblico ed entro un termine ragionevole”).

Spieghiamo: già l’annullamento d’ufficio in autotutela è una strada assolutamente non percorribile essendo insostenibile da un punto di vista giuridico. Con questa delibera di convalida, poi, di fatto si metterebbe anche una pietra tombale sul potere di revoca. Perché se è vero che questo potere di revocare un atto resta sempre valido, anche fino all’ultimo secondo, quel che cambia è il costo che un’eventuale revoca avrebbe per la collettività. Ipotizzare di votare una convalida e poi pensare di revocare un atto avrebbe un costo economico assolutamente mostruoso per le casse del Campidoglio in termini di danno di immagine (oltre quelli materiali da danno emergente).

CONCLUSIONE
Smettere di dire cose prive di qualunque senso giuridico sarebbe già un buon punto di partenza. Mi riferisco, all’idea di “rivotare” una delibera. 
Smettere di aggiungere a queste idiozie giuridiche, una motivazione aggravante dello stato di obnubilazione giurisprudenziale sarebbe una seconda cosa buona. Ma la cosa migliore, sarebbe anche pensare alle conseguenze che qualunque atto il Consiglio voti oggi potrebbe sortire in una ipotetica causa. 

Per quanto mozione e ordine del giorno abbiano un effetto giuridico pari a zero, questa potenziale causa ha uno dei suoi fondamenti nell’affidabilità della Pubblica Amministrazione che non può compiere atti fra loro contraddittori. Tipo votare anche solo mozioni sul pubblico interesse allo Stadio e poi revocarlo! 

Insomma: se non si ha nulla di sensato da dire, conviene stare decisamente zitti. 

giovedì 25 aprile 2019

DE VITO DAL CARCERE: "SONO INNOCENTE, NON MI DIMETTO"


Marcello De Vito, l’ex presidente dell’Assemblea capitolina, scrive un lettera al sindaco, Virginia Raggi, e ai suoi colleghi in Consiglio comunale: niente dimissioni, pronto per il giudizio dei magistrati ma anche fermo nel respingere il giustizialismo da tritacarne mediatico e un paio di stilettate ai 5Stelle e Di Maio.
In questo periodo ho pensato spesso, per il rispetto che nutro verso l'istituzione, al fatto di dimettermi dalla carica di presidente dell'Assemblea capitolina, carica che ho amato e che ritengo di avere svolto con onore per un verso, con piena cognizione dei suoi equilibri e tecnicismi dall’altro. Ma non posso, non voglio e non debbo farlo!”, scrive De Vito, che aggiunge: “Care colleghe e cari colleghi considero privo di presupposti qualsiasi atto che mi abbia privato di qualcosa: sia esso la libertà personale, la carica (anche in via temporanea), la stessa iscrizione dagli M5S. Ai sensi del regolamento del Consiglio comunale considero le assenze dal 20 marzo 2019 contrarie e comunque non imputabili alla mia volontà nonché la sospensione e la temporanea sostituzione prive di presupposti. Credo con forza nella giustizia e giustizia con forza chiedo!”.
De Vito poi si dice pronto per il giudizio della magistratura: “Sono pronto per il giudizio. Non sono corrotto né corruttibile e confido nel pieno e positivo accertamento in tal senso da parte della magistratura” ma poi attacca anche i suoi ex compagni di partito: “Nell'immediato ho provato rabbia e delusione per le parole di abbandono degli ‘amici’. Posso dire che ho ricevuto maggiore solidarietà delle persone in queste retrovie che in qualsiasi altro posto”. Infine, un passaggio De Vito lo dedica anche a Di Maio: “Certamente in questo tempo mi sono chiesto cosa potrebbe decidere il nostro leader per se stesso, ove fosse sottoposto ad un giudizio: sicuramente proporrebbe un quesito ad hoc, come quello ideato sul caso Salvini-Diciotti, da sottoporre al voto online. Così come ho ricordato che il nostro codice etico prevede l'espulsione dall'M5S solo in caso di condanna e non si presta ad opinabili interpretazioni a seconda dei casi o peggio, all'arbitrio del nostro leader".

mercoledì 24 aprile 2019

STADIO; ANALISI SUL PRESUNTO ABUSO D'UFFICIO


Su esposto presentato dall'architetto Francesco Sanvitto, assistito dall'avvocato Edoardo Mobrici, il Giudice per le Indagini preliminari ha respinto la richiesta di archiviazione proposta dalla Procura nei confronti del sindaco, Virginia Raggi, per il reato d'abuso d'ufficio. 





