venerdì 14 giugno 2019

LA RAGGI TENTENNA, LA ROMA SE NE VA


Il vicepresidente della Roma, Mauro Baldissoni, ha incontrato, per la seconda volta in pochi giorni,  il sindaco di Fiumicino, Esterino Montino. Al centro dell’incontro l’offerta, avanzata più volte da Montino, di poter “ospitare” sul territorio del comune litoraneo lo Stadio della Roma.
La prima riunione è stata “di cortesia istituzionale”, come hanno spiegato lo stesso Montino e la As Roma: nessun sopralluogo, nessun terreno effettivamente visionato, né geometri né ingegneri al seguito. A quella riunione, poi, è succeduta quella di ieri pomeriggio. Questa volta, meno “di cortesia” e fatta per acquisire informazioni più dettagliate sui terreni, privati, che il Sindaco avrebbe proposto ai giallorossi.

UN PIANO DI RISERVA
Non c’è nessuna fuga a Fiumicino. L’idea della Roma è quella di tenersi aperta una porta, Fiumicino, nel caso in cui con il Campidoglio si andasse alla rottura. Questo secondo incontro è, quindi, un piano di riserva, non un’opzione valida ora.

RICOMINCIARE DA CAPO
Non è un’opzione valida ora - può diventarlo solo se con la Raggi andasse tutto all’aria - anche perché l’iter dovrebbe ricominciare da zero. Al netto dei ponti d’oro e dei tappeti rossi che, a parole, l’amministrazione comunale di Fiumicino oggi vagheggia, occorrerebbe ripartire da zero. Gli 80 milioni spesi fino a oggi, sarebbero stati buttati. Del progetto potrebbe salvarsi solo la parte estetica ma la parte di statica e ingegneria dovrebbe essere rifatta. Solo dopo nuovi sondaggi geologici. Tra l’altro, le modifiche normative imporrebbero questa volta la presentazione di un progetto a un livello molto più avanzato di quello presentato a Marino nel 2014. Poi ci sono da valutare i vincoli: la vicinanza con l’aeroporto presenta limitazioni a altezze degli edifici e materiali di costruzione non riflettenti. Infine, per quanto con estrema faciloneria si parli di una non necessità di variante urbanistica, nessuno dei terreni oggi proposto - dietro Parco Leonardo - avrebbe il corretto accatastamento, verde sportivo attrezzato, cosa che richiederebbe una variante e, quindi, un passaggio in Regione Lazio.

PRESSIONI SUL CAMPIDOGLIO
Tuttavia, il piano di riserva, al netto delle difficoltà tecniche tutte superabili ma non con la facilità oggi raccontata, ha un effetto. Fa pressione, c’è da capire quanto voluta e quanto no, sul Campidoglio. Le trattative sono nella fase decisiva. 
La prossima riunione è fissata per mercoledì 19. 
In quell’occasione, la Roma, dopo lo sforzo sostenuto nell’ultima riunione, di venire ulteriormente a patti con il Comune anche su questioni non di diretta competenza del privato (Roma-Lido della Regione, espropri sulla via del Mare/Ostiense per soddisfare le richieste di modifiche progettuali che il Comune vuole in lontana vista del Ponte dei Congressi) si aspetta che il Campidoglio sblocchi l’impasse in cui il progetto è precipitato grazie alle improvvide decisioni assunte dalla Raggi su imbeccata dell’ex assessore Berdini cioè tagliare le opere pubbliche di mobilità (Metro B e Ponte di Traiano) che, nella versione Marino, avrebbe realizzato il privato per usare solo quelle realizzate e finanziate dal pubblico (Roma-Lido e Ponte dei Congressi). 
Ecco, quindi, che la consapevolezza che, qualora le trattative fallissero, la Roma non rimarrebbe esposta ma avrebbe una via d’uscita è un’arma di pressione con svariati risvolti. 
Primo: la Raggi, che ad oggi, dopo un triennio di governo, ha in mano meno di un mazzo di ravanelli, rischia di passare alla storia come il Sindaco che ha cacciato quasi un miliardo di euro di investimenti sulla città, affossando un progetto che ha ricadute per svariate migliaia di posti di lavoro. Senza considerare le ripercussioni sportive
E, pur se non ci sono conferme ufficiali, in caso di fallimento delle trattative, la Raggi passerebbe anche alla storia per la causa di risarcimento che la Roma non esiterebbe certo a muovere al Campidoglio. Con tutti i problemi del caso, a partire da quelli mediatici e a finire con il rischio Corte dei Conti. 
Una sola via d’uscita resta alla Raggi: decidere. Sì o no allo Stadio, ma basta tentennamenti e sotterfugi dilatori. 






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