Accantonando la stazione Amba Aradam che sta riservando una scoperta dopo l’altra e osando appena immaginare cosa potrà uscire fuori dagli scavi lungo il tracciato verso Fori Imperiali, sono solamente sette su un totale di 26 gli interventi per la realizzazione della Metro C che non hanno riservato sorprese archeologiche. A oggi, Metro C sconta sette anni di ritardo sulla tabella di marcia inizialmente prevista, ovviamente non tutti dipendenti dall’archeologia ma San Giovanni da sola ha comportato 5 mesi di scavi archeologici e uno stop globale ai lavori di un biennio, tempistica analoga per Amba Aradam.
In ben diciannove casi dal sottosuolo sono emerse tombe, case, strade, vasche, caserme, mosaici., che vanno dall’età del rame al tardo impero. Poi si inizia dal capolinea: a Pantano sono saltati fuori tombe e fosse rituali preistoriche risalenti al periodo dell’età del rame. Il Deposito Graniti, vicino il capolinea di Pantano, ha invece consegnato agli archeologi una gran quantità di lavoro: un antico tracciato stradale che attraversava un’estesa area agricola con canalizazioni, trincee di coltivazione, canali di drenaggio dell’acqua. E, ancora fornaci, impianti per l’estrazione di materiali da costruzione come la pozzolana, una calcara dove si prepara la calce, alcuni pozzi e cunicoli sotterranei. I reperti coprono un periodo assai lungo: dal IV secolo avanti Cristo fino al V dopo Cristo, quindi, vale a dire dall’epoca della vittoria di Roma su Veio fino alle prime due guerre Sannitiche, tutti eventi del IV secolo prima di Cristo, fino al saccheggio dei Visigoti di Alarico, a quello dei Vandali, ad Attila e alla triste fine dell’Impero romano d’Occidente.
Ancora: nell’area della stazione di Torre Spaccata sono state rinvenute alcune strutture murarie di una villa di epoca romana mentre in quella di Parco di Centocelle gli scavi hanno portato alla luce due diversi ambienti funerari, uno dei quali un colombario composto da tante piccole nicchie entro cui venivano collocate le urne contenenti le ceneri dei defunti. Tra l’altro, le strutture sono state edificate in opus reticulatum (un reticolo diagonale) rivestite da intonaci colorati. Le diverse urne funerarie trovate in alcuni casi contenevano il solo corredo funebre del defunto in altri invece anche i resti ossei.
In uno dei pozzi realizzati (il 5.4 fra Centocelle e Teano) sono stati ritrovati parti di un manufatto dell’antico acquedotto Alessandrino, realizzato dall’imperatore Alessandro Severo nel 226 dopo Cristo e destinato ad alimentare di acqua le Terme di Nerone collocate nell’area del Pantheon dove oggi sorge il Senato della Repubblica.
Per le stazioni Teano e il pozzo di inserimento delle talpe di scavo a Malatesta sono stati ritrovati elementi agricoli di epoca romana come canali e fossi di colvitazione e opere idrauliche e una fornace.
La stazione Pigneto sorge su un’antica cava di tufo e pozzolana divenuta nel tempo una discarica che, quindi, ha riconsegnato un enorme quantitativo di reperti da catalogare.
Da piazza Lodi, invece, sono emerse un cunicolo e una cavità legate ad attività estrattive e una cisterna in opera cementizia, un miscuglio di malta (calce mescolata con sabbia o pozzolana), e frammenti di pietra spezzati o ghiaia.
E arriviamo a San Giovanni: qui è stato ritrovato un grande bacino idrico di epoca imperiale, il più grande mai rinvenuto: la vasca poteva contenere ben 4 milioni di litri d’acqua cui, nel I secolo, si aggiunge una struttura di sollevamento dell’acqua e di distribuzione della stessa sui campi. da ultimo, nel pozzo 3.2 di piazza Celimontana è emerso un acquedotto di età repubblicana in blocci di tufo squadrati collegato ad una grande vasca.
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