sabato 29 giugno 2019

ZTL NEL TRIDENTE ANCHE PER LE DUE RUOTE


Attenzione ad entrare nel centro storico anche per le due ruote: da lunedì 1 luglio scatta il divieto di accesso per moto e motorini nell’area del cosiddetto “tridente mediceo”: dalle 6.30 alle 19.00 dal lunedì al venerdì e dalle 10.00 alle 19.00 del sabato sarà interdetto l’ingresso ai non autorizzati
Solamente i titolari di un apposito permesso - due o 4 ruote che siano - potranno circolare e sostare lungo le strade del Tridente: ad essere autorizzati sono sia i residenti della zona che i lavoratori nell'area tra via di Ripetta e viale della Trinità dei Monti. Possono chiedere il permesso di accesso i veicoli di residenti e domiciliati nella Ztl A1, lavoratori notturni o artigiani con sede all’interno della zona. I residenti hanno a disposizione 280 posti riservati tra via di Ripetta, passeggiata di Ripetta, lungotevere in Augusta, viale della Trinità dei Monti, piazza della Trinità dei Monti, via Gregoriana, viale Gabriele D’Annunzio e piazza Augusto Imperatore. 
E c’è poco da fare i furbi: non ci sono più i vigili a sorvegliare ma sono state installate le telecamere a lettura di targa. Sono 6 i nuovi varchi: via di Ripetta (incrocio con via dell’Oca), via dei Pontefici (piazza Augusto Imperatore), via Condotti (incrocio con largo Goldoni), via di Propaganda (incrocio con via Capo le case), via di San Sebastianello (incrocio con viale della Trinità dei Monti) e via del Gambero (incrocio con via delle Convertite).
Il divieto sarà in vigore per tutto il mese di luglio poi, ad agosto, sarà l’intera ZTL ad essere disattivata come avviene tutti gli anni anche se, formalmente, la sospensione sarà determinata dai lavori sulla linea A della metropolitana. In realtà questo provvedimento - frutto delle decisioni assunte da Ignazio Marino all’inizio della sua avventura capitolina - è anche oggetto di dubbi da parte del sindaco di Roma, Virginia Raggi, da contrarietà dei commercianti e del Municipio I. 

RIFIUTI, CONTINUANO I ROGHI DEI CASSONETTI


Cassonetti alle fiamme, in numero crescente, che diventano - per l’ennesima volta - terreno di scontro politico come se non bastassero i cumuli di rifiuti, l’odore disgustoso che oramai pervade l’intera città e il proliferare di animali che si nutrono di questi scarti. 
Durante la notte fra giovedì e venerdì incendi di cassonetti e relativi cumuli di rifiuti si sono registrati all’Eur e a Casal Bruciato. Poco prima dell’alba i carabinieri sono intervenuti prima in via Adolfo Gandiglio e poi in via dei Colli Portuensi dove i cassonetti erano avvolti dalle fiamme. Al Portuense il fuoco ha anche danneggiato parzialmente un’auto in sosta. Terzo caso a Casal Bruciato, in via Bergamini. In tutti e tre questi episodi - come per i casi analoghi dei giorni scorsi - cause in corso di accertamento. Tuttavia, per il sindaco di Roma, Virginia Raggi, ottima occasione per lanciare l’allarme sull’ennesimo complotto: prima furono i frigoriferi, poi i materassi ora l’attacco, simboleggiato dai roghi di cassonetti e rifiuti, è proprio dritto dritto contro di lei e la sua Amministrazione. 
Ovviamente le opposizioni banchettano politicamente alla maleodorante greppia dell’immondizia e torna a farsi sentire anche l’ex sindaco, Ignazio Marino, quello che chiuse Malagrotta senza avere nulla di pronto per sostituirla, e che sulla propria pagina facebook scrive di “frustrazione” nel “vedere cancellato il piano e gli investimenti per una serie di impianti che, se non fossero stati cancellati, oggi utilizzerebbero una parte significativa delle 500mila tonnellate/anno di rifiuti umidi per produrre gas”. Peccato che all’epoca si trattasse di grandi progetti da svilupparsi in un futuro molto remoto senza che vi fossero realmente né finanziamenti né progetti scritti veri e propri ma solo splendide intenzioni.
Per l’attuale inquilina del Campidoglio, però, l’occasione degli incendi diviene un pretesto per lanciare per l’ennesima volta la litania del “Il disegno di chi prova a farci tornare indietro. Roma è #sottoattacco. Noi abbiamo reagito, abbiamo alzato la guardia. Roma non si piega”. Complotto dei piromani che, quindi, si accoda a quelli più antichi dei frigoriferi e dei materassi ma buono per celare le innegabili manchevolezze dell’Amministrazione capitolina simboleggiate dalla girandola di vertici di Ama e dal cambio di Assessori all’Ambiente che, dopo l’uscita di scena della Montanari, è rimasto nelle mani proprio della Raggi.
Le istituzioni sanitarie stemperano la tensione: spiega la dirigente medica del Servizio di sanità pubblica della Asl Roma 1, Alessandra Brandimarte: “I controlli li stiamo eseguendo. La situazione è di grave degrado urbano, ma non c'è un rischio infettivo diretto, perché plastica o simili non possono emettere esalazioni tossiche”. 
Infine, il Codacons che minaccia un’”autoriduzione della tassa sui rifiuti se l’emergenza non rientrerà entro pochi giorni”. Spiega il presidente Carlo Rienzi: “se la situazione di emergenza dovesse proseguire, sarà inevitabile una azione a tutela degli utenti romani”.

