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In questo blog mi dedico a guardare con occhio maliziosamente indipendente ciò che accade a Roma - e qualche volta anche nel resto del mondo - soprattutto attraverso ciò che della mia città raccontano i quotidiani. Generalmente prendo in considerazione i tre quotidiani più importanti per vendite e diffusione nella Capitale: Corriere della Sera, La Repubblica e il Messaggero. A volte troveranno spazio anche gli altri quotidiani, la cui lettura è comunque sempre accurata.

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sabato 30 giugno 2018

RAGGI: "LO STADIO SI FARÀ? VEDREMO"


Se lo stadio si farà? Adesso vedremo, c'è un’attività di verifica: se tutto risponderà e sarà rispettato, immagino si andrà avanti”. 
Lo ha detto Virginia Raggi, sindaco di Roma, rispondendo alle domande dei cronisti sulla complessa vicenda dello Stadio di Tor di Valle finito come sfondo nell’inchiesta che vede coinvolto il costruttore Luca Parnasi, partner della As Roma nel progetto. 
Capite bene che - ha specificato Raggi, a margine dell'inaugurazione di un playground di basket, nel quartiere Talenti di Roma - alla luce delle notizie che escono, sarà fondamentale verificare bene ogni cosa”.
Una verifica iniziata già da qualche giorno, con una durata di una mesata, e che negli uffici del Dipartimento Urbanistica spazia sull’intero iter dello Stadio: vengono riesaminati tutti le singole carte protocollate e richiamate poi negli atti comunali alla ricerca di eventuali errori procedurali e decisionali. 
Sarà il Dipartimento Mobilità a decidere se tenere per buoni gli studi sul traffico già presentati. Oppure, assecondando le richieste provenienti dai Consiglieri comunali preoccupati da quanto riportato nelle intercettazioni sul caos traffico a Tor di Valle senza il Ponte di Traiano, richiedere un approfondimento ulteriore, magari a una società terza scelta dal Campidoglio (a spese del proponente). In questo secondo caso l’obiettivo è verificare maggiori scenari con l’inserimento di analisi che includano, rispetto a oggi, più orari di ingresso cui aggiungere quelli uscita dallo Stadio in occasione delle partite. E con 4 ipotesi di opere di viabilità: solo il Ponte di Traiano, solo il Ponte dei Congressi, nessuno dei due ponti costruito (le tre ipotesi studiate fino a oggi) aggiungendo anche la quarta, tutti e due i ponti edificati.   

venerdì 29 giugno 2018

CHE SCHIFO I TRASPORTI DI ROMA

Non c’è niente da fare: Atac non funziona. E, invece di migliorare, sta peggiorando a vista d’occhio. Questa, in estrema sintesi, l’analisi impietosa che l’Agenzia per il controllo e la qualità dei Servizi pubblici locali di Roma Capitale ha fatto sul sistema del trasporto pubblico romano. 
E il raffronto con Milano rende ancora più chiara la drammatica inefficienza sempre crescente dell’azienda romana: troppi dirigenti, bassa produttività dei lavoratori, alti costi di gestione che incidono pesantemente sui costi totali, diminuzione delle corse sia delle metropolitane che dei bus, inadeguatezza della rete viaria e di quella del Tpl, insufficienza della gestione del Comune di Roma. 
Il tutto, ovviamente, si riflette in via diretta sulla soddisfazione dell’utenza in costante diminuzione, anno dopo anno. 


                                                 DEFICIT INFRASTRUTTURALE
Scrive l’Agenzia: “L’esistenza e la funzionalità dell’infrastruttura viaria e di quella metro, tram e ferroviaria è particolarmente critica a Roma dove gran parte della rete viaria è molto antica e non pensata per sopportare un traffico veicolare intenso, spesso congestionato, e presenta anche enormi deficit di tipo manutentivo; le linee metro, tram e ferroviarie hanno inoltre un’estensione molto limitata con l’immediata conseguenza di dover sopperire a tale mancanza tramite un maggior ricorso al TPL su gomma”.

IL CONTRATTO DI SERVIZIO ATAC CONTESTATO
Altro nodo rilevato dall’Agenzia per la Qualità e che potrebbe avere ripercussioni dirette sulla procedura di concordato preventivo di Atac in discussione in Tribunale in queste settimane, è quello della proroga (dal 2019 fino al 2021) del Contratto di Servizio fra Atac e Comune, decisa dall’Amministrazione Raggi e contestata come in violazione delle norme europee e, quindi, illegittima, prima per lettera (respinta dal Comune) e poi con ricorso al Tar, dall’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato. Una pronuncia dei giudici amministrativi che accogliesse i rilievi di illegittimità della proroga avrebbe un effetto diretto sul concordato tagliando di un biennio il tempo utile a disposizione di Atac per rientrare dei debiti. 

LE FERROVIE CONCESSE
Nella relazione dell’Agenzia della Qualità dei Servizi pubblici, vi è poi un passaggio che conferma l’irragionevolezza delle polemiche (molto elettorali) fra il Comune e la Regione a proposito delle tre ferrovie concesse (Roma-Lido di Ostia, Roma-Viterbo e Termini-Centocelle). Scrive l’Agenzia: “la gestione del servizio è affidata ad Atac con un contratto di durata biennale, valido fra il 15 giugno 2017 e il 15 giugno 2019”. Che, quindi, al termine di questo contratto la Regione, proprietaria delle tre linee, decida di mettere il servizio a bando di gara ubbidendo alle norme europee non poteva certo essere una sorpresa per il Campidoglio. 

