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In questo blog mi dedico a guardare con occhio maliziosamente indipendente ciò che accade a Roma - e qualche volta anche nel resto del mondo - soprattutto attraverso ciò che della mia città raccontano i quotidiani. Generalmente prendo in considerazione i tre quotidiani più importanti per vendite e diffusione nella Capitale: Corriere della Sera, La Repubblica e il Messaggero. A volte troveranno spazio anche gli altri quotidiani, la cui lettura è comunque sempre accurata.

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martedì 6 ottobre 2015

CHIACCHIERE, SCONTRINI E RAGION DI STATO

I social network sono inondati dalle chiacchiere sugli scontrini del sindaco Marino.

Andando per sommi capi, si trovano soggetti che attaccano Marino a prescindere. E quelli che lo difendono a prescindere.

Come scrive metaforicamente Panorama, alcuni lo elevano al rango di santo martire. Altri - per contraltare - dipingono Ignazio come un truffatore rubagalline.

Onestamente, mi interessa assai poco verificare il centesimo speso. E, sì, anche se la sera del 26 dicembre invece che dei giornalisti, avesse portato a cena la famiglia, pagando 260 euro, mi interesserebbe assai poco. Non è da questo che si valuta un Sindaco.

Si valuta dall'operato, prima ancora che dalle chiacchiere. Le sue o quelle degli altri.

Non entro nel merito dell'operato amministrativo di Marino: i detrattori hanno argomenti sufficienti per attaccarlo come i suoi estimatori per difenderlo.

Credo, però, che Marino abbia commesso un errore enorme mettendo online le spese e i dettagli. Un errore che pagheremo caro a partire da domani.

Pubblicare le spese sostenute non è un'"operazione trasparenza" ma un'idiozia politica che viola, in sedicesimi, il concetto di base della Ragion di Stato. Perché alle funzioni di Sindaco sono legate delle funzioni di rappresentanza, chiamiamole, per comodità, antiche vestigia della regalità. Che sono già oggetto di controlli da parte di organi deputati a verificare la regolarità delle somme spese.

Pubblicare la nota spese significa sottoporre - sia oggi che domani, perché poi indietro non si torna - al vaglio di chiunque ciò che il Sindaco di Roma mangia, con cosa viaggia, quale vino o acqua beve, a chi decide di offrire un pranzo

Significa, quindi, consentire a chiunque di fare le pulci e indignarsi - dato che viviamo nell'epoca del servizio indignato permanente effettivo - se hai mangiato aragosta invece che astice, astice invece di gamberi, gamberi invece di vongole. Significa farsi criticare da chi spesso non arriva a finire decentemente la terza settimana del mese, perché hai bevuto un Teroldego invece di un Pinot nero, o se hi offerto una Du Demon invece di una Peroni.

Significa, in realtà, spogliare di quel poco (molto poco) di regalità che era rimasta connessa alla funzione, significa porre nudo totalmente "il re" di fronte al suo popolo e consentire a questo popolo di accorgersi che il re, alla fine, è solo un comune mortale, rivestito di seta e broccato anziché che di stracci, significa che quel poco di fascino segreto dato dalla inaviccinabilità per il comune mortale di ciò che un sindaco può o non può fare, viene a cadere.

Questo è il significato metapolitico di questa scelleratezza di Marino.
Il giudizio, ora, rapidamente passerà dall'Aula Giulio Cesare e dalle pagine dei giornali, alla strada. E quando arriva in strada, invece della Marcia Reale, si suona e si canta molto meglio la Marsigliese.

Ci vediamo presto in Place de la Révolution.

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