L’ABUSO D’UFFICIO
Il primo passaggio è capo d’imputazione nei confronti del sindaco, Virginia Raggi: l’abuso d’ufficio.
Questo è disciplinato dall’articolo 323 del codice penale.

1. Salvo che il fatto non costituisca un più grave reato, il pubblico ufficiale o l'incaricato di pubblico servizio che, nello svolgimento delle funzioni o del servizio, in violazione di norme di legge o di regolamento, ovvero omettendo di astenersi in presenza di un interesse proprio o di un prossimo congiunto o negli altri casi prescritti, intenzionalmente procura a sé o ad altri un ingiusto vantaggio patrimoniale ovvero arreca ad altri un danno ingiusto è punito con la reclusione da uno a quattro anni.
2. La pena è aumentata nei casi in cui il vantaggio o il danno hanno un carattere di rilevante gravità.


Gli elementi di base del reato sono:

A. essere un pubblico ufficiale o un incaricato di pubblico servizio
B. compiere il reato nell’esercizio delle funzioni
C. compiere il reato violando una legge o un regolamento procurando intenzionalmente un ingiusto vantaggio patrimoniale per sé oppure arrecando un danno ingiusto

Due riforme - legge 86/90 e legge 234/97 - hanno apportato sensibili modifiche alla norma rendendola più concreta: in sintesi, il reato si compie quando le condotte messe in atto dal pubblico ufficiale nell’esercizio del proprio dovere procurano intenzionalmente un danno ingiusto o un ingiusto vantaggio. Insomma, non basta un atto contrario in qualche modo ai doveri d’ufficio a prefigurare il reato ma occorre che questo abbia effetti economici/patrimoniali. 

Tralasciando l’immensa produzione giurisprudenziale in merito al vantaggio/danno economico, un elemento - richiamato anche dallo stesso Gip nella sua ordinanza - è il concetto dell’intenzionalità, vale a dire quel richiamo, espresso nell’articolo 323, in cui si fa menzione del “
procurare intenzionalmente” da parte del pubblico ufficiale l’ingiusto vantaggio/danno. Quello che, in termini giuridici, viene chiamato “elemento soggettivo” del reato.

Scrive il Gip: udite le conclusioni formulate dalle parti all’udienza del 26.2.19; rilevato che il Pubblico Ministero, nella sua richiesta di archiviazione, ha fatto riferimento all’insussistenza dell’elemento soggettivo, con particolare riguardo alla necessaria intenzionalità del dolo che è previsto in tema di abuso d’ufficio;
ovvero: la Procura chiede l’archiviazione perché a suo giudizio manca del tutto l’elemento soggettivo: la Raggi non ha intenzionalmente procurato a Parnasi un ingiusto vantaggio economico (traslando il caso dall’astratto al concreto).

La norma (legge 234/97) prevede che il pubblico ufficiale  debba commettere intenzionalmente il reato: in questo modo divengono penalmente perseguibili solo quelle condotte con un grado certo di partecipazione da parte del pubblico ufficiale che, quindi, deve agire in modo specifico per procurare l’ingiusto vantaggio/svantaggio. 
Nel caso specifico: la Raggi avrebbe dovuto lei personalmente assumere con intenzionalità la decisione di non procedere a un primo voto di adozione in Aula del verbale della Conferenza di Servizi al fine specifico di procurare un ingiusto vantaggio economico a Parnasi. 

