Mentre il Governo cerca di impossessarsi non solo, o non tanto, direttamente della gestione dei soldi dello sport quanto, soprattutto, di mettere le mani della politica sull’intero mondo sportivo, c’è da registrare quanto la Corte dei Conti - solitamente mai particolarmente tenera nel giudicare le società pubbliche - afferma sui bilanci del Coni e della Coni Servizi: promossi e benedetti.
LA RIFORMA PROPOSTA DAL GOVERNO
La riforma che l’Esecutivo ha inserito - con il solito articoletto estemporaneo dentro la legge finanziaria esattamente con lo stesso cliché che avvenne per la cosiddetta legge Stadi (147/2013) - nella manovra di bilancio di prossima discussione in Parlamento prevede che sia la Coni Servizi, cui verrò cambiato nome in Sport e Salute SpA, ad erogare i fondi alle 44 Federazioni sportive nazionali. A oggi, questo compito spetta al Coni, origano di autogoverno del mondo dello sport. I vertici del Coni - Giovanni Malagò è l’attuale presidente - sono eletti dal Consiglio nazionale che è composto da 70 membri espressione delle Federazioni e da 5 degli Enti di Promozione Sportiva. Coni Servizi, invece, ha già i vertici nominati dal Ministero delle Finanze ma è una società per azioni strumentale al funzionamento del Coni i rapporti con il quale sono regolati da apposito contratto di servizio. La riforma, quindi, trasferirebbe il controllo dei soldi per le Federazioni sportive dal Coni a una società i cui vertici sono espressione del Governo.
MANUALE CENCELLI PER LO SPORT COME PER LA RAI
A parte la violazione delle raccomandazioni del Comitato Olimpico Internazionale (la numero 28: “Il supporto ricevuto dalle autorità pubbliche non deve essere utilizzato in alcun modo per giustificare interferenze o pressioni sulle organizzazioni sportive”), il nodo è che in questo modo le Federazioni “povere” finiranno per essere politicizzate. Insomma, si rischia di fare del mondo sportivo un carrozzone esattamente uguale alla Rai: invece delle poltrone dei direttori di rete e testata, dei capiredattori e dei corrispondenti, si parlerà di presidenti federali e simili: insomma, si adotterà il Manuale Cencelli anche per lo sport.
LE FEDERAZIONI “POVERE” LE PRIME VITTIME
Facile capire come: su 44 Federazioni, escluse quelle più ricche (Calcio, Rugby, Volley, Tennis, Basket e Nuoto) tutte le altre dipendono quasi esclusivamente dai contributi oggi versati dal Coni e, domani, dalla politica. Badminton, Canoa e Kayak, Squash, Hockey, Motonautica, Pentatholn e Sci Nautico, ad esempio, dipendono dai contributi Coni per una quota non inferiore all’84% del valore della produzione fino addirittura al 90% della Motonautica. Poi, ci sono tutte le altre, le cui percentuali sono inferiori ma comunque con una media superiore al 50% del valore della produzione. Spostare, quindi, la fonte del contributo vitale da un organo apolitico e apartitico a una società che risponde a Ministri, viceministri, sottosegretari, partiti e movimenti, di oggi e di domani, significa rendere le Federazioni dipendenti dal potere politico.
LA CORTE DEI CONTI BENEDICE CONI E CONI SERVIZI
C’è poi il “dettaglio” della Corte dei Conti che ha esaminato, promosso e benedetto i bilanci consuntivi 2016 di Coni e Coni Servizi.
Quelli del 2016 sono gli ultimi bilanci che la magistratura contabile ha esaminato: quelli 2017 sono stati approvati pochi mesi fa e il lavoro della Corte ovviamente giungerà più in avanti.
Al di là di questo, però, in un panorama francamente desolante di società pubbliche che la Corte bacchetta ogni anno, Coni e Coni Servizi rappresentano se non un unicum sicuramente una perla rara.
L’ANALISI DEI BILANCI 2016 CONI
Scrivono i magistrati contabili: il Coni nel 2016 si è occupato della “partecipazione della squadra italiana” alle Olimpiadi di Rio “nonché alla II edizione dei Giochi olimpici giovanili invernali di Lillehammer”. Il bilancio è in attivo di 263mila euro, con un valore globale della produzione pari a 458milioni di euro, in aumento rispetto al 2015 grazie alla “crescita dei ricavi commerciali, dei contributi assegnati dallo Stato, da Ministeri ed altri Enti pubblici e privati, nonché dai contributi del CIO”. Ovviamente, rispetto al 2015 sono aumentati anche i costi, lasciando però il saldo finale con il segno più. Aumenta di poco patrimonio netto che si attesta a 41milioni di euro e spicci. Quasi 3 milioni i risparmi che il Coni ha fatto dando “attuazione ai vincoli di finanza pubblica”. Altra nota positiva, la predisposizione del “Piano triennale di prevenzione della corruzione e del Programma triennale della trasparenza”, l’implementazione del “sistema di “whistleblowing” per la gestione delle segnalazioni”. Tempestivi anche i pagamenti verso i fornitori. Infine, la Corte ribadisce la necessità che il Coni, nel trasferire le risorse alla Federazioni sportive, le subordini “ad uno scrupoloso e puntuale rispetto delle norme volte al contenimento delle spese, anche al fine di ottimizzare i costi e rendere più efficiente la gestione”.