IL CALO DELLE PRESTAZIONI: -32% SUL 2012


Quadro sintetico dell’andamento dei principali indicatori quantitativi del servizio di trasporto pubblico nell’ultimo periodo (2012-2017, dati in migliaia) - Fonte: Agenzia Qualità Servizi pubblici su dati Atac

Le metropolitane ancora si salvano con un globale +12% del servizio fra il 2012 e il 2017, cui contribuiscono l’apertura della B1 (2012) e della C (2014). 
Va molto peggio per le linee di superficie: -21% per quelle servite da Atac, pareggio per quelle servite da Roma Tpl con un calo complessivo del 16%.
Mancano i dati sulle tre ferrovie concesse e, alla fine, il totale globale è che siamo passati dai quasi 26 milioni di vetture/km per anno del 2012 ai 17,5 del 2017 con un calo complessivo del 32%. 

GLI INVESTIMENTI 
167 milioni di euro li mette il Comune, usando soldi regionali e europei, per acquistare 600 autobus nel prossimo triennio; 425 milioni li mette lo Stato per comprare 14 nuovi treni per la metro (2 per la A e 12 per la B) e per fare manutenzioni ordinarie e straordinarie (linea elettrica, impianti antincendio, banchine, rinnovo dei treni e del sistema di controllo de traffico).  

IL RAFFRONTO CON MILANO
A Roma diminuiscono i posti/km per abitante, a Milano aumentano, i costi operativi di Atac sono di 5,7 euro per vettura/km a Milano 4,5, a Milano ogni addetto dell’Atm “produce” 18.534 vetture/km annuo a Roma solo 12.732. Anche sui ricavi, Milano batte Roma: Atm si autofinanzia per il 16,5% con i biglietti (in aumento); Atac sfiora il 9% (in calo).



MUNICIPI; CAUDO: "VERO, NON FUNZIONANO"

Professor Caudo, al turno di ballottaggio nel territorio del III Municipio che conta 171mila elettori, solamente 36mila si sono recati alle urne, cioè, in termini percentuali, il 21 virgola spicci. Lei ha ottenuto 20.121 voti: in sostanza, è stato eletto da meno del 12% del corpo elettorale. C’è un problema sui Municipi?
“Al netto della capacità dei partiti di convincere le persone a uscire di casa per recarsi al seggio a votare, è chiaro che i Municipi così come sono oggi non funzionano. Una volta veniva nominato il delegato del Sindaco, oggi eleggiamo i rappresentanti ma è come se fossimo rimasti fermi alla Delegazione”.

Né possiamo davvero credere che siano una fucina di futuri amministratori: si contano Consiglieri Municipali che siedono nei Parlamentini locali anche da 4 consiliature…
“Una fucina lo sono, in realtà. Anche se non come dovrebbe essere”.

E come superare, allora, questa situazione?
“Vanno ripensati i poteri dei Municipi e la loro conformazione che, attualmente, vede l’esistenza di Parlamentini che dovrebbero governare un territorio grande come una media città, popolato come una media città italiana ma senza alcun potere. In ambiente universitario ci sono diverse ipotesi su come ridisegnare i Municipi: una, cui ho contribuito, è stata pubblicata in un testo (“Verso le microcittà di Roma”) dell’architetto Pietrolucci”.

E che prevede?
“Che potremmo creare una governance che prenda parte degli attuali poteri di Roma comune e li sposti sul livello della attuale Città Metropolitana. Contemporaneamente, una parte di questi poteri vanno spostati al livello dei Municipi che però vanno ridisegnati rispetto all’attuale assetto”.

Ridisegnati come?
“Occorre creare 11 vere città: l’Urbe vera e propria, cioè quello che attualmente è il centro storico formato dai vecchi I e XVII Municipio (Centro e Prati, prima della riforma Alemanno; ndr) cui vanno aggiunte parti della città oggi di altri Municipi diciamo, per intenderci, a livello dell’anello ferroviario. Un modello come quello della City di Londra”.

Poi?
“Poi occorre modificare dimensioni e confini dei Municipi, creando, 9 vere città lungo quello che potremmo definire il “Rosario del Grande Raccordo anulare”: ciascuna avrebbe il GRA come “spina dorsale” interna e avrebbe una popolazione da 150/200 mila abitanti. A queste nove città, va aggiunta Ostia. I parchi e le grandi aree dell’Agro Romano farebbero da legame. Insomma un disegno istituzionale coerente con il territorio e il suo sviluppo. Oggi invece i municipi sono ancora legati alla partizione della città centripeta ereditata dal dopoguerra e dal Piano regolatore del 1962”.

