C’è un filo rosso che lega in una sorta di incantesimo lo Stadio della Roma di Tor di Valle e quello “delle Aquile” della Lazio, sulla Tiberina: il Tevere. Che per l’impianto della Lazio, però, è il principale nemico. Nel duro botta e risposta fra il sindaco di Roma, Virginia Raggi, e la Società biancazzurra, emergono due novità. La prima è che del progetto versione 2005 dello Stadio delle Aquile è in fase di predisposizione un aggiornamento. La seconda è che questo aggiornamento sarà presentato quando la Raggi andrà in visita al centro sportivo di Formello, ora in corso di ammodernamento, per l’inaugurazione a lavori ultimati. Cosa che potrebbe avvenire prima della fine del campionato (maggio).
Solo quando il patron della Lazio, Claudio Lotito, scoprirà le carte e depositerà ufficialmente un progetto preliminare - la modifica delle norme obbliga a presentare un preliminare e non più uno studio di fattibilità come fu per la Roma - allora si potrà capire come la Lazio intenda superare lo scoglio più grande, il Tevere.
Perché, al netto delle altre problematiche - soprattutto quella delle enormi cubature a compensazione richieste nella versione 2005 - a bocciare il progetto iniziale della Lazio, mai andato oltre alcuni disegni e prospetti di base, furono per il Campidoglio di Veltroni e la Regione di Storace proprio i problemi legati al Tevere. Che, nell’area della Tiberina dove Lotito possiede già ettari di terreni agricoli, ha il suo “sfogatoio”: se la piena sale oltre 12 metri e mezzo a Ponte Milvio, il Fiume viene “sgonfiato” chiudendo la diga a Castel Giubileo e aprendo le chiuse proprio sulla Tiberina. Se così non si facesse, tutta la zona di Ponte Milvio e del quartiere Flaminio finirebbe allagata.
E la differenza con il progetto giallorosso è tutta qui: Tor di Valle non è un’area di esondazione controllata del Fiume e le idrovore servono solo in caso di problemi locali (per altro mai verificatisi ad Ippodromo funzionante).
Le voci di corridoio raccontano che l’aggiornamento sul tema del progetto biancazzurro verterà sulla possibilità di creare nuove aree di esondazione controllata a nord di quelle attuali. Qualora Lotito ottenesse il via libera sia dell’Autorità di Bacino del Tevere che dei Comuni interessati, si tratterebbe di una brillante soluzione al problema.
Poi, ci sarebbe da verificare il cambio di destinazione d’uso dei terreni, le opere pubbliche necessarie e le compensazioni: ma sarebbero problemi risolvibili.
Ovviamente, però, tutto ciò funzionerà solo quando la Lazio uscirà dalle chiacchiere radiofoniche - protagoniste delle ultime uscite in tema - e metterà il tutto nero su bianco in un vero progetto scritto e protocollato.
C’è poi il convitato di pietra, ogni volta che si parla di Stadio della Lazio. È il Flaminio che la Raggi ha tentato di rilanciare ricevendo la ferma risposta della società biancoceleste. Che il Flaminio non sia un impianto adatto al calcio professionistico di serie A e internazionale oramai lo sanno anche i sampietrini: non ci sono gli spazi per creare i prefiltraggi, la struttura è troppo addossata a palazzi e abitazioni che possono essere un enorme problema in caso di disordini e di incidenti. E, ancora, non è possibile costruire la copertura né realizzare parcheggi interrati. Senza, ovviamente, considerare il doppio vincolo: quello architettonico e quello di opera di ingegno riconosciuto agli eredi Nervi.
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