Infatti, il Gip aggiunge al successivo capoverso: "occorre approfondire da un lato la sussistenza e le eventuali ragioni di una evidente violazione di legge che, laddove ravvisata, supererebbero le argomentazioni del magistrato inquirente in tema di dolo intenzionale”. Ovvero: qualcuno deve “ravvisare” se esiste (sussistenza) e perché (le eventuali ragioni) di una evidente violazione di legge. Ora, da un punto di vista meramente logico, se è evidente la violazione di legge la questione è chi dovrebbe ravvisarla? 

Va evidenziato come la questione Tor di Valle si basi sull'applicazione del combinato disposto quanto meno delle seguenti leggi: 147/201396/20171150/1942 e, in più, dello Statuto di Roma Capitale, del Regolamento di Roma CapitaleRegolamento sul Decentramento amministrativo e Regolamento dei Municipi (il IX lo ha adottato).

IL COMUNE: ITER ANCORA IN CORSO
Il combinato disposto di queste norme, secondo gli uffici comunali, comporta banalmente che l'iter sia ancora in fase di svolgimento e non ancora giunto ai pareri dei Municipi che precedono il voto in Aula Giulio Cesare

Perché il procedimento di variante, secondo gli uffici tecnici comunali, non è ancora giunto nella fase di discussione? Era necessario un primo passaggio in Aula, come l’esposto Sanvitto vorrebbe?


Scrive il Direttore del Dipartimento Urbanistica a proposito del medesimo punto sollevato da Sanvitto e ripreso dai consiglieri Grancio e Fassina nella loro proposta di delibera consiliare:
"Relativamente a quanto osservato circa la procedura di approvazione della Variante urbanistica è doveroso fornire chiarimenti sull’iter procedurale tenuto conto della inesatta interpretazione degli atti e della normativa di riferimento. L’articolo 62 comma 2bis del D. Lgs 50/2017 stabilisce che “il verbale conclusivo della Conferenza di servizi decisoria costituisce, ove necessario, adozione di variante ed è trasmesso al sindaco che lo sottopone all’approvazione del consiglio comunale nella prima seduta utile"
Segue il riepilogo degli atti: Determinazione della Regione di chiusura della Conferenza, nota di trasmissione del verbale al Comune e via dicendo.
"Per effetto del combinato disposto dell’articolo 62 comma 2bis D Lgs 50/2017 convertito con modificazioni dalla legge 96/2017 e dalla legge 1150/1942, l’Amministrazione ha proceduto alla pubblicazione dell’avviso di adozione della variante urbanistica al PRGNello specifico - prosegue il Direttore del Dipartimento Urbanistica - si evidenzia che la norma stabilisce nell’ipotesi di impianti sportivi privati che il verbale conclusivo della Conferenza di Servizi decisoria costituisca, ove necessario, adozione di variante allo strumento urbanistico comunale in deroga, dunque, alla norma ordinaria che attribuisce al Consiglio comunale tale competenza e prosegue poi prescrivendo la trasmissione di tale verbale al Sindaco “che lo sottopone all’approvazione del Consiglio comunale nella prima seduta utileA tal proposito è importante chiarire che la norma fa riferimento alla “prima seduta utile” del Consiglio comunale e non alla prima effettiva in termini temporali del Consiglio comunale. Il legislatore, infatti, a garanzia del rispetto della fase pubblicistica e nel rispetto dei principi costituzionali di buon andamento dell’azione amministrativa e in particolare di tutti i principi che ne derivano, compreso il principio della partecipazione e della trasparenza dell’azione amministrativa, ha voluto contingentare i tempi della fase immediatamente successiva la pubblicazione (30 giorni) e di trasmissione delle osservazioni/opposizioni (ulteriori 30 giorni) a tutela dello spirito fondante della legge speciale 147/2013".

C’è anche un secondo passaggio, connesso con il primo, e che attiene all’adeguamento delle carte progettuali, il presunto “favore economico” incassato da Parnasi con l’abuso d’ufficio che viene contestato al Sindaco.