lunedì 25 giugno 2018

ECCO LA DOMUS ROMANA SOTTO LA CICLABILE




La certezza che sia davvero una Domus imperiale ancora non c’è: a Ponte Milvio, lungo la pista ciclabile, sono oramai in false di conclusione i lavori di scavo dei meravigliosi resti di ambienti di epoca tardo imperiale romana, probabilmente del IV secolo dopo Cristo. Anche il lavoro scientifico sta giungendo al termine e, di qui a qualche tempo, la Soprintendenza di Roma illustrerà i dettagli di questa nuova scoperta archeologica. 
I primi reperti emersero a novembre dello scorso anno: si stavano facendo scavi per i sottoservizi di Acea lungo la pista ciclabile a fianco del Tevere quando, all’altezza di Ponte Milvio, uscì fuori prima muri, poi pavimenti a mosaico, poi altre decorazioni. Ritrovamenti pregiati che fecero subito ipotizzare che gli ambienti così decorati non potessero essere che appartenenti a una grande Domus, a una villa molto signorile se non di più. 
Questo dettaglio verrà chiarito quando la Soprintendenza presenterà i risultati delle analisi scientifiche e storiche su quanto rinvenuto e, magari, chiarirà anche un altro aspetto quanto meno curioso. 
Dalla creazione, dopo il 1870 fino al 1926, dei muraglioni del Tevere che impediscono al grande Fiume di straripare, a Roma, salvo le piene molto scenografiche ma di minino impatto sulla città, il Tevere era noto per le sue esondazioni. 
Alcune di queste furono catastrofiche; nel 1598 il Fiume giunse a sfiorare i 20 metri causando il crollo di tre arcate del Ponte Senatorio, da allora ribattezzato Ponte Rotto; poi quelle del 1530 e del 1557 a sfiorare i 19 metri; poi, ancora quella del 1870 con 17,2 metri. Eppure, nonostante queste piene, il secondo mistero da chiarire su questi reperti è come sia stato possibile costruire così vicino al letto del Tevere.
Dopo i primi rinvenimenti dell’autunno scorso, i lavori furono sospesi e messi in sicurezza per tutto l’inverno, sia per l’impossibilità di effettuare scavi archeologici sotto la pioggia sia per il rischio di un innalzamento del Fiume. Ripresi in primavera, i lavori sono stati condotti molto velocemente e, per il prossimo luglio è attesa la presentazione ufficiale dei risultati.
Dalle prime immagini, però, è possibile ammirare alcuni marmi policromi delle pavimentazioni che disegnano motivi floreali e opere murarie di delimitazione degli ambienti domestici: insieme agli spettacolari ritrovamenti della Metro C (stazioni di San Giovanni e poi di Amba Aradam/Ipponio) siamo in presenza di una nuova pagina del passato più scenografico della nostra città.


 


sabato 23 giugno 2018

STADIO, TUTTE LE NUOVE INCOGNITE SUL PROGETTO






Procura a parte, il cui lavoro, non concluso, al momento non pare rilevare dubbi in merito alla validità degli atti prodotti, sul progetto Stadio della Roma si presentano una serie di nuove incognite che potrebbero portare a un lungo rallentamento dell’iter, riportandolo, di fatto, all’anno di grazia 2016 cioè all’avvio della prima Conferenza di Servizi decisoria. E, da un punto di vista economico, con un danno sia per la città di Roma - in termini di investimenti, opere pubbliche, tasse, economia cittadina - stimabile per difetto in un miliardo e 200 milioni di euro e per la società sportiva Roma in almeno una sessantina di milioni di euro.
Andiamo per ordine. Ci sono almeno due aspetti nella delibera di pubblico interesse della Raggi, votata il 14 giugno 2017, che la rendono difficilmente attuabile e che, quindi, ne consiglierebbero la totale riscrittura. 

GLI STUDI SUL TRAFFICO E IL PONTE DI TRAIANO
Dopo le intercettazioni trapelate in questi giorni, da cui emergono con chiarezza le falle della mobilità privata con la cancellazione del Ponte di Traiano e i relativi studi sui flussi di traffico a dir poco ottimistici, molti consiglieri comunali (e molti funzionari capitolini) hanno chiesto nuovi approfondimenti: cioè di rifare questi studi (magari affidandoli a una società terza a spese dei proponenti) e capire se, davvero, il Ponte di Traiano serva o meno. 
Negli studi presentati si esaminano due scenari (7.30-8.30 di mattina feriale in ingresso al Business Park; 19.30-20.30 di pomeriggio infrasettimanale in ingresso allo Stadio) ciascuno dei quali con tre simulazioni: con il solo Ponte di Traiano; con il solo Ponte dei Congressi; senza nessun ponte. 
L’idea è inserire una quarta variabile (tutti e due i Ponti costruiti) e incrementare gli scenari di orario sia in ingresso allo Stadio sia, soprattutto, in uscita da Tor di Valle dopo una partita, considerando anche che gli incontri si possono disputare 7 giorni su 7 con orari di inizio dalle 12.30 alle 21.00. 
Ecco il problema. Se i nuovi studi evidenziassero la necessità di reinserire il Ponte di Traiano, si aprirebbe la prima falla nella delibera Raggi di pubblico interesse che, rispetto a quella Marino, eliminava il Ponte di Traiano dal novero delle opere pubbliche (insieme al finanziamento per la Metro) pur di giungere al taglio delle cubature. 

