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In questo blog mi dedico a guardare con occhio maliziosamente indipendente ciò che accade a Roma - e qualche volta anche nel resto del mondo - soprattutto attraverso ciò che della mia città raccontano i quotidiani. Generalmente prendo in considerazione i tre quotidiani più importanti per vendite e diffusione nella Capitale: Corriere della Sera, La Repubblica e il Messaggero. A volte troveranno spazio anche gli altri quotidiani, la cui lettura è comunque sempre accurata.

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domenica 30 agosto 2020

ELEZIONI COMUNALI 2021, INTERVISTA A GIOVANNI CAUDO

Io ho dato la mia disponibilità a partecipare alle primarie. Che, pur essendo di coalizione, non prevedono la partecipazione dei 5Stelle con i quali, se fosse, non intendo avviare nessun mercato di posti in cambio di alleanze”.
È stato l’assessore all’Urbanistica della Giunta di Ignazio Marino, è il “papà” del progetto iniziale dello Stadio della Roma e, oggi, è il presidente del III Municipio strappato alle suppletive ai 5Stelle. 
Giovanni Caudo, almeno uno a sinistra ha il coraggio di dire che intende candidarsi. Come continuatore dell’esperienza Marino?
Quella è stata un’esperienza positiva. Punto. Con Marino continuo ad avere un rapporto di amicizia. Ma, nel caso, la mia è una candidatura diversa”.
I suoi avversari potrebbero agitare lo spettro dell’inchiesta che la vede indagato sulla vicenda delle Torri dell’Eur.
Un’inchiesta vecchia già di un quinquennio. Ho incontrato più volte il pm (Erminio Amelio, ndr) per essere interrogato e credo di aver chiarito la mia posizione. Aspetto con serenità ma, intanto, io vado avanti”.
Un quinquennio l’inchiesta, un quinquennio la Raggi. Dalla visuale privilegiata di ex assessore e presidente di Municipio ha dovuto confrontarsi col Campidoglio.
A parte il rispetto umano per Virginia Raggi, credo che questa consiliatura sia stata un’occasione persa per la città con tante aspettative andate deluse. Indecisioni su tutti i livelli, dirigenti politici spesso improvvisati e in alcuni casi non interessati alla città ma a un tweet. Il prossimo sindaco dovrà occuparsi dei 150 anni di Roma Capitale nel 2021 e del Giubileo del 2025: due appuntamenti la cui preparazione sarebbe spettata alla Raggi. E qui siamo ancora con l’Ama che non funziona e gli autobus che prendono fuoco”.
Lei sarebbe disposto ad allearsi con i grillini?
Le primarie sono di coalizione e i 5Stelle non ne fanno parte. In un ipotetico ballottaggio, poi, ci si rivolge a tutti gli elettori anche a quelli che votano pentastellato ma, se toccasse a me d’intesa con la coalizione, non ci sarebbe alcun mercato di posti. La radicalità della mia candidatura è l’unica offerta che posso fare”.
Caudo, ha citato i rifiuti e Atac. Non sono i soli problemi, ma ha in mente qualcosa per questo?
Sui rifiuti occorre “investire” su due temi, quello sociale, cioè la partecipazione consapevole dei cittadini allo sforzo di tenere pulita la città, e quello industriale. Devono andare di pari passo. Occorre pensare a qualcosa che unisca Ama, Acea e Eni, per utilizzare i rifiuti nel modo più produttivo, riducendone l’impatto negativo. Ridurre il problema agli zozzoni è una faciloneria: Ama non funziona e non per colpa degli operatori ma perché in questi cinque anni la capacità operativa è peggiorata”. 
Atac? La Raggi si “vende” il salvataggio dell’azienda.
Il salvataggio è solo burocratico ma il servizio invece è scadente, paghiamo milioni di chilometri che non vengono percorsi e alle fermate ormai ci sono gli assembramenti. Un conto è il bilancio, che va peraltro ben controllato, un conto è il servizio reso ai cittadini. Va ripensata l’architettura aziendale e la rete come fu fatto ai tempi di Tocci”.
Se a sinistra sembra regnare confusione, quale quadro vede a destra? C’è un candidato che teme di più?
Io non credo ci sia da “temere” un candidato di destra. Anzi, auspico che a destra emerga una figura autorevole e competente. Perché la qualità del governo di una città dipende in modo diretto anche dalla qualità dell’opposizione. Spero poi che non si giochi una campagna elettorale sulla pelle degli ultimi e dei disperati”.
Caudo, la sicurezza però è un tema.
Sì ma la sicurezza è una cosa, non rendersi conto che sgomberare un campo Rom o un accampamento di disperati senza nessuna alternativa significa solo crearne uno nuovo cento metri distante, spostando il problema senza risolverlo soltanto per avere uno slogan per un post o un manifesto”.

