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In questo blog mi dedico a guardare con occhio maliziosamente indipendente ciò che accade a Roma - e qualche volta anche nel resto del mondo - soprattutto attraverso ciò che della mia città raccontano i quotidiani. Generalmente prendo in considerazione i tre quotidiani più importanti per vendite e diffusione nella Capitale: Corriere della Sera, La Repubblica e il Messaggero. A volte troveranno spazio anche gli altri quotidiani, la cui lettura è comunque sempre accurata.

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lunedì 12 agosto 2013

Ipocrisia in salsa rainbow

Pantaloni rosa, emarginazione, abbandono, solitudine, derisione.
Quanto accaduto a San Basilio è terribile. Gettarsi da un terrazzo per la derisione e l'emarginazione causate dalla propria sessualità è devastante. Lo è sempre, ma ancor di più quando la vittima di questa solitudine ha quattordici anni, l'età in cui il mondo dovrebbe apparire pronto per essere conquistato e non una camera oscura le cui pareti si chiudono ogni giorno sopra di noi.

È giusto e sacrosanto che le Associazioni Lgbt chiedano una legge contro l'omofobia. Al di là dei contenuti di questa norma, oggetto di acceso dibattito, deve essere un segnale di civiltà che il nostro Paese smetta i semplici panni del Gay Village e di Muccassassina o del Gloss - per citare solo gli happening romani e tralasciare le altre decine sparse in tutte le altre città - e passi ad una tutela superiore.
Una tutela che deve essere quella dei diritti per le coppie gay, diritti come una normale vita comune priva di quegli inciampi da cui oggi le ordinarie coppie etero sono già esentate come l'eredità, il subentro negli affitti, il diritto ad assistere il/la propria partner senza restrizioni.
E, una tutela che deve essere anche quella della protezione da quei supposti machi e accertati idioti che ritengono loro diritto insultare, deridere, pestare o uccidere un altro essere umano solo perché "diverso". Diverso da chi, poi, è ancora tutto da chiarire.

Detto questo, però, mi domando come mai le Associazioni Lgbt si muovano solo in alcuni casi e non per tutti.

Tutti ricordiamo la quantità inverosimile di polemiche sul Liceo Socrate dato alle fiamme. Prima ancora che gli inquirenti avessero stabilito cosa fosse realmente accaduto, abbiamo avuto un profluvio di dichiarazioni sull'omofobia. Poi si è scoperto che era la vendetta di quattro studenti idioti (giustamente, a questo punto) bocciati.
E, poi, oggi.

Eppure, fra i due eventi - Socrate e suicidio - altri due eventi che hanno visto il mondo gay interessato sono rimasti stranamente silenziosi: il 27 luglio scorso un uomo viene rinvenuto cadavere nel proprio appartamento a Monteverde, dopo un probabile gioco erotico gay
Due giorni dopo, il 29 luglio, il corpo di Andrea, trans di 28 anni, viene trovato al binario 10 della Stazione Termini.
Centro di Roma o quasi. Due articoli e poi silenzio.
Nessuna mobilitazione, nessuna dichiarazione, nessuna richiesta di legge contro l'omofobia, nessuna fiaccolata.
Tutto sotto silenzio.
Viene da chiederei il perché.

Forse che un uomo che incontri la morte in seguito a qualche incontro clandestino sia meritevole di minor interesse di un Liceo?
Forse che ammazzare di botte, a bastonate, un trans abbia minori diritti di attenzione di un ragazzo che si suicida? 
Forse che vi è la cattiva coscienza di chi, in campagna elettorale, parlava di una Roma antigay e oggi dovrebbe spiegare due morti in 2 giorni?

O, forse, Liceo e suicidio offrono migliore visibilità mediatica delle vita di un trans e di un uomo?
Verrebbe da pensare che il perbenismo - che spesso sconfina con ipocrisia - alberghi tranquillamente nelle Associazioni Lgbt.
Verrebbe da pensare che le stesse Associazioni si muovano solo quando la battaglia appare facile in partenza.
Perché - Andreotti diceva che "a pensar male"... - è difficile chiedere un legge anti omofobia per la morte di uno che rimedia, forse, marchettari. È difficile chiederà per un trans, che vive di marchette alla Stazione

A me sembra una grande ipocrisia. Un'ipocrisia rainbow che discrimina i gay in soggetti di serie A e di serie C. La B, la saltiamo a piè pari. È meglio.


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