venerdì 14 settembre 2018

OLIMPIADI, DIETROFRONT DELLA RAGGI


È evidente che il modello che c'era prima non può più reggere dal punto di vista economico e di quello dell'impatto sulle città. Se il Comitato (Olimpico, ndr) deciderà di cambiare modello, molte città tra cui Roma potranno decidere di ospitare un evento così importante”. 
No, non lo ha dichiarato il presidente del Coni, Malagò, ma il sindaco di Roma, Virginia Raggi
Se non è una piroetta degna del palcoscenico di un teatrino di periferia, poco ci manca. Ovviamente, ci sono le precisazioni del Sindaco: “Quello che ci sta mostrando l'andamento delle Olimpiadi è che anche altre città hanno rinunciato e altre hanno deciso di consorziarsi per riuscire a sostenere l'impegno olimpico. Ricordo che oggi noi abbiamo all'interno dei 13 miliardi di debito ancora 1 miliardo da pagare per gli espropri delle Olimpiadi del 1960”. Ora, il famoso miliardo legato ai pagamenti degli espropri delle Olimpiadi del 1960 era già stato rilevato da Alemanno nel 2008 e inserito fra i debiti della gestione commissariale decisa dal Governo Berlusconi. Preistoria. 
Molto più recente è il 21 settembre 2016: di fronte a un'affollatissima claque di plaudenti grillini entusiasti, il sindaco di Roma, Virginia Raggi e l’allora suo vice, Daniele Frongia, oggi retrocesso solo al ruolo di assessore allo Sport, deliziarono Parigi e Los Angeles con la decisione di ritirare Roma dalla corsa ad ospitare i Giochi Olimpici del 2024
Dodici slide, tutte incentrate sulle Vele di Calatrava, il faraonico e incompiuto progetto della Città dello Sport voluto da Veltroni sindaco. Dodici slide ricche solo di slogan: “è da irresponsabili dire sì”, “non ipotechiamo il futuro di Roma e dell’Italia”, “basta sprechi e false promesse, no alle Olimpiadi del mattone”, “un buon affare per le lobby, solo debiti per i cittadini”
Oggi il concetto espresso dalla Raggi è quello del cambiamento del modello di gestione delle opere olimpiche e dei finanziamenti: se cambia quello, Roma può ricandidarsi. Sorvolando sul fatto che ci sono una serie di regole non scritte sull’alternanza dei continenti ospitanti (2020 Asia con Tokyo; 2024 Europa con Parigi; 2028 Nord America con Los Angeles) cosa che rende inverosimile una candidatura con potenzialità di vittoria prima dell’edizione 2036, il Comitato Olimpico Internazionale (Cio) le regole le aveva già cambiate dopo le edizioni di Atene (2004) e di Pechino (2008). 
Dopo Pechino, il Cio ha stravolto i criteri di valutazione dei dossier: più sostenibilità meno opere faraoniche. 
Fu Berlino 1936, con il desiderio del cancelliere Hitler di dimostrare la rinata potenza tedesca dopo tre lustri di drammatica crisi politico-economica, ad inaugurare la stagione delle Olimpiadi spettacolo, con grandi opere, celebrate dai filmati di Leni Riefensthal. Dall’epoca fu un superarsi continuo, fino al crollo di Atene e, poi, di Pechino. 
Appunto, per evitare il ripetersi di spese insostenibili per le città, il Cio ha deciso già dal 2008 che i nuovi dossier olimpici siano meno appesantiti da interventi e richiedano investimenti minori. Inoltre il Comitato Olimpico prevede di erogare direttamente dei contributi economici a favore della città ospitante che si sommano a quelli dello Stato, agli sponsor e ai diritti tv. 

L’eventuale vittoria di Roma per l’edizione 2024 - stando a una relazione del Centro Studi economici dell'Università di Tor Vergata - avrebbe riversato sula città opere infrastrutturali, riqualificazioni e giro d’affari stimati in 4 miliardi di euro con una crescita del Prodotto interno lordo dello 0,4% e, in termini occupazionali, con la creazione di circa 177mila posti di lavoro in tutto il periodo di cantiere, di cui 48 mila direttamente collegati ai lavori preparatori dei Giochi.
Il cambiamento delle regole del Cio sulle opere da realizzare nelle città ospitanti è dimostrato dalla relazione che Sadiq Khan, il sindaco laburista di Londra, ha reso sull’edizione 2012: metro e trasporti potenziati, rilancio urbanistico di un’area prima malfamata e degradata e la bellezza di 110mila nuovi posti di lavoro, un ritmo di 22mila nuovi occupati l’anno. E ulteriori 125mila occupati di qui al 2030. Tutti dati - letti dopo 5 anni dalla chiusura dei Giochi e quindi oramai stabilizzati - superiori in alcuni casi di tre volte le stime iniziali.  
C’era un ultimo slogan in chiusura di quelle slide per il “no” alla corsa olimpica e recitava: “le nostre idee, lo sport deve essere per tutti e di tutti”. Lasciamo ai romani giudicare se, dopo due anni da quelle slide, la promessa della Raggi sia realizzata. 

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