giovedì 20 dicembre 2018

AL SALARIO I RIFIUTI PUZZANO ANCORA


L’allarme parte dai residenti nelle aree adiacenti il TMB di via Salaria andato a fuoco alcune notti fa e, da allora, chiuso: la puzza è tornata. Chiunque passi anche solo velocemente lungo la Salaria lo avverte: un tanfo ammorbante, persistente, che fa stringere la gola e rimane a lungo addosso o nella macchina che incautamente avesse avuto i finestrini aperti nonostante il freddo.
Le segnalazioni arrivano alla redazione de Il Tempo e sono confermate anche dal presidente del Municipio, Giovanni Caudo: “Sì, risultano anche a me le lamentele. Il problema è semplice. Là dentro, dopo l’incendio, sono rimaste le tonnellate di rifiuti che c’erano fino al divampare delle fiamme. Tonnellate di immondizia che sono state anche smosse dai Vigili del Fuoco per spegnere il rogo e poi bagnate. Parliamo dell’indifferenziato. Ma non solo. Ci sono anche i rifiuti organici, quelli del Fos (frazione organica stabilizzata), che servono per produrre, nella fase successiva del ciclo, il compost. Quei rifiuti rimangono nella fossa per 28 giorni. E da allora sono lì. Per oggi ho chiesto una nuova riunione della cabina di regia proprio per affrontare il problema della rimozione di questi rifiuti che ancora giacciono lì”.
Tutta questa roba fermenta e marcisce, e appesta l’aria come quando il TMB funzionava provocando ancora disagi pesanti ai residenti. 
Assessorato all’Ambiente e Ama ci mettono un bel po’ prima di abbozzare una qualche spiegazione. Ovviamente, l’area è sotto sequestro, spiegano lato Campidoglio e Azienda, e sono in corso ancora le indagini quindi non si può spostare nulla. 
A parte la puzza atroce, c’è da capire se altri rischi seri per la salute siano o meno scongiurati: “A seguito dell'incendio dell'11 dicembre 2018 - comunica in una nota l’Istituto Zooprofilattico - il Dipartimento di prevenzione dell'Asl Roma 1 ha prelevato, in data 14 dicembre, 4 campioni di origine vegetale per la ricerca di contaminanti organici eventualmente ricaduti sulle aree interessate ai fini della valutazione del rischio per la catena alimentare. Le analisi per la ricerca di idrocarburi sono risultate tutti negative e quelle per la ricerca di diossine e pcb, con tempi tecnici superiori, sono risultate comunque ampiamente al di sotto dei limiti di attenzione”.
Però poi c’è l’audizione in Commissione parlamentare sulle ecomafie del direttore dell’Agenzia regionale di Protezione ambientale (Arpa) del Lazio, Marco Lupo che spiega come la centralina di Villa Ada abbia registrato uno sforamento dei limiti fissati dalla legge per le polveri sottili sia martedì che mercoledì. Un “valore importante” perché trattandosi di una centralina collocata all'interno di un parco dove mai i rilievi superano il limite consentito unica causa adducibile “è da collegare all’incendio". Anche diossina e composti organici simili ad essa hanno superato la soglia indicata dall’Organizzazione Mondiale di Sanità (non ci sono limiti fissati da leggi), registrando “valori superiori a quelli rilevati in prossimità dell'incendio a Pomezia” così come si è sforato il limite per il benzopirene. 
Il rogo di Pomezia, maggio 2017, vide un incendio nella EcoX sulla Pontina vecchia diverso da quello del TMB Ama di via Salaria: “il materiale in combustione era molto diverso”, spiega sempre Marco Lupo di Arpa Lazio: “imballaggi in plastica a Pomezia, rifiuti indifferenziati al Tmb Salario. A Pomezia si è dunque prodotta più diossina, al Tmb Salario invece più benzopirene” e polveri sottili. E se da un canto per estensione e durata il rogo di Pomezia ha battuto quello della Capitale, di contro quest'ultimo si è verificato in una zona a più alta densità abitativa. 


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