sabato 29 agosto 2020

ELEZIONI COMUNALI 2021, INTERVISTA A GIULIO PELONZI

Questo gioco del totonomi non porta da nessuna parte. Più che il nome altisonante, serve un progetto, una visione della città e una squadra all’altezza delle necessità di recuperare almeno un decennio perso. Il nome arriverà dopo, con le primarie che devono essere primarie delle idee”.
Giulio Pelonzi è il capogruppo del Pd in Consiglio comunale ed è uno degli homini novi dei Dem a Roma. Pelonzi, questa storia delle primarie suona piuttosto stantia: i nomi che circolano oggi, David Sassoli e Paolo Gentiloni, sono stati stracciati alle primarie del 2013 da Ignazio Marino. E sappiamo com’è finita.
Ma infatti devono essere primarie vere che non si limitino alla scelta fra nomi ma sulle idee. Io vorrei delle primarie in cui i candidati sindaco si confrontano fra loro sulle idee per Roma”.
Che esce da cinque anni di Virginia Raggi.
Un quinquennio buttato. La Raggi e i 5Stelle hanno dimostrato di non saper governare. A Palazzo Senatorio ma anche nei Municipi. E le macerie che lasciano sono terrificanti”.
Esempi?
I poteri per Roma, oggi Virginia Raggi li invoca. A parte che nel 2016, in audizione alla Commissione Affari Istituzionali del Consiglio regionale, disse che non servivano e ci sono i resoconti stenografici, oggi sembra chiederli solo come alibi per l’immobilismo. Cinque anni di appalti mancati, di Atac al disastro, di rifiuti che strabordano, di mancato sviluppo delle opere pubbliche, di “no” alle Olimpiadi, di edilizia popolare ferma”.
Però il Pd e il centrosinistra hanno enormi responsabilità: fra Regione, Provincia (fino a che c’era) e Campidoglio il centrosinistra ha governato sempre per 47 anni contro i 22 e mezzo degli altri.
Certo che la Raggi ha comunque ereditato una situazione difficile legata in primo luogo al taglio dei trasferimenti dello Stato e della Regione. Però ci hanno messo tantissimo del loro con una totale incapacità amministrativa a tutti i livelli”.
Sull’altro fronte, quello di destra? Chi teme di più?
Ovviamente Giorgia Meloni è il candidato sindaco che può sparigliare ma, dato che sembra non avere alcuna intenzione di candidarsi, onestamente non saprei indicare altri nomi. Anche perché, e questo ragionamento vale per entrambi gli schieramenti, non si è mai vista una corsa a sindaco che inizia un anno prima delle elezioni. Tutto questo dibattito nasce solo perchè la Raggi ha forzato i tempi e ha annunciato il desiderio di ricandidarsi nel giorno delle stelle cadenti”.
“Stelle cadenti” in che senso?
L’annuncio è arrivato il 10 agosto, giorno di San Lorenzo e per tradizione delle stelle cadenti. Come quelle dei 5Stelle, cadono una dopo l’altra”.
Pelonzi, la Raggi avrà anche i suoi motivi per fare lo strappo, ma siete voi del Pd che ci governate assieme a Palazzo Chigi e anche in Regione dove la Giunta Zingaretti regge solo grazie ai buoni uffici della pattuglia grillina alla Pisana. 
Ma non c’entra”.
No, c’entra eccome: è fisiologico che si apra un dibattito se il Pd dice “no a un Raggi bis”, qualcuno “no ai 5Stelle” anche se poi in Parlamento si vota tutti assieme, qualcuno vuole le primarie di partito, qualcuno di coalizione. Onestamente, a sinistra regna un gran caos.
Ripeto, il quadro è semplicemente prematuro. Ora è una reazione alla ricandidatura della Raggi. Dopo le Regionali si vedrà seriamente”.

RICICCIA IL CASO MASCHERINE FANTASMA

L’emergenza Covid sta ricominciando e torna in primo piano anche il caso “mascherine fantasma” che aveva popolato le pagine dei giornali durante l’emergenza in primavera.
La Regione Lazio ha, infatti, proceduto alla revoca di uno degli appalti -  850 mila camici e 1 milione di tute protettive - finiti nell’occhio del ciclone, quello a una società di Taranto, la Internazionale Biolife, appalto sul quale indagano la Procura di Roma e quella di Taranto.
Dopo quattro mesi di ritardo e con parte dei camici già inviati sequestrati dalla Guardia di Finanza, finalmente la Pisana si decide e revoca un appalto costato alle casse regionali 2,8 milioni di euro dei quali ora si chiede la restituzione maggiorata di un altro milione e 400mila euro per le penali. 
La notizia viene data da Le Iene che, insieme a Il Tempo e a Il Fatto Quotidiano, avevano seguito tutta la vicenda. Stando a quanto viene raccontato sul sito internet delle Iene, l’appalto viene assegnato il 30 marzo con l’impegno di consegnare le merci - 850mila camici e 1 milione di tute - entro l’8 aprile a Fiumicino. La prima consegna arriva solo il 3 giugno, due mesi di ritardo, e arrivano solo 150mila camici e niente tute. Il 26 agosto la Finanza notifica il sequestro dei camici alla Protezione civile regionale su disposizione della Procua di Taranto. A quel punto la Regione revoca l’appalto e chiede indietro i soldi: 4,2 milioni in tutto, di cui 1,4 di penali.
La Regione però fa anche sapere che non c’è un “buco” nelle casse regionali. I 2,8 milioni pagati come anticipo alla Biolife sono stati coperti dal mancato pagamento di mascherine che la Biolife aveva consegnato con altro appalto. La nota della Regione, dopo aver sottolineato la collaborazione con la Procura pugliese, sottolinea come “nessuno dei camici è stato mai distribuito” e “l'anticipo versato per la fornitura è stato interamente coperto” dato che non è stata “saldata una fornitura di mascherine, autorizzate e conformi, provenienti della stessa società”.
In realtà un problema per le casse regionali potrebbe esserci di riflesso: nell’intricatissimo gioco delle forniture di mascherine che ha visto protagonisti la Eco Tech e la svizzera Ex-Or, rientra anche la Biolife. Intanto perché quando la Eco Tech non ha consegnato le mascherine, la Regione le ha acquistate a prezzo maggiorato dalla Biolife. Ma poi perché, dalle carte, risulta sempre la Biolife come fornitore della Ex-Or a sua volta fornitrice della Eco Tech. “Purtroppo avevamo ragione. La Ecotech non era un caso isolato e sono confermati tutti i dubbi anche sulla Biolife”, commenta Roberta Angelilli (FdI).

