James Pallotta è simpatico?
No. Non è esattamente una persona che appaia simpatica. O, meglio, empatica.
Empatica con la tifoseria. Empatica con i simboli. Empatica con il sistema di
Roma e dell’Italia.
Qui tutti gli errori di questa dirigenza che riesce ad essere così poco empatica...
Volere un altro e non Pallotta detenere la società può anche essere un’aspirazione legittima.
Ma.
Ma sarebbe il caso che quanti stanno blaterando – qualcuno da molto tempo, altri da meno – su fantomatici sceicchi, petrolieri, marziani, dopo aver riaperto gli occhi, terso il sudore e preso un caffè, ci dicano anche chi.
Perché i ragionamenti tipo bar dello sport – chiunque purché non sia Pallotta – sono i ragionamenti di un cretino. O, se preferite, di un coglione.
Di chi non ha ancora capito come funzionano le cose, chi vive in una costante contraddizione e che, a fronte dell’evidenza di questa contraddizione, sbatte i piedini per terra come un bimbetto capriccioso ostinandosi a ripetere quello che qualche puparo radiofonico (o di carta stampata) gli ha detto di ripetere.
Vuoi lo sceicco ma che sia trasteverino, mi raccomando. Deve conoscere a menadito la ricetta della cacio e pepe (l’amatriciana no, per ovvie ragioni; men che meno i carciofi alla giudìa!).
Vuoi il petroliere pieno di soldi che compri e non venda anche di fronte alle regole del fair play finanziario.
Vuoi il miliardario amatore/padre/padrone/amico/amante che dia respiro internazionale ma non vuoi lo stadio di proprietà.
E tralascio la infinita tristezza doppia. Doppia per la fine del rapporto di De Rossi con la Roma ma raddoppiata da chi, pur di attaccare questa proprietà (che non mi paga e non mi dà da mangiare), ieri lo chiamava Capitan Ceres (o uno qualunque degli altri appellativi) ricevendone in cambio la definizione di "maiale col microfono" e oggi lo usa per spalare merda sulla As Roma.
Se esisteva un limite all’imbecillità umana, l’abbiamo varcato in queste settimane.
C’è una questione semplice e banale: questa proprietà non lascerà la società. Non lo farà ora che è vicinissima al traguardo dello Stadio. Personalmente, penso che non lo farà neanche il giorno dopo che questo Consiglio comunale sgangherato avrà approvato in via definitiva il progetto. E non penso che lo farà neanche il giorno dopo l’apertura dello Stadio (due anni e mezzo circa dopo la posa della prima pietra): se è vero che Pallotta è solo un investitore che deve far fruttare il proprio investimento, questo dispiegherà appieno i suoi effetti in termini economici quando il mutuo contratto sarà stato già ripagato per almeno un terzo. In questo modo, sarà dimostrato che l’investimento è ripagabile e quindi, solo a quel punto, sarà davvero conveniente vendere.
Perché se oggi la Roma vale circa 400-450 milioni di euro, con lo Stadio semplicemente approvato ne varrà almeno il doppio (c’è chi dice 1 miliardo). Con lo Stadio costruito qualcosa in più – diciamo un miliardo e 200 milioni – ma con lo Stadio in funzione e un terzo del mutuo pagato, siamo lievitati a un miliardo e mezzo senza colpo ferire. E questo renderà appetibile l’affare che oggi, invece, nessuno dei grandi investitori vuole fare per non ritrovarsi a vivere l’odissea di Pallotta e di questa miope città (e dei suoi amministratori).
O davvero pensate che un po’ di cori, qualche fumogeno in campo (complimenti, una visione lungimirante proprio! Un vero amore per la squadra) e due striscioni possano spaventare Pallotta che, domattina venderà di sicuro?
Ecco perché chi - anche quelli che lo fanno davvero per amore e non per altre oscure e tangibilissime ragioni - oggi dice "no allo Stadio" credendo, magari in buona fede (!), che sia un "no a Pallotta" sta facendo il male della As Roma.
Della As Roma non di questa dirigenza.
Perché la As Roma è come Roma: i sindaci e i presidenti, gli assessori e i dirigenti passano. Ma la As Roma e Roma restano.
C'era dopo Anzalone, Viola, Sensi. C'era dopo Rutelli, Veltroni, Alemanno. E ci saranno dopo Pallotta o dopo la Raggi.
L'eternità (filosofica) della Città o della Società sopravvivono a chi detiene pro tempore la fascia tricolore o il gallone di presidente.
Se vogliamo davvero provare a concorrere sul palcoscenico internazionale - dove magari si continuerà a fallire - e non per vincere la Coppa Italia come massima aspirazione annuale, lo Stadio è l'unica possibilità.
Senza lo Stadio, con queste regole (quelle scritte del FPF ma anche quelle del mercato internazionale dei proprietari di club), la Coppa Italia e un piazzamento dopo i primi 4 sarà il massimo cui potremo aspirare.
Divertiamoci, poi, a fare un ragionamento: Pallotta si è spaventato dai vostri tweet. E, come qualcuno che, acqua alla gola, abbia necessità di vendere la propria casa subito, decida di vendere immediatamente il pacchetto azionario della Roma.
Chi pensate che possa comprarlo? Se sei con l’acqua alla gola è l’acquirente che detta prezzi e condizioni.
Nessuno dei grandi investitori internazionali verrebbe ora ad investire visto che bastano un po’ di post e qualche striscione per abbandonare la nave. E nessuno con lo Stadio appeso lo farebbe.
