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In questo blog mi dedico a guardare con occhio maliziosamente indipendente ciò che accade a Roma - e qualche volta anche nel resto del mondo - soprattutto attraverso ciò che della mia città raccontano i quotidiani. Generalmente prendo in considerazione i tre quotidiani più importanti per vendite e diffusione nella Capitale: Corriere della Sera, La Repubblica e il Messaggero. A volte troveranno spazio anche gli altri quotidiani, la cui lettura è comunque sempre accurata.

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sabato 26 maggio 2018

CASA DELLE DONNE; 5STELLE RAGIONIERI E ASSIST A ZINGARETTI


Nei prossimi giorni proporrò alla Giunta di dichiarare la Casa Internazionale delle donne “sito di notevole interesse pubblico””. Lo scrive Nicola Zingaretti, presidente della Regione Lazio, in una lettera inviata al presidente della Casa Internazionale delle donne, Francesca Kock. 
Quarantacinque anni di storia sono quasi una vita, anzi, più vite: quelle delle donne che per la Casa delle Donne di Trastevere ci sono passate, magari trovandone una seconda, di vita. Una struttura, quella della Casa delle Donne, finita in mezzo alle beghe della politica: l’astratto e asettico legalitarismo pentastellato, proprio di chi non ha idea della differenza fra fare politica e fare il ragioniere, e la piccola speculazione politica, del Pd e di Zingaretti, che, invece, la politica sa bene come si fa.
La dichiarazione di “sito di notevole interesse pubblico” - fatta ai sensi del Codice dei Beni culturali, non essendo la Casa un monumento, sarà predisposta per i valori e la memoria storica e per l’identità culturale - non sposta nulla nel contenzioso che oppone la Casa al Campidoglio. 
L’atto di Zingaretti ha un valore simbolico e politico, certamente forte. E la dichiarazione di “sito di notevole interesse pubblico” Zingaretti avrebbe potuto o potrebbe ancora riservarla anche ad altre strutture. Senza andare troppo lontano, magari per Palazzo Nardini, quello di via del Governo Vecchio oggetto di scontro fra la Regione, che ne ha autorizzato la vendita, e la Soprintendenza che lo ha vincolato. Quel Palazzo Nardini che fu, fra il 1973 e il 1985, la prima sede (occupata) della Casa delle Donne. 
Erano gli anni di piombo e quelli dell’affermazione finale dei movimenti femministi e radicali. Il 2 ottobre 1973 un gruppo di donne appartenenti a diversi movimenti dell’epoca, presero possesso di Palazzo Nardini, abbandonato. Trasformatolo in una struttura di accoglienza per le donne in difficoltà, lo tennero fino al 1985 quando, dopo un quadriennio di trattative, il sindaco di allora, Nicola Signorello (Dc), assegnò loro un’ala del Convento del Buon Pastore a via della Lungara, un edificio del 1600 che aveva ospitato prima donne “peccatrici” per poi trasformarsi, a metà ottocento, in un carcere femminile e in un asilo per bambine “da proteggere”. 
La “pace”, la Casa delle Donne, la ottiene nel 2001 quando il sindaco Veltroni consegna ufficialmente l’edificio ai gruppi che costituiscono oggi la Casa e che offrono alle donne consulenza legale, assistenza psicologica, medica e consulenza del lavoro, servizi per bambini. 
La questione quando, sulla linea dell’astrattismo legalitario già tracciata da Marino, la Giunta Raggi reclama arretrati di affitto per 880mila euro. Parte una trattativa che, però, si interrompe quando, il 17 maggio, i pentastellati votano in Consiglio (ma con molti mal di pancia, specialmente delle attiviste nelle chat) una mozione di Gemma Guerrini, la presidente della Commissione cultura - la stessa del Cinema America - con la quale si chiede al Sindaco di rientrare in possesso del Convento del Buon Pastore e di porre fine a un’esperienza giudicata “fallimentare” e non più rispondente alle intenzioni dell’Amministrazione comunale in modo tale da mettere tutto a bando. 
Un po’ lo stesso cliché seguito con la Maratona di Roma e gli impianti sportivi comunali. 
La replica della Casa è affidata a Lia Migale, membro del direttivo: “dal 1983 ad oggi abbiamo certamente avuto dei momenti di difficoltà e quindi si è accumulato un debito di 880 mila euro ma noi vantiamo anche un credito” manutenzioni fatte al posto del Comune, ritardi nelle licenze previste nella convenzione col Campidoglio, mancati rimborsi. Il tutto porta il debito reale a “forse 400mila”. La Casa è pronta a trovare un accordo. Non così il Campidoglio. 
Appunto: politica da ragionieri e assist a Zingaretti di ergersi a paladino delle donne.


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