LA DESTINAZIONE DEI SOLDI PER IL TRASPORTO
Secondo problema: il contributo costo di costruzione. È la parte cash delle tasse che il costruttore paga al Comune (l’altra sono fogne, strade, illuminazione e via dicendo). Questo contributo viene calcolato sulla base della cubatura edificata ed è stato stimato dalla Raggi, nella sua delibera, in 45 milioni di euro (nella versione Marino la stima era di almeno 53 milioni: ovviamente più cubature, più tasse).
La Raggi ha vincolato espressamente la destinazione di questo contributo al “miglioramento dell’offerta e del servizio di trasporto pubblico su ferro prioritariamente attraverso l’acquisto o eventualmente attraverso il revamping di treni sulla ferrovia Roma-Lido”. La destinazione di questo Contributo spetta per legge al Consiglio comunale e può essere destinata a coprire qualsiasi spesa in qualsiasi parte della città, non per forza, quindi, riservata allo Stadio. 
Il dettaglio diabolico: nella delibera non è stato previsto nessun piano B. I soldi vanno alla Roma-Lido. Punto. 
Solo che la Regione Lazio, proprietaria
della linea, ha annunciato la decisione di dar seguito alle norme europee e di mettere a bando il servizio viaggiatori a partire dal 2019 per i successivi 7 anni. 
Atac, che oggi effettua questo servizio, non potrà partecipare al bando. Se il concordato fallimentare sarà accolto, Atac sarà in amministrazione controllata. Se sarà bocciato, sarà in fallimento. E, in ogni modo, essendo società in house del Campidoglio, non potrà partecipare alla gara. 
Ora c’è la corsa a mettere l’ennesima toppa: il direttore generale del Comune, Giampaoletti, starebbe verificando con la Regione se questi soldi possono essere comunque girati sulla Roma-Lido con una apposita convenzione.

LA POSSIBILE NUOVA DELIBERA
Due falle dunque - destinazione del contributo costo di costruzione e ripristino del Ponte di Traiano - che potrebbero obbligare la Raggi a riscrivere la sua delibera, aprendo un problema politico: soldi per il Tpl e Ponte tagliato sconfesserebbero totalmente l’intera architettura urbanistica che i 5Stelle hanno voluto imporre al progetto Stadio, stravolgendo, pur di assecondare le promesse fatte in campagna elettorale, un progetto da 1,7 miliardi di euro di investimenti per ridurlo a meno della metà del valore originario. 
Politica a parte, però, l’eventuale riscrittura della delibera di pubblico interesse si renderebbe essenziale per evitare nuovi strapppi (o nuove toppe) a un iter già di suo abbastanza stiracchiato. E, nella nuova eventuale delibera, due le soluzioni più semplici: l’incremento di cubature a compensazione per rimediate al reinserimento del Ponte di Traiano (che non necessariamente si tradurrebbero nel ripristino delle tre Torri). Oppure, destinando al Ponte proprio il contributo costo di costruzione, ridefinendo la lista delle opere oggi inserite nel pubblico interesse (18 milioni fra parco, videosorveglianza, pontili e golene) cui aggiungere solo un sostanzialmente modesto sovrappiù di cubature.

NUOVA DELIBERA, NUOVA CONFERENZA DI SERVIZI
Una nuova delibera, però, renderebbe obbligatorio ricominciare con una nuova Conferenza di servizi regionale: sarebbe al limite della follia impiegare una Conferenza aperta sul progetto versione Marino, risolta prima con un no; poi dirottata, a lavori aperti, ad approvare la versione Raggi con il cambiamento di delibera e, magari domani, a riapprovare una terza versione del progetto con una terza delibera. 

I COSTI: 1,2 MILIARDI PER LA CITTÀ, 30 MILIONI ANNO PER LA ROMA 
Tutto questo gioco ha un costo: in termini di tempo e di soldi. 
La Roma stimava in 30 milioni di euro gli introiti annuali minimi derivanti dal nuovo Stadio. Questa ipotesi di nuovo iter impone una perdita di tempo di due anni minimi (fra quanto già perso e quanto sarà necessario per ritornare al punto ante inchiesta). 
Per la città, la stima è complessa e fra gli 800 milioni in meno del valore del progetto, la diminuzione di tasse locali (140 milioni anno) e l’investimento in termini di costruzioni (350 milioni l’anno) siamo a oltre 1,2 miliardi di euro solo per il primo anno

STADIO, VEDIAMO DI CHIARIRCI

Premessa
Tutto ciò che scrivo (o leggiamo) oggi può cambiare anche due minuti dopo che è stato vergato: c’è un’inchiesta in corso e la Procura non è tenuta a dire ai giornalisti la verità su ciò che fa. Quando l’inchiesta sarà terminata, allora potremo tirare le somme.

Tuttavia..


L’INCHIESTA NON È SULLO STADIO DELLA ROMA
Chiarita la premessa, l’inchiesta non investe lo Stadio della Roma. Non vi è un solo atto dell’iter - lungo, complesso e, soprattutto, collegiale - finito nel mirino della Procura che, se del caso, vaglia la validità degli atti, non la loro correttezza amministrativa. 

Spiego: la Procura di Roma deve appurare se gli episodi corruttivi contestati agli indagati, hanno interessato la formazione di un qualunque atto, alternandolo e, quindi, rendendolo non valido. La Procura non entra nel merito delle interpretazioni amministrative delle norme. Per quello ci sono le magistrature amministrative se e quando saranno interpellate. 
L’Anac non si occupa di queste cose: si occupa degli appalti pubblici e non a caso il suo presidente, a mia specifica domanda (registrata pubblicamente) rispose che loro non guardano la correttezza amministrativa dell’iter in sé ma, semmai e se e quando sarà, il rispetto delle norme sugli appalti.

Quindi: quelli che…

  • L’Anac ha detto sì, dicono una cazzata. Anche se siedono in Campidoglio
  • La Procura ha detto sì… dicono una cazzata (che, per altro, potrebbe essere smentita ogni giorno)
  • L’iter è viziato, dicono una cazzata. L’iter è valido. Non corretto da un punto di vista di diritto amministrativo, questo non lo sappiamo e lo sapremo solo se e quando si pronunceranno le Magistrature amministrative, le sole preposte a questa analisi e mai d’ufficio ma su richiesta

PERCHÉ ALLORA SI PARLA DI INCHIESTA SULLO STADIO?

