Per la seconda volta, dopo marzo 2019, capita di leggere un nuovo articolo di Vittorio Emiliani contro il progetto dello Stadio della Roma di Tor di Valle.
Per la seconda volta, un articolo zeppo di inesattezze clamorose per una penna, in passato, così importante nel panorama del giornalismo intaliano.
Analizziamo dall’inizio.
Scrive Emiliani, prendendo le mosse dall’annuncio di Virginia Raggi di volersi ricandidare a Sindaco di Roma, che la stessa Raggi “ha già messo all’attivo nel proprio bilancio il nuovo Stadio di Tor di Valle (Stadio personale del presidente uscente James Pallotta) avversato da geologi, idraulici, urbanisti, trasportisti e, ovviamente, politici”.
Prima inesattezza - sarebbe stato sufficiente leggere i comunicati sulla cessione societaria per verificarla - lo “Stadio personale del presidente uscente James Pallotta” magari poteva essere aggiunto “e di quello entrante, Dan Friedkin”, visto che, nell’affare, ci rientrano tutte e tre le società create da Pallotta per occuparsi di Tor di Valle.
Sarebbe bastato, caro Emiliani, questo già per smontare una bubbola antica, “o ssadio de pallotta”, comprendendo che Friedkin compra tutto il cucuzzaro, che la norma impone la scelta di una “società sportiva utilizzatrice in via prevalente” e che nella Convenzione è ribadito fino alla nausea il vincolo trentennale fra la As Roma e Tor di Valle.
Per sua comodità, Emiliani, le inserisco qui la copia dei comunicati ufficiali diffusi in base alle norme che regolano le società quotate in borsa.
Procede poi Emiliani riepilogando la tiritera dei presunti motivi del no.
A parte che Emiliani avrebbe necessità di rileggere la norma che pone in capo al soggetto privato la scelta dell’area, il Nostro dice che “al progetto mancano alcuni pezzi fondamentali”, che si può fare “un nuovo Stadio tutto giallorosso”, “basta avere i soldi e un’area realmente adatta: dal punto di vista idrogeologico, urbanistico, trasportistico”, che Tor di Valle è un’”area è una delle più “difficili”, incoerenti, fragili di tutta Roma, come succede lungo le rive del Tevere. E’ stata qualificata come R4 e dunque “non trasformabile” se non realizzando opere idrauliche fondamentali. Anzitutto, la messa in sicurezza del fosso di Vallerano, che ogni anno straripa e allaga la vicina Decima”.
Pensi, Emiliani, nel progetto sono inserite una serie di opere idrauliche che servono proprio a eliminare lo “straripamento” del Fosso del Vallerano e di quello dell’Acqua Acetosa.
Quello che Emiliani dimentica è che i fossi sono al di fuori del perimetro dello Stadio e che spetterebbe allo Stato intervenire (cosa vanamente attesa da un trentennio): se è vero che “straripano” tutti gli anni, magari i soldi potrebbe metterceli il Comitato per la Bellezza così da ridurre questa seccatura. Invece, ce li mette la Roma (semplificazione: i soggetti proponenti ieri e attuatori domani) che, così, risolverà un problema che con lo Stadio non c’entra nulla ma riguarda tutta quella parte di città che vive a ridosso dei due Fossi e che non sempre ma solo quando si verificano intensissime precipitazioni durante le piene del Tevere si ritrovano le cantine allagate. Perché è questo lo “straripamento” di cui Emiliani parla: fossi che non hanno sufficiente forza per scaricare nel Tevere la portata e che, quindi, rigurgitano.
Tuttavia, poiché non vogliamo farci mancare nulla, le allego qui un breve stralcio di una dichiarazione pubblica resa dall’allora quasi assessore all’Urbanistica della Giunta Raggi, Paolo Berdini, in merito al rischio idrogeologico. Era il giugno 2016 e stavamo a Radio Radicale.
Seguitiamo la perorazione di Emiliani che domanda a Friedkin: “Lei chiederà, al pari di Mr. Pallotta, al Comune di autorizzare come “condimento” un bel po’ di metri cubi di grattacieli e altro, prima quale zona mista (direzionale/residenziale), poi come centro direzionale e commerciale, il Business Park?”
Emiliani lei ha troppa esperienza per non pensare che voglia burlarsi di noi fingendo di non sapere che i progetti non è che si discutono sulla base delle idee del Comitato della Bellezza.
Ora, Emiliani, lei dovrebbe avere anche la voglia di leggere l’intera delibera 132 del 2014 (quella di Marino) perché nelle pagine iniziali viene scritto quale era la proposta iniziale avanzata dal proponente, ma in quelle finali viene indicato anche qual è la soluzione che poi è stata adottata.
Certo, come sempre accade, il proponente non si presenta a una trattativa offrendo l’intera posta in palio, ma parte piano.
