lunedì 20 maggio 2019

AS ROMA, GLI ERRORI E GLI ORRORI DELLA DIRIGENZA




Ho deciso di aggiungere una parte importante all'ultima riflessione sulla vicenda Stadio (leggi qui), contestazioni, De Rossi, Pallotta e la simpatia e così via.

Cosa intendo per mancata empatia di Pallotta e di questa dirigenza.

La prima cosa che mi viene in mente è, oltre ad ovvi errori di gestione della squadra, l’inverosimile quantità di errori clamorosi di comunicazione. Errori in merito a cosa dire, a come dirlo, a quando dirlo. A volte sono ricorse tutte e tre le specifiche - cosa, come e quando - altre solo una. 
L’elenco è lungo e sicuramente non esaustivo: ne avrò dimenticate chissà quante e citerò solo quelle che mi vengono in mente senza dover fare una ricerca di archivio.

LA GESTIONE DELLA SQUADRA
Non mi soffermerò sugli errori di gestione della squadra, intendendo con essi l’assetto globale dell’intero staff tecnico e dei giocatori: fanno parte del gioco, visto che comunque alla fine uno solo vince e tutti gli altri perdono. Quindi, non parlerò della vendita di quel calciatore o dell’acquisto di quell’altro. L’unica cosa che mi pare di poter ravvisare è quella di una sostanziale carenza di “piano B”. 
Mi spiego: Rudi Garcia, a un certo punto, non è più riuscito a mettere in campo la squadra. La ricerca del sostituto è stata tardiva e abbiamo perso una fetta di obiettivi possibili.
Di Francesco, lo stesso. Quando si pianifica una stagione, a mio parere, deve esistere una sorta di “linea Maginot” dei risultati e, contemporaneamente, per quanto possa apparire poco piacevole per chi c’è, anche un piano di riserva per non buttare nel cesso una stagione cercando di salvarla quando è troppo tardi. 

E veniamo agi errori di comunicazione.

TOTTI E DE ROSSI
La fine della carriera di campioni eccezionali è di per sé un trauma per chiunque. Se poi quei campioni sono due bandiere, avendo militato in una sola squadra, è ancora peggio. In più sono esponenti emblematici della città stessa, sono stati i capitani della squadra di fatto per oltre un ventennio.
Gestirne l’addio sarebbe stato difficile e complicato per chiunque. 
E questa società ha commesso ogni errore possibile in entrambe le vicende. Con Totti, per giunta, ha saputo creare le condizioni per cui il fardello del trattamento di Totti sia finito addosso a Spalletti che, a torto o a ragione, ha gestito il passaggio dagli scarpini alle oxford, bruciando definitivamente il nome del Mister che a Roma difficilmente potrà rimettere piede. 
Con De Rossi c’è l’aggravante del non aver proprio saputo gestire il tutto, per giunta dopo l’esperienza avuta con Totti: il messaggio che è passato è che non si è riusciti neanche a discutere con lui del suo contratto. Un capolavoro.

STADIO
Sullo Stadio di Tor di Valle la quantità di errori è ancor più devastante: annunci trionfalistici, chiamate alle armi cadute più o meno nel vuoto, totale distacco dalla tifoseria di cui è mancato completamente il coinvolgimento. E non puoi pensare di chiamare alla armi chi fino a ieri non hai mai neanche degnato di uno sguardo.

DIRIGENTI
Non entro nel merito delle competenze. Sicuramente Baldissoni, Fienga, Massara sono eccellenti dirigenti. Ma, o sono per lo più ignoti, neanche conoscendone i visi o il tono della voce, o riescono ad essere l’esatto contrario di qualcuno con cui voler condividere una serata. Forse un corso accelerato di comunicazione non guasterebbe.

TIFOSI
Le barriere e i lancia cori all’Olimpico, il distacco dalla Curva - attenzione, non dai gruppi organizzati ma dal calore della Curva - il totale mancato coinvolgimento della tifoseria nelle scelte di base hanno esacerbato gli animi. 

LE USCITE DI PALLOTTA
Intempestive, mal tradotte spesso (e spesso appositamente mal tradotte), peggio spiegate hanno finito per scavare un solco difficile da colmare. Un solco che sembra aver scelto lo Stadio come epitome: te frega solo dooosssadio! 