ANCHE FARMACAP CERCA IL NUOVO DG. AD AGOSTO

Dopo Atac, anche Farmacap - l’azienda capitolina che si occupa delle farmacie comunali - pubblica sotto ferragosto un bando per cercare un direttore generale che scadrà ben oltre la fine del mandato di Virginia Raggi in Campidoglio.
E, proprio come per Atac, l’opposizione alza le barricate.
Il 6 agosto, Emiliano Mancini, attuale direttore generale di Farmacap, pubblica un bando per trovare il suo successore: 103mila euro e spicci lordi di contratto che possono arrivare, con i premi di produzione, a sfiorare i 130mila euro lordi annui, per un contratto minimo di tre anni rinnovabile di triennio in triennio.
Il Direttore di Farmacap ha come compito quello di organizzare l’azienda, razionalizzare le risorse, ottimizzare i costi e valorizzare il personale. Il bando è aperto ai laureati in Giurisprudenza, Scienze Politiche, Economia e Commercio, Ingegneria gestionale, Farmacia, Chimica.
Si scatena Francesco Figliomeni (Fratelli d’Italia): “Abbiamo presentato una interrogazione al Sindaco per capire come mai il bando viene fatto uscire in pieno agosto”. Aggiunge: “La selezione poi sembra presentare diverse criticità tra cui l’esclusione di chi ha già ricoperto l’incarico nei sei anni precedenti, criteri che potrebbero esporre l’azienda a ricorsi e lungaggini giudiziarie”. 
Già perché nel bando, a pagina cinque, viene specificato che “non possono partecipare coloro che hanno ricoperto l’incarico di Direttore Generale della Farmacap negli ultimi sei anni”.
Spiega Figliomeni: “Ci sembra veramente molto strano che in un’azienda speciale, commissariata già da molti anni, il bando, che peraltro si poteva fare tanto tempo fa, non sia stato predisposto dal Commissario straordinario bensì dal DG attuale” senza che si capisca in base a quali requisiti di merito siano stati scelti sia il Commissario che il DG.
E, quindi, “non vorremmo che in campagna elettorale venga posizionato in un altro posto strategico l’ennesimo militante 5Stelle a discapito del merito”.

venerdì 28 agosto 2020

L’ORIGINALE MATEMATICA DI ATAC

Denunciano gli utenti: a Termini, metro A, in uscita funzionano solo due scale mobili sulle sei esistenti. Quattro, quindi, sono ferme. E giù foto e video. 
Peccato che il sito istituzionale di Atac non ne faccia menzione alcuna. 
Come già accade, ad esempio per i bus flambé, l’Azienda di via Prenestina ha un modo tutto suo di tenere le contabilità.
Per gli autobus che vanno a fuoco, Atac conta solo quelli totalmente inceneriti e solo se erano in servizio. Bus inceneriti ma fuori servizio non vengono considerati. E non parliamo neanche di quelli pesantemente danneggiati: ecco perché l’Azienda nelle sue veline riesce sempre a raccontare che va tutto bene e i bus flambé sono sempre di meno, tanto da essere arrivati fra i numeri negativi. E non importa che vi siano foto e video che dimostrino il contrario o che le matricole dei bus incendiati,dal giorno del rogo, siano scomparse dalle rilevazione in tempo reale. 
A fronte di accessi agli atti, poi, l’opaca Atac si trincera dietro l’inchiesta della magistratura (che dura dall’epoca della sostituzione del cavallo con il motore a scoppio), rifiutandosi di fornire alla stampa anche i dati che abitualmente inserisce nei comunicati, quelli, per intendersi, in ciclostile: “per cause da accertare” si è sviluppato un “principio di incendio” e rigorosamente “senza danni alle persone”.
Discorsi analoghi escono fuori sui numeri dei bus in servizio che, alla mattina, vengono propagandati al massimo ma poi, nei servizi di rilevazione in tempo reale crollano nel giro di mezz’ora. Controprova: ogni giorno @infoatac (l’account twitter ufficiale dell’Azienda) annuncia linee sospese per mancanza di vetture e gli utenti che si lamentano, sempre via twitter, per le attese infinite alle fermate.
Ora, la terza coincidenza - che, per dirla alla Sherlock Holmes, fa una prova - vengono segnalate scale mobili che non funzionano ma sul sito non se ne trova traccia. Per forza che poi viene propalata la bufala del 90% degli impianti funzionanti. 

