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In questo blog mi dedico a guardare con occhio maliziosamente indipendente ciò che accade a Roma - e qualche volta anche nel resto del mondo - soprattutto attraverso ciò che della mia città raccontano i quotidiani. Generalmente prendo in considerazione i tre quotidiani più importanti per vendite e diffusione nella Capitale: Corriere della Sera, La Repubblica e il Messaggero. A volte troveranno spazio anche gli altri quotidiani, la cui lettura è comunque sempre accurata.

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martedì 24 marzo 2020

CORONAVIRUS: "UN INCUBO DI 8 ORE IN TENDA"



Sono rimasta dalle otto di sera alle quattro di mattina, abbandonata, dentro un tendone, senza un goccio d’acqua, nulla da mangiare, una coperta”. I.M. ha 44 anni e lavora in uno studio dentistico dei Castelli Romani. Due giorni fa inizia a manifestare i primi sintomi di un’influenza e scatta il timore che possa essere il Coronavirus. Dopo le prime ore di attesa, di fronte alla febbre che si alzava e, soprattutto, all’affanno nella respirazione “anche da sdraiata”, partono le chiamate ai servizi di emergenza. Viene fatto il triage telefonico con il 112 e viene disposto l’invio di un’ambulanza. “In realtà ho cercato prima di installare l’app ma non funzionava e i numeri segnalati non erano operativi”, spiega al telefono. Arriva l’ambulanza. Nessuno le spiega né dove sarebbe stata portata né cosa sarebbe accaduto. Destinazione, Policlinico Gemelli.
Sono arrivata pochissimi minuti prima delle otto di sera. Mi hanno immediatamente fatto prelievo e tamponi e messo l’agocannula” la “farfallina” nella vena del braccio da utilizzare per le flebo senza dover bucherellare ogni volta. Dopo di che, il nulla. Racconta: “Appena fatti i tamponi e il prelievo mi hanno fatto uscire immediatamente dall’ospedale. Nel parcheggio antistante è stata montata una tenda. E sono stata spedita lì. Insieme a me altre cinque persone, due delle quali, poi, risultate positive al Covid. Due bagni chimici, uno dei quali rotto, l’altro ridotto in condizioni disumane. E ci hanno lasciato lì, senza più darci cenni di vita”. Passano le ore. “La tenta non era riscaldata. E dentro c’erano solo sedie da sala d’aspetto, di metallo. Se provavi a uscire venivi ripreso in malo modo. L’unica scusa per uscire era quella di andare in bagno ma l’unico funzionante era in condizioni che lo rendevano inutilizzabile per quanto era sporco. Ho chiesto se era possibile pulirlo e mi hanno rimproverato. Ho chiesto acqua e non me ne hanno data. Ho chiesto una coperta che ho ottenuto dopo molte insistenze. Ho chiesto una Tachipirina per far scendere la febbre. Tutto inutile. Alle quattro di mattina mi hanno dimessa senza preavviso, letteralmente cacciata per strada senza darmi modo di attendere che qualcuno mi venisse a prendere”. E alle 7 di sera ancora non era arrivato il risultato del tampone. 

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