COME E PERCHÉ ANNEGHIAMO NEI RIFIUTI


C’è un diario nell’ultima e più grave crisi del ciclo dei rifiuti che spiega come mai le strade della Capitale siano da settimane un’immensa discarica. Si parte a fine marzo: Luigi Palumbo, commissario nominato dal Tribunale che gestisce le aziende di Manlio Cerroni, annuncia ad Ama che i due impianti di trattamento (di Cerroni, appunto) privati avrebbero dovuto essere sottoposti a manutenzione. Da fine aprile per tutta l’estate. Risultato: 500 tonnellate giornaliere in meno di rifiuti indifferenziati da lavorare. 
Sono i giorni della grande crisi di Ama: quelli dell’addio dell’ultimo assessore all’Ambiente, Pinuccia Montanari, e della defenestrazione dell’ennesimo CdA dell’era grillina in Campidoglio con l’addio polemico di Bagnacani seguito dagli strascichi in Procura. Massimo Bagatti, direttore esecutivo che regge Ama nel periodo di transizione, riesce a trovare un compromesso con il privato: la manutenzione programmata sarà più morbida e si parte non più il 25 aprile ma il mese successivo, 27 maggio, cioè il giorno dopo le elezioni europee. 
In quei giorni ci sono gli appelli, la corsa frenetica a trovare soluzioni tampone, a chiedere, tramite Zingaretti, l’aiuto delle altre regioni e delle altre province
Perché una cosa deve essere ben chiara: né VeltroniAlemanno hanno avuto la forza di imporre soluzioni alternative a Malagrotta. Poi Marino che Malagrotta l’ha semplicemente chiusa ma sempre senza avere la via d’uscita. Ma la Raggi e i 5Stelle nel dna hanno la negazione dell’utilità degli impianti di trattamento: né termovalorizzatorigassificatoriinceneritori. E men che meno discariche di servizio che nulla hanno a che vedere con una Malagrotta bis. Basti vedere la cagnara aizzata solo all’idea di una discarica di servizio a Pian dell’Olmo: i grillini tornano rapidamente il partito del "no” salvo poi rivolgersi a Zingaretti e all Regione. E, infatti, l’Ama targata Raggi/5Stelle gli impianti li usa eccome, quelli delle altre Regioni però. E a carissimo prezzo. 

Il problema è che prima di spedire fuori Roma i rifiuti questi vanno trattati, preparati. E il trattamento si fa negli impianti di trattamento meccanico biologico (TMB). Ama ne aveva due: Salaria e Rocca Cencia. Salaria è andato a fuoco a dicembre scorso e oramai è chiuso anche se, come ricorda spesso il presidente del Municipio III, Giovanni Caudo, mancano gli atti ufficiali di chiusura. Rocca Cencia si guasta spesso, visto che sta lavorando al limite della capacità. Ama avrebbe anche un terzo impianto, un tritovagliatore mobile a Ostia, già feudo grillino, ma l’impianto, della capacità di 200 tonnellate al giorno, resta fermo. Gli altri sono impianti privati. Anzi, di uno solo: Cerroni. Il tanto bistrattato dai grillini ras dell’immondizia è ancora lui a tenere a galla la città. Ma le manutenzioni programmate - e, quindi, di fatto sottovalutate dal Campidoglio - creano il tappo. Altri privati non si fidano di Ama e della solidità di chi non approva un bilancio da due anni. Inoltre, questo perdurante stato di cronica mancanza di impianti, obbliga Ama a portare i rifiuti fuori città logorando la già vecchia fotta dei propri mezzi, una flotta oramai pericolosamente scesa a metà dell’efficienza e con veicoli vicini all’età della pensione. 



STADIO, MARTEDÌ RIUNIONE NUMERO 112


Siamo a 112: martedì 2 luglio tornano a vedersi Roma e la Roma per il progetto Stadio di Tor di Valle. Dopo quella di lunedì 24, è la seconda riunione riservata agli staff legali: si stanno scrivendo i testi della convenzione urbanistica, cioè il contratto vero e proprio fra la Roma e il Comune, e che regolerà ogni più singolo e minuto aspetto della costruzione dell’impianto giallorosso. 
Secondo quanto trapela, gli avvocati proseguiranno la stesura dei testi lasciando fuori l’unico punto ancora rimasto di distanza fra le parti, quello della contestualità delle opere sulla Roma-Lido di Ostia di competenza della Regione Lazio da affrontare su un tavolo separato. 