COMUNALI ROMA 2021, INTERVISTA A MATTEO ORFINI

Togliamoci subito il dente: il totonomi. Un nome per il candidato sindaco di Roma? Italia Viva lancia Calenda che, però, declina fermamente. No sono arrivati dai nomi più papabili della galassia Pd, da David Sassoli a Enrico Letta, tanto che, oramai, chiunque abbia ricoperto un incarico elettivo è diventato un papabile. Matteo Orfini - deputato ed ex commissario del Pd romano - è il caos? 
È una domanda che va rivolta al segretario nazionale del Pd che è romano ed è presidente della Regione Lazio: la definizione di una strategia su Roma spetta prima di tutto a lui”.
E a Bettini...
No, a Zingaretti”.
Zingaretti e Bettini è lo stesso duo che scelse Ignazio Marino...
Io suggerirei di affrontare questo passaggio senza ripetere gli errori del passato: non partiamo solo dalla ricerca ossessiva di un nome che ci fa vincere ma cerchiamo di mettere in campo un progetto per il rilancio della città, una squadra e poi il candidato. Dobbiamo partire da qualcuno che la città la conosce”.
Ovvero?
Che conosca anche la Roma al di fuori delle Mura Aureliane. Per fare un esempio geografico, vorrei un candidato sindaco che sappia dove sono e cosa sono Tragliatella e San Vittorino, giusto per citare due poli opposti. Serve un sindaco che conosca le dinamiche della città, anche della periferia più estrema e che sia portatore di una squadra con una visione e un progetto per Roma, scelto con primarie di coalizione. Estendendo il modello anche ai Municipi. Una coalizione che io vedo sul modello “classico” del centrosinistra”.
Da settimane in casa Dem si ragiona sull’idea che al ballottaggio la Raggi non ci arriva e, quindi, si lavora per identificare il miglior modo per assorbire i voti grillini al ballottaggio.
Questo è esattamente l’approccio che rischia di portare a una sconfitta: è un ragionamento tutto interno a un ceto politico e tutto basato su una questione di alleanze. Di fronte a una città che ha un’enormità di problemi noi giochiamo di tattica e non di strategia. Credo che sia necessario muoversi diversamente”.
Come?
Il Pd dovrebbe intanto prendere consapevolezza della propria forza elettorale confermata da una serie di elezioni vinte a Roma una dopo l’altra. E questo è legato direttamente all’autorevolezza della sua classe dirigente: al Parlamento Europeo presiede un esponente dei Dem romani (David Sassoli), il commissario europeo per l’Italia è un altro Dem romano (Paolo Gentiloni), il ministro dell’Economia (Roberto Gualtieri) e il segretario nazionale (Zingaretti) sono tutti esponenti del Pd romano. Evidentemente il Pd romani ha una sua forza e un consenso in città di cui dovrebbe prendere coscienza per mettere a punto una proposta. Non dobbiamo inseguire alleanze innaturali”.
Sì, ma tutta questa classe politica autorevole - a partire da Zingaretti che mai si è cimentato con la corsa al Campidoglio - quando viene interpellata ben si guarda dal correre.
È vero. Ma il tema non è il nome”.
Sì, non è solo il nome ma il nome è comunque un tema...
Questa è come una finale di Champions, non ce l’hai vinta in partenza ma sei la squadra che ha i giocatori più forti. Quanto meno parti col favore del pronostico”.
Giudizio sul quinquennio Raggi?
Un’esperienza oggettivamente fallimentare. Chiunque ha un po’ di onestà intellettuale non può non vederla come disastrosa. E non è una responsabilità solo della Raggi ma dell’intera classe politica espressa dai 5Stelle. Quando sento “se levano la Raggi allora...”, rispondo “no, è l’intero apparato grillino”.
Stessa linea di Roberto Giachetti.
Abbiamo avuto un disastro amministrativo a tutti i livelli della città. Oggettivamente hanno fallito la sfida”.
Guardando a destra, escludendo Giorgia Meloni, c’è un candidato che potrebbe insidiare questo primato del Pd?
Io sono talmente convinto della potenzialità di un’alleanza di centrosinistra che se togliamo la lavanda tattica e scendiamo a giocare, possiamo battere chiunque. C’è un ritardo colmabile ma dobbiamo iniziare a lavorare”.

giovedì 27 agosto 2020

ATAC, SCALE MOBILI REVISIONATE GIÀ ROTTE, FLAMBUS E LINEE FERME. IL SOLITO MENU

C’è un simbolo plastico e concreto del reale servizio reso, si fa per dire, da Atac ai romani e ai turisti: le scale mobili della stazione della metro A Battistini, giunte al terzo giorno consecutivo di chiusura. Scale mobili che sono state fermate a dicembre scorso (insieme a Cornelia e Baldo degli Ubaldi) per la sostituzione per la revisione generale ventennale obbligatoria: un normale atto amministrativo così mal organizzato dai pentastellati con ritardi clamorosi negli appalti da aver causato la chiusura di alcune stazioni rese inaccessibili e insicure proprio dal fermo delle scale mobili. A Battistini, però i lavori di revisione sono stati completati poche settimane (metà agosto) fa evidentemente con scarso successo visto che, da tre giorni, le scale sono nuovamente ferme.
Ferme in compagnia di quelle di Valle Aurelia (anch’esse sostituite evidentemente senza frutto) e di Cipro. Sulla linea B scale mobili ferme a Eur Magliana, Monti Tiburtini, Bologna e, poi, il capolavoro: ferme a Piramide nel lato che porta alla stazione Ostiense per la gioia dei viaggiatori.
Disastro ascensori fermi a Cinecittà, Subaugusta (linea A); Ponte Mammolo uscita fermata del Cotral, Libia, Termini, Bologna, Pietralata, Castro Pretorio (linea B). Montascale fuori uso su mezza linea A: Anagnina, Giulio Agricola, Lucio Sestio, Numidio Quadrato, Porta Furba, Colli Albani, Arco di Travertino, Spagna, Flaminio e Ottaviano. Tutte stazioni off limits per un disabile motorio in carrozzina. 
In mezzo a questo disastro, avanza rapidamente l’incubo dell’apertura delle scuole. “Visto il servizio-non servizio di Atac - spiega Fabrizio Panecaldo, ex consigliere comunale - forse è il caso di pensare a un servizio di car pooling, ovvero di genitori che, con la supervisione delle scuole, si organizzino per accompagnare e riprendere i ragazzi usando una macchina sola. Per farlo, le scuole dovrebbero scegliere un responsabile della mobilità che possa interfacciarsi con i genitori e organizzare questa soluzione tampone”.
E arriva anche al pettine un altro problema legato alla gestione schizofrenica della mobilità Campidoglio: i bus a noleggio, i 38 forniti dalla Cialone, sono in via di restituzione. Già sono stati rimandati da Cialone i 18 bus da 12 metri, nonostante l’azienda fornitrice si fosse dichiarata disponibile a trovare un accordo per farli rimanere a servizio della città. Rimangono ancora nel parco vetture Atac i 20 bus da 9 metri che in teoria servono quei quartieri o quei percorsi dove le vetture più grandi non transitano anche se già ieri le linee 020 e 188, servite da bus corti, erano state sospese per mancanza di vetture. Non esattamente un bel viatico per la riapertura delle scuole

PORTONACCIO, LA FERMATA DEL DEGRADO

C’è un immagine che condensa in un solo scatto il fallimento grillino: i rifiuti accumulati dietro la fermata Atac 81728 di via di Portonaccio, angolo via Tiburtina.
Mentre la gente aspetta, spesso per le mezze ore, il 409 o il 545, si leva un odore misto di bruciato e decomposizione. Le immagini si limitano solo ai rifiuti: la fermata, però, è anche circondata da un’arena tropicale di piante mai potate. 