  1. Giornalisticamente è più semplice, attira l’attenzione e fa fare tanti click sulle edizioni online o vendere più copie
  2. La Procura stessa l’ha presentata in questo modo
  3. Lo Stadio (il suo progetto nel complesso) è lo sfondo sul quale si muovono i personaggi coinvolti


MA CI SONO LE INTERCETTAZIONI…

Non ogni intercettazione, per quanto resa pubblica, è una dichiarazione di colpevolezza.
Se la parte privata, in conversazioni private, decide di sviare sempre e comunque il problema del Ponte di Traiano e degli studi sul traffico, è suo diritto farlo. Sarebbe compito degli uffici pubblici evitare lo sviamento. 
Se il rappresentante unico dello Stato in Conferenza di Servizi, in una conversazione privata, asserisce che “lo stadio farà schifo” esprime una posizione personale. Chi ha letto le carte, sa che il Rappresentante dello Stato durante la Conferenza non solo non ha di fatto grande autonomia ma non ha proprio espresso pareri personali, limitandosi, forse pure troppo, a collazionare i pareri dei vari dipartimenti. 
Aggiungo alla riflessione che non è compito di un tecnico dire se quella soluzione è bella o brutta ma è compito suo dire se è tecnicamente corretta e rispetta le varie, numerose norme che regolano il settore.

La domanda, quindi, è: la decisione degli uffici pubblici, ad esempio, di non approfondire la questione del Ponte di Traiano o degli studi sul traffico, è stata presa perché il funzionario responsabile è stato condizionato, vuoi direttamente con corruzione o vuoi perché condizionato un suo superiore che lo ha in qualche modo convinto/costretto?

A questa specifica domanda - la cui eventuale risposta affermativa è quella che potrebbe porre in condizione di invalidità atti dell’iter del progetto - è quella cui devono rispondere da una parte la Procura con le indagini dall’altra gli uffici pubblici coinvolti con il loro controllo interno.


MA CI SONO LE DAZIONI DI SOLDI AI POLITICI

Lo ha spiegato chiaramente il Pm, Paolo Ielo: “Non ogni dazione di denaro fra imprenditori e politici è illecita. Lo è se non viene deliberata dall’organo societario preposto e, soprattutto, se non viene iscritta a bilancio. Se le parti la iscrivono a bilancio ed è deliberata in modo corretto, è una donazione lecita”. Che poi possa essere inopportuna è possibile. Ma c’è enorme differenza fra opportuno e illecito. 


QUINDI?

Quindi, dire che l’iter deve fermarsi per sempre è una sciocchezza pari a quelle di chi propone aree ad minchiam (Eur, ex Fiera e via dicendo), a chi, da società pubblica, si propone di fare il partner di un progetto privato di una società sportiva quotata in borsa (piuttosto, ma chi propone queste cose come fa a stare nel posto che ricopre senza essere cacciato a calci in culo per incompetenza?). 
Altrettanto ad minchiam sono le posizioni di chi, oggi, per non perdere quel poco di faccia che gli è rimasta, urla ai quattro venti che è tutto a posto e che si può andare avanti come se niente fosse. 

Si andrà avanti dopo la fine dell’inchiesta (con i tempi che ha), quando ci sarà la certezza (che non la stabilisce il Sindaco o l’Assessore X o Y ma gli atti scritti della Procura e del GIP) che l’iter è valido perché l’inchiesta è finita senza che vi siano stati atti giudiziari contro l’iter. 

Questo perché, tutti quelli che pontificano su cessioni del progetto e altre idee simili, possono spiegarmi quale imprenditore sano di mente deciderebbe di investire anche un solo sesterzio bucato su un progetto che è così tanto nell’occhio del ciclone?

ULTIMA ANNOTAZIONE

Ci sono, in queste settimane, dichiarazioni di giubilo da parte di alcune Associazioni, magari di urbanisti non proprio di primissimo pelo, che strombazzano un “avevamo ragione noi”. Ci sono quelle di un ex assessore cacciato con ignominia dal posto che occupava per manifesta incapacità (parole del Sindaco) e per aver tentato, con un’intervista a un collega, di insinuare condotte immorali del suo Sindaco. Intervista negata prima, contestata come estorta poi, infine la resa. 
Sul secondo è bene tacere per rispetto dell’età della persona. Non per altro. 
Sui primi, è bene ricordare loro che non una delle loro denunce presentate negli anni è alla base di questa inchiesta. Quindi, un po’ di silenzio, anche per loro, non sarebbe una cattiva politica.

martedì 19 giugno 2018

STADIO; BOUTADE DELL'INVIMIT: "AFFIDATE A NOI LA REALIZZAZIONE"


