La “grana Stadio” è pronta per tornare sul tavolo della Raggi. Con un margine di manovra - per tutti, Campidoglio e As Roma - sempre meno ampio: la risposta della Regione, pur se scritta in un fitto e stretto burocratese, lascia poco spazio alle interpretazioni.
La lettera - partita lunedì 5 agosto, cofirmata dall’architetto Manuela Manetti, direttore dell’Urbanistica regionale e presidente della Conferenza di Servizi, e dai direttori dei Dipartimenti regionali Trasporti, Stefano Fermante, e Ambiente, Flaminia Todini - in sostanza ribadisce che, come da impegni presi dalla Roma, metà dei tifosi dovrà essere messa in condizione di arrivare e andarsene dallo Stadio con il trasporto pubblico su ferro, quindi con la Roma-Lido di Ostia e con la ferrovia Fiumicino-Orte. Ma, in modo molto chiaro, sancisce che questo vincolo - opere tutte completate e collaudate prima dell’apertura dello Stadio - vale solo per le opere incluse nel progetto e non “da interventi sull’intera infrastruttura successivamente programmati e finanziati”. Tradotto: la stazione Tor di Valle va fatta, completata e collaudata. Ma l’apertura dello Stadio non può essere vincolata alla stazione Acilia Sud della Roma-Lido.
Quindi, se la Raggi pensava di subordinare l’apertura dello Stadio alla Roma-Lido totalmente adeguata e rifatta, può scordarselo. Ma la Roma deve comunque garantire che metà del spettatori possa usare la ferrovia per andare alla partita.
Si riparte, quindi, con uno spazio di manovra sempre più ristretto: bruciata pure la carta Conferenza di Servizi, di fatto ora la palla torna sul tavolo del Sindaco e della sua sgangherata maggioranza. La pazienza della Roma è in via di esaurimento: al rientro dalle ferie di agosto inizierà un pressing sul Campidoglio. Dentro o fuori. Nella Convenzione urbanistica (il contratto fra la Roma e il Comune) dovranno trovare posto tutte e solo le opere pubbliche del progetto, o presentate dalla Roma o richieste in Conferenza di Servizi. Niente di più.
Il problema, per la Raggi, diventa, quindi, tutto politico. La sua maggioranza - ammesso che sullo Stadio ne abbia ancora una - non sembra nelle condizioni di accettare una Convenzione al ribasso: aver costantemente alzato l’asticella delle attese ora rischia di ritorcersi contro il Sindaco e i grillini. E gli scricchiolii interni già non mancano: l’addio polemico di Stefàno alla vicepresidenza del Consiglio, la tensione sui provvedimenti di urbanistica fra la consigliera Monica Montella e gli altri pentastellati, il possibile rientro in Aula di Marcello De Vito che, a dispetto dei proclami, non solo è ancora un grillino ma è sempre il Presidente del Consiglio comunale.
Tutto questo, a fronte della lettera della Regione che, senza benedire del tutto la posizione della Roma, respinge comunque il tentativo del Campidoglio di allargarsi oltre il dovuto, potrebbe spingere la Raggi e i suoi a mantenere l’atteggiamento dilatorio tanto caro al mondo grillino del non fare per non sbagliare.
Facendo i conti con il calendario degli impegni istituzionali alla mano, entro fine settembre il Consiglio comunale dovrà approvare il bilancio consolidato che, almeno per qualche seduta potrebbe impegnare l’Aula e la Giunta. A dicembre, poi c’è il bilancio di previsione da votare.
I tempi, quindi, sono stretti: la Roma per metà settembre vorrà sapere dalla Raggi se si va avanti con i fatti oltre che con le dichiarazioni radiofoniche. In mancanza di una chiara posizione, potrebbe iniziare uno show-down: ricorso al Tar per la nomina di un Commissario ad acta che obblighi l’Aula a votare i testi. Modificati secondo la lettera della Regione. Oppure no e in quel caso, subito dopo il voto, con appuntamento in Tribunale e Fiumicino in pole per subentrare. La speranza, ovviamente, è riposta nel buon senso di non perdere centinaia di milioni di investimento e rischiare una causa miliardaria.
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