COMUNALI ROMA 2021, INTERVISTA A CARLO CALENDA

Io non mi candido. L’ho già detto: il mio impegno è dare vita a un partito per i popolari, liberali e riformisti”.  
Carlo Calenda è molto chiaro: a correre per sindaco di Roma non ci pensa proprio. 
Non lo farei neanche se avessi l’appoggio del Partito Democratico”. 
Ha bruciato la seconda domanda. 
Non ci sono le condizioni: piuttosto che appoggiarmi il Pd si butterebbe al Tevere preferendo  appoggiare la Raggi. E, in secondo luogo, io non credo che con questo Pd si possa governare Roma”.
Caratteristiche del candidato ideale?
Primo: aver amministrato realtà complesse, Non si può mettere a governare una grande città chi non ha mai amministrato nulla. Poi, capacità di immaginare la missione di Roma che oggi manca perché è stata amministrata talmente male che non ci sono i servizi di base”.
Quali?
Il core business della città: trasporti, decoro urbano e sicurezza che oggi sono fuori controllo”.
Poi?
Va immaginata l’area di sviluppo: nel Piano per Roma l’avevamo accennato. Ad esempio, il turismo. Roma attrae un turismo di basso livello. Non attrae quello congressuale, sportivo, medico che sono quelli che spendono più soldi. Per attrarli bisogna costruire un piano che li renda attuali ma se hai i cinghiali per strada...”.
Altri nomi di peso - Enrico Letta o David Sassoli o Paolo Gentiloni - si sono comunque defilati. 
Il Pd non so chi intenda candidare se Sassoli o Roberto Gualtieri. Ma mi pare che entrambi non siano interessati e i Dem sono nel pallone come su tante altre cose”.
Ma col Pd sarebbe disponibile a trovare un candidato comune?
Certo che lo sono. Sono a prescindere disponibile a lavorare per trovare un candidato adatto, a ripartire ideando insieme un piano articolato per la città. Sono pronto a farlo con il Pd e con le forze più di centro”.
A destra che scenario vede?
Io spero che la Meloni trovi un candidato da opporre che non sia come quelli espressi dalla Lega in Toscana in Emilia Romagna. A Roma serve che il dibattito politico sia forte, la campagna sia vera, che Giorgia tiri fuori un candidato capace e soprattutto che lo tiri fuori lei e non la Lega”.
Candidati della società civile?
Io penso che le figure di maggior rilievo che potrebbero fare questo lavoro siano anche piuttosto spaventate dall’idea di essere appoggiate dai partiti che poi non vogliono cambiare assolutamente niente a roma e quindi di trovarsi un po’ nella condizione di Ignazio Marino. Di cui non è che ho una stima straordinaria come amministratore, ma che è l’esempio di come si candidi qualcuno che è un nome e poi, appena quel qualcuno prova a toccare qualcosa, ti saltano al collo. Mi riferisco alle figure fuori dalla politica, di alto livello, che proprio mentre servirebbero a destra come a sinistra se ne guardano bene”.
Il capostaff della Raggi, Max Bugani, sostiene che lei non si presenta perché ha paura della Raggi.
Io rispondo generalmente a tutti. Ma c’è anche un limite a tutto”.
Tracciamo un bilancio del quinquennio Raggi/5Stelle?
No, non c’è nessun bilancio da tracciare. Ho incontrato tanta gente impreparata ma nessuno con il grado di impreparazione totale di Virginia Raggi. Direi che è la politica più incapace che abbia incontrato. Ma non è mica colpa sua...
È che la disegnano così?
No è l’assurdità dei partiti che candidano una avvocato alle prime armi  a fare il sindaco di una grande città. Non so su che basi pensavano ci potesse riuscire. In 75 anni siamo stati addestrati a considerare la politica sotto l’ideologia o i sentimenti: non conta se sai amministrare ma se rappresenti la rabbia o la destra o il comunismo. Ed è la ragione per cui siamo ridotti allo sfacelo”.
Ma ecco perché poi esce il suo nome come quello di uno che potrebbe amministrare.
Ma io non sto andando a coltivare girasoli a Tahiti, ho dato vita a un partito politico”.
Ma riuscire dove altri hanno fallito...
Se a me piacerebbe la sfida gestionale? Da morire come è stato per il Ministero dello Sviluppo economico”.