giovedì 27 giugno 2019

MAXI SEQUESTRO AL CAPO ULTRÀ DEL MILAN


Un milione di euro: a tanto sommano i beni sequestrati dalla polizia a Luca Lucci, capo ultrà del Milan. A maggio dello scorso anno, nell'ambito dell'inchiesta coordinata dal procuratore aggiunto Laura Pedio e dal sostituto Andrea Fraioli su due gruppi paralleli di trafficanti, Lucci, 38enne, era stato arrestato insieme al responsabile degli steward volontari dell’Inter, Massimo Mandelli, e ad altre 20 persone.
Già nel primo blitz, la Procura riteneva che la sede dell’associazione “Clan 1899” in via Sacco E Vanzetti fosse non solo il luogo di riunione dei tifosi milanisti ma anche una sede di spaccio di droga. In quell’occasione venne intercettato un tir che trasportava 250 kg fra hashish e marijuana proveniente dall’Albania. Da sottolineare come non vennero documentate attività di spaccio all’interno dello Stadio.
Per la prima volta in Lombardia viene applicata una misura di sequestro preventivo di beni a un esponente delle tifoserie organizzate. 
Secondo gli inquirenti Lucci, soprannominato “Toro”, va considerato come un soggetto pericoloso, una “persona potenzialmente capace di piazzare grossi carichi di stupefacenti tra i frequentatori dello stadio grazie al ruolo carismatico di leader della curva Sud milanista” e “alla collaborazione con soggetti di elevato spessore criminale”. 
Il provvedimento è stato preso dalla sezione Misure di prevenzione del tribunale di Milano, presieduta da Fabio Roia, ed è stato eseguito dalla Divisione anticrimine della questura di Milano: i beni sequestrati sono un’Audi Q5 pagata 36mila euro, un appartamento a Scanzorosciate (Bergamo), comprato nel 2017 con un mutuo cointestato alla moglie di 200mila euro, e la sede del “Clan”, ufficialmente un locale senza fini di lucro ma, secondo gli investigatori, “una base operativa per riunioni attinenti il traffico di stupefacenti e per ritiri o consegne di droga anche in contesti di criminalità organizzata”.
Dopo l’arresto del 2018, Lucci era tornato in libertà ma nel provvedimento di sequestro di ieri gli inquirenti ricostruiscono il curriculum criminale del capo ultrà il quale ha costruito molto della sua credibilità grazie a scontri allo stadio e amicizie pericolose. Si parte dal 2006 quando, per gli inquirenti, Lucci consegna un’auto “pulita” usata per un omicidio. Due anni dopo è la Squadra Mobile di Milano che accende i riflettori su Lucci durante un’indagine su Giancarlo Lombardi, detto Sandokan, predecessore di Lucci come capo della curva. A febbraio 2009, durante un derby, Lucci colpisce con un pugno in viso Virgilio Motta, capo del gruppo interista Banda Bagaj. Nella rissa, Motta perde un occhio. Il tribunale condannerà Lucci e altri a pagare 140mila euro di risarcimento che, però, non saranno mai versati cosa che porterà Motta a uno stato depressivo fino al suicidio, tre anni dopo la rissa.
Che le curve degli stadi d’Italia siano spesso luoghi non esattamente ameni non è una scoperta. Già in passato si sono verificati altri episodi un po’ in tutta Italia: dal caso Juventus e curve con l’arresto per droga di Andrea Puntorno, capo ultrà bianconero e leader dei “Bravi ragazzi”. Più indietro nel tempo, il caso di “Diabolik”, al secolo Fabrizio Piscitelli, uno dei capi degli “Irriducibili” della Lazio e quello di Massimiliano Amato, capo dei Fedayn del Napoli, non ci sono solo scontri e tafferugli “calcistici” nelle fedine penali. 

CAOS RIFIUTI, LA REGIONE ALLE ASL: "SALUTE PUBBLICA A RISCHIO"


La Regione Lazio si muove per l’emergenza rifiuti a Roma e allerta le Asl per la tutela della salute pubblica considerata a rischio. Nel pomeriggio di ieri, l’Assessorato alla Sanità della Regione ha emanato una nota in cui, riferendosi al “protrarsi della mancata raccolta dei rifiuti solidi urbani nella città di Roma e contemporaneamente alla situazione di ondate di calore che hanno raggiunto la soglia di bollino rosso” vengono allertati “tutti i direttori dei Servizi di Igiene e Sanità Pubblica (Sisp) delle Asl della Capitale in relazione ai possibili effetti sulla salute pubblica derivanti dalle esposizioni legate all'accumulo di rifiuti solidi urbani invitandoli a verificare la corretta rimozione dei rifiuti in particolar modo nelle vicinanze di strutture sanitarie o sociosanitarie, nidi e scuole materne e spazi pubblici adibiti ad attività collettiva come i mercati rionali con l'obbligo di segnalare eventuali fenomeni di combustone o autocombustione dei rifiuti”.

