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In questo blog mi dedico a guardare con occhio maliziosamente indipendente ciò che accade a Roma - e qualche volta anche nel resto del mondo - soprattutto attraverso ciò che della mia città raccontano i quotidiani. Generalmente prendo in considerazione i tre quotidiani più importanti per vendite e diffusione nella Capitale: Corriere della Sera, La Repubblica e il Messaggero. A volte troveranno spazio anche gli altri quotidiani, la cui lettura è comunque sempre accurata.

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mercoledì 4 luglio 2018

"SOLDI PUBBLICI PER SPESE FAMILIARI", L'INCHIESTA CHE TRAVOLSE UMBERTO BOSSI

 A tappeto: sequestrare i soldi della Lega Nord fino al raggiungimento della cifra monstre di 49 milioni di euro. Una sorta di pesca a strascico su conti bancari, libretti, depositi, decisa dalla Corte di Cassazione nei confronti del partito di Salvini in accoglimento del ricorso avanzato dalla Procura di Genova. Per la Suprema Corte, quindi, il Tribunale del Riesame - che per ben 4 volte aveva negato alla Procura questa possibilità - ora deve riformare la sua decisione sequestrando i soldi “Ovunque vengano rinvenuti e presso chiunque”.
Finora, sono stati bloccati solo 1,6 milioni di euro, trovati dalle Fiamme Gialle sui conti del partito quando è stato disposto il sequestro e complessivamente sono stati trovati 3 milioni e 150 mila euro. Per la Suprema Corte, invece, vanno immobilizzati fondi fino ad arrivare alla 'soglia' di 48 milioni 969mila euro, somma per la quale il Tribunale di Genova il 24 settembre 2017 aveva condannato il senatur Umberto Bossi, il tesoriere Francesco Belsito e altri tre imputati e di cui aveva ordinato la confisca.
La vicenda nasce dal processo contro l’ex segretario leghista, Umberto Bossi, accusato e condannato dal Tribunale di Genova per truffa ai danni dello Stato sui rimborsi ai partiti per i contributi elettorali, truffa che avrebbe consentito di accumulare questi 49 milioni di euro. La Procura di Genova aveva chiesto la confisca di 56 milioni alla Lega in quanto “percettore delle indebite appropriazioni dei soldi pubblici”. 
Secondo l’accusa, fra il 2008 e il 2010 la Lega avrebbe presentato al Parlamento dei rendiconti irregolari per ottenere indebitamente rimborsi con soldi pubblici. 
Questo denaro sarebbe stato utilizzato per spese personali della famiglia Bossi. 
Al termine del processo, la sentenza vide condannati oltre Bossi (2 anni e mezzo) e l'ex tesoriere Francesco Belsito (4 anni e 10 mesi) anche i tre ex revisori contabili del partito Diego Sanavio, Antonio Turci e Stefano Aldovisi (i primi due a 2 anni e ( mesi, il terzo a 1 anno e 9 mesi) e due imprenditori Paolo Scala e Stefano Bonet (5 anni ciascuno). Per tutti l’accusa era truffa. Belsito e i due imprenditori sono accusati anche di riciclaggio perché avrebbero portato oltre confine, a Cipro e in Tanzania, parte dei soldi illecitamente ottenuti. Il tribunale stabilì, a carico dei condannati, il pagamento di quasi un milione di euro a titolo di provvisionale a favore di Camera e Senato, che si erano costituiti parte civile. L’inchiesta esplose nel 2012 e determinò le dimissioni di Bossi e della cerchia ristretta dei suoi fedelissimi. 
La Cassazione ha evidenziato come il sequestro dei conti, disposto il 4 settembre, dopo la condanna di Bossi, sia stato “emesso in osservanza dei presupposti di legge e non è stato oggetto di impugnazione da parte della Lega Nord”. Insomma, la Lega, dopo la condanna del ‘Senatur’ per aver incamerato tra il 2008 e il 2010 questo tesoro illecito, non contestò il sequestro lasciando che scadessero i termini per il ricorso. Solo in seguito il partito a guida Salvini ha cercato di ‘frenare’ sul blocco dei soldi che in futuro potrebbero riemergere.


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