Scrive il Dipartimento Urbanistica: "In merito a quanto osservato circa il mancato adeguamento del progetto alle prescrizioni/osservazioni formulate nella Conferenza di Servizi e alla mancata verifica di tali adeguamenti da parte dell’Assemblea Capitolina, si rappresenta quanto segue. L’acquisizione da parte dell’Amministrazione degli elaborati progettuali adeguati dal proponente alle osservazioni e prescrizioni formalizzate durante le sedute della Conferenza di Servizi e nei relativi Pareri Unici da parte di tutti gli enti partecipanti e la conseguente verifica dei suddetti adeguamenti avverràsu formale richiesta dell’Amministrazione, ad esito delle controdeduzioni alle pervenute osservazioni relative alla variante urbanistica e agli avvisi inerenti l’avvio del procedimento espropriativo. Si chiarisce infatti che nell’ipotesi di accoglimento di eventuali osservazioni/opposizioni relative alla variante o connessi agli espropri, alcuni degli elaborati potrebbero subire ulteriori integrazioni prescrittive. Pertanto la separazione due diversi adeguamenti progettuali, l’uno scaturente dal recepimento delle prescrizioni della conferenza di servizi l’altro dall'accoglimento delle osservazioni di variante urbanistica o connesse agli espropri, comporterebbe inevitabilmente un aggravio della procedura operativa del progetto in oggetto, in spregio allo spirito di semplificazione della legge speciale 147/2013”.


HA RAGIONE IL COMUNE?

Qui si entra nel punto: non esiste giurisprudenza in materia. Quindi, qualunque interpretazione delle norme, purché non sia palesemente fantasiosa, potrebbe essere corretta. Quanto meno: è corretta fino a che non interverrà una pronuncia della magistratura amministrativa ad essere faro guida. Ma il Tar e, poi, il Consiglio di Stato non intervengono in via preventiva ma solo dietro presentazione di ricorsi. Che, com’è noto, hanno un costo parametrato al valore della controversia. Se questo valore supera il milione di euro, il contributo di base è di 6mila euro. Al contrario, gli esposti in Procura sono gratuiti…
Detto questo, quindi, per districarsi nella giungla di norme e regolamenti, più che altro occorrerebbero sentenze giurisprudenziali amministrative. Ecco, infatti, che il Gip, saggiamente, inserisce nella sua ordinanza il “laddove ravvisata”. 
Tuttavia, lo stesso Giudice per le Indagini preliminari chiede alla Procura di proseguire nelle indagini per accertare quella che il Gip ritiene essere una evidente violazione di legge in grado, se, appunto, accertata, di “superare le argomentazioni” del Pm. In sintesi: sarebbe così grave la violazione delle norme che anche l’assenza dell’intenzionalità dell’atto da parte del Sindaco potrebbe essere superata. Una interpretazione giuridica, diciamo, innovativa…

Proprio il combinato disposto delle norme sopra citate, secondo il Comune, chiarisce in maniere inequivocabile due fatti: 
1. il procedimento non è affatto concluso e, quindi, non vi è stato alcun vantaggio economico già concesso a Parnasi, visto che nei Municipi e, poi, in Aula, la variante urbanistica ancora deve andarci
2. Se il procedimento è ancora in corso, non vi può essere stata neanche l’”evidente violazione di legge” ipotizzata dal Gip

Vi è un terzo passaggio, incidentale: il vantaggio patrimoniale nei confronti di Parnasi, ancorché provocato con o senza intenzione da parte della Raggi, all’interno di un progetto del valore di minimo 800milioni di euro, in cosa si sostanzia? 
Nell'ipotesi - da qualcuno avanzata - che Parnasi abbia potuto "risparmiare" del tempo passando una sola volta in Consiglio Comunale
Sarebbe un favore ben strano data la quantità di mesi persi e il rischio, qualora si fosse adottato in Consiglio il verbale come variante senza pubblicazione e osservazioni, di consegnare a Parnasi un diritto a costruire sancito dal Consiglio comunale cosa che, invece, non è ancora avvenuta proprio grazie al passaggio della pubblicazione degli atti.
Oppure, questo presunto vantaggio patrimoniale si sostanzierebbe nel rifare, qualora necessario, una volta sola invece che due un certo numero di tavole dal costo, proporzionalmente, irrisorio di fronte a un progetto da 800milioni di euro? 
La Conferenza di Servizi, infatti, ha già espresso il suo parere con il verbale e i proponenti dovranno comunque adeguare la progettazione delle opere di pubblico interesse entro le gare d’appalto e di quelle private entro la progettazione esecutiva. 
Manca, a questo computo, ciò che potrebbe o non potrebbe uscire fuori dalle osservazioni presentate da cittadini e comitati alla variante urbanistica che ancora deve giungere in Aula per il voto. E, pertanto, non sappiamo ancora neanche se e quante di queste osservazioni saranno accolte. Sappiamo quante sono: 60, alcune delle quali multiple, ma che, anche venissero accolte tutte, porterebbero a ridisegnare un centinaio di tavole, duecento, su oltre 5mila… 