Poi ci sono i comunicati della disperazione di Ama che, a fronte di cumuli di immondizia sparsi ovunque in città, diffonde note in cui si citano una o due strade per Municipio (e neanche tutti) quasi fossero la soluzione del problema e non lo svuotamento del mare con un cucchiaino. Anche il porta a porta segna il passo: a Castel Giubileo, per citare un caso su mille, nelle ultime due settimane è stato ritirato solo l’umido mentre carta, plastica, metallo, vetro restano abbandonati in strada. 
Né l’emergenza accenna a finire. La nota Ama, infatti, chiarisce molto bene quanto si sia lontani dalla soluzione del problema: “l’attuale situazione, dopo la repentina chiusura per incendio a dicembre 2018 dell’impianto TMB Salario, è dovuta principalmente alle consistenti riduzioni (oltre 700 tonnellate/giorno) dei quantitativi accolti in impianti di trattamento, scattate nelle scorse settimane e tuttora in corso”.
E il puzzo dei rifiuti romani arriva anche in Parlamento dove il ministro della Salute, Giulia Grillo (M5S) afferma che al suo Ministero non sono giunte “segnalazioni di rischio epidemiologico tali da prefigurare un intervento diverso dal normale monitoraggio”. Insomma, aspettiamo il colera per muoverci. La Grillo ha risposto a un’interrogazione sul tema e, dopo aver ricordato che allo Stato (quindi al Ministero) spettano solo “funzioni di indirizzo e coordinamento e di definizione dei criteri generali e delle metodologie per la gestione integrata dei rifiuti” è passata ad elogiare il perfetto sistema di raccolta, gestione e smaltimento dei rifiuti messo in campo dall’Amministrazione grillina di Roma sottolineando come “le attuali criticità” siano “riconducibili alla chiusura della discarica di Malagrotta nel 2013 ed all’assenza, da più di 6 anni, del Piano regionale rifiuti della Regione Lazio. La necessità di un Piano regionale dei rifiuti per il Lazio, peraltro, è stata riportata da due sentenze del Tar”. Che basterebbe leggere per intero per scoprire quando poco siano attinenti al caso romano segnato, per altro, dal costante rifiuto dei 5Stelle di considerare il tema della creazione degli impianti di smaltimento come fondamentale per uscire da questa crisi di sistema. 5Stelle che, però, non disdegnano di pagare per usare termovalorizzatori e gassificatori di altre regioni. Una politica condivisa da Zingaretti che ha chiuso il termovalorizzatore di proprietà della Regione di Colleferro. 


mercoledì 26 giugno 2019

METRO C, LA PRIMA TALPA A COLOSSEO


Colosseo-Fori Imperiali: la prima delle due talpe che sta scavando la linea C della metro è a pochi metri dalla futura intersezione fra la “linea verde” e la metro B, di fronte all’Anfiteatro Flavio. 
Metro C, infatti, ha reso noto l’ultimo aggiornamento sulla posizione delle talpe: la prima è praticamente arrivata a Colosseo, la seconda ha superato il pozzo di Villa Celimontana.
Manca poco, quindi, e le due talpe finiranno per essere sepolte lì, sotto via dei Fori Imperiali. L’inerzia più totale del Comune di Roma - versioni Alemanno, Marino e Raggi - sta per determinare l’interramento delle due talpe: nel 2010, Giunta Alemanno, Roma Metropolitane ordina al consorzio costruttore, Metro C, di sospendere le attività di progettazione della tratta T2, quella che va da piazza Venezia a piazzale Clodio passando sotto Corso Vittorio Emanuele prima e a Ottaviano San Pietro poi. 
Sospensione in attesa di “superiori decisioni dell’Amministrazione comunale” che, però, non sono mai arrivate. Con Marino una fetta del Pd voleva deviare il percorso direttamente verso Flaminio. Poi con i 5Stelle, Paolo Berdini arrivò a teorizzare il capolinea a Corviale. Poi lo stop a Colosseo. Poi, finalmente il rinsavimento del Campidoglio e il via libera alla prosecuzione ma, al di là di una richiesta di revisione del progetto per il “dopo piazza Venezia”, nulla è stato fatto. 
E così, di inerzia in inerzia, di centralità delle piste ciclabili e di altri marginalia simili, il Campidoglio sta condannando le talpe a rimanere a disposizione per gli archeologi del futuro: tecnicamente non è possibile realizzare un manufatto di fine tratta da cui estrarre le due talpe che, quindi, superata la stazione Colosseo/Fori Imperiali verranno parzialmente abbandonate nel sottosuolo visto che la stazione Venezia sarà scavata senza di esse. E, in futuro, recuperarle - a tanto ai calcoli degli ingegneri di MetroXRoma - costerebbe un’ottantina di milioni di euro da aggiungere ai costi “ordinari” della costruzione della linea che non sono esattamente a buon mercato.
Nel frattempo, inesorabilmente, le talpe vanno avanti e, con esse, avanzano anche tutti i lavori: a partire dalle opere di consolidamento della Basilica di Santo Stefano Rotondo al Celio sotto cui passa la C. Nonostante la grande profondità del tracciato della linea rispetto alla Basilica, sono stati eseguiti interventi di consolidamento delle varie strutture murarie, delle travi di legno e il restauro di affreschi e mosaici. 
Intanto, a Colosseo sono già stati completate alcune opere sui solai con la rimozione di vecchi pozzi, sono stati montati i pilastri in acciaio che sosterranno il solaio della stazione e, soprattutto, sono terminate le opere di consolidamento dei terreni fondamentali per salvaguardare la stazione della linea B.
In corso, invece, delicatissimi interventi di tipo archeologico con la rimozione controllata di alcune strutture risalenti all’epoca dell’imperatore Nerone con il recupero di alcuni soffitti che sono stati rinvenuti. Insieme a questi, si stanno completando le demolizioni di alcuni muri degli atri delle stazioni. Infine, a brece inizieranno i lavori di scavo del cunicolo di collegamento fra la futura stazione della C e l’attuale stazione della linea B.

REPUBBLICA: OTTO MESI PER LE SCALE MOBILI



Repubblica metro A riapre alle 5.30 di questa mattina. L’annuncio è arrivato ieri, con un cinguettio a metà pomeriggio del sindaco di Roma, Virginia Raggi: “La stazione Repubblica della metro A riaprirà domani mattina in sicurezza. Ci scusiamo per i disagi che cittadini e commercianti hanno dovuto affrontare in questi mesi a causa dei lavori straordinari di manutenzione”. 

