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In questo blog mi dedico a guardare con occhio maliziosamente indipendente ciò che accade a Roma - e qualche volta anche nel resto del mondo - soprattutto attraverso ciò che della mia città raccontano i quotidiani. Generalmente prendo in considerazione i tre quotidiani più importanti per vendite e diffusione nella Capitale: Corriere della Sera, La Repubblica e il Messaggero. A volte troveranno spazio anche gli altri quotidiani, la cui lettura è comunque sempre accurata.

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domenica 7 giugno 2015

I TANTI PADRI DI MAFIA CAPITALE

La corsa, per alcuni, è al distinguo “io non c’ero. Non è roba mia. Riguarda gli altri”. 
Per molti altri, invece, la corsa è all’indignazione speciale: “che schifo, che pena, che ladri”.

Ma sono tanti i papà di Mafia Capitale.
Che poi, qualcuno deve ancora spiegarmi bene dove sta la “mafia” in questo. Se le accuse saranno provate in sede di giudizio - ed è ancora tutto da vedere - pare più un quadro di corruzione diffusa, banale, cattiva, che un quadro mafioso. Non ci vedo gli attentati intimidatori, le morti bianche o rosse, il pizzo estorto. Ci vedo un bel carro mangiatoia sul quale tutti si affrettavano e si affrettano a salire: in cambio di lenticchie, strapuntini lavorativi, briciole di potere.
Quelli che di mafia - quella vera - si intendono dicono che la mafia è diversa e molto da ‘sta banda di rubagalline.


Ma, siccome faceva gioco ieri gridare “Alemanno mafioso”, oggi tocca pure agli altri. E, tanto il sindaco Marino quanto il presidente Zingaretti, dovrebbero prendersela con i loro oculisti che non hanno diagnosticato ad entrambi la rara forma di miopia politica strabica da cui sono evidentemente affetti. Per fare la corsa al primo turno - quello di dicembre - a scaricare la vicenda, etichettandola come mafiosa, sulle spalle del centrodestra, oggi stanno inguaiati più di loro. I “loro di ieri” - i presunti colpevoli di area centrodestra - oggi sono nell’eccellente compagnia dei “compagni di oggi”. E adesso va’ a spiegare in giro che questa non è mafia. Complimenti: per fare il figo ieri, oggi hai insaponato personalmente la corda che ti impiccherà. 

Già, perché almeno quelli di “ieri” possono dire di essere di “ieri”, appunto. 
I tuoi, no, quelli sono di oggi, di stamattina, di ieri sera a cena. E fa ridere sentirsi dire: “è una fotografia di una città che non c’è più”. 
Non c’è più dove? 
Perché? 
Ozzimo, Coratti, Pedetti, Caprari, Tassone chi sono? 
Non erano con te ieri sera a cena? 
E stamattina non dividevano con te gli scranni dell’Aula Giulio Cesare? 
Forse che non hanno votato il tuo bilancio e le tue delibere? 
Ma quale “baluardo della legalità”?
Questa favoletta va bene fra i tre tenores: il barbuto, il ciclista e il fratello. 

Che però ora, dopo averla osannata ieri, rischiano di finire impiccati dalla loro stessa corda.
Se ieri andava bene dire che era “mafia”, con quale criterio potrai evitare oggi lo scioglimento del Consiglio comunale per mafia? 

Personalmente, non vedendoci la mafia, non credo che il Consiglio Comunale debba essere sciolto per mafia. 
Che poi sia necessario fare un repulisti è cosa diversa. 
Ma, appunto, sono due differenti fattispecie giuridiche.

Ma, oltre loro, quelli direttamente coinvolti, ci sono anche tanti altri papà in questa storia.
Ci sono quelli delle convenienze. 
E siedono nelle redazioni dei giornali. Dei grandi giornali, specie quelli romani. 



Perché le denunce sul malaffare politico/criminale/affaristico vengono raccolte e amplificate solo a convenienza. Dipende da chi governa e da chi è all’opposizione. Dipende chi vanno a danneggiare, quale consorteria, quale corrente di partito, quale personaggio.

Ve ne sono alcuni che non possono essere infastiditi. Le redazioni dei giornali - i colleghi che, a parole, ti dicono “interessante” e nei fatti “t’arimbarzeno” - sono organiche a questo sistema. 

E non prendiamoci in giro, cari colleghi: quante volte è capitato di chiamarvi per segnalarvi, magari con tanto di esclusiva, fatti che non tornavano? 
Tante e lo sapete bene. 
Ma se andavano “contro” qualcuno, amico dell’amico, non se ne parlava. Non si scriveva. Si taceva. Facile rammentare le parole di alcuni: "Eh no su questo tizio non mi fanno scrivere, c'è una specie di cortina di ferro". Vero?

Perché il sistema “mafia capitale” si basa anche su questo. 
A che serve il politico? A nulla, in fondo.
Parliamoci chiaro: la classe politica romana, di destra e di sinistra, è composta da personaggi di competenza zero, conoscenza meno di zero. Ma che hanno un pregio: controllano i pacchetti di voti dentro i partiti.

A Buzzi e soci non servono i politici. Almeno, non in prima battuta.

A loro servono i funzionari tecnici. E non è certo un caso se fra gli arrestati e gli indagati ci sono una fetta consistente di funzionari tecnici. 

Perché il vero “sindaco” e il vero “assessore” sono i dirigenti. Che hanno competenze e capacità per scrivere una delibera e un’ordinanza, perché sanno come gestire una gara d’appalto per far vincere o perdere chi vogliono. Perché il politico firma senza sapere cosa: il tecnico te la intorta come gli pare. 

I nomi che leggiamo li conosco più o meno tutti. E non ce ne sta nessuno in grado di competere con un tecnico di media preparazione. La verità è che sono dei coglioni che guidano assessorati o commissioni solo perché il “partito” ce li ha messi, visto che loro controllano voti e tessere.

E controllano un’altra cosa: controllano i giornali e i giornalisti. 

Ecco a cosa servono i politici. Il prezzo che Buzzi e soci pagano al politico è sotto forma di soldi e posticini di lavoro. Il politico vende solo la sua firma sull’atto pubblico e la sua capacità di orientare la stampa. Amica o nemica.


Cari colleghi delle grandi testate, fatevi un esame di coscienza, di fronte allo specchio prima di farvi la barba o di truccarvi. Anche voi siete parte di mafia capitale. Ogni volta che vi girate dall’altra parte per non infastidire qualcuno di potente o di amico, vi rendete complici alla stessa stregua del politico che piglia 1 euro per ogni immigrato o del funzionario che incassa un appartamento. 
Voi incassate la riconoscenza di alcuni e servite le vostre parti. 

O, se preferite, i vostri partiti di riferimento. 

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