Il miglior alleato del progetto Stadio della Roma è, paradossalmente, Virginia Raggi. O, meglio, la sua debolezza e il fallimento di questi primi 28 mesi di governo. La necessità per il Sindaco e la sua maggioranza è quella di riuscire finalmente a portare a casa un risultato tangibile e visibile: e nulla come la prima pietra dello Stadio potrebbe contribuire a risollevare le meste sorti di questa Amministrazione che annega fra i rifiuti e il degrado.
Per la Raggi il problema - chiusa la parentesi dei suoi guai giudiziari della vicenda Raffaele Marra con l’assoluzione “perché il fatto non costituisce reato” - ora sta in Consiglio comunale. Fra i suoi consiglieri.
Fino a qualche settimana fa i mal di pancia sullo stadio erano non meno di 5, più probabilmente sette. Cinque/sette consiglieri che le avevano chiaramente detto di non portare in Aula per il voto la variante e la convenzione perché avrebbe rischiato non tanto un voto contrario - non è prassi in nessun partito e i 5Stelle non fanno eccezione, che su provvedimenti di tale rilievo ci sia espressione di dissenso con il voto contrario - quanto piuttosto di non avere il numero legale in Consiglio.
Il tema è che non pochi fra i grillini che siedono in Aula Giulio Cesare il progetto, anche nella versione rivisitata con il taglio delle opere pubbliche studiato per poter tagliare cubature e, quindi, eliminare le torri di Libeskind, è visto come un favore ai costruttori, una specie di regalo. L’anima 5Stelle del “no” a qualunque opera, pubblica o privata che sia, emerge in tutta la sua forza su questo progetto.
Per questo, dopo aver ordinato una due diligence agli uffici comunali su tutti gli atti emanati dal Campidoglio nel corso di tutti gli anni di valutazione del progetto - un atto piuttosto inutile visto che la valutazione sulla congruità degli atti viene richiesta a quegli stessi uffici che li hanno emanati - la Raggi ha sentito l’urgenza di rivolgersi anche al Politecnico di Torino per verificare il problema traffico.

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