SCALE MOBILI ESSENZIALI PER LE METRO
Quattro scale sulle 6 esistenti, stessa situazione di Spagna, quindi appena al di sopra dello standard minimo di sicurezza. Spagna è la stazione più profonda dell’intera rete di metropolitane capitoline con un dislivello di 54 metri. Seguono a pari merito sui 30 metri di profondità Barberini, Repubblica e San Giovanni (metro C). 
Repubblica e Barberini, inoltre, non hanno scale fisse ma solo quelle mobili. Quattro scale mobili funzionanti su sei, quindi, è il minimo per tenere aperta la stazione. 

IL LUNGO STOP IN CENTRO
In totale, quindi, riaprendo oggi, Repubblica è rimasta chiusa 243 giorni. Spagna era rimasta chiusa 44 giorni consecutivi più 5 giorni totali a dicembre e, sempre a dicembre, altri 6 giorni con il giochino “apri/chiudi”. Barberini è, invece, ancora avvolta dal mistero: chiusa da 93 giorni consecutivi (più 3 totali a dicembre, 8 parziali sempre a dicembre, 4 a gennaio e 2 parziali a marzo), secondo le ultime informazioni di Atac la stazione è ancora sotto sequestro da parte della magistratura che, però, ha autorizzato per la seconda volta il sopralluogo dei tecnici necessario a stilare il programma degli interventi che dovrà essere sottoposto anche ai Pm. 

IL BUCO NERO DELLE SCALE MOBILI
Le immagini della scala mobile che si “sgrana” sotto i piedi dei tifosi russi facendoli precipitare al suolo hanno fatto il giro del mondo. E da quel giorno - era il 23 ottobre 2018 - si è aperto il buco nero delle scale mobili: il management Atac selezionato, scelto e voluto dalla Giunta Raggi aveva appaltato la manutenzione delle scale mobili (e degli altri “impianti di traslazione”, inclusi, quindi, montascale e ascensori) a una società temporanea, MetroScarl, che aveva ribassato l’appalto a metà valore. Dopo poche settimane, stando ai rapporti della stessa Atac, iniziano i disservizi: sempre più scale e ascensori fermi, riparazioni infinite e mal fatte - clamorosa quella con le fascette di metallo da ferramenta - pezzi di ricambio mancanti, cannibalizzazione delle scale più rotte per riparare quelle rappezzabili.
Il risultato è stato il collasso del centro ma anche di tutte le strutture disseminate un po’ ovunque: ogni giorno il sito dell’Atac riporta il lungoCirimbillA9910
 elenco di scale, ascensori e monacale fermi sulla linea A, la B/B1, la C e la Roma-Lido di Ostia. La percentuale di impianti rotti è quasi costantemente superiore al 10% il che, in valori assoluti, si traduce in un centinaio di impianti fuori servizio. 

8 MILIONI PER RIPARARE
Un milione e 265mila euro sono stati stanziati e spesi da Atac per mettere la pezza a Spagna, Repubblica e Barberini con una chiamata diretta e d’urgenza alla Otis ma altri 7,3 milioni sono lo stanziamento per la Schindler che ha sostituito in corsa la MetroScarl appaltante originaria.




sabato 22 giugno 2019

NIENTE CLASS ACTION PER LE BUCHE


Due a zero e partita finita: il pessimo stato di manutenzione delle strade della Capitale non dà automaticamente diritto a richiedere un risarcimento danni. Per chiedere soldi al Comune, è necessario che ci sia un incidente vero e proprio. L’Avvocatura del Comune di Roma - difesa da Andrea Camarda - segna due punti sul Codacons che aveva proposto la causa. Bocciato in primo grado, ora è arrivata anche la sentenza di appello, emessa il 31 maggio scorso, che conferma la pronuncia originale del Tribunale. 
Leggendo le 17 pagine, la prima sezione della Corte d’Appello di Roma stabilisce alcuni punti fermi: intanto il concetto di legittimità della class action. Secondo i giudici, la class action contro la pubblica amministrazione “non può fondarsi sul Codice dei Consumatori” e occorre rivolgersi al “giudice amministrativo”, cioè al Tar, e non al Tribunale civile ordinario. Ma, soprattutto, deve esserci, per i giudici, un rapporto causa effetto alla base di una richiesta di risarcimento danni. Piazzale Clodio stigmatizza a più riprese il pessimo stato di manutenzione delle strade ma non ritiene che esso basti da solo a giustificare una richiesta di risarcimento danni in mancanza di un rapporto diretto di effetto: insomma, per i giudici se ti fai male cadendo in una buca hai gli strumenti per chiedere il risarcimento ma la presenza delle buche in strada da sola non basta, se non c’è danno, a chiedere soldi al Comune. Un principio che, quando venne resa nota la sentenza di primo grado, totalmente confermata in appello anche nella condanna alla pubblicità degli sconfitti su un quotidiano a diffusione nazionale, fu presentato come una specie di gogna mediatica dell’avvocatura capitolina che sembrava aver sostenuto la tesi che la conoscenza delle buche da parte del cittadino ne escludesse il diritto al risarcimento.
E, infatti, in una nota dell’Unione nazionale degli Avvocati degli Enti pubblici (Unaep), Antonella Trentini e Andrea Magnanelli, evidenziano come la “Corte di Appello” abbia confermato “la correttezza dell'operato degli avvocati” e come non sia “accettabile tradurre l’operato dell’Avvocatura in un posizionamento ideologico o politico”.
Nella causa class action intentata dal Codacons e due volte respinta dai giudici, l’associazione dei Consumatori chiedeva al tribunale di riconoscere un “risarcimento dei danni non patrimoniali subiti” calcolati “mille euro in favore dei proponenti e di ciascun successivo aderente alla presentazione” dell’azione risarcitoria. Un reclamo che i giudici hanno ritenuto “ancorché diffusamente motivato in 35 pagine di testo” come “infondato sia in rito”, cioè inammissibile, “sia nel merito” rigettandolo completamente. 





