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In questo blog mi dedico a guardare con occhio maliziosamente indipendente ciò che accade a Roma - e qualche volta anche nel resto del mondo - soprattutto attraverso ciò che della mia città raccontano i quotidiani. Generalmente prendo in considerazione i tre quotidiani più importanti per vendite e diffusione nella Capitale: Corriere della Sera, La Repubblica e il Messaggero. A volte troveranno spazio anche gli altri quotidiani, la cui lettura è comunque sempre accurata.

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sabato 16 giugno 2018

PARNASI VOLEVA MOLLARE LO STADIO


C’è una sorta di via d’uscita che potrebbe salvare, magari in tempi non necessariamente lunghi, il progetto Stadio. Via d’uscita che, in ogni modo, di incognite ne presenta comunque tante. Ed è parzialmente contenuta proprio nell'ordinanza di arresto, in cui il Gip riferisce di una trattativa fra Parnasi e il suo gruppo e uno dei più importanti fondi di gestione del risparmio, la DeA Capital Real Estate. La DeA Capitale è una società per azioni, fondata nel 2000 da Carlo De Benedetti (quello di Repubblica), con sede a Milano, acquisita nel 2007 dal Gruppo De Agostini che la rinomina in DeA Capital. 
Lo scopo della DeA è semplice: trovare investimenti immobiliari per far fruttare i soldi investiti nel fondo. 
Secondo il GIP, “è emersa la volontà di Parnasi di vendere il terreno sul quale sorgerà lo Stadio nonché il progetto complessivo, comprensivo di autorizzazioni” fino ad ora conseguite. “La convenzione urbanistica - proseguono le carte dei magistrati - con il Comune di Roma sarà quindi sottoscritta la soggetto che in quel momento risulterà proprietario”. L’operazione, secondo la DeA - che precisa di non essere coinvolta nell’inchiesta - era solo in una fase preliminare, mentre per l Giudice per le indagini preliminari era “in fase conclusiva. Dall’ascolto di alcune comunicazioni emerge che si sta stipulando un accordo non vincolante e nei prossimi mesi è prevista la firma preliminare”. Parnasi da questa operazione avrebbe guadagnato “200 milioni di euro” a fronte di una spesa per l’acquisto delle aree di “42 milioni, pagamento per altro non ancora ultimato” con un incremento di 5 volte il valore iniziale ovviamente dovuto “alle autorizzazioni amministrative, tra cui primeggia la variante urbanistica”. 
Una soluzione, questa della vendita, che secondo Radio Trigoria, alla Roma sarebbe andata assai a genio e che, comunque, era considerata assolutamente ovvia visto che Parnasi non aveva la liquidità economica per poter affrontare da un punto di vista finanziario la costruzione di un progetto così imponente, anche nella versione ridotta della Raggi. 
Nel frattempo sembra chiarirsi lo scenario futuro che potrebbe consentire, certo non in tempi brevissimi, il ripescaggio del progetto. Al momento la Procura non ha ritenuto di compiere il sequestro di nessun atto dell’iter né chiedere l’interdizione della società Eurnova, limitandosi, pur contestando un reato associativo, a procedere alle misure cautelari personali per Luca Parnasi e i suoi più stretti collaboratori. Quindi, il giudice per le indagini preliminari non ha potuto provvedere alla nomina del curatore mancando l’istanza della Procura. Perciò, due appaiono le strade percorribili: la prima, l’assemblea dei soci di Eurnova si riunisce e nomina un nuovo amministratore. Oppure, non riuscendo in questa nomina, l’assemblea si rivolge al giudice civile ordinario per la nomina di un curatore. Nuovo amministratore o curatore che potranno riprendere il progetto di vendita che già Parnasi stava concludendo. In questo modo, con il subentro di una nuova società tutto l’iter si potrebbe rimettere in moto. Anche se il subentro di una nuova società proponente obbligherebbe il Campidoglio ad effettuare nuovamente un controllo preliminare sulla solidità e probità del nuovo partner della Roma. La tempistica però per una soluzione del genere non sarà certo breve: difficile ipotizzare un tempo inferiore ai 6 mesi per far ripartire la macchina. Salvo, poi, decidere se farla ricominciare dall’ultimo step, quello del voto sulla variante urbanistica una volta che gli uffici capitolini abbiano controllato la legittimità di tutti gli atti sin qui predisposti, o dall’inizio.

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