Sono aperti solo dieci su tredici in totale e sono i centri di raccolta di Ama per i rifiuti ingombranti. Dai 10 aperti, poi, va di fatto cancellato quello a La Storta, nel XV Municipio, dato che è attrezzato per raccogliere solo sfalci e potature. Ne restano nove e sono i luoghi dove i romani possono andare a consegnare divani e frigoriferi, lavatrici e televisori invece di abbandonarli in strada come fin troppo spesso accade. Magari vicino ai cassonetti che stanno rapidamente tornando a traboccare di “monnezza” ordinaria.


Nei primi 10 giorni post quarantena, cioè dal 4 al 13 maggio, più o meno 200 romani al giorno, lo 0,06% della popolazione, si sono recati in una di queste dieci strutture lasciando a testa circa un chilo e 200 grammi di ingombranti: più o meno il peso di un tostapane.
Accorpando i numeri, come da nota Ama, il risultato suona un po’ meno misero: 20mila cittadini per 2.400 tonnellate di rifiuti lasciati in 10 giorni.
La campagna di comunicazione organizzata da Ama ricalca quelle celebri di anni passati: invece di Nino Manfredi o dei calciatori della Roma, l’Azienda ha deciso di utilizzare le bellezze monumentali della città abbinandole a immagini di rifiuti abbandonati e a messaggi contro l’abbandono dei rifiuti: Fontana di Trevi è intristita da un vecchio frigorifero e lo slogan di accompagnamento è “adesso siamo freschi”; il Colosseo è ritratto con una poltrona abbandonata e il claim “così è troppo comodo”.
Una campagna che tuttavia ha sollevato qualche polemica su una delle immagini scelte: non solo vecchi elettrodomestici ma anche libri. Un "prodotto" ben diverso dal mero rifiuto.
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