L’ANALISI DEI BILANCI 2016 DI CONI SERVIZI
Veniamo all’analisi dei bilanci della Coni Servizi. “La Società ha provveduto, alla luce delle norme introdotte dai provvedimenti legislativi sulla “spending review” a realizzare le necessarie economie, seguite, laddove previsto dalle norme, dai conseguenti accantonamenti e versamenti allo Stato, sia direttamente, sia indirettamente attraverso il Coni (riduzione del contributo statale a monte e/o versamento da parte dell’ente)”, scrivono i giudici contabili che aggiungono: “nel corso del 2016, Coni Servizi ha provveduto ai versamenti alle casse dello Stato di quanto dovuto, sia in termini di “dividendo” che di saldo delle riduzioni” di spese (1,6 milioni). Regolarissimo il pagamento dei fornitori, in media a 36 giorni, e allineati i compensi per gli amministratori della società. In salita anche il patrimonio netto (57,5 milioni), 144 milioni il valore della produzione e 826mila euro in attivo la chiusura del bilancio.
Come quel tre volte “Campioni del Mondo” urlato da Nando Martellini consegnò più di ogni altra cosa il Mondiale dell’82 agli Azzurri, così fu la voce rotta dall’emozione, concitata, quasi sul ritmo di quelle remate, di Giampiero Galeazzi a portare nella mente degli italiani il canottaggio d’oro alle Olimpiadi di Seul del 1988. Erano Giuseppe Di Capua, il timoniere, e poi loro due, Carmine e Giuseppe Abbagnale, stretti in quelle canottiere azzurro intenso. Lui, Giuseppe, di ori olimpici ne ha vinti due, Los Angeles ‘84 e Seul ‘88, sette gli ori ai campionati del mondo (1981, 1982, 1985, 1987, 1989, 1990, 1998), quattro onorificenze fra cui quella all’Ordine al Merito della Repubblica conferita dal Capo dello Stato, e oggi guida, e non poteva essere altrimenti, la Federazione di Canottaggio.
“Ci sono molti modi in cui la politica può intervenire sullo sport, per diffonderne la cultura, la pratica. Fatico a vedere come questa riforma possa giungere allo scopo”.
“Al momento ho letto le cose che pubblica la stampa. E, no, non mi piace. Mi pare un’ingerenza della politica nello sport, assolutamente non necessaria. La politica ha molti modi per dimostrare la sua attenzione verso il mondo dello sport e questa riforma non rientra fra questi”.
Ad esempio?
“Se vogliamo spingere verso una maggiore diffusione dello sport non serve mettere le mani sui soldi dello sport. Va riformato l’insegnamento dello sport nelle scuole di ogni ordine e grado, dalle elementari alle università. Oggi, la pratica sportiva nelle scuole è affidata alla buona volontà dei singoli, praticamente vive sul volontariato. A me piace l’idea dello sport diffuso che va visto come uno strumento per la salute ma anche e soprattutto come un antidoto a certe situazioni come il bullismo, il razzismo, la microcriminalità”.
E quindi?
“Quindi, se vogliamo realmente incidere sullo sport diffuso, iniziamo a riformare questo insegnamento, magari seguendo un percorso dentro la scuola che sia di tipo preparatorio”.
Come nei college americani con le borse di studio per i giovani talenti del basket, dell’hockey o del baseball?
“Sì, questo potrebbe essere un modello. Dobbiamo attrarre i giovani allo sport e, ad esempio, sarebbe assai utile anche coinvolgere gli atleti. Oggi l’insegnamento dello sport, come dicevo, è demandato di fatto al volontariato, ai singoli. Oppure è in mano ai militari che, di fatto, reggono l’intero medagliere sportivo italiano di livello”.
Questa riforma, così come è concepita, rischia di esporre per prime le Federazioni più dipendenti dai contributi pubblici ad essere terreno di reclutamento per la politica che quei contributi eroga.
“Questo è uno dei problemi principali. Ci sono molte Federazioni che, se questa riforma verrà approvata così come è stata proposta, rischiano di essere coinvolte nei giochini tipici della politica. Non credo che la gestione dei soldi sia davvero la chiave per riformare lo sport, il criterio fondante. Anzi”.
Da quanto trapela, i vertici più o meno di tutte le Federazioni sportive sono sul piede di guerra. Chi più palesemente, chi in maniera ancora prudente ma tutti non sembrano gradire questa riforma.
“Sono convinto che il mondo dello sport debba essere molto chiaro su questo punto. Sarebbe un errore rimanere in silenzio”.
Ma questa mancanza di diffusione dello sport, questa carenza di pratica sportiva nelle scuole non è un po’ un fallimento del Coni e della sua mission?
“Non credo proprio. In questi anni il Coni ha dato vita a una nuova gestione dello sport, con una maggiore diffusione. E i risultati di questa azione si stanno vedendo. Intervenire, però, oggi, a fronte di una organizzazione del mondo sportivo in grado di fornire risposte alle esigenze attuali, appare, almeno nella attuale formulazione della riforma prevista dal Governo, come una cosa che non va certo verso la direzione annunciata, anzi. Ripeto, appare tanto come una ingerenza, immotivata. E, soprattutto, controproducente”.
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