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In questo blog mi dedico a guardare con occhio maliziosamente indipendente ciò che accade a Roma - e qualche volta anche nel resto del mondo - soprattutto attraverso ciò che della mia città raccontano i quotidiani. Generalmente prendo in considerazione i tre quotidiani più importanti per vendite e diffusione nella Capitale: Corriere della Sera, La Repubblica e il Messaggero. A volte troveranno spazio anche gli altri quotidiani, la cui lettura è comunque sempre accurata.

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giovedì 14 dicembre 2017

EX UCI CINEMA, IL COMUNE DOVRA RISARCIRE SALINI

Per il Tar del Lazio l’Amministrazione comunale, sull’urbanistica, si muove con “superficialità e negligenza”. E il rischio è quello di pagare, coi soldi dei romani, un risarcimento danni che potrebbe arrivare a 4 milioni e 600 mila euro
Questa è la storia - complicatissima come tutte quelle che riguardano l’urbanistica - del “complesso immobiliare ubicato in Roma, tra via Blaserna, Lungotevere di Pietra Papa e via Fermi”, più noto come l’ex UCI Cinema di via Fermi.
In sintesi, per il Tar quando il 24 giugno scorso il Campidoglio decide di verificare la legittimità di un permesso di costruire (già verificato un anno prima), compie un atto illegittimo. E causa un danno alla controparte, la società Zeis del Gruppo Salini che ha chiesto un risarcimento di 4,6 milioni di euro. 
La storia parte nel 1986: il Consorzio agrario interprovinciale di Roma e Frosinone domanda un “condono per regolarizzare” un “cambio di destinazione d’uso dei locali da magazzino a commerciale e la regolarizzazione di un manufatto destinato ad abitazione del custode”. Il Comune accoglie la sanatoria a settembre 1991, un anno dopo la vendita del complesso a una società del gruppo Salini, la Zeis. 








L’antefatto è tutto qui: il dubbio per il Campidoglio è che la sanatoria del 1991 sia stata conseguita con la produzione di documenti non in regola. Ci fu anche un processo contro due funzionari comunali, terminato nel 2003 con una condanna poi con una prescrizione in appello nel 2008.
Nel 2013 la Zeis chiede un permesso di costruire, secondo le norme sul Piano Casa regionale Polverini, con “demolizione e ristrutturazione del complesso immobiliare” per farvi una serie di residenze. Il Comune, nel 2014, concede il permesso richiesto e la primavera successiva iniziavano i lavori. 
Nell’estate 2015 il Comune sospende il permesso di costruire per “approfondimenti” sul condono iniziale del 1991. 
Vengono svolte indagini interne fino a ottobre 2015 quando l’Ufficio Condoni del Comune conclude “le verifiche confermando che la concessione è stata correttamente rilasciata” e, il mese successivo, proroga il permesso per “134 giorni pari al tempo di sospensione dell’efficacia”. 

Arriva la nuova Amministrazione e la partita si riapre. Vengono dedicate alla vicenda due sedute di Commissione Urbanistica, 13 gennaio e 10 febbraio, incentrate sul ricorso al Tar presentato dalla Zeis.

Dall’esame dei verbali, ci sono i consiglieri grillini, sostenuti dagli attivisti 5Stelle, che spingono per approfondire la questione condono: “Abbiamo fatto il possibile, nei limiti del nostro mandato, per aiutare i cittadini a capire perché in un quartiere grande come Marconi stavano perdendo l’unico cinema esistente e i servizi connessi come la Asl”, spiegano Cristina Grancio e la consigliera municipale, Maria Cristina Restivo.
Dall’altro, i funzionari capitolini dell’Ufficio Condoni, dei Permessi di Costruire, i quali sostengono, in sostanza, “che la concessione in sanatoria del 1991 legittima una superficie che già c’è” e che “la volontà dell’Ufficio Condono è chiudere il procedimento”. L’Ufficio condono è lapidario: “se si dovesse annullare una concessione in sanatoria 25 anni dopo il rilascio, a livello giuridico si rischierebbe un risarcimento danni senza precedenti” e, ancora: “le verifiche” dimostrano “che l’atto di annullamento in autotutela presumibilmente risulterebbe carente di motivazioni”. 
Insomma, per i tecnici non si deve procedere: motivazioni insufficienti, troppo tempo trascorso, rischio di risarcimento danni “senza precedenti”.
Il 21 aprile il Tar pone fine a questa surreale vicenda: condanna il Campidoglio a fare un’offerta per risarcire il danno creato, tacciando “di superficialità o, più propriamente, di negligenza” gli atti comunali. 





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