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In questo blog mi dedico a guardare con occhio maliziosamente indipendente ciò che accade a Roma - e qualche volta anche nel resto del mondo - soprattutto attraverso ciò che della mia città raccontano i quotidiani. Generalmente prendo in considerazione i tre quotidiani più importanti per vendite e diffusione nella Capitale: Corriere della Sera, La Repubblica e il Messaggero. A volte troveranno spazio anche gli altri quotidiani, la cui lettura è comunque sempre accurata.

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mercoledì 14 agosto 2013

News game: il Domino Saddam. Copyright by Cia&Mi6

Un pensiero deferente e un sentito ringraziamento alla premiata ditta Cia&MI6 per la creazione del nuovo gioco di società: Domino Saddam.


La grande Guerra del Golfo è davvero stata la madre di tutte le battaglie: le stiamo combattendo ancora oggi.
Come in un domino, appunto, la Guerra del 1991 ha aperto le porte alla destabilizzazione del mondo arabo, una destabilizzazione che passa per l'Afghanistan e l'Indonesia, l'Iran e la Siria, il Libano e l'Egitto, l'Algeria e la Tunisia.
Gli sbarchi di clandestini a Lampedusa, in Sicilia o sulle coste calabresi sono solo un aspetto, quello che ci tocca più da vicino, della Guerra del '91. Così come l'odierna strage in Egitto è devota ed amorevole figlia della scarsissima lungimiranza della Cia e del MI6, i servizi segreti dedicai all'estero di Stati Uniti e Gran Bretagna.
Una figlia che, ormai, conta ben 23 anni e continua a crescere.

La decisione dell'Iraq di Saddam di conquistare manu militari il Kuwait ha alterato gli equilibri politici regionali e le percentuali di controllo sui giacimenti di petrolio. Una decisione, quella irachena, che può (e forse lo è) apparire il frutto della megalomania di un ras locale ma che in realtà è discendente diretta dell'impreparazione degli Usa alla fine della Guerra Fredda: Iraq e Afghanistan sono due facce della stessa medaglia. L'ottusa miopia degli americani li ha spinti prima a finanziare il laico socialista Saddam contro il religioso Khomeini (foraggiato dai Sovietici), e a mandare soldi e missili ai guerriglieri religiosi talebani afghani contro i Sovietici: entrambe queste politiche sono state seguite per vincere la Guerra Fredda. E, dopo averla vinta, gli Usa hanno abbandonato quelli che avevano prima usato, lasciandoli o in balia del credo religioso o pronti per provare a percorrere una classica politica di potenza.

Nel 1991, abbagliati dal mito (tutto americano) dell'esportazione della democrazia (con le baionette), gli Stati europei si schierano dietro gli Usa, sotto la bandierina dell'Onu. 
Formale obiettivo - ennesima riprova di miopia - è solo la liberazione del tanto insignificante quanto ricco Kuwait.
Saddam resta in sella. Fino al 2003. Però ormai è costretto a spostarsi dal fronte laico - quello che lo aveva portato, sponsorizzato e foraggiato dagli Usa e dagli Inglesi, a fare 8 anni di guerra contro L'Iran dell'ayatollah Khomeini - a quello é litioso, invocando la Guerra Santa contro gli infedeli e aprendo le porte del suo Paese agli integralisti religiosi che si riunivano sotto il vessillo di Al-Qeda e di Osama Bin Laden.
 E quando apri le porte al virus, la cura che ti servirà è da cavallo!
Anche perché, nel frattempo, la velocità di diffusione delle informazioni e delle idee si moltiplica con progressione geometrica anno dopo anno, mese dopo mese. E diviene incontrollabile e inarrestabile.

Certo, alcuni episodi sono legati a fatti più specifici: ad esempio, la guerra civile in Libia è figlia più che altro dello scontro fra Italia e Francia, fra Eni e Total, per il controllo del petrolio libico.
E certo ogni qual volta un Leader di un Paese occidentale prova a "sganciarsi" dal controllo delle Sette Sorelle, stranamente quel leader viene rapidamente scaricato ed entra nel limbo dei dannati.
Tuttavia, non furono Sarajevo e Francesco Ferdinando a dare il via alla Prima Guerra Mondiale, così come non è stata la lotta ENI-Total a scatenare la guerra civile libica. Al massimo, si trattava solo del fischio d'inizio del match.

Una volta che Saddam ha aperto la diga all'integralismo, questo non si è più fermato. 
Egitto, Siria e Turchia oggi sono gli ultimi fronti di questa guerra.
Nessuno ha nostalgia di quei piccoli - e spesso sanguinari - leader del passato, i Ben Alì, i Mubarak,i Gheddafi, i Saddam. Però loro - casualmente tutti esponenti di un'aristocrazia militare - rappresentavano la stabilità contro il fanatismo. La cosiddetta "Primavera Araba", alla fine, è stata un movimento buono per noi occidentali, per i nostri giornalisti che hanno potuto, così, alimentare il mito della democrazia che cresce spontaneamente, dopo aver raccontato quello della democrazia esportata con la forza della "giustizia internazionale". 
La drammatica lezione che emerge sin dal 1991 ma che in questi ultimi due o tre anni trova la sua conferma più tragica è che manca ancora, nei Paesi del mondo arabo un reale substrato sociale in grado di supportare la democrazia. In fondo, questi Paesi sono passati da un colonialismo paternalistico a una serie di dittature militari al massimo con un breve intermezzo di qualche dinastia reale eterodiretta. L'alternativa come dimostrano l'Iran o il Sudan - sono gli imam, la sharìa, gli stati teocratici.

Quello che oggi avviene in Turchia, Siria ed Egitto - e domani potrebbe incendiare definitivamente anche Oman,Yemen, Arabia Saudita - è l'ultimo scontro fra l'anima laica e quella fondamentalista del mondo arabo. Il rifiuto degli Stati Uniti di appoggiare gli insorti anti Assad in Siria è legato al fatto che questi insorti sono infiltrati da uomini legati ai movimenti qaedisti: finanziare e armare gli uni, significa finanziare e armare gli altri. In Turchia, pur con l'inversione dei ruoli, essendo Erdogan l'esponente dei partiti religiosi, lo scontro è analogo. In Egitto gli scontri sono ugualmente fra l'esercito e i sostenitori dei movimenti religiosi il cui vessillo è l'ex presidente Morsi.

Insomma, il domino iniziato con Saddam ancora non è finito.
Il sentito ringraziamento del mondo deve andare agli autori di questo nuovo ed avvincente gioco: CIA e MI6 ci hanno regalato già un ventennio di risiko e forse altri 10 anni di rivolte.

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