
“Sono arrivata pochissimi minuti prima delle otto di sera. Mi hanno immediatamente fatto prelievo e tamponi e messo l’agocannula” la “farfallina” nella vena del braccio da utilizzare per le flebo senza dover bucherellare ogni volta. Dopo di che, il nulla. Racconta: “Appena fatti i tamponi e il prelievo mi hanno fatto uscire immediatamente dall’ospedale. Nel parcheggio antistante è stata montata una tenda. E sono stata spedita lì. Insieme a me altre cinque persone, due delle quali, poi, risultate positive al Covid. Due bagni chimici, uno dei quali rotto, l’altro ridotto in condizioni disumane. E ci hanno lasciato lì, senza più darci cenni di vita”. Passano le ore. “La tenta non era riscaldata. E dentro c’erano solo sedie da sala d’aspetto, di metallo. Se provavi a uscire venivi ripreso in malo modo. L’unica scusa per uscire era quella di andare in bagno ma l’unico funzionante era in condizioni che lo rendevano inutilizzabile per quanto era sporco. Ho chiesto se era possibile pulirlo e mi hanno rimproverato. Ho chiesto acqua e non me ne hanno data. Ho chiesto una coperta che ho ottenuto dopo molte insistenze. Ho chiesto una Tachipirina per far scendere la febbre. Tutto inutile. Alle quattro di mattina mi hanno dimessa senza preavviso, letteralmente cacciata per strada senza darmi modo di attendere che qualcuno mi venisse a prendere”. E alle 7 di sera ancora non era arrivato il risultato del tampone.
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