COMUNALI ROMA 2021, INTERVISTA A WALTER VERINI

Sono trascorsi anni da quel quindicennio e certi meccanismi non possono più essere riproposti: Roma sarà governata da quello schieramento che saprà parlare non alla “curva” dei propri tifosi ma quanto più possibile allo “stadio” intero. E al ballottaggio la Raggi non ci arriverà”.
È uno dei più stretti e storici collaboratori di Veltroni e il Campidoglio lo ha visto dall’interno. Walter Verini è diplomatico nell’esprimersi ma la posizione è tutto fuorché morbida.
Verini, nel Pd romano tengono banco due temi: il nome del candidato Sindaco e il rapporto con i 5Stelle in vista del ballottaggio.
Più che il nome è necessario il dialogo con la città. Non possiamo pensare come Pd di continuare con la tradizione di una elezione primaria chiusa, deI ticket e del solo nome. Per governare Roma forse non bastano neanche le “cento” persone indicate da Rutelli e ne servono di più: basti guardare alla rete dei Municipi, del sociale, del volontariato, dell’economia, della ricerca, della cultura. Sono energie che devono essere coinvolte perché Roma la vincerà chi saprà coinvolgere queste realtà, che sono anche nelle periferie che da un decennio sono ai margini”.
Sì ma con i 5Stelle ci governate e Virginia Raggi corre per il bis.
Al momento la situazione è questa”.
Perché “al momento”? Ha forse qualche informazione che possa non esserci una corsa al Raggi bis?
No, è solo una mia riflessione. Ma vedo che neanche nella stretta cerchia del Sindaco ci sta tutto questo entusiasmo. Mi pare che giusto qualche giorno fa il vicesindaco, Luca Bergamo, abbia espresso posizioni quanto meno fredde verso la ricandidatura. Linea analoga per la Lombardi. Poi, magari andrà avanti ma al ballottaggio non penso che ci arrivi”.
Un giudizio netto.
Beh, dobbiamo domandarci se in questi ultimi anni la città sia migliorata o meno. Io so che all’epoca di Rutelli e Veltroini c’era un doppio filone nell’azione del Campidoglio. Intanto una spasmodica attenzione ai bisogni della quotidianità. Sono testimone diretto: con Veltroni non c’erano pause o festivi. Poi c’era la visione, la vocazione internazionale di Roma come Capitale europea e universale. E qui, nella sindacatura Raggi non c’è stata purtroppo né l’una né l’altra”.
Veramente, alcune critiche arrivano alla Raggi proprio perché continua a fare post su una scalinata ripulita dalle erbacce o su un ascensore riparato.
A parte che di queste cose leggiamo giusto da alcuni giorni ma qui il discorso è complessivo. A Roma in questo quinquennio abbiamo avuto un arretramento globale di tutto, dall’ordinario allo straordinario. Si dovevano impostare i lavori per il Giubileo e spetteranno al prossimo Sindaco. Roma è semplicemente peggiorata. Alle elezioni per il suo secondo mandato, Veltroni prese il 61,4 percento. Lei pensa che la Raggi sia in grado di conseguire lo stesso risultato? Io no e semplicemente perché si è dimostrata inadeguata al ruolo, priva di una visione sulla città e incapace di amministrarne la quotidianità”. 
E qual è il nome della sinistra in grado di avere una visione della città e che sappia amministrarla?
Il nome non può uscire solo da un confronto interno, al chiuso dei partiti. Il mondo è cambiato e dobbiamo prenderne atto. Peraltro, io non penso che basti solo il nome del leader, del candidato sindaco. Occorre mettere insieme una squadra che sappia parlare alla città. Un qualcosa che si può fare solo uscendo nella società e mobilitando le migliori energie”.
Facciamo un gioco: un nome del centrodestra che lei teme possa vincere la corsa.
Non so chi il centrodestra candiderà. Ma il ragionamento che ho fatto per il Pd vale anche dall’altro lato. La corsa a Palazzo Senatorio sarà vinta da chi saprà parlare alla platea più ampia. Ma mi auguro che la destra di Salvini e Meloni non torni in Campidoglio dove hanno già dato prove negative con posizioni chiuse che rischierebbero di accentuare il declino della Capitale”.

COMUNALI ROMA 2021, INTERVISTA A ROBERTO GIACHETTI

Due messaggi devono essere estremamente chiari. Il primo: a Roma il problema non è Virginia Raggi ma i 5Stelle e chi propone accordi strutturali con loro per le comunali non potrà ricevere il nostro sostegno”.
E il secondo?
Il secondo è questo: se il Pd pensa per Roma di adottare il metodo del confronto come in Toscana, noi ci siamo. Ma se pensa di usare quello Puglia, con Emiliano da prendere o lasciare, o, peggio ancora, quello Liguria con la scelta di Ferruccio Sansa insieme ai 5Stelle, allora Italia Viva andrà per conto suo. E a Roma non siamo di certo irrilevanti”.
Roberto Giachetti non le manda a dire. Già capo di gabinetto di Rutelli sindaco, deputato, vicepresidente della Camera, candidato Sindaco (contro la Raggi nel 2016) e per oltre un biennio piuttosto presente in Consiglio comunale, dopo aver lasciato il Pd e aver aderito a Italia Viva di Matteo Renzi, è un osservatore privilegiato di Roma.
Giachetti, a sinistra c’è la fuga da Roma?
E non da oggi. Non è che nel 2016 fosse diverso. E l’alleanza con i 5Stelle non è certo delle ultime giornate”.
In che senso?
Io ero candidato sindaco e correvo contro la Raggi e intanto D’Alema raccoglieva i curricula per la composizione della Giunta grillina”.
Guardi che lo scrivo...
Lo deve scrivere. Qui il problema non è Virginia Raggi in sé. In questi cinque anni mica ha governato da Marte. Lei è il frutto di un blocco di potere. Chi oggi dice “sì ai 5Stelle ma no alla Raggi” sta prendendo in giro gli elettori”.
Però non è che qui stiano fioccando le alternative. D’accordo che tutti prima aspettano l’esito delle Regionali, però i nomi fatti, David Sassoli ed Enrico Letta su tutti, hanno già detto un fermo “no grazie”.
Forse qualcuno nel Pd pensava e pensa che dopo il disastro dei 5Stelle a Palazzo Senatorio il prossimo sindaco ci venisse portato su un vassoio d’argento. Ma se non stanno attenti e non si muovono per tempo rischiano di passare la mano di nuovo al centrodestra”.
Faccia un nome.
Io credo che Carlo Calenda sarebbe perfetto: capacità ed esperienza di governo, sensibilità istituzionale, proveniente dal mondo delle imprese lui sarebbe il perfetto sindaco di Roma. Attenzione: il prossimo sindaco dovrà gestire il Giubileo del 2025”.
Però Calenda riesce a litigare anche con Carlo e il Sindaco che avrebbe dovuto impostare il lavoro per il Giubileo era la Raggi.
Sì, Calenda ha un carattere forte, Ma è quello che serve a Roma. E sì, sarebbe spettato alla Raggi avviare i lavori per il Giubileo. Noi iniziammo nel 1993 a lavorare per quello del 2000, aprendo i cantieri fra il 1996 e il 1997”.
Quindi siamo in un ritardo irrecuperabile?
A Roma ci sono quanto meno problemi pratici quotidiani che da un decennio i Sindaci non hanno saputo affrontare: trasporti e mobilità, la manutenzione ordinaria dalle strade al verde alle scuole e, infine, i rifiuti. E non ho neanche preso ancora in considerazione gli investimenti”.
Li prenda.
La Raggi e i 5Stelle sono quelli che in nome della ordinarietà delle cose hanno detto no alle Olimpiadi, hanno distrutto il progetto Stadio della Roma e affossato praticamente tutte per grandi opere. Di fatto, abbiamo perduto un quinquennio pieno: nel 2021 è come se Roma fosse ancora al 2016 avendo perduto, però, tantissime occasioni”.
A breve Italia Viva organizzerà una “Leopolda romana”.
Sarà proprio il momento del confronto. Prima di trovare i nomi, che comunque mancano, dobbiamo identificare la visione della Roma del futuro. E questo sarà il momento”.
Facciamo un gioco: qual è il candidato di centrodestra che, a parte Giorgia Meloni, lei ritiene più insidioso per il centrosinistra in ottica Campidoglio?
Non saprei indicare un nome perché non so come il centrodestra si stia orientando. Posso dire che una stima antica mi lega a Fabio Rampelli ma non so se lui sarà o possa essere realmente candidato al Campidoglio”.