Non ci sarà un amministratore giudiziario a traghettare Eurnova dopo l'arresto di Luca Parnasi. Per evitare l'intervento di una figura imposta dall'alto dal Tribunale di Roma, Parnasi ha intenzione di dimettersi dalle sue cariche societarie. Verrà quindi convocato a breve il consiglio di amministrazione che dovrà nominare i nuovi vertici aziendali di Eurnova. Così facendo verrà scongiurato il rischio di provvedimenti di sequestro preventivo ai danni della società. Inoltre l'effetto di questa soluzione è che le trattative per la costruzione dello stadio potranno perseguire il loro corso. La soluzione proposta dai legali di Parnasi è stata condivisa dalla Procura. Gli inquirenti non hanno mai voluto esprimersi sulla regolarità dell'iter amministrativo che ha portato all'approvazione del progetto e, secondo quanto trapela da ambienti vicino alla società giallorossa, la mancata adozione di provvedimenti diretti sulla società Eurnova e sugli atti amministrativi fino a qui adottati sarebbe dovuta all’assenza di elementi che possano rendere viziate, e quindi censurabili, le procedure. 
Resta il fatto che uno dei pubblici ufficiali che Parnasi avrebbe corrotto è il soprintendente Francesco Prosperetti, uno dei funzionari che votò contro l'ipotesi di apporre il vincolo architettonico sulle tribune e la pista dell'ex ippodromo di Tor di Valle. Vincolo che, se fosse passato, avrebbe bloccato definitivamente il progetto presentato da Parnasi. Non si può dire, al momento, se la decisione e gli atti firmati da Prosperetti siano stati influenzati dal rapporto corruttivo intessuto col costruttore. Ma non si può nemmeno escludere che possano essere acquisiti elementi documentali o testimonianze che in futuro possano far luce su quanto accaduto. Anche se la decisione di archiviare la richiesta di vincolo avanzata da Margherita Eichberg, predecessora di Prosperetti alla Soprintendenza romana, venne presa in modo collegiale da 3 Soprintendenti su 5 contrari al vincolo (Prosperetti, Leonardo Nardella e Saverio Urciuoli) e due -  Alfonsina Russo oggi alla guida del Colosseo e Mauro Tosti Croce - invece favorevoli al vincolo. Una decisione, per altro, assunta in considerazione dell’assenso iniziale dato dalla Soprintendenza nel 2014 (all’epoca guidata dall’architetto Federica Galloni) al progetto Stadio durante la Conferenza di Servizi preliminare. 
Intanto, fra i possibili acquirenti si candida la Invimit, società pubblica (100% Ministero delle Finanze) di gestione del risparmio con il suo presidente, Massimo Ferrarese che dichiara: “Affidate la realizzazione dello Stadio a noi. La mia segreteria si è già messa in contatto con quella della Raggi per programmare un incontro urgente sull’argomento. Abbiamo un fondo creato appositamente per questo tipo di investimenti che intendiamo utilizzare per la costruzione di importanti impianti sportivi. A differenza di qualsiasi iniziativa privata che porterebbe guadagni esclusivamente alle imprese chiamate a realizzarla, tutti gli utili delle opere di Invimit sono destinati alla riduzione del debito pubblico del nostro Paese”.
Una dichiarazione più utile a far dimenticare la pessima riuscita che la Invimit ha ottenuto dall’affare Palazzo Nardini (edificio storico di via del Governo Vecchio sul quale la Soprintendenza ha posto il vincolo impedendo alla Regione Lazio di venderlo proprio alla Invimit): quello dello Stadio è un progetto privato e la As Roma è società sportiva, per giunta, quotata in Borsa. Impossibile avere soci pubblici. 

sabato 16 giugno 2018

INCHIESTA STADIO/ MA L'IMPIANTO SI FARÀ? SÌ, NO, FORSE


La promessa - se ne attende una analoga dalla Regione Lazio per gli atti della Conferenza dei Servizi decisoria - è quella di avviare un controllo approfondito su tutti gli atti prodotti dagli uffici capitolini durante il lungo iter di questo anno e mezzo di passaggi burocratici per il dossier Stadio della Roma di Tor di Valle. 
La lettera degli uffici urbanistici, indirizzata alla Eurnova, con cui si chiedono notizie dopo gli arresti dei giorni scorsi, è stata spedita anche a Pallotta, negli Stati Uniti, per conoscenza. Ancora non c’è la comunicazione formale della sospensione dell’iter ma l’annuncio lo ha fatto, ieri mattina, il sindaco di Roma, Virginia Raggi, all’uscita dall’incontro avuto con il direttore generale della Roma, Mauro Baldissoni
Per maggior sicurezza dei cittadini, dell'amministrazione e della Roma avvieremo immediatamente una verifica. Se questa verifica darà esito positivo, si potrà continuare nel progetto”, spiega il Sindaco, che aggiunge il canonico richiamo alla fiducia nella magistratura “Noi vorremo proseguire con questo progetto nel solco della legalità, e questa verifica è una ulteriore garanzia. Noi partiamo da quanto ha affermato la procura di Roma, ossia che gli atti della procedura apparentemente sono tutti validi”.
Sindaco Raggi che, nel breve video diffuso sugli immancabili social network, si fa introdurre da Baldissoni: “Abbiamo ritenuto ovviamente necessario fare un punto con l'amministrazione e la sindaca per valutare quello che è successo negli ultimi giorni e quali sono i passaggi procedurali a nostra disposizione per cercare di salvaguardare il progetto su cui abbiamo lavorato per tanti anni”, dice il dg giallorosso.
Quindi, come Il Tempo aveva anticipato sin dal primo giorno di questo terremoto sul progetto stadio, si entra nel cono d’ombra di un limbo in cui il progetto resterà sospeso fino a che gli uffici non avranno accertato che gli atti non siano stati condizionati da episodi di corruzione propria, diretta, cioè, a modificare l’essenza stessa dell’atto, da positivo a negativo, ad esempio. 
Oppure da nuovi provvedimenti della Procura. 
Il check sugli atti sfrutterà il tempo necessario a chiarire le posizioni degli indagati e a risolvere il nodo della società Eurnova, presentatrice del progetto in Campidoglio, di Luca Parnasi, oggi di fatto decapitata visto che i suoi vertici sono tutti in carcere. 
In attesa degli sviluppi giudiziari, le settimane a venire saranno impiegate per effettuare questo controllo che appare più mediatico che di sostanza, considerando la quantità di professionisti che tanto in Campidoglio quanto in Regione hanno lavorato a tutti gli atti. L’esempio migliore viene dall’ispezione disposta dal Ministero dei Beni culturali dopo l’avviso di garanzia ricevuto dal soprintendente, Francesco Prosperetti, a proposito della vicenda del vincolo sulle Tribune richiesto da Margherita Eichberg, predecessora di Prosperetti. 
All’epoca, la decisione di respingere il vincolo venne presa - per la tardività della decisione stessa che doveva esser presa nel 2014 in Conferenza di Servizi preliminare e non nel 2017 - non dal solo Prosperetti, ma dalla Conferenza dei 5 Soprintendenti del Lazio (Prosperetti, Leonardo Nardella, Saverio Urciuoli, Alfonsina Russo, Mauro Tosti Croce) che decise (3 voti contro il vincolo e 2 a favore, Russo e Tosti Croce) di respingere la richiesta Eichberg
Italia Nostra, l’8 luglio, presentò ricorso alla Direzione generale del Mibact per le Belle Arti con il suo direttore, Caterina Bon Valvassina, che, alla fine, bocciò il ricorso confermando il no al vincolo. 

