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In questo blog mi dedico a guardare con occhio maliziosamente indipendente ciò che accade a Roma - e qualche volta anche nel resto del mondo - soprattutto attraverso ciò che della mia città raccontano i quotidiani. Generalmente prendo in considerazione i tre quotidiani più importanti per vendite e diffusione nella Capitale: Corriere della Sera, La Repubblica e il Messaggero. A volte troveranno spazio anche gli altri quotidiani, la cui lettura è comunque sempre accurata.

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giovedì 20 dicembre 2018

LA CURA RAGGI FA CHIUDERE CAPANNELLE


Lo stop era nell’aria: troppi problemi tutti insieme da risolvere. E il comportamento ambiguo del Campidoglio non ha certo aiutato. Capannelle chiude i battenti e addio corse in quello che è il più grande impianto sportivo di proprietà del Comune di Roma. La nota arrriva direttamente dalla Hippogroup, la società che da 72 anni, gestisce Capannelle: “vista la posizione formalmente assunta dall’Amministrazione di Roma Capitale in merito al canone di concessione, quantificato retroattivamente in oltre due milioni e mezzo di euro annui, e alla durata del rapporto concessorio del comprensorio dell’ippodromo Capannelle, ha informato la stessa dell’insorta insussistenza delle proprie condizioni di continuità aziendale. Conseguentemente Hippogroup non avvierà l’attività di corse del 2019”. 
Il Comune adesso - a meno di clamorose inversioni di marcia - potrebbe doversi rapidamente prendere carico della struttura, con enormi oneri per garantire decoro e sicurezza, stimati in mezzo milione di euro al mese, fino a oggi coperti da Hippogroup la società che, da 72 anni, gestisce Capannelle.
La storia del confitto fra Hippogroup e il Campidoglio a 5stelle è datata: fino ad aprile 2017 era in vigore il vecchio regolamento per gli impianti sportivi comunali. Nel vecchio testo era previsto che, a fronte di investimenti economici per il miglioramento degli impianti, le concessioni venissero prorogate. Una proroga, di fatto, d’ufficio e quasi automatica ma che passava per l’ok con il voto in Consiglio comunale. L’entrata in vigore del nuovo regolamento annulla di fatto questo sistema di proroghe ma molte società, che avevano ottenuto il via libera iniziale agli investimenti accendendo mutui, restano impigliate nella procedura non avendo avuto l’ok finale del Consiglio comunale. Per Hippogroup si parla di investimenti, fra il 1998 e il 2016, di ben 24,4 milioni di euro
Nasce, quindi, la querelle fra i grillini e Capannelle: a fine novembre, l’Assessorato allo Sport, quello guidato da Daniele Frongia, scrive alla Hippogroup chiedendo indietro le chiavi e concedendo al privato 6 mesi di tempo per ottemperare, scadenza 19 maggio 2018. Segue ovvio ricorso al Tar che spaventa il Campidoglio che emana un nuovo provvedimento con il quale “si sospende in via cautelare l’efficacia” dello sfratto. 
Il Campidoglio, a questo punto, va a battere sull’altro tasto, quello del canone di concessione. Nel 2011, il giudice fallimentare aveva abbassato dai due milioni e mezzo annui a 66 mila euro annui. In sostanza, complice la crisi del settore ippico, Hippogroup - con la stessa procedura seguita da Atac - aveva chiesto un concordato fallimentare in continuità, concesso dal giudice che aveva decurtato il canone da 211 mila euro al mese a circa 5500. 
Il Comune fa partire la richiesta di adeguamento del canone al gestore: insomma, si torna a 211 mila euro a mese, 2 milioni e mezzo annui. 
Questo tira e molla va avanti da mesi: una volta dichiarazioni di fuoco di Frongia (“se la Società decide di abbandonare l’impianto di Capannelle la responsabilità non potrà essere che la sua”, 28 giugno; “I problemi interni alla Hippogroup stanno creando una situazione paradossale che va risolta al più presto”, 29 agosto) un’altra da affermazioni concilianti (“Faremo il possibile affinché Capannelle possa rimanere attivo”, 15 marzo; “Ribadiamo l’intenzione di fare tutto quanto in nostro potere per far sì che Capannelle possa restare aperto e funzionante”, 12 settembre).
Ora la vicenda sembra giungere all’atto finale: fine delle corse


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