ATAC, NUOVA STAGIONE SOLITO CAOS

Si riparte come si era chiuso: con scale mobili ferme, flambus, disagi e disservizi. Il mese di agosto non ha certo alleggerito la disastrata situazione di Atac: ieri ferme per ore tutte le scale mobili in uscita dalla stazione della metro B di Castro Pretorio. 
Da evidenziare peraltro come Castro Pretorio - con Piramide, Policlinico, Bologna, Tiburtina F.S., Quintiliani, Monti Tiburtini, Pietralata, Santa Maria del Soccorso, Rebibbia - è una di quelle stazioni dove scale mobili e tapis roulant devono essere completamente revisionati nel 2020 per l'obbligatorio check dopo 20 anni di vita. Trattandosi di manutenzione straordinaria l’appalto è di competenza diretta del Campidoglio e non di Atac ed è stato vinto dalla Schinlder con una spesa per il Comune di poco più di 9 milioni di euro per sostituire 22 scale mobili, 22 ascensori e 4 tapis roulant. Solo che al momento non si ha traccia di questi cantieri.
E così, per non farsi mancar nulla, ieri a Castro Pretorio le scale mobili erano offline come a Piramide, Bologna, Eur Magliana. E come da oltre 48 ore sono ferme anche le scale mobili di Battistini che, però, sono già state cambiate per la sostituzione ventennale con la fermata chiusa per mesi a causa dei soliti ritardi del Campidoglio grillino nel programmare e poi gestire l’appalto.
Per non farsi mancare nulla, poi, lunedì pomeriggio nuovo flambus, sulla Togliatti all’altezza della Prenestina: bus vuoto vecchio di 15 anni, Mercedes Citaro, fuori servizio, con principio di incendio spento dai vigili del fuoco. Il computo totale dei bus flambé, quindi, sale a 19 da inizio anno, con 15 vetture scomparse dalle rilevazioni a causa dei danni provocati dal fuoco.
Non bastasse la gestione dell’ordinario, anche le polemiche politiche tengono banco. I Verdi, prendendo spunto da uno studio di Agenzia della Mobilità sul rientro a scuola, chiedono alla Raggi di adottare una “rigida regolamentazione differenziata degli orari di uffici pubblici, scuola, commercio, servizi”. 
Il Pd, invece, denuncia come il bando emanato da Atac per la ricarica di un nuovo direttore generale sembri “una tavola apparecchiata per usare un termine caro alla Sindaca, per qualcuno dei soliti noti amici degli amici. Forse un direttore generale che si è distinto nel suo operato soprattutto con le aziende comunali spinte nella peggiore crisi della loro storia”. Il nome non c’è ma in Campidoglio c’è un solo Direttore Generale. “Il 4 settembre (data di scadenza del bando, ndr) chiederemo immediatamente la  lista dei curricula pervenuti sperando di non trovare i nomi di chi vorrebbe sopravvivere al mandato della Raggi, spostandosi dal Campidoglio ad Atac”. Abbiamo cercato il DG del Campidoglio, Franco Giampaoletti, che, però, ha scelto di non commentare limitandosi a ricordare come la scelta del DG spetterà all’Amministratore Unico di Atac, Giovanni Mottura.

L’AMMUINA DI PD E M5S

Pelo irto e tanta cagnara ma, proprio come due gatti che litigano, Pd e grillini a Roma sembrano non volersi fare male neanche un po’. Sì, il presidente della Regione e segretario Dem, Nicola Zingaretti, ha attaccato il sindaco di Roma, Virginia Raggi, stando ben attento a non nominarla ma definendola “il principale problema di Roma in questi ultimi anni”. E, sì, qualche esponente grillino è insorto, anche con parole forti, come Max Bugani, che ha invitato Zingaretti a un bagno di umiltà. Ma, appunto, solo tanta cagnara. Il concreto sospetto è che continui la commedia delle parti dei due sodali che di giorno si spartiscono le poltrone a Palazzo Chigi e di notte si insultano sui social a beneficio delle curve dei rispettivi tifosi.
Dopo i risultati delle elezioni regionali e del referendum sul taglio dei parlamentari - nel Lazio si sommano anche 36 rinnovi di sindaci dei quali 11 di città con popolazione superiore ai 15mila abitanti e alcuni centri (Colleferro, Fondi e Terracina sugli altri) di particolare significato politico - inizierà la vera corsa su Roma che, al momento, vive di tante chiacchiere e poche certezze.
Ad oggi la sola certezza è che Virginia Raggi corre per il bis.
Le rilevazioni di gradimento (che confortano molto il mondo grillino) accreditano alla Raggi un 20 percento di consenso. Ma è un dato che dovrà essere per forza rivisto al ribasso quando arriveranno i nomi alternativi di sinistra e di destra. Del resto, da quando la Raggi siede a Palazzo Senatorio i 5Stelle nella Capitale hanno collezionato un’impressionante serie di sconfitte elettorali con erosione costante del consenso: politiche, regionali e suppletive nei Municipi hanno testimoniato l’incapacità dei grillini di reggere alla prova delle urne. E non si vede davvero come il trend possa invertirsi visto lo stato di totale degrado e abbandono della città a qualunque livello. Inoltre, per la Raggi c’è da contenere il dissenso interno - le difese di Virginia sono molto d’ufficio e molti dei suoi sono quanto meno tiepidi sulla sua ricandidatura - e da aggregare gente realmente spendibile nelle liste civiche di sostegno.

