giovedì 27 agosto 2020

COMUNALI ROMA 2021, INTERVISTA A CARLO CALENDA

Io non mi candido. L’ho già detto: il mio impegno è dare vita a un partito per i popolari, liberali e riformisti”.  
Carlo Calenda è molto chiaro: a correre per sindaco di Roma non ci pensa proprio. 
Non lo farei neanche se avessi l’appoggio del Partito Democratico”. 
Ha bruciato la seconda domanda. 
Non ci sono le condizioni: piuttosto che appoggiarmi il Pd si butterebbe al Tevere preferendo  appoggiare la Raggi. E, in secondo luogo, io non credo che con questo Pd si possa governare Roma”.
Caratteristiche del candidato ideale?
Primo: aver amministrato realtà complesse, Non si può mettere a governare una grande città chi non ha mai amministrato nulla. Poi, capacità di immaginare la missione di Roma che oggi manca perché è stata amministrata talmente male che non ci sono i servizi di base”.
Quali?
Il core business della città: trasporti, decoro urbano e sicurezza che oggi sono fuori controllo”.
Poi?
Va immaginata l’area di sviluppo: nel Piano per Roma l’avevamo accennato. Ad esempio, il turismo. Roma attrae un turismo di basso livello. Non attrae quello congressuale, sportivo, medico che sono quelli che spendono più soldi. Per attrarli bisogna costruire un piano che li renda attuali ma se hai i cinghiali per strada...”.
Altri nomi di peso - Enrico Letta o David Sassoli o Paolo Gentiloni - si sono comunque defilati. 
Il Pd non so chi intenda candidare se Sassoli o Roberto Gualtieri. Ma mi pare che entrambi non siano interessati e i Dem sono nel pallone come su tante altre cose”.
Ma col Pd sarebbe disponibile a trovare un candidato comune?
Certo che lo sono. Sono a prescindere disponibile a lavorare per trovare un candidato adatto, a ripartire ideando insieme un piano articolato per la città. Sono pronto a farlo con il Pd e con le forze più di centro”.
A destra che scenario vede?
Io spero che la Meloni trovi un candidato da opporre che non sia come quelli espressi dalla Lega in Toscana in Emilia Romagna. A Roma serve che il dibattito politico sia forte, la campagna sia vera, che Giorgia tiri fuori un candidato capace e soprattutto che lo tiri fuori lei e non la Lega”.
Candidati della società civile?
Io penso che le figure di maggior rilievo che potrebbero fare questo lavoro siano anche piuttosto spaventate dall’idea di essere appoggiate dai partiti che poi non vogliono cambiare assolutamente niente a roma e quindi di trovarsi un po’ nella condizione di Ignazio Marino. Di cui non è che ho una stima straordinaria come amministratore, ma che è l’esempio di come si candidi qualcuno che è un nome e poi, appena quel qualcuno prova a toccare qualcosa, ti saltano al collo. Mi riferisco alle figure fuori dalla politica, di alto livello, che proprio mentre servirebbero a destra come a sinistra se ne guardano bene”.
Il capostaff della Raggi, Max Bugani, sostiene che lei non si presenta perché ha paura della Raggi.
Io rispondo generalmente a tutti. Ma c’è anche un limite a tutto”.
Tracciamo un bilancio del quinquennio Raggi/5Stelle?
No, non c’è nessun bilancio da tracciare. Ho incontrato tanta gente impreparata ma nessuno con il grado di impreparazione totale di Virginia Raggi. Direi che è la politica più incapace che abbia incontrato. Ma non è mica colpa sua...
È che la disegnano così?
No è l’assurdità dei partiti che candidano una avvocato alle prime armi  a fare il sindaco di una grande città. Non so su che basi pensavano ci potesse riuscire. In 75 anni siamo stati addestrati a considerare la politica sotto l’ideologia o i sentimenti: non conta se sai amministrare ma se rappresenti la rabbia o la destra o il comunismo. Ed è la ragione per cui siamo ridotti allo sfacelo”.
Ma ecco perché poi esce il suo nome come quello di uno che potrebbe amministrare.
Ma io non sto andando a coltivare girasoli a Tahiti, ho dato vita a un partito politico”.
Ma riuscire dove altri hanno fallito...
Se a me piacerebbe la sfida gestionale? Da morire come è stato per il Ministero dello Sviluppo economico”.

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