Chi rimane?
Un indizio: Ciarrapico purtroppo non c’è più.
Qui tutti gli errori di questa dirigenza che riesce ad essere così poco empatica...
Volere un altro e non Pallotta detenere la società può anche essere un’aspirazione legittima.
Ma.
Ma sarebbe il caso che quanti stanno blaterando – qualcuno da molto tempo, altri da meno – su fantomatici sceicchi, petrolieri, marziani, dopo aver riaperto gli occhi, terso il sudore e preso un caffè, ci dicano anche chi.
Perché i ragionamenti tipo bar dello sport – chiunque purché non sia Pallotta – sono i ragionamenti di un cretino. O, se preferite, di un coglione.
Di chi non ha ancora capito come funzionano le cose, chi vive in una costante contraddizione e che, a fronte dell’evidenza di questa contraddizione, sbatte i piedini per terra come un bimbetto capriccioso ostinandosi a ripetere quello che qualche puparo radiofonico (o di carta stampata) gli ha detto di ripetere.
Vuoi lo sceicco ma che sia trasteverino, mi raccomando. Deve conoscere a menadito la ricetta della cacio e pepe (l’amatriciana no, per ovvie ragioni; men che meno i carciofi alla giudìa!).
Vuoi il petroliere pieno di soldi che compri e non venda anche di fronte alle regole del fair play finanziario.
Vuoi il miliardario amatore/padre/padrone/amico/amante che dia respiro internazionale ma non vuoi lo stadio di proprietà.
E tralascio la infinita tristezza doppia. Doppia per la fine del rapporto di De Rossi con la Roma ma raddoppiata da chi, pur di attaccare questa proprietà (che non mi paga e non mi dà da mangiare), ieri lo chiamava Capitan Ceres (o uno qualunque degli altri appellativi) ricevendone in cambio la definizione di "maiale col microfono" e oggi lo usa per spalare merda sulla As Roma.
Se esisteva un limite all’imbecillità umana, l’abbiamo varcato in queste settimane.
C’è una questione semplice e banale: questa proprietà non lascerà la società. Non lo farà ora che è vicinissima al traguardo dello Stadio. Personalmente, penso che non lo farà neanche il giorno dopo che questo Consiglio comunale sgangherato avrà approvato in via definitiva il progetto. E non penso che lo farà neanche il giorno dopo l’apertura dello Stadio (due anni e mezzo circa dopo la posa della prima pietra): se è vero che Pallotta è solo un investitore che deve far fruttare il proprio investimento, questo dispiegherà appieno i suoi effetti in termini economici quando il mutuo contratto sarà stato già ripagato per almeno un terzo. In questo modo, sarà dimostrato che l’investimento è ripagabile e quindi, solo a quel punto, sarà davvero conveniente vendere.
Perché se oggi la Roma vale circa 400-450 milioni di euro, con lo Stadio semplicemente approvato ne varrà almeno il doppio (c’è chi dice 1 miliardo). Con lo Stadio costruito qualcosa in più – diciamo un miliardo e 200 milioni – ma con lo Stadio in funzione e un terzo del mutuo pagato, siamo lievitati a un miliardo e mezzo senza colpo ferire. E questo renderà appetibile l’affare che oggi, invece, nessuno dei grandi investitori vuole fare per non ritrovarsi a vivere l’odissea di Pallotta e di questa miope città (e dei suoi amministratori).
O davvero pensate che un po’ di cori, qualche fumogeno in campo (complimenti, una visione lungimirante proprio! Un vero amore per la squadra) e due striscioni possano spaventare Pallotta che, domattina venderà di sicuro?
Ecco perché chi - anche quelli che lo fanno davvero per amore e non per altre oscure e tangibilissime ragioni - oggi dice "no allo Stadio" credendo, magari in buona fede (!), che sia un "no a Pallotta" sta facendo il male della As Roma.
Della As Roma non di questa dirigenza.
Perché la As Roma è come Roma: i sindaci e i presidenti, gli assessori e i dirigenti passano. Ma la As Roma e Roma restano.
C'era dopo Anzalone, Viola, Sensi. C'era dopo Rutelli, Veltroni, Alemanno. E ci saranno dopo Pallotta o dopo la Raggi.
L'eternità (filosofica) della Città o della Società sopravvivono a chi detiene pro tempore la fascia tricolore o il gallone di presidente.
Se vogliamo davvero provare a concorrere sul palcoscenico internazionale - dove magari si continuerà a fallire - e non per vincere la Coppa Italia come massima aspirazione annuale, lo Stadio è l'unica possibilità.
Senza lo Stadio, con queste regole (quelle scritte del FPF ma anche quelle del mercato internazionale dei proprietari di club), la Coppa Italia e un piazzamento dopo i primi 4 sarà il massimo cui potremo aspirare.
Divertiamoci, poi, a fare un ragionamento: Pallotta si è spaventato dai vostri tweet. E, come qualcuno che, acqua alla gola, abbia necessità di vendere la propria casa subito, decida di vendere immediatamente il pacchetto azionario della Roma.
Chi pensate che possa comprarlo? Se sei con l’acqua alla gola è l’acquirente che detta prezzi e condizioni.
Nessuno dei grandi investitori internazionali verrebbe ora ad investire visto che bastano un po’ di post e qualche striscione per abbandonare la nave. E nessuno con lo Stadio appeso lo farebbe.
Chi rimane?
Un indizio: Ciarrapico purtroppo non c’è più.
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