ZINGARETTI VS RAGGI


Serve una grande alleanza che ridia alla Capitale quello che merita e questo non coincide con l'attuale sindacatura che credo che sia stata il principale problema di Roma in questi ultimi anni” con questa frase il segretario del Pd, Nicola Zingaretti, ha chiuso (almeno per ora) a qualunque accordo con i 5Stelle e il sindaco di Roma, Virginia Raggi, sull’ipotesi di ricandidatura dell’esponente grillina. 
Ovviamente, è subito partita la replica mediatica dei grillini contro Zingaretti: silenziosa la Raggi (in altre occasioni come sui rifiuti in prima linea per rispondere a Zingaretti), per suo conto sono usciti Max Bugani, il suo capostaff ed esponente di spicco dell’élite pentastellata, l’assessore al Personale, Antonio De Santis, il capogruppo in Campidoglio, Giuliano Pacetti, e l’ex capogruppo, Paolo Ferrara, la senatrice Barbara Lezzi. Controreplica del Pd romano e pomodori che volano un po’ dappertutto. Certo, le difese della Raggi sembrano molto d’ufficio e relativamente poco “di peso”, così come le risposte del Dem capitolini tanto da lasciare ancora aperto il dubbio che sia solo una “ammuina” legata più alle alleanze per le Regionali che altro. Dentro il Pd coesistono due correnti di pensiero: un candidato “debole” tanto quanto la Raggi e poi al secondo turno si vedrà chi appoggiare. Parole del genere le può dire solo chi non conosce Roma, chi non conosce Virginia e chi non capisce una mazza di politica. Datti una registrata, fenomeno, e fatti un bel bagno di umiltà” (Bugani). Oppure c’è la sempreverde carta della “mafia” (che per i giudici a Roma non c’è) ma c’è per Pacetti, Ferrara e De Angelis che esaltano la “lotta” alla mafia condotta dalla Raggi. Poi c’è la senatrice Lezzi che si meraviglia di “come qualcuno tra i vertici ancora parli con questo personaggio per condividere strategie”, anche se di questo dovrebbe parlarne con Vito Crimi e Luigi Di Maio, visto che stanno al Governo assieme.
Oppure un candidato “simil-grillino” che, al ballottaggio, sia in grado di assorbire i voti degli elettori 5Stelle senza necessità di apparentamenti formali. Fra i grillini permane l’idea che la Raggi sia in grado di arrivare al ballottaggio con un 20-25 percento dei consensi. Fatto sta che alle affermazioni di Zingaretti, Bugani, Ferrara, Pacetti, De Santis, Lezzi, reagiscono comunque con veemenza sottolineando come “
A rispondere ai fuochi d’artificio grillini, un tweet del capogruppo Pd in Campidoglio, Giulio Pelonzi (“La corte dei miracoli della Sindaca dovrebbe preoccuparsi dei suoi errori e degli elettori delusi che la manderanno a casa”) e una nota del Pd capitolino in cui, dopo la lunga doglianza delle cose che non vanno, si legge; “Bugani, insieme all'assessore al Personale De Santis, sono solo giullari di una corte ormai decadente, assediata anche da lotte intestine”.

GUERRA NEL PARCO NAZIONALE D’ABRUZZO


Sei sentieri riaperti su 73 non bastano ad evitare la guerra estiva (semi)fredda nel Parco Nazionale d’Abruzzo Lazio e Molise fra il direttore, Luciano Sammarone, e una fetta di operatori dei vari settori legati al turismo di montagna: cavalli, bikers, fotografi e anche padroni di cani.  
A scatenare la contesa una serie di ordinanze emanate da Sammarone che hanno, secondo l’accusa, bloccato l’accesso in molti sentieri del parco senza tenere in considerazione né le tradizioni né l’economia della zona che vive principalmente di turismo: nella sola Pescasseroli, “capitale” del Parco, stando a quanto affermano gli albergatori, ci sono 35mila posti letto e un indotto annuale pari a circa 100 milioni di euro. 
Il direttore del Parco ed ex comandante dell’allora Forestale (oggi Carabinieri Forestali), Sammarone, il 27 luglio emana una prima ordinanza con cui vieta su 73 sentieri l’accesso ai cani, cavalli e mountain bike. Apriti cielo: dopo il Covid, quando l’economia sembra riprendere e le varie città e paesi del Parco pieni anche grazie agli orsi che girano per le strade, arriva questo blocco.
Non si tratta - spiega Sammarone - di essere integralisti ma io devo proteggere la fauna: i cani vaccinati possono trasmettere con le feci malattie mortali agli animali selvaggi non vaccinati. Le biciclette stanno distruggendo i sentieri e i cavalli disturbano la vita di orsi, cervi, camosci, lupi e uccelli. E i divieti valgono solo per i sentieri che attraversano le aree di massima protezione”.
Gli operatori turistici, però, non ci stanno e preparano un ricorso al Tar: “Ci viene impedito anche di andare a funghi o raccogliere legna - spiega Silvano Di Pirro rifacendosi agli usi civici - e questo è un provvedimento calato dall’alto che non tiene conto delle esigenze di chi nel parco ci è nato e ci vive”.
Ma quale calato dall’alto: l’iter di questa ordinanza è lungo tre anni”, ribatte Sammarone che, però, compie un passo verso gli operatori e il 13 agosto riapre sei sentieri disciplinando meglio i divieti e obblighi per i fotografi. Un passo che, alla fine, non soddisfa gli operatori ma potrebbe eliminare il rischio del ricorso al Tar.