Il Gip poi prosegue argomentando circa la necessità di “
fare luce sul tema della mancata convocazione ed acquisizione del parere sulla commissione urbanistica nell’iter per l’approvazione della delibera, anche attraverso l’audizione del Presidente della Commissione Urbanistica e del Consigliere comunale indicati dall’opponente”.

Ora, tralasciando l’evidente errore materiale che attribuisce a Paolo Barros la qualifica di consigliere comunale quando si tratta, in realtà, di Consigliere del IX Municipio, occorre partire da due questioni. 
La prima, di merito. 
Se l’iter della variante. come sostengono gli uffici tecnici del Comune, non è ancora giunto ai passaggi antecedenti il voto d’Aula - passaggi che includono i Municipi - è ovvio che il IX Municipio non sia stato interpellato sulla variante stessa, né come Commissioni né come Aula. 
La seconda questione è di metodo: il Municipio è chiamato ad esprimere pareri obbligatori ma non vincolanti. Si tratta dell’articolo 6 del Regolamento del Decentramento amministrativo che impone l’espressione obbligatoria di pareri ai Municipi per una serie di materia: Statuto, bilancio, urbanistica e via dicendo. 
Tuttavia, lo stesso articolo 6, al comma 6 dispone che “decorsi i termini (30 giorni) senza che il parere sia stato comunicato, gli organi comunali adottano il provvedimento indipendentemente dall’acquisizione del parere stesso” e, al comma 7, si afferma che il “Consiglio comunale può deliberare in modo difforme con idonea motivazione”. Ovvero, i pareri non solo non sono vincolanti ma esiste solo l’obbligo da parte degli organi centrali di sottoporre i provvedimenti ai pareri dei Municipi ma non pone in capo ai Municipi stessi l’obbligo di esprimersi. 

Premesso, quindi, questo, appare evidente come non solo l’iter stesso semplicemente non sia giunto ancora alla espressione dei pareri dei Municipi, ma che questi pareri hanno comunque un valore pressoché limitato e formale, potendo non essere espressi o anche essere ignorati dagli organi centrali.

Tutto ciò, quindi, fa apparire quanto meno superflua l’audizione presso la Procura di due Consiglieri municipali. E questo senza entrare nel merito che si tratta di due esponenti politici contrari al progetto dal che - per quanto la richiesta di loro audizione, sia stata presentata dall'opponente la proposta di archiviazione decisa dal Pm - è facile attendersi posizioni contrarie al progetto. Purtroppo - come dimostra la vicenda del voto non valido espresso sulla proposta Grancio/Fassina proprio dal IX Municipio - forse non si tratta esattamente di due esperti di diritto amministrativo, procedure e regolamenti!

CONCLUSIONE
La posizione del Comune, dunque, appare decisamente chiara: l’iter non è ancora giunto nella fase di esame dei Municipi e del Consiglio comunale dovendo prima passare per la pubblicazione degli atti della variante, cosa avvenuta, e il recepimento delle osservazioni cui far seguire le controdeduzioni degli uffici. 
Se questa interpretazione delle norme da parte degli uffici comunali fosse erronea, sarebbe spettanza della magistratura amministrativa stabilirlo. Resterebbe a quel punto aperta la questione se l’eventuale vantaggio economico sia stato intenzionalmente perseguito dal Sindaco, pubblico ufficiale, configurando così il reato di abuso d’ufficio. Oppure no.