Poi il Campidoglio ha - esattamente come la legge autorizza a fare - trattato con il proponente e l’offerta iniziale di impiegare 50 milioni a fronte di opere pari a 270milioni di valore è stata pesantemente modificata (pagina 19).
Le allego qui ciò che dispone (nelle delibere si legge tutto e tutto è importante ma è la parte dispositiva quella che alla fine fa testo) la delibera 132/2014.
Sarebbe ora necessario dedicarsi al resto delle sue osservazioni: che, però, come lei stesso ammette, sono decisamente stantie visto che lei stesso scrive che si riferiscono “a stime del 2017”. Ci permettiamo di evidenziarle che siamo nell’anno del Signore 2020 e che sotto i ponti è passata tanta di quell’acqua...
Tuttavia, un paio di precisazioni sono necessarie perché stranamente lei sembra aver completamente dimenticato tutto ciò che è avvenuto dal 2017 in poi.
Limitandosi solo alle cose attuali, lei scrive: “un gran pasticcio: un primo tratto della Via del Mare sarebbe unificato alla Via Ostiense, poi le due arterie si dividerebbero di nuovo dal bivio per lo Stadio a Viale Marconi”, poi aggiunge che “il problema è già risolto dal progetto per il nuovo Ponte dei Congressi”; cita “le idrovore per l’acqua piovana: altri 9,6 milioni”. Poi, sforzandomi invano di capire da dove desume il successivo dato, lei aggiunge : “I parcheggi multipiano, secondo il Campidoglio, competono al privato e non al Comune, per un costo di 55 milioni e mezzo. Senza dimenticare che per realizzare i parcheggi invece a raso e le strade interne al comprensorio ci vogliono altri 74,7 milioni a metà fra Comune e privato”.
Il progetto è stato esaminato da una Conferenza di Servizi che ha apportato decisive modifiche. La prima, ad esempio, riguarda la via del Mare/Ostiense che viene unificata non solo come sensi di marcia ma anche come sedime dell’arteria da viale Marconi al Grande Raccordo Anulare. Il punto (900 metri) in cui il tracciato delle due strade diverge causa capannoni industriali sarà unificato post espropri. Opera non inclusa nel progetto, aggiunta dopo su richiesta del Comune, che costerà una ventina di milioni di euro (potete sempre sostituirvi voi del Comitato per la Bellezza con i vostri fondi) e che servirà alla progettazione del Ponte dei Congressi che in quel punto dovrà congiungersi con le nuove via del Mare/Ostiense (una riprogettazione che, guarda caso, consente al Comune di risparmiare 20 milioni di euro riducendo lo stanziamento di competenza del Campidoglio dagli iniziali 45 milioni alla ventina messa a bilancio).
Le idrovore come i parcheggi e la viabilità interna rientrano nelle opere che il privato deve realizzare obbligatoriamente e che non danno origine a nessun tipo di compensazione.
Cavolo, da un esperto di urbanistica come lei, errori simili non sono ammissibili.
Ci permetta, poi, Emiliani: lei deve portare rispetto ai tifosi della Roma e non può travisare la storia a proprio uso e consumo.
Lei si azzarda a scrivere: “A suo tempo il leggendario Dino Viola presidente della Roma “brasiliana” campione 1983 aveva puntato per un nuovo Stadio sulla Magliana, ma se ne era allontanato subito quando era stato informato che era piena di tranelli essendo lungo il Tevere e sotto il suo livello grazie al famoso “drizzagno” mussoliniano”.
Mi permetto di segnalarle un volume su Dino Viola, scritto da un collega e amico che ripercorre la storia di quella proposta di Stadio.
Manuel Fondato; Dino Viola - La prigionia del sogno; edito da Ultra Sport. Le pagine 94 e 95 raccontano la storia di come il Campidoglio di allora - Nicola Signorello sindaco - si tirò indietro all’ultimo e non c’entravano né il Tevere né Mussolini.
Gentile Emiliani,
Qualche tempo fa alcuni suoi compagni di varie battaglie hanno sottoscritto una lettera aperta al sindaco di Milano, Beppe Sala, sull’abbattimento del Meazza/San Siro in vista della costruzione del nuovo stadio di Milan e Inter. Potrebbe essermi sfuggita, ma non mi pare di aver letto la sua firma in calce a questo appello. E sono certo che, qualora non fosse sfuggita a me, lei rimedierà rapidamente e guiderà con la stessa sagacia ed intensa vitalità la carica dei conservatori dello status quo. Dubito, infatti, che la Bellezza del suo Comitato si possa limitare al confine segnato dal Grande Raccordo Anulare.
Ah, un’ultima dimenticanza: sicuramente lei è perfettamente a conoascenza che, quando nel 2015, l’Autorità di Bacino del Tevere riesaminò l’alveo del Fiume, catalogò l’intero Quartiere Flaminio sotto la sigla R4.
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