STADIO, INTESA SU VIA DEL MARE


Riunione tecnica e operativa, quella di ieri in Campidoglio, sullo Stadio della Roma insieme, questa volta a Città Metropolitana dedicata all’unificazione della via del Mare/Ostiense. Forse è presto per l’ottimismo, ma progressivamente si stanno appianando tutte le cause di attrito. Raggiunta l’intesa fra i due soggetti pubblici - Campidoglio e la ex Provincia - e i proponenti, ora si passa alla stesura della Convenzione fra Palazzo Senatorio e Palazzo Valentini per cui lunedì è già stata fissata una nuova seduta tecnica dedicata solo agli avvocati per gli aspetti legali del testo. Intanto, la Roma sta predisponendo, su indicazione del sindaco Raggi, la richiesta alla Presidenza della Conferenza di Servizi di un’interpretazione autentica delle prescrizioni sul trasporto pubblico necessaria a superare l’ultimo ostacolo. 


RESA DI ATAC, I 70 BUS A NOLEGGIO RISPEDITI AL MITTENTE


Alla fine, la resa: Atac alza bandiera bianca e rispedisce al mittente i 70 bus a noleggio, quelli euro5, provenienti da Israele. Inutile cercare ancora di immatricolarli: in Italia non si possono targare mezzi provenienti da fuori Unione Europea e che non siano euro 6

A nulla sono valse le pallide rassicurazioni fornite giorno dopo giorno dall’Azienda, dal sindaco, Virginia Raggi, di cui si ricorda uno spettacolare post su facebook del 6 marzo scorso (“a breve saranno su strada anche gli altri 70 bus a noleggio”), quei bus non possono girare in Italia.
Quasi superfluo raccontare la danza delle opposizioni sull’ennesima figura da “competenti" portata a casa dall’Amministrazione capitolina. Mentre è clamorosa la posizione di Atac che si limita a parlare di “misure idonee necessarie per garantirsi da eventuali danni”, una “polizza fideiussoria”. Ora, a parte che il danno l’Azienda lo fa all’utenza, prima che alle banche, c’è anche da evidenziare come questi bus servissero a coprire parte del fabbisogno del concordato preventivo e che la polizza non è ancora stata incassata.

venerdì 21 giugno 2019

STADIO, STAMANI NUOVA RIUNUONE. IN SI DISCUTE DELLA VIA DEL MARE/OSTIENSE


Si riparte: questa mattina nuova riunione tecnica sul progetto Stadio della Roma di Tor di Valle. La novità - piuttosto rilevante - è che la riunione è allargata a Città Metropolitana, cosa che fino ad ora non era mai avvenuta. Quasi superfluo sottolineare come la seduta sarà dedicata alla questione dell’unificazione della via del Mare/Ostiense. La strada è di proprietà della Città Metropolitana e uno dei problemi da risolvere è che i progetti del Campidoglio sulla strada divergono da quelli di Palazzo Valentini. 
Intanto, dopo l’incontro dei giorni scorsi fra il sindaco di Roma, Virginia Raggi, e il vicepresidente della Roma, Mauro Baldissoni, al quale è affidata la delega su Tor di Valle, ci si sta preparando per ricorrere alla Conferenza di Servizi per avere un’interpretazione autentica sulla questione della contestualità, cioè dell’apertura dello Stadio contestuale alla funzionalità delle opere pubbliche di mobilità, di fatto sulla ferrovia Roma-Lido di Ostia. La proposta di rivolgersi alla Conferenza sarebbe stata concordata con la Roma su suggerimento del Sindaco stesso. Il tema è delicato: per il Comune lo Stadio potrà aprire solo dopo il completamento e l’efficienza delle opere sulla Roma-Lido che, però, nella versione Raggi sono di competenza regionale mentre nella versione Marino erano appalti pagati e gestiti dalla Roma, quindi con un legame diretto. Inoltre, il Comune vorrebbe utilizzare i 45 milioni della Roma più che per comprare treni, quanto per finanziare opere infrastrutturali sulla ferrovia creando il cosiddetto “anello corto” - una specie di cerchio fra Tor di Valle e Piramide per rendere più corto e, quindi, veloce il trasbordo dei tifosi in occasione delle gare - una modifica della destinazione dei soldi, però, che dovrà essere recepita dal Consiglio comunale cui compete scegliere l’impiego di questi 45 milioni.
Da quanto trapela agli uffici comunali, sono a buon punto le trattative con la Regione necessarie a predisporre il testo dell’accordo, obbligatorio dato che la Roma-Lido è di proprietà della Pisana. 
In via di definizione anche l’altro tema che aveva animato il dibattito nelle scorse settimane: il metodo di calcolo della penale in caso di separazione fra la proprietà della squadra e quella dello Stadio, un legame trentennale vincolato dal pubblico interesse. Non è ancora sereno, ma certo non sembra più tempesta. 

