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In questo blog mi dedico a guardare con occhio maliziosamente indipendente ciò che accade a Roma - e qualche volta anche nel resto del mondo - soprattutto attraverso ciò che della mia città raccontano i quotidiani. Generalmente prendo in considerazione i tre quotidiani più importanti per vendite e diffusione nella Capitale: Corriere della Sera, La Repubblica e il Messaggero. A volte troveranno spazio anche gli altri quotidiani, la cui lettura è comunque sempre accurata.

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martedì 9 luglio 2019

L'AMA BATTE CASSA: COMUNE PAGHI O CONTI IN TILT


I secchioni strabordanti di immondizia, il fetore pestilenziale e animali di varia natura che si cibano di questi rifiuti sono solo la parte più appariscente del problema immondizia a Roma.
Ce n’è una meno evidente ma altrettanto importante: lo stato del bilancio Ama. Da due anni - siamo al terzo esercizio in corso - il “socio unico” di Ama, cioè il Campidoglio a trazione grillina, non approva i bilanci dell’azienda di via Calderon de la Barca. 
Uno scontro feroce fra le fazioni interne al mondo a 5Stelle che ha lasciato sul terreno il cadavere politico dell’assessore ai Rifiuti, Pinuccia Montanari, e dell’ultimo CdA di Ama, quello di Lorenzo Bagnacani.
E per approvare il bilancio 2017 non c’è solo la famigerata partita dei crediti cimiteriali - il casus belli dell’addio del duo Bagnacani/Montanari dopo lo scontro con l’assessore al Bilancio, Gianni Lemmetti, e il dg del Campidoglio, Franco Giampaoleti - ma c’è anche e sopratutto il credito di Ama verso il Comune: Palazzo Senatorio deve all’Ama 169 milioni. Roba vecchia, per carità, antecedente addirittura il mandato di Alemanno sindaco (2008-2013) ma che va iscritta dentro il bilancio 2017. E anche in fretta: per poter predisporre il documento contabile da sottoporre all’approvazione del Comune, restano poche ore. E se il Comune non dovesse riconoscere questo debito, sul libro mastro di Ama ci sarebbe un nuovo buco di 169 milioni di euro. 
Di fatto, quasi il bollino di default. 
Non a caso, uno dei passaggi cardine dell’Ordinanza Zingaretti sui rifiuti è stato centrato proprio sulla necessità che il Campidoglio smetta di cincischiare e approvi questi due bilanci. La cui mancata approvazione, al di là dei rilievi contabili, amministrativi e penali, ha un risvolto immediato: le ultime 41 gare d’appalto bandite da Ama rendono un quadro piuttosto desolante. 
Sette sono andate deserte e fra queste alcune sono suggestive: niente gru, camion e gomme, niente rimozione dei rifiuti pericolosi né di quelli ordinari. Tre annullate, 8 aggiudicate e 21 in aggiudicazione, alcune di queste da mesi e mesi.
Se poi si analizzano non solo il numero e gli oggetti degli appalti, ma il loro valore economico, viene fuori un quadro ancor più sconcertante: le 7 gare andate deserte valevano il 67% dell’ammontare di tutte le 41 gare. Sul piatto Ama aveva messo oltre 340 milioni di euro: 227 milioni è il valore delle gare andate deserte, poco più di 7 milioni le gare aggiudicate, poi 2,5 milioni valevano quelle annullate e 103 milioni quelle in aggiudicazione. 
Non serve un genio matematico per capire che l’affidabilità di Ama è decisamente scarsa: vengono aggiudicate gare di poco valore, una da 58mila euro, e quasi tutte le altre sotto il milione di euro di valore. Le aziende, semplicemente, non si fidano: quando la posta è consistente, come i quasi 225 milioni a bando per “l'affidamento del servizio di caricamento, trasporto, scarico e trattamento, con recupero/smaltimento dei Rifiuti Urbani Residui prodotti dalla città di Roma Capitale - eccedenti le quantità trattate presso gli impianti di AMA S.p.A. - e dei rifiuti solidi prodotti dagli impianti di trattamento di AMA S.p.A., per un periodo di 24 (ventiquattro) mesi”, le aziende restano a casa.


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