PARNASI VOLEVA MOLLARE LO STADIO


C’è una sorta di via d’uscita che potrebbe salvare, magari in tempi non necessariamente lunghi, il progetto Stadio. Via d’uscita che, in ogni modo, di incognite ne presenta comunque tante. Ed è parzialmente contenuta proprio nell'ordinanza di arresto, in cui il Gip riferisce di una trattativa fra Parnasi e il suo gruppo e uno dei più importanti fondi di gestione del risparmio, la DeA Capital Real Estate. La DeA Capitale è una società per azioni, fondata nel 2000 da Carlo De Benedetti (quello di Repubblica), con sede a Milano, acquisita nel 2007 dal Gruppo De Agostini che la rinomina in DeA Capital. 
Lo scopo della DeA è semplice: trovare investimenti immobiliari per far fruttare i soldi investiti nel fondo. 
Secondo il GIP, “è emersa la volontà di Parnasi di vendere il terreno sul quale sorgerà lo Stadio nonché il progetto complessivo, comprensivo di autorizzazioni” fino ad ora conseguite. “La convenzione urbanistica - proseguono le carte dei magistrati - con il Comune di Roma sarà quindi sottoscritta la soggetto che in quel momento risulterà proprietario”. L’operazione, secondo la DeA - che precisa di non essere coinvolta nell’inchiesta - era solo in una fase preliminare, mentre per l Giudice per le indagini preliminari era “in fase conclusiva. Dall’ascolto di alcune comunicazioni emerge che si sta stipulando un accordo non vincolante e nei prossimi mesi è prevista la firma preliminare”. Parnasi da questa operazione avrebbe guadagnato “200 milioni di euro” a fronte di una spesa per l’acquisto delle aree di “42 milioni, pagamento per altro non ancora ultimato” con un incremento di 5 volte il valore iniziale ovviamente dovuto “alle autorizzazioni amministrative, tra cui primeggia la variante urbanistica”. 
Una soluzione, questa della vendita, che secondo Radio Trigoria, alla Roma sarebbe andata assai a genio e che, comunque, era considerata assolutamente ovvia visto che Parnasi non aveva la liquidità economica per poter affrontare da un punto di vista finanziario la costruzione di un progetto così imponente, anche nella versione ridotta della Raggi. 
Nel frattempo sembra chiarirsi lo scenario futuro che potrebbe consentire, certo non in tempi brevissimi, il ripescaggio del progetto. Al momento la Procura non ha ritenuto di compiere il sequestro di nessun atto dell’iter né chiedere l’interdizione della società Eurnova, limitandosi, pur contestando un reato associativo, a procedere alle misure cautelari personali per Luca Parnasi e i suoi più stretti collaboratori. Quindi, il giudice per le indagini preliminari non ha potuto provvedere alla nomina del curatore mancando l’istanza della Procura. Perciò, due appaiono le strade percorribili: la prima, l’assemblea dei soci di Eurnova si riunisce e nomina un nuovo amministratore. Oppure, non riuscendo in questa nomina, l’assemblea si rivolge al giudice civile ordinario per la nomina di un curatore. Nuovo amministratore o curatore che potranno riprendere il progetto di vendita che già Parnasi stava concludendo. In questo modo, con il subentro di una nuova società tutto l’iter si potrebbe rimettere in moto. Anche se il subentro di una nuova società proponente obbligherebbe il Campidoglio ad effettuare nuovamente un controllo preliminare sulla solidità e probità del nuovo partner della Roma. La tempistica però per una soluzione del genere non sarà certo breve: difficile ipotizzare un tempo inferiore ai 6 mesi per far ripartire la macchina. Salvo, poi, decidere se farla ricominciare dall’ultimo step, quello del voto sulla variante urbanistica una volta che gli uffici capitolini abbiano controllato la legittimità di tutti gli atti sin qui predisposti, o dall’inizio.