ARCHEOLOGIA, A PALAZZO CORSINI IN MOSTRA LA VITA QUOTIDIANA DEI ROMANI

Si è presentato anche il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, in una veloce visita privata alla mostra che aprirà oggi i battenti a Palazzo Corsini dei reperti archeologici che sono venuti alla luce durante gli scavi dei mesi scorsi nei giardini del Palazzo stesso che ospita l’Accademia dei Lincei.
Reperti forse non spettacolari come la testa di una statua emersa qualche giorno fa sotto i Fori Imperiali, ma non per questo meno importanti: la zona è quella di Palazzo Corsini alla Lungara, un’area, quella di Trastevere, che fin a poco tempo fa era considerata dagli storici come una zona di grandi ville. Ville e basta: famiglie patrizie, parenti degli imperatori, ma niente di più. Invece, gli scavi archeologici - come spesso accade a Roma nati in modo casuale: lavori dentro i giardini di Palazzo Corsini - hanno portato alla luce la presenza di una zona industriale. Sicuramente una fornace dove si producevano non solo anfore e olle in terracotta ma anche oggetti in pasta di vetro e, dagli ultimi ritrovamenti, addirittura in metallo. 
Nel salone del pianterreno di Palazzo Corsini sono esposte alcuni splendidi esemplari di piccole lucerne, una in particolare decorata con un volto barbuto, virile e un minuscolo cavallo da corsa, forse un imperatore della dinastia degli Antonini - Antonino Pio (138-161 d.C.), Marco Aurelio (161-180 d.C.) e Commodo (180-192 d.C.) - ma senza l’armatura romana, tipica dei ritratti imperiali.
E poi: anfore, in gran numero e di diverso tipo, da quelle grandi per l’olio, a quelle strette e lunghe per il vino, a quelle dalla bocca larga per il garum, la mistura a base di pesce condimento di base della cucina romana non troppo lontana dall’attuale colatura di alici. E, ancora, oggetti per scritta in avorio e osso, dadi da gioco, alcuni di dimensioni davvero minuscole. Insomma, gli scavi della Lungara restituiscono uno spaccato inedito della vita di Roma antica. Ora, l’obiettivo è trovare finanziatori per proseguire con nuovi scavi. Ma questa è un’altra storia. 

Una minuscola lucerna decorata con un busto virile - forse un Imperatore
della dinastia degli Antonini - che sormonta un cavallo da corsa. 

Anfore: olearie a sinistra, vinaria al centro e per il garum a destra
Nel dettaglio: le anfore da garum, la salsa condimento base della cucina romana, la cui ricetta è perduta ma, tramite opere di Apicio, Plinio il vecchio e frammenti di altri autori, doveva essere ottenuta da pesci come piccoli sgombri, acciughe, latterini sia interi che sole interiora; erbe aromatiche come coriandolo, aneto, sedano, finocchio, pepe, menta, origano, zafferano; sale. Dal sapore molto forte, potrebbe essere non troppo lontana dalla colatura di alici. 

Oggetti di uso quotidiano: dadi da gioco e strumenti per scrivere in osso e avorio lavorato

Oggetti in metallo di uso quotidiano. Gli studiosi stanno indagando per capire se la fornace lavorasse
anche i metalli o solo terrecotte e paste di vetro. 

Scarti di lavorazione della fornace: quello a destra contiene pasta vetrosa

Oggetti in osso e, in alto, un corno di bue, materia prima per la lavorazione di stili per scrittura,
fermagli per capelli, dadi


PIGNETO, IL NODO FERROVIARIO FANTASMA



Fidarsi dei tempi della pubblica amministrazione è sempre più una scommessa in perdita: dovevano durare 75 giorni. Siamo arrivati a superare i 700. E i lavori veri e propri non sono neanche partiti. È la molto futura Stazione Pigneto, nodo di scambio previsto fra la ferrovia FL1 - quella Orte-Fiumicino aeroporto, per intendersi, e che passa per le principali stazioni romane, Nomentana, Tiburtina, Ostiense, Trastevere, Magliana - e la Metro C. Dopo Termini e Tiburtina, Pigneto sarebbe il terzo snodo per importanza di Roma.  
Il progetto iniziale prevede che la ferrovia venga coperta con una piastra posta sopra i binari con la funzione di piazza/giardino in modo tale da ricucire il quartiere oggi diviso in due parti dalla ferrovia. Erano previste 6 fasi di cantiere (poi passate a 7), tutte studiate per ridurre al minimo l’impatto sulla zona. 
La prima fase era quella di preparazione dell’area, spostando tutti i sottoservizi, cavi, tubature, linee telefoniche e via dicendo. E doveva essere completata nell’estate del 2017.
In realtà, i lavori è come se non fossero mai iniziati. In due anni si è lavorato solo sul lato est della circonvallazione Casilina, quello rivolto in direzione periferia. E, dopo due anni si intravede appena appena la fine del cantiere, il timore è di ripetere l’odissea anche sull’altro lato della stazione, nel lato verso Porta Maggiore. 
E siamo ancora alla fase uno. Occorre arrivare a completare la fase 7. Da cronoprogramma, iniziando oggi la fase due, occorrerebbero altri 740 giorni per vedere la stazione aperta e funzionante. 
Un quadro desolante e che ben spiega la diffidenza verso i cronoprogrammi stilati dalle pubbliche amministrazioni la cui affidabilità è pressoché nulla. 
Uno dei problemi principali è che le scarse mappe del sottosuolo della zona sono quanto meno approssimative e, quindi, con frequenza, le aziende hanno dovuto lavorare più o meno a vista scoprendo letteralmente tubi, cavi, condutture d’acqua e fogne prima totalmente ignote. Un problema che ha radici nella stessa storia del Pigneto nato come quartiere abusivo: uno dei problemi, infatti, è stata la scoperta di un sistema di rete fognaria per acque bianche e per acque nere totalmente abusiva.
Ma ci sono anche ritardi dovuti all’inefficienza della pubblica amministrazione: fra luglio e ottobre 2018 i lavori sono stati sospesi per non creare problemi di viabilità alle auto visto che, in quel periodo di 4 mesi, era previsto un importante cantiere dell’Italgas lungo via Casilina. Solo che i cantiere Italgas non aveva una interferenza diretta con quello per la Stazione e si è preferito sospendere quest’ultimo solo per non appesantire il traffico veicolare. 
Lungaggini stratosferiche a parte, ci sono anche altri problemi: ad esempio, la sostanziale latitanza dell’Amministrazione comunale che, pur sedendo al tavolo di coordinamento, non pare molto interessata al nodo Pigneto: Ferrovie dello Stato ha già dovuto modificare il progetto perché i 12 milioni che il Campidoglio avrebbe dovuto mettere come quota dei lavori, non sono stati stanziati. Senza questi fondi, se nel 2022 la stazione sarà inaugurata, la nuova piazza sarà molto più piccola del progetto iniziale. 