DAL SOGNO ALLA DELUSIONE
Questi sono solo alcuni esempi di errori, non è un elenco: sarebbe tedioso e inutile. Del resto, molti errori sono ripetitivi a dimostrazione, se non altro, di una certa coerenza!
Tutto questo, dopo sette anni, ha prodotto uno scollamento enorme fra i tifosi e la proprietà/dirigenza. 
È qualcosa che a Roma abbiamo già visto: successe con Dino Viola, poi con
Franco Sensi, solo per citare i presidenti vittoriosi degli ultimi decenni.
Tralasciamo gli altri. 
C’è un’aggravante: voluta o meno, questa dirigenza è stata presentata e si è presentata come la certezza del futuro. Meglio, di un radioso, luminoso e vittorioso futuro. 
E, diciamocelo, noi romani abbiamo un po’ fatto la figura di quei pezzenti tipo Alberto Sordi che “america’ america’”: ci sembrava finalmente arrivato quel premio per tante amarezze, quel presidente impaccato di soldi, pronto ad aprire il portafogli e a prendere un anno Messi e quello dopo Cristiano Ronaldo (sono esempi, ndr). Dimentichi delle regole del Fair Play Finanziario - che, è vero, non a tutti vengono applicate nello stesso modo ma è come con gli arbitri… più ti agiti più fa male… - ci aspettavamo le vittorie. 
Che non sono arrivate. C’era il progggggetto, quello tanto caro a Zoro. E la pazienza è andata avanti per un bel po’. Ora sembra finita perché da Luis Enrique e le sue delusioni siamo passati a Rudi Garcia e le sue, poi a Spalletti, poi a Di Francesco, poi a Ranieri. In mezzo con la parentesi di Zeman e Andreazzoli. 

Guardando la cosa con l’occhio del tifoso che vorrebbe vincere sempre e comunque, siamo rimasti con un pugno di mosche in mano. 

SHAKESPEARE
Scrive William Shakespeare, uno che di tragedie se ne intende: il male che gli uomini compiono sopravvive loro, il bene spesso viene sepolto con le loro ossa. 

Oggi, una fetta di tifosi vede solo il male. E il bene l’ha dimenticato dietro l’ultimo striscione. 
Non so quanti sono questi tifosi che protestano. Non penso siano la maggioranza, anzi. Credo siano solo una minoranza molto rumorosa e molto ben organizzata. Ma certo non è che la maggioranza silenziosa gradisca vedere sempre gli altri che vincono.
Sarebbe facile ricordare sempre un paio di cose: 

1.  in ogni sport, uno solo vince. 
2.  quell’Arcadia favoleggiata con nostalgia è stata altrettanto avara di vittorie 
3.  Dall’arrivo di questa dirigenza, abbiamo conseguito tre volte il secondo posto in campionato, due volte terzi, e due volte sesti (nel conto sul sesto posto c’è già inclusa anche questa stagione). Il che si è tradotto in una stabile presenza in Champions League per un quinquennio consecutivo con 3 volte il raggiungimento degli ottavi e una semifinale. Per chi ama le statistiche, riguardarsi bene cosa successe con altri presidenti, comunque anche loro contestati all’epoca. 
4.  Quelli che vincono in Europa hanno bilanci che fanno impallidire il nostro. Le entrate del Real Madrid sono superiori di 4 volte quelle della Roma, vale a dire che per ogni milione di euro che noi incassiamo, il Real ne ha incassati 4. E Barcellona, Bayern più le Inglesi stanno a livelli che noi possiamo solo sognarci. 

CONCUSIONE
Chiarisco un concetto che dovrebbe essere ovvio ma forse non lo è: chi non fa, non sbaglia. Ed è facile mettersi a pontificare seduti da un comodo divano ed è difficile per chi arriva dopo una serie di Presidenti amanti e padri/padroni della Società pensare di poter chiudere una stagione che è, in realtà, la storia della As Roma fino al 2012 e cambiare la mentalità da una famiglia a un’azienda, per usare un’espressione romantica - la prima - e una - la seconda - molto stelle e strisce.

Di errori, perciò, né sono stati compiuti a decine, centinaia. Alcuni più gravi, altri più lievi ma la cui somma globale costituisce quel macigno che solo una sequenza di grande Ds, grande allenatore, grande campagna acquisti e, si spera, conseguente grande vittoria può rimuovere. 

Aggiungo un’ultima riflessione: l’aver commesso questi errori è stato costantemente sfruttato da chi si è schierato contro questa dirigenza.

C’è qualcosa, una sorta di contropotere occulto che si occupa di far sopravvivere il male e sotterrare il bene compiuto, amplificando il primo e anestetizzando il secondo. 
È quella poltiglia grigiastra e appiccicosa, dalla consistenza fangosa e odorante di discarica composta da qualche puparo radiofonico, qualche mezza figura del mondo del giornalismo, qualche ex dell’ambiente degli spogliatoi oggi traslato a opinionista, l’opaco mondo di certi soggetti che occupano in alternanza un seggiolino allo Stadio e uno strapuntino a Regina Coeli
Costoro godono di una rete di relazioni di cui sarebbe sciocco negare l’importanza e stranamente sono gli stessi che considerano questa poltiglia come una figura mitologica, l’ambiente romano. 
Come spesso accade, costoro sono animati sicuramente da un grande amore per questa squadra, sarebbe idiota disconoscere questo amore, ma anche da tangibili interessi, a partire dalla gestione di un potere che prima avevano e che oggi provano a riacquisire dopo che gli è stato loro sottratto proprio da questa Società, da questa dirigenza. 

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