STADIO, STORIA DI UN PROGETTO "MALEDETTO"



La storia del progetto Stadio della Roma parte da lontano e, un po’ modello Dorando Pietri, giunto in vista del traguardo sembra franare: James Pallotta non era ancora il presidente della Roma e in Campidoglio sedeva Gianni Alemanno. La Roma, 15 marzo 2012, conferisce a Cushman & Wakefield l’incarico di trovare l’area per il progetto. A dicembre viene scelta Tor di Valle e firmato l’accordo fra Pallotta e il costruttore, Luca Parnasi. Il 28 giugno dell’anno dopo, Parnasi e Gaetano Papalia, società Sais proprietaria dei terreni, firmano un contratto per la cessione delle aree di Tor di Valle alla Eurnova di Parnasi quasi nello stesso momento in cui Ignazio Marino (12 giugno) diviene sindaco di Roma. 

L’ERA MARINO
Quasi un anno di chiacchiere fra la Roma e il Campidoglio: a fine dicembre 2013 viene approvata la legge sugli Stadi e a marzo 2014 viene presentato ufficialmente il progetto con il deposito, 29 maggio, dello Studio di Fattibilità. Si parte con la Conferenza di Servizi preliminare che stabilisce i paletti dell’accordo sancito dalla delibera di pubblico interesse votata in Assemblea Capitolina il 22 dicembre 2014. 

LA PROPOSTA INIZIALE
Si partiva da un progetto preliminare molto abbozzato: quasi 1 milione e 100mila metri cubi di cemento, Stadio e nuova Trigoria, più business park con le tre torri, area commerciale e opere di urbanizzazione. Come opere pubbliche vere e proprie si prospettava un ponte e un allargamento della via del Mare/Ostiense dal Raccordo allo Stadio per una spesa di 270 milioni di euro di cui solo 50 coperti dal privato. In totale, fra opere pubbliche e private la proposta iniziale costava 611 milioni di euro. 

IL PROGETTO MARINO/CAUDO
Nelle trattative fra Marino e il suo assessore all’Urbanistica, Giovanni Caudo, il progetto cambia: meno cemento (974mila metri cubi) più opere pubbliche (495 milioni in totale, di cui 195 per quelle di interesse pubblico) e il costo totale di tutto aumenta a 1,7 miliardi di euro. 
Fra le opere di interesse pubblico ci sono l’allargamento della via del Mare/Ostiense fra Stadio e Raccordo e il suo adeguamento fra Marconi e Stadio. Il Ponte di Traiano con svincolo autostradale e due km di complanari dedicate, 50 milioni per fare lo sfioccamento della metro B, la nuova stazione di Tor di Valle che avrebbe accolto sia la B che la Roma-Lido, il ponte ciclopedonale da Magliana Fs e, infine, la messa in sicurezza dell’intero corso dei Fossi del Vallerano e dell’Acqua Acetosa.

ARRIVA LA RAGGI
Marino cade il 31 ottobre 2015 e, dopo l’interregno del prefetto Tronca, arriva Virginia Raggi, eletta il 22 giugno 2016. Nel frattempo, i proponenti presentano una prima bozza del progetto definitivo, respinta come carente, a giugno 2015 e, finalmente, la vera versione definitiva il 31 maggio 2016.

PARTE IL TIRA E MOLLA
A guidare l’Urbanistica, Virginia Raggi chiama Paolo Berdini, dichiaratamente nemico giurato del progetto Stadio. E inizia un lunghissimo tira e molla, istituzionale, tecnico e politico, fra Regione, Comune e proponenti e fra Partito Democratico e Movimento 5Stelle. Il 12 settembre si apre la Conferenza di Servizi decisoria, sotto la guida della Regione poiché negli atti da completare c’è la variante urbanistica, la cui competenza finale è regionale. A metà settembre la Giunta Raggi approva una memoria su come gestire l’iter, con tanto di cronoprogramma proprio per la variante. 
La memoria non sarà mai applicata e, dopo una serie di sedute abbastanza inconcludenti, arriva l’annuncio dell’avvio del vincolo sull’Ippodromo da parte della soprintendente Margherita Eichberg  il giorno dopo le dimissioni di Berdini dall’assessorato all’Urbanistica dopo l’intervista a La Stampa in cui l'allora assessore attaccava il Sindaco sul piano personale. 
Mentre la Raggi (30 marzo) approva una delibera di ridefinizione dell’interesse pubblico, la Conferenza di chiude con esito negativo (5 aprile) proprio per mancanza della variante urbanistica che determina il “no” della Valutazione di Impatto ambientale. 

LA VIA D’USCITA
Lanzalone da una parte e Civita dall’altra trovano la soluzione per evitare di far ripartire l’iter da zero. Attendere per archiviare l’iter la fine dei ricorsi contro il vincolo Eichberg: 3 mesi circa che Comune e proponenti impiegano per scrivere la nuova delibera e aggiornare le tavole progettuali. Nel frattempo, la procedura resta aperta e, quando il 15 giugno, viene consegnato tutto e il vincolo archiviato, si riparte dall’ultimo miglio con un progetto in cui saltano le tre torri e, in cambio, si taglia parte delle opere pubbliche: niente ponte di Traiano e niente soldi per la metro.