mercoledì 19 giugno 2019

LE SCALE "IMMOBILI" DELLE METRO ROMANE



Trentotto stazioni, fra metro A, metro B, metro C e Roma-Lido di Ostia, con scale mobili, ascensori o montascale fuori servizio. Un’ottantina buona di impianti fermi. Ed è così da giorni. Sulla A, 17 stazioni con impianti rotti sul totale di 27 fermate che compongono la linea, il 63%. Sulla linea B, 16 stazioni su 26, cioè il 62%. 
Sulla C si va un po’ meglio: solo 4 stazioni con impianti guasti su 22 in totale, cioè “solo” il 18%. Certo, poi sulla C sarebbe appena il caso di ricordare che la linea è stata aperta nel 2014, solo 5 anni fa (scarsi) e che ci siano fuori servizio a Grotte Celoni e Torre Spaccata le scale mobili e a Alessandrino e Centocelle l’ascensore, la dice lunga sul pessimo stato di manutenzione del trasporto romano. 
È di 5 giorni fa il filmato al limite dell’allucinante dei passeggeri della C che, a San Giovanni - dopo Spagna, una delle tre stazioni, con Barberini e Repubblica, poste a grande profondità, meno 30 metri circa - sono costretti a risalire a piedi per la rottura delle scale mobili. 
Detto delle quattro stazioni della C, il libro nero degli “impianti di traslazione” - termine tecnico che racchiude scale mobili, ascensori e montascale - fuori servizio recita ascensori rotti a Subaugusta, Manzoni, Spagna e Cornelia sulla A; Pietralata Garbatella, Marconi, Basilica San Paolo, Eur Fermi e Eur Palasport sulla B. Per i montascale, cartello “fuori servizio” a Lucio Sestio, Arco di Travertino, Flaminio, Lepanto e Ottaviano sulla A; Cavour, Colosseo, Circo Massimo sulla B. Infine, per le scale mobili, abbiamo l’”out of order” a Ponte Lungo, Re di Roma, San Giovanni, Vittorio Emanuele, Flaminio, Cornelia, Spagna dove ancora ieri due scale mobili non erano ancora state riparate, Cipro e Valle Aurelia sulla A; poi Ponte Mammolo, Stazione Tiburtina, Policlinico, Castro Pretorio, Piramide e Laurentina per la B.
La rottura delle scale mobili, quindi, non è certo concentrata solo sul trittico del centro storico Spagna, Barberini e Repubblica, ma è diffusa oramai quotidianamente su una metà di tutte le stazioni.
Cercando di vedere il bicchiere mezzo pieno, a Repubblica, sono iniziati i collaudi da parte dell’Ustif - l’ufficio del Ministero dei Trasporti cui sono demandati collaudi e via libera sia a convogli e binari di treni e metro che anche gli ok a scale mobili e ascensori - sulle scale mobili. Gli impianti erano stati chiusi lo scorso 23 ottobre quando le scale letteralmente crollarono travolgendo un gruppo di tifosi del CSKA Mosca in trasferta a Roma per la partita di Champions League con la Roma. Essendo Repubblica, come la sorella Barberini, accessibile solo con le scale mobili, la rottura di queste aveva portato all’automatica chiusura della stazione. I collaudi dell’Usitf dovrebbero durare tre giorni e, al termine di queste analisi, dovrebbe essere comunicata la data di riapertura della stazione. 
Atac, ovviamente, preferisce non anticipare notizie anche per evitare che un qualunque nuovo intoppo possa finire di distruggere quel minimo di credibilità rimasta all’azienda ma è chiaro che, se i collaudi ministeriali dessero esito positivo, la stazione riaprirà in tempi brevissimi, anche il giorno stesso come era successo a Spagna: ok al collaudo da